La biografia apocrifa del signor Darcy
Inka e Markus Brand sono una delle coppie più affiatate del gioco da tavolo alla tedesca insieme a Canetta-Niccolini e a Rosenberg-Klemens.
Si fanno conoscere con Village, gioco che ha come caratteristica principale quella di dover aspettarsi la morte dei propri lavoratori, che appena inizia la partita si affacciano alla finestra e dicono che mo se lo segnano.
Degno di nota anche Saint Malo, che anticipa di molti anni la moda passeggera del roll-and-write e che si fa notare immediatamente. Lì, a fianco di Glen More.
Nel 2014 ci riprovano con Murano, in cui bisogna muovere delle gondole e alla fine vince chi compra il souvenir più costoso.
Altro pezzo da novanta è Raja del Gange, ma forse adesso si trova anche a meno.
Negli ultimi anni il nome dei due coniugi è legato a quello della serie Exit, gioco che ha dato un'enorme linfa al filone delle excape room e al settore delle fotocopisterie.
Sono davvero tanti i titoli inventati da questa coppia di autori, che lavora assieme ormai da quindici anni.
La maggior parte però, riguardano
giochi per bambini, come i premiati
The Enchanted Tower e
Monster Trap, di cui abbiamo parlato anche in Tana.
Escludiamo però da questo articolo tutto ciò che riguarda il gioco per bambini e concentriamocii su ciò che hanno fatto per un
target superiore, non necessariamente per
gamer, ma quantomeno per
abituali.
L'esordio, Guatemala Café (2006), è un dimenticabilissimo gestionale in cui occorre coltivare e spedire caffè e visto che tutti lo hanno dimenticato, preferisco farlo anch'io e passare al gioco successivo, che invece ottiene un buon successo e inizia a far girare i nomi dei coniugi Brand sulla bocca dei giocatori.
A Castle for All Seasons (2008) è un gestionale in cui la meccanica di gioco principale sono le scelte simultanee. Ogni giocatore ha infatti una mano di otto carte diverse e ogni turno ne gioca una in contemporanea agli altri. Le carte scelte vengono poi risolte in ordine di priorità e lo scopo è costruire nel modo più fruttuoso possibile il maggior numero di edifici. Le carte giocate rimangono indisponibili e visibili agli avversari fino a che non si decide di calare il Capomastro, che le riprende tutte, incluso se stesso.
È un gioco riuscito, che dura il giusto, mette di fronte a delle belle scelte e dà a Markus e Inka il giusto risalto.
Il loro gioco più famoso arriva però qualche anno dopo ed è
Village, un
piazzamento lavoratori in cui i lavoratori stessi invecchiano e muoiono, per essere poi posizionati nel cimitero del villaggio e ottenere punti gloria (ovvero punti vittoria, presi in partita non solo in questo modo). Ogni azione ha infatti non solo un costo un risorse, ma spesso anche in clessidre, che sono quelle che fanno appunto invecchiare i nostri lavoratori.
L'idea è molto bella, funziona bene e dà al gioco il giusto risalto, anche se poi, di per sé, il
gestionale che vi è costruito sopra non brilla particolarmente.
Comunque il successo di Village all'uscita è chiaro, ottenendo anche premi e riconoscimenti. Seguono due doverose espansioni (ovviamente non necessarie), che sono
Village Inn (2013) e
Village Port (2014).
Nel frattempo però, escono altri due giochi degni di nota, da parte dei nostri: Saint Malo (2012) e La Boca (2013).
Il primo è un roll&write, uno dei primissimi tra l'altro, quando ancora non ne era scoppiata la moda. Si lanciano 5 dadi, si raccolgono risorse, si comprano personaggi, si fanno azioni speciali e si disegna tutto sulla propria plancia, costruendo una cittadella e preoccupandosi anche di difenderla dagli attacchi dei pirati, che arrivano a distruggere ciò che si è creato, se non si è accorti. Qualcosa di molto simile lo farà Era, anni dipo, con pezzi da incastrare, invece che da disegnare. Se si ama la meccanica, Saint Malo è sicuramente uno dei giochi da recuperare.
Il secondo è un party game in cui i giocatori partecipano a coppie, cercando di costruire una figura costituita da poligoni colorati di varie forme incastrati tra loro, ciascuno guardandola proiettata dal proprio lato (uno dal fronte, l'altro dal retro).
Molto divertente e intelligente, oltre che bello da vedere, nonché fonte di innumerevoli battute equivoche.
Murano (2014), li vede proseguire sulla scia dei gestionali di medio peso e media durata. In questo caso si tratta di costruire struttura nell'omonima isola veneziana, utilizzando un sistema di selezione azioni abbastanza particolare: una serie di gondole viene posta su un percorso circolare, diviso in caselle, ciascuna contenente un'azione diversa; al proprio turno il giocatore ha diritto a uno spostamento gratuito di una gondola, più altri a pagamento e a fare l'azione di uno degli spazi raggiunti da una delle gondole mosse, che non possono mai superarsi i condividere la medesima casella (si sa, i canali della laguna sono stretti).
Burgenland (2014), come Guatemala Café, è un altro gioco penso dimenticato dai Brand stessi, per cui passiamo subito a My Village (2015), spin-off dell'omonimo successo del 2011. In questo caso la meccanica centrale non è un piazzamento lavoratori, ma un draft di dadi che, sommati, danno accesso a varie azioni sulla plancia personale o permettono l'acquisto di nuove costruzioni da aggiungere alla propria plancia. Permane, come collegamento al vecchio titolo, il sistema delle clessidre da spendere per alcune azioni, l'invecchiamento dei lavoratori e la loro morte, cosa che fa anche da timer per la partita.
Il fatto è che la morte dei lavoratori non era ormai più una novità e il gioco nel complesso era meno strategico del predecessore, per cui il responso del pubblico è stato decisamente più tiepido.
Però nel 2016 i Brand tirano fuori dalla manica il loro terzo asso: le escape room da tavolo. Per la verità, l'inizio del genere se lo contendono con Escape Room: The Game, ma in ogni caso si guadagnano l'ingresso nelle tappe ludiche fondamentali del gioco da tavolo.
Si tratta di scatole che uniscono con un blando tema una serie di enigmi da risolvere in successione, nel caso di Exit anche rovinando i materiali di gioco (scrivendo, tagliando, piegando). La serie ha un enorme successo, tanto da essere una delle più longeve e prolifiche all'interno del genere che ormai vanta parecchi esponenti (un articolo di approfondimento lo trovate qui).
Touria (2016) è l'ennesima incursione nei
gestionali di
media profondità che, pur partendo da un'idea originale (una pedina unica per tutti i giocatori, spostata sulla mappa di gioco da ciascuno al suo turno), non riesce a concretizzarla in un gioco particolarmente apprezzabile.
Per Rajas of the Ganges (2017), invece, i commenti sono decisamente più favorevoli. Combina il piazzamento lavoratori, per eseguire le azioni, col piazzamento tessere sulla propria plancia, per ottenere benefici, punti e soldi. La caratteristica più originale, però, sta nell'utilizzo dei dadi, che qui diventano una vera e propria risorsa con cui pagare tessere e altre azioni e possono essere guadagnati, scambiati, manipolati.
The Rise of Queensdale (2018) doveva invece essere il Legacy di Inka e Markus Brand. E lo è stato, un gestionale con una meccanica base di piazzamento lavoratori e un tabellone e plance individuali che cambiano di partita in partita, grazie ad adesivi. Ma come un altro analogo, Charterstone, anche qui né la parte di gameplay, né quella Legacy sono state particolarmente apprezzate ed esaltate da chi lo ha provato.
Come considerazione generale a latere, pare che il treno dei Legacy sia passato, abbia fatto pochissime fermate buone tra tante e poi tanti saluti. Magari in un altro articolo.
Ultima fatica, Andor: The Family Fantasy Game (2020), esce nell'anno della pandemia come adattamento per bambini e famiglie del famoso Leggende di Andor, puzzle game a sfondo fantasy. Il gioco è praticamente lo stesso, nel senso che conserva il movimento matematico dei mostri verso il castello, cosparge la plancia di segnalini da esplorare e scoprire, fa combattere contro i nemici tramite dadi e dà a ogni personaggio caratteristiche diverse e punti azione da spendere nella fase giorno.
Se avete dei bambini, può essere l'ideale per regole, estetica e coinvolgente ambientazione, altrimenti c'è il classico, se proprio avete deciso di farvi del male con Andor.
In conclusione, i coniugi Brand si sono dedicati all'hobby assiduamente per molto tempo, spaziando dai
giochi per bambini, a quelli per
famiglie, fino a qualche incursione nel mondo dei
gamer abituali, in tutti i casi con ottimi successi (in mezzo a tanti altri giochi decisamente sottotono, va detto).
Detto questo, al di là di qualche bella trovata che è giusto rimarcare,
fatico a definire uno qualsiasi dei loro giochi capolavoro. Buoni, ottimi, ma non capolavori. E questo mi ha messo un po' in crisi quando si è trattato di sceglierne tre, perché se un autore ha fatto tanti capolavori, comunque caschi in piedi, qualsiasi cosa scegli, mentre per individuarne tre più meritevoli di altri in mezzo a tanti tutto sommato nella media, non hai molti elementi di discriminazione.
Perciò, trovandomi di fronte a scelte tutto sommato equivalenti, ho deciso di considerare anche
l'importanza storica di ciò che hanno prodotto. Ed ecco i tre che ne sono usciti fuori:
Village
Poteva essere Rajas of the Ganges, ma Village rimane più rappresentativo della coppia e anche più originale a livello di idee.
Come vi dicevo, è un piazzamento lavoratori in cui molte azioni costano tempo. Andiamo a marcare questo tempo accumulato su un tracciato circolare sulla nostra plancia e, ogni volta che il segnalino fa un giro completo, schiatta uno dei lavoratori. Con l'azione “matrimonio” è però possibile far nascere nuovi lavoratori, in modo da non rimanere a corto.
Per il resto si tratta di piazzare lavoratori nel classico circuito di azioni finalizzate all'ottenimento di punti vittoria attraverso varie strade, per la verità non molto collegate tra loro. Entra in gioco anche il fattore fortuna con le risorse (cubi di diverso colore) estratte casualmente da un sacchetto e piazzate in vari spazi azione: il lavoratore qui piazzato dovrà prelevarne una per eseguire il suo lavoro.
Perché dovreste giocarlo
Il sistema dei lavoratori che muoiono, oltre ad essere un'interessante ed originale trovata, ha anche la funzione meccanica di fungere da timer del gioco. Ogni volte che un deceduto finisce al cimitero, peraltro fruttando punti vittoria, infatti, si avvicina sempre di più la conclusione della partita, che ha una durata variabile in base al numero dei giocatori. Potrete quindi deliberatamente decidere di rimanere con meno lavoratori per fare azioni più potenti e al contempo accelerare la fine del gioco, se ritenete di avere un vantaggio sufficiente.
Perché potrebbe non fare al caso vostro
Nell'ambito del piazzamento lavoratori, ci sono sicuramente altri giochi che meritano di essere provati e posseduti prima di questo (
Caylus,
Agricola,
Age of Discovery,
Le Havre sono i primi che mi vengono in mente). Il twist dei lavoratori che invecchiano e muoiono non è di per sé sufficiente a Village nel fargli raggiungere le vette di altri capolavori.
Saint Malo
Antesignano dei giochi roll&write, che esploderanno poi solo ben sei anni dopo, arriva con tutto il classico corredo che dal 2018 spopolerà tra giocatori family e casual.
Plance su cui scarabocchiare con pennarelli cancellabili; dadi da lanciare con vari risultati, tra cui l'accumulo di punti pirata, che portano a un assalto collettivo da cui è necessario difendersi; una plancia personale in cui la disposizione degli elementi disegnati è altrettanto importante quanto il cosa si decide di creare; un regolamento e una meccanica tutto sommato snelli e semplici, ma sempre con scelte importanti da fare.
Perché dovreste giocarlo
Intanto per stupirvi di come un'idea come questa ci abbia messo così tanto tempo per affermarsi ed essere poi sfruttata (ed ormai esaurita, probabilmente) dalle case editrici, poi per vedere come tantissimi giochi successivi sono debitori a piene mai dalle idee di Saint Malo. Infine perché, tra i tanti roll&write, nonostante la sua età, rimane uno dei più piacevoli e profondi.
Perché potrebbe non fare al caso vostro
Quella del
roll&write è una meccanica particolare, legata a giochi abbastanza leggeri e in cui la fortuna ha un suo peso intrinseco. Non a tutti piace e non tutti gradiscono lo scarabocchiare su componenti di gioco, anche se in modo non permanente.
Exit
Per gli appassionati del genere, la serie Exit mette a disposizione una pletora di scatole (una trentina, se non ho contato male) pieni di enigmi che, grazie all'uso delle carte e alla “distruzione” del materiale al loro interno, offrono due vantaggi rispetto ad altri concorrenti: la certezza di avere una soluzione sempre a portata di mano e la possibilità di sfruttare tridimensionalmente ed in modo creativo i materiali forniti.
Perché dovreste giocarlo
Perché è uno dei punti di riferimento del genere escape room da tavolo e vi fornisce un ottimo termine di paragone per capire quale tra le tante proposte in questo genere si adatti maggiormente al vostro modo di giocare.
Perché potrebbe non fare al caso vostro
Potreste preferire escape room più adrenaliniche, dotate di un timer e quindi più simili a quelle reali; oppure escape room con una parte di storia più sviluppata e narrativa, laddove in Exit è poco più che un pretesto per gli enigmi; o ancora le escape room da tavolo in generale potrebbero non essere la vostra cup of tea, dandovi l'impressione di giocare una Settimana Enigmistica solo più costosa e blandamente tematica. O anche solo perché non sono più rivendibili, una volta usate.
Giochi principali:
Guatemala Café (2006)
A Castle for All Seasons (2008)
Village (2011)
Monster Trap (2011)
Saint Malo (2012)
The Enchanted Tower (2012)
Village Inn (2013)
La Boca (2013)
Village Port (2014)
Murano (2014)
Burgenland (2014)
My Village (2015)
Exit: The Game – the Abandoned Cabin, The Secret Lab, The Pharaoh's Tomb (2016)
Touria (2016)
Rajas of the Ganges (2017)
The Rise of Queensdale (2018)
Andor: The Family Fantasy Game (2020)