Il problema della apparente "fragilità" delle mappe in carta spessa, si risolve applicando uno strato di pellicola copri tavolo (la classica "cerata" trasparente) tagliata su misura da qualsiasi negozio "cinese" ben fornito e due graffette di plastica per tenerla sopra e sotto la mappa usata. Una volta terminata la sessione, la si arrotola e la si conserva agevolmente nella scatola del gioco 😉
Tales from the Red Dragon Inn è un dungeon crawler a campagna con forti elementi skirmish e puzzle (alla Gloomhaven, per capirci), cooperativo puro, per 1-4 giocatori, con scenari della durata di 60 minuti circa, dedicato a un pubblico abituale, caratterizzato da meccaniche di poteri variabili, scelte multiple, tiro dadi (icone sui dadi), ordine di turno casuale.
Come si gioca a Tales from the Red Dragon Inn
Il gioco è caratterizzato da una campagna, con scenari che vanno svolti in un ordine preciso dal primo all'ultimo. Ogni scenario ha una mappa pronta in carta spessa, che raffigura l'ambiente in cui si muovono i personaggi, diviso in esagoni e con già stampati non solo gli elementi scenici ma anche i mostri presenti e le loro statistiche e abilità.
Ogni eroe ha poi una scheda personaggio con un valore di punti vita e tre abilità base. Inoltre, per ogni partita, sceglie sempre due oggetti e quattro abilità avanzate tra tutto ciò che ha a disposizione (che naturalmente aumenta e diventa più forte nel corso della campagna).
Le abilità, escluse quelle base, utilizzabili a oltranza, hanno tutte un costo o in clessidre o in cariche. Le clessidre sono segnalini che poni sulla carta abilità quando la utilizzi, poi ne toglierai una all'inizio di ogni nuovo round e l'abilità sarà nuovamente disponibile quando non ci saranno più clessidre. Le cariche, invece, sono contate per l'intero scenario e rappresentano il numero massimo di volte in cui l'abilità sarà sfruttabile.
Ogni eroe ha anche un albero di abilità che, in sostanza, sono solo segnalini aggiuntivi che può utilizzare nella partita. Ogni scenario ti dice quanti passi puoi fare in quest'albero e, una volta scelto quali prendere, ottieni i relativi segnalini (che aiutano l'attacco, la difesa, le ricariche, ecc.).
In ogni round viene riempita una borsa con i segnalini iniziativa per tutti i personaggi e tipi di mostro: se ne estrae uno alla volta e quel personaggio/nemico farà il turno. Il comportamento dei mostri è determinato da un dado, lanciato sempre a inizio round (per cui prevedibile a intervalli regolari). Invece ogni eroe ha a disposizione due azioni standard e uno Shenanigan (“attività disonesta”), un trucchetto potremmo dire, da scegliere a piacere tra tutte le sue carte e la scheda personaggio.
Il combattimento e molte altre azioni vengono risolte col lancio di dadi gialli. La soddisfazione sta nel fatto che nessuna faccia sia un mancato, anzi, alcune permettono anche di ritirare e sommare il nuovo risultato, altre di immagazzinare preziosi dadi neri – più forti – che possono poi essere usati da chiunque, in azioni successive.
La condizione di sconfitta per gli eroi è di solito la morte di uno qualsiasi di essi. Da notare che la scheda giocatore è a doppia faccia: quando si subisce un certo numero di ferite, quelle in eccesso vanno perse e si gira la scheda sul lato ferito, di solito con un piccolo bonus immediato di compensazione, ma con abilità base meno forti. Se si perdono anche i punti vita lì indicati, la partita è persa per tutti.
Le condizioni di vittoria variano invece di scenario in scenario.
Materiali
La prima cosa che può far storcere il naso sono le mappe di carta. Devo ammettere che nemmeno io le amo. Hanno però dei grossi vantaggi: molti ambienti, ogni volta diversi e creati su misura; un setup rapidissimo, soprattutto in confronto ad altri giochi simili; hanno stampate sopra tantissime informazioni utili che risparmiano spazio e tempo al tavolo.
Altra cosa discutibile sono le illustrazioni che, se non ne avessi sentito parlare così bene, mi avrebbero francamente tenuto ben lontano da questo gioco. Fumettose, caricaturali, parodistiche... sono tutto ciò che meno mi piace in un fantasy.
Le miniature ci sono solo per gli eroi (bruttine) e poi sono forniti un sacco di standee per i nemici, con le relative basi colorate da inserire e disinserire continuamente (sì, li rovinerete nella parte terminale).
Al tavolo l'ingombro è minimo, grazie alla soluzione della mappa e ai relativamente pochi materiali aggiuntivi necessari per giocare.
L'iconografia, laddove presente, è chiara anche se i colori, come per le illustrazioni, a mio parere sono a volte troppo vividi e creano confusione. Va segnalato che c'è parecchio testo nel gioco e che per ora è disponibile solo in lingua inglese.
Ambientazione
Un gruppo di sgangherati eroi si aggirano tra taverne, sotterranei, laboratori e basi segrete per risolvere misteri, picchiare mostri e recuperare tesori.
Le avventure hanno una serie di paragrafi introduttivi che ne narrano il contesto: ben scritti, nulla di memorabile a livello di trama.
Regolamento
Ben scritto e chiaro. A parte la prima missione, che devi leggere intervallando le regole alla spiegazione generale fornita nel walkthrough. È probabilmente una cosa pensata per imparare giocando, ma all'atto pratico si rivela uno strazio: meglio leggere prima tutto con calma da soli e poi spiegare ai compagni come si gioca.
Ogni scenario introduce qualcosa di nuovo, ma è tutto molto semplice e digeribile.
Attenzione che i primi quattro scenari sono pensati come introduttivi e formano, in sostanza, un unico grosso tutorial. Il gioco vero, con maggiore possibilità di personalizzare il proprio eroe e missioni lievemente più difficili, inizia dal quinto scenario in avanti.
Considerazioni
Un gradino sopra HeroQuest
Inquadriamo innanzitutto il target di questo gioco, perché c'è il rischio che qualcuno prenda una cantonata. Non siamo infatti di fronte a un gioco troppo profondo e sfidante come possono essere Gloomhaven, Sword & Sorcery, Chronicles of Drunagor oppure OrcQuest WarPath o Shadows of Brimstone, giusto per metterveli in ordine di complessità.
Qui siamo più dalle parti di Massive Darkness e Dungeon Saga, per intenderci. Quindi qualcosa di certamente più complicato e complesso di HeroQuest, ma senza trasformarlo in un gioco per esperti: qui anche un giocatore occasionale potrebbe dire tranquillamente la sua, specie se al tavolo c'è qualcuno di più scafato.
Il sistema delle mosse, da gestire ogni round con clessidre o cariche, è sufficientemente facile da essere immediatamente assimilato e al contempo ha un buon livello di sfida. Il numero delle mosse a disposizione non è elevato, ma al contempo permette sempre di fare delle scelte. Inoltre, proseguendo con la campagna, si avranno sempre più carte a disposizione, tra cui selezionare le quattro da utilizzare in missione.
Altro punto a favore è il livello richiesto di coordinazione tra i vari eroi, specie in funzione della missione da compiere. Vi troverete spesso, specie con i personaggi più di supporto, a dover interagire coi compagni, mettendovi d'accordo sulla miglior tattica da seguire. Ciò è sempre positivo, in giochi di questo genere, che vivono di questo confronto per aumentare il coinvolgimento sia tematico che meccanico.
Al contempo le fasi di bookkeeping del gioco, includendo in questo caso anche setup e desetup, sono davvero ridotte al minimo e, grazie alla meccanica della pesca dell'iniziativa, spalmate tra i turni dei giocatori, per cui meno sensibili.
A questo proposito, l'iniziativa casuale aggiunge certamente tensione e incertezza al tutto, ma è un sistema che non ho mai personalmente apprezzato molto, perché riduce la componente strategica.
Difficoltà e scalabilità
Qui il discorso è più complesso di come appare. La campagna è giocabile a tre livelli: Storia, Veterano e Incubo. A livello Storia, come dice il manuale, quello che fai è goderti l'esperienza e il viaggio, perché praticamente non perderai mai. Il livello Veterano è quello standard con cui è stato pensato il gioco, per cui quello consigliato (e quello che ho giocato io). Si passa poi a livello Incubo principalmente con un sistema che non ho apprezzato, ovvero aggiungendo un dado speciale a ogni tiro, con la possibilità ogni volta di perdere una ferita al 50% delle probabilità. L'ho trovato un sistema poco elegante meccanicamente e assurdo tematicamente e non mi ha invogliato per nulla alla prova.
Entrano però in ballo anche scalabilità e composizione del party. Hanno infatti fatto scalare i mostri, passando da quattro a tre e due giocatori... ma non così tanto e non così bene. In due è infatti sensibilmente più difficile che non i quattro, numero in cui risulta spesso fin troppo facile. Mi viene quindi da consigliare, come numero ideale, di provarlo in tre.
Importante è però anche la presenza di qualche personaggio che può salvare gli altri, come la maga e, soprattutto, la chierica. Quest'ultimo personaggio è quasi indispensabile (in due ho vinto solamente utilizzando anche lei) perché è il supporto perfetto: cura, protegge, ecc.
Elementi di dungeon crawling
Esplorazione.
Il tabellone è interamente visibile, essendo stampato, ma cosa si trova nelle singole stanze lo si scopre solo aprendole, così come può cambiare l'obiettivo della partita man mano che si avanza.
Viaggio, mondo esterno e campagna.
Tra un dungeon e l'altro c'è solo un po' di scelta da fare con le nuove carte ottenute. La storia è poi narrata in circa mezza pagina all'inizio e alla fine dello scenario, con qualche paragrafo intermedio durante la missione, innescato a seconda di ciò che succede in partita.
Missioni.
Ben fatte, anche se non molto varie. Per lo più si tratta di uccidere qualcuno, ma in diverse occorre anche recuperare qualcosa o attivare parti specifiche di mappa, quindi non è solo un caricare a testa bassa.
Personaggi.
Nella loro semplicità, sono riusciti a differenziarli bene e specializzare ciascuno in modo egregio. Sono solamente sei – questo probabilmente ha facilitato il lavoro – e ognuno ha le sue peculiarità: l'orco picchia tanto tutti quanti, essendo un damage dealer a bersaglio multiplo da mischia; il ladro picchia di più il singolo bersaglio e lo picchia di più quando questo è svantaggiato (vicino a un eroe, indebolito, ecc); la chierica cura e protegge gli altri eroi; la guerriera è il tank della situazione, sempre in prima linea e con diversi sistemi per evitare il danno; la maga attacca a distanza, sposta i nemici fungendo da crowd control e crea illusioni per distrarli; lo stregone picchia forte a distanza, piazza trappole magiche e ha un famiglio – un coniglio mannaro – che lo aiuta a sterminare il prossimo.
Come dicevo in recensione, ce ne sono alcuni che si rivelano più performanti: avere la chierica nel party è un aiuto enorme, così come la tank, specie se curata ogni tanto, praticamente non va mai giù. Se a questi due si unisce un damage dealer qualsiasi, si ha praticamente il party perfetto.
Crescita dei personaggi.
Modulata in modo da essere lineare e non lasciare mai nessuno indietro, tanto che potete giocare la campagna ogni volta anche cambiando personaggio o numero di giocatori, senza nessun problema e perdendo pochissimo tempo. È ben calibrata e proporzionata al progredire delle missioni e degli avversari. A partire dalla quinta (quando comincia il vero gioco), avrete a disposizione varie scelte da fare prima di iniziare lo scenario, tra carte da selezionare e gettoni abilità da sbloccare, potendo così ogni volta apportare modifiche anche allo stesso eroe.
Morte dei personaggi.
Quando un personaggio muore, lo scenario è perso e va ripetuto per poter avanzare nella campagna. In tre o quattro giocatori a livello Veterano è però molto difficile che accada, se sapete giocare un minimo ai dungeon crawler.
Combattimento.
Il sistema di avere un dado che bene o male fa sempre qualcosa, senza facce bianche, è molto soddisfacente e probabilmente pensato in linea col target del gioco. Riuscire a ottenere un dado nero per le mosse successive è poi un piccolo twist che aggiunge un po' di tattica in più a quello che è in effetti un mero lancio di dadi.
I nemici attaccano invece con valori fissi, e ciò aiuta parecchio a velocizzarne la gestione e a prevedere le conseguenze delle loro mosse.
Magia.
Come ormai accade in tutti questi giochi, la magia non è gestita in modo diverso dalle altre “mosse speciali” dei personaggi non magici. Ma gli effetti sono comunque ben differenziati e riconoscibili.
Intelligenza artificiale.
Abbiamo innanzitutto il vantaggio pratico di non dover apparecchiare quasi nulla, se non gli standee dei mostri. Il dado per il comportamento si lancia all'inizio di ogni round e non quando viene estratto il relativo gettone: in tal modo si ha già un'indicazione precisa di ciò che farà un gruppo di mostri e si può agire meglio di conseguenza. La descrizione del comportamento è poi scritta direttamente sul tabellone e di solito è di rapida e facile applicazione, anche se qualche dubbio resta e un paio di esempi in più avrebbero giovato. In ogni caso, il gioco dice esplicitamente che, nei casi dubbi, i giocatori possono favorire loro stessi. Il maggior vantaggio di questo sistema è che anche il mostro stesso può avere stampato un differente comportamento di scenario in scenario, fornendo grande flessibilità col minimo sforzo.
Conclusione
Comprendo perché Tales from the Red Dragon Inn sia stato così fortemente apprezzato in giro. È un gioco molto rapido e facile da intavolare, con singole sessione brevi e quindi facilmente giocabile anche in serate infrasettimanali, con un sistema di gioco da una parte semplice ma al contempo ben sviluppato e vario, che privilegia l'agency del giocatore rispetto all'alea. Se avete in casa un paio di figli adolescenti appassionati di fantasy, potrebbe essere la scelta ideale, a patto che sappiano un po' di inglese e gradiscano le orribili illustrazioni.
Per un giocatore esperto, che ha già provato diversi dungeon crawler, che cerca maggiore sfida e un'ambientazione meno scontata, non è la scelta ottimale.