Anche questa Essen è finita. Ho perso il conto, non so se sia la quindicesima consecutiva (senza contare l’anno del Covid) o più; poco importa, resta sempre una bellissima esperienza. Quest’anno sono stato orfano del mio guru, il maestro del Pianto Nanto Zerro73, ma la compagnia, per il resto, era intatta e vogliosa come sempre di provare nuovi giochi. Iniziamo con il botto perdendo il volo in tre e ritrovandoci, quindi, a Colonia la sera invece che a Dusseldorf per pranzo, alleggeriti di parecchi euro. Ma non ci scoraggiamo e giovedì mattina entriamo in fiera agguerriti e pronti a provare un sacco di giochi.
Non vi tedierò con altri racconti e aneddoti, per quello sono più adatti altri media, ma passo subito a fare l’elenco dei giochi provati (questa volta addirittura ventisette!), con le mie considerazioni.
Lo ripeto ogni volta, ma non mi stancherò mai di farlo: si tratta di primissime impressioni, basate, nella stragrande maggioranza dei casi, su un paio di turni, praticamente mai una partita completa. Ora, come potete facilmente immaginare, già una partita completa è poco per giudicare un gioco, ma farlo dopo solo un paio di turni, con le regole spiegate nel caos della fiera, senza poter vedere l’intero arco narrativo di un titolo, dall’inizio alla sua conclusione, è assolutamente insufficiente per dare un giudizio definitivo! Ovviamente, questo “passa il convento”, per cui dovrete accontentarvi delle mie prime impressioni. Tuttavia, sono convinto possano comunque essere utili a farsi una prima, sommaria, idea. Le uscite ogni anno sono migliaia e mi sono sempre sentito in dovere di dare una mia opinione, da ormai “veterano” della fiera, per aiutare chi vuole avere qualche informazione in più prima di scegliere il prossimo parallelepipedo in cartone da comprare.
Ma bando alle ciance e vediamo cosa ho provato e che impressioni mi ha fatto:
Evacuation
Il primo giorno della fiera decidiamo di cominciare con il botto e andiamo a provare uno dei titoli per cui le nostre aspettative sono più alte, e non veniamo delusi.
Evacuation (
Hexodus in Italia a breve per mano della Tesla Games)
è uno dei nuovi titoli di Vladimir Suchy, un autore che personalmente apprezzo molto.
In questo titolo ci troviamo a dover letteralmente fuggire a gambe levate dal nostro pianeta natale. Avremo cinque round di gioco per costruire navi, caricare merci e popolazione e ricostruire la nostra civiltà su di un nuovo pianeta. Il tabellone presenta i due pianeti uniti da un tracciato satellitare, sul quale dovremo avanzare per poter costruire in zone sempre più vaste del nuovo pianeta che ci ospiterà. Le plance dei giocatori riportano una serie di tecnologie di diversi livelli e asimmetriche per ogni giocatore, la traccia delle energie che avremo a disposizione e le azioni disponibili, nella parte in basso. Ogni azione a partire dalla terza costa energie e le energie saranno preziose anche per muovere avanti e indietro le nostre navi tra i due globi terracquei. Si possono costruire astronavi per fare da spola, industrie, nuove tecnologie, popolazione (con la clonazione) e una serie di infrastrutture necessarie a ottimizzare le poche azioni a disposizione.
Ci sono diverse cose interessanti da dire sul titolo, ma direi che tre sono le cose principali di questo bellissimo e strettissimo gestionale tedesco.
Innanzitutto, una delle maggiori difficoltà da superare è che ogni cosa è divisa tra vecchio e nuovo mondo, ciò che viene prodotto in un pianeta può essere usato e sfruttato solo nel pianeta stesso, a meno di trasportarlo con le succitate navi tra i due globi. Sembra poco, ma è difficilissimo gestire questo doppio mercato e vedremo immancabilmente con rabbia una risorsa per noi indispensabile stare sul pianeta sbagliato.
In secondo luogo, il gioco prevede una curva di costi che inizia tutta sbilanciata sul vecchio mondo, su cui dovremo spendere cibo per sfamare la popolazione ancora in larghissima parte solo lì, per spostarsi tutta dall’altra parte nelle fasi finali della partita, dopo essere stata divisa equamente tra i due pianeti nella sua fase centrale. Questa cosa è estremamente tematizzata e coerente con l’esodo via via più massiccio durante la progressione dei round di gioco.
E veniamo, quindi, alla terza e più interessante caratteristica del gioco: in questo gioiello di Suchy
non dobbiamo costruire un motore produttivo come nei più tipici gestionali euro sul mercato,
ma smontarlo nel vecchio pianeta per rimontarlo sul nuovo. Questa cosa è interessante e complessa, perché tale operazione di smontaggio, trasporto e riassemblaggio prevede che, nel turno in cui si è smantellata una fabbrica, non si riesca a renderla operativa nel nuovo pianeta, poiché il trasporto della stessa avviene dopo la fase di azioni. Significa che ci sarà sempre un
round in cui non produrrò ciò che sto trasportando nel nuovo pianeta, impoverendomi e creando non pochi problemi.
Si dovrà pianificare tutto almeno un paio di turni avanti, pena il trovarsi senza produzione da ambo le parti e, quindi, impossibilitati a far fronte alle richieste di fine round e senza le risorse utili per riallestire il motore di materie prime nella nostra nuova casa. A questo si unisce una lotta feroce sul tracciato dei satelliti e per accaparrarsi le zone migliori nel nuovo mondo, che spesso ci vedrà combattuti tra la necessità di sbrigarci e il costo esoso di una dismissione troppo repentina dei nostri apparati produttivi sul pianeta morente. Insomma, un gioco che ha tutte le carte in regola per essere davvero un gran titolo e non vedo l’ora di mettere le mie piumate alucce sulla copia italiana edita dalla Tesla (poiché il gioco non è affatto indipendente dalla lingua)!
VOTO: 9
Epochs: Course of Cultures
Gioco di
civilizzazione abbastanza scorrevole e interessante. Si tratta di un
Kickstarter futuro, per cui materiali e regole che ci hanno spiegato sono ancora in fase prototipale e lo stesso spiegatore aveva dei dubbi su alcune cose.
La mappa parte coperta e all’inizio di ogni turno si dovrà girare una porzione della stessa (blocchi di quattro esagoni) con una parziale informazione su quello che si troverà. Nel proprio turno si può giocare una carta tecnologia (pagandola) e fare un’azione oppure scartare una carta tecnologia, perdendola per sempre, e fare due azioni. Le risorse sono di pochi tipi, la mappa è piccola e ci si mena piuttosto facilmente, sia con le popolazioni neutrali che tra i giocatori.
Tra le tante azioni è possibile stipulare rotte commerciali con le città neutrali, attaccare gli avversari o le fazioni non giocanti, fondare città, estendere la propria influenza in mappa, comprare tecnologie militari che danno vantaggi in battaglia, prendere il controllo di elementi della mappa che danno ricompense o forza militare, spendere punti scienza per ottenere punti vittoria e altri benefici.
Interessante la rendita d'inizio turno, che è data dall’incrocio su una tabella di due nostri indicatori che sono sulle due assi della stessa. Come
bella la gestione delle carte tecnologia, vero motore del gioco, che avremo a disposizione in ogni era; infatti, vengono pescate una a una nei
round dell’era precedente, in modo da delineare piano piano ciò che avremo a disposizione nell’era successiva.
Resta da capire quanto funzioni bene il tutto (noi abbiamo fatto solo un’era su tre), però le impressioni sono state buone e l’idea è che possa essere un gioco di civilizzazione
4X completo, ma scorrevole e non eccessivamente lungo o
complesso. Rimane qualche dubbio sulla forse eccessiva rilevanza degli scontri, vista la mappa piuttosto piccola, ma non resta che attendere curiosi l’uscita su Kickstarter di questo progetto.
VOTO: 7,5
Rats of Wistar
Nuovo gioco dell’italianissima coppia Luciani – Sabia, edito dalla Cranio Creations come pure il loro precedente lavoro
Anunnaki. Si tratta di un
gestionale con rondella delle azioni, di
peso medio e con
tema roditori. Siamo topi super intelligenti fuggiti da un laboratorio che devono esplorare e rendere confortevole un’abitazione dove si sono rifugiati.
La ruota non riporta le azioni da fare, bensì i posti dove possiamo posizionare i nostri tre roditori-lavoratori. Ogni spicchio della ruota ha più o meno posti dove piazzare i nostri lavoratori, posizioni esclusive, spesso associate a potenti bonus. La ruota gira ogni round e gli spicchi con le azioni bonus si spostano di conseguenza sul tabellone dove, invece, le sei azioni principali rimangono fisse. Queste azioni vengono svolte da chi posiziona il proprio roditore sullo spicchio che in quel momento si trova in corrispondenza di esse; tuttavia, la forza con sui si compiranno tali azioni è data dalla quantità di nostri aiutanti presenti nella zona (tre in tutto) in cui andremo a svolgerle. Occorre, quindi, pianificare con attenzione dove ci posizioneremo, in modo da cercare di avere sempre il maggior numero possibile di aiutanti (topini minori) nella zona, al fine di compiere l’azione desiderata con il massimo dell’efficacia.
Le azioni, quelle bonus e quelle principali, permettono di raccogliere le due risorse del gioco, prendere carte invenzione, costruire carte invenzione già possedute pagandone le risorse, aumentare il numero di aiutanti da poter piazzare sul tabellone, raccogliere icone utili a fare punti e obiettivi, esplorare la casa aprendo porte e scoprendo stanze, risolvere le missioni in tali stanze e sviluppare la propria plancia per ottenere bonus di vario tipo. Detta così il gioco sembra molto complesso, ma in realtà si tratta di un
titolo medio, non troppo difficile da giocare, ma piuttosto profondo e sfaccettato per essere adeguatamente gestito.
Un buon gioco, che forse mostra un pochino il fianco all’alea nell’uscita delle carte invenzione, le quali, se dovessero incastrarsi subito in potenti combo per una fortunata sequenza, potrebbero rendere la partita a senso unico. Tuttavia, la relativa semplicità e la durata non eccessiva rendono questa eventualità non particolarmente fastidiosa. Ottimo peso medio, dunque, e illustrazioni molto gradevoli.
VOTO: 7,5
Requiem: Downfall of Magic
Altro gioco in dirittura d'arrivo su Kickstarter, che abbiamo provato alla Ludus Magnus Studio. Titolo di
esplorazione,
combattimento e tanta narrazione.
Ambientato nello stesso universo narrativo di
Nova Aetas Renaissence, ma in un periodo storico diverso, questo titolo ci vede nei panni di avventurieri intenti a risolvere i diversi capitoli (mi pare nove in tutto) di cui è composta la
campagna fornita con il gioco base.
Gli eroi hanno un tot di icone/azione differenti da spendere tra i vari personaggi e che possono impiegare per fare azioni peculiari del loro personaggio: esplorare, muoversi, combattere e usare i vari oggetti forniti all’inizio o trovati nel corso dell’avventura. La mappa è fatta da esagoni, che partono coperti e che, una volta esplorati, sbloccheranno luoghi particolari, incontri, mostri e capitoli specifici.
Il sistema di gestione dei personaggi è pensato bene ed è molto fluido; i combattimenti sfruttano una coppia di dadi (attacco e difesa) che si combina con la stessa coppia dell’avversario. I valori si confrontano (attacco proprio con difesa avversaria e viceversa) per generare un sistema di danni e uno scontro molto fluido, ma non banale, anche in virtù dei modificatori che si possono applicare.
Il punto forte del titolo resta la parte narrativa che vede un libricino per ogni scenario con dei bivi che nulla hanno da invidiare a un piccolo librogame. Ci saranno tante scelte, tanti avvenimenti inaspettati e la stessa avventura difficilmente si esaurirà alla prima volta che verrà giocata, anche grazie a dei mazzi incontro mescolati e accoppiati al libro. Noi abbiamo fatto un’avventura, ma ci hanno parlato delle altre e sembrano tutte molto articolate, interessanti e curate.
Inutile poi parlare del comparto grafico e delle miniature, che, trattandosi delle Ludus Magnus Studio, sono semplicemente il meglio del meglio che si trova nel nostro ambiente. Sperando in una campagna che vada bene e sblocchi tanti succosi extra, non posso che consigliare agli amanti del genere questo titolo. Soprattutto se si cerca qualcosa di ben fatto a livello narrativo e immersivo, ma non troppo pesante e farraginoso nella gestione. Non è il mio genere, ma non posso che parlare bene di quello che ho visto in fiera.
VOTO: 8
Kutná Hora: The City of Silver
A questo titolo ho fatto i primi due turni sui sei totali che dura una partita. I giocatori devono
costruire e far fiorire la città omonima che è diventata ricca e importante grazie alle sue miniere d’argento.
Il tabellone è diviso in due griglie, dove i giocatori si alterneranno a costruire miniere, nella griglia nera in basso, ed edifici, in quella bianca in alto. Costruire miniere è relativamente semplice e si fa giocando la carta apposita e pagando le risorse richieste. Costruire gli edifici è un processo più lento perché, oltre a dover avere i fondi per pagare le risorse necessarie, occorre prima prenotare uno slot e la tessera dell’edificio che si vuole successivamente edificare. Tale processo, dunque, richiede fondi (azioni per averli) e ben tre azioni: prenotare il lotto, prendere l’edificio, edificare l’edificio pagandone il costo.
Le miniere a fine partita danno punti per le maggioranze sulle righe della griglia, gli edifici punti per edifici “simili” ortogonalmente adiacenti e ci sono poi punti dati da alcuni scoring manipolabili dai giocatori e dalla costruzione della cattedrale cittadina.
Detto così il gioco sembrerebbe piuttosto classico, ma in realtà ha alcune caratteristiche che lo rendono davvero molto interessante. Innanzitutto, ci sono parecchie risorse il cui valore cambia a seconda della loro reperibilità (data dalla costruzione di miniere ed edifici produttivi) o richiesta (data dalla popolazione) e viene manipolato in modo davvero funzionale e semplice da alcuni indicatori mobili. La cosa interessante è che, quando si guadagnano o pagano risorse, in realtà si converte sempre tutto in denaro, unica valuta fisica del gioco. Pare poco, ma è un sistema semplice, funzionale, ergonomico ed economico davvero geniale.
In secondo luogo, le azioni:
tutte le azioni di gioco sono rappresentate da un mazzo di sei carte, uguale per tutti. Ogni giocatore, durante i sei round di gioco, gioca due carte al primo turno, due al secondo e una al terzo (non giocando l’ultima rimastagli), per un totale di cinque azioni a
round. Nel giocare tali carte, deve scegliere uno dei due lati in cui esse sono divise, che rappresentano sempre una delle sei azioni disponibili (costruire miniere, prenotare edifici, prenotare lotti di terreno, costruire la Cattedrale, costruire un edificio o prendere gli introiti). C’è una carta che ha un jolly, che permette di scegliere l’azione che si desidera al prezzo di perdere
fama (un parametro che dà grossi benefici o svantaggi a seconda del suo valore, alto o basso). La scelta su quale carta, e in quale lato, giocare è
cruciale e pone sempre dilemmi, sia sulle azioni non scelte, alle quali occorre rinunciare, sia sul
timing con cui compierle, che è cruciale nel gioco.
Altra caratteristica intrigante del gioco è che a inizio partita ogni giocatore riceve l’affiliazione a solo tre delle sei gilde presenti: tale affiliazione è fondamentale, perché permette di produrre e costruire solo le risorse e gli edifici appartenenti a una delle proprie affiliate e crea sinergie e alleanze al tavolo tra chi possiede le medesime gilde.
Infine, l’elemento che trovo più stimolante, è l’eccezionale mobilità dei valori delle merci in gioco che, a ogni azione, reagiscono e si modificano per tutti, creando delle dinamiche davvero complesse e interessanti. Ovviamente, però, è da capire quanto tutto quest'amalgama funzioni e sia appagante nell’arco dell’intera partita, cosa tutt’altro che scontata. Sicuramente un gioco particolare e prodotto con un’attenzione ai materiali e l’ergonomia direi fenomenale (i pezzi sono fatti con legno riciclato in un modo particolare che li rende solidi e molto dettagliati, oltre che ecologici). Difficilissimo giudicare un titolo simile da pochi round, tuttavia l’interesse è sicuramente molto alto e promette assai bene, più di altri, però, in questo caso il giudizio è un azzardo da prendere molto con le pinze.
VOTO: 8
Age of Galaxy
A questo compatto gioco spaziale abbiamo fatto una partita intera, quindi ve ne parlo con maggiore cognizione di causa. Innanzitutto, si farà un draft delle carte, che sarà davvero fondamentale, poiché verrà giocata una di tali carte all’inizio di ogni round di gioco e ci fornirà dei poteri speciali, navi da guerra, soldi e l’indicazione di quali pianeti potremo esplorare sul tabellone, il quale è formato da una serie di carte scoperte via via ogni inizio round. Oltre a ciò, i simboli riportati su tutte le carte che avremo giocato, a fine partita ci indicheranno su quale tipo di scoring andremo a fare punti nel calcolo finale.
Il round prevede che si giochi in contemporanea la carta razza, poi si prendono risorse e navi in base ad essa e alla propria produzione e si ottengono tre cubi che sono le azioni a disposizione. Con tali azioni e previo pagamento di costi, che possono essere in soldi, scienza e fama in varie proporzioni, potremo esplorare nuovi pianeti, svilupparli, ricercare tecnologie, costruire navi, ottenere punti con il commercio, scoprire nebulose nello spazio e altro ancora.
A fine round si perdono le navi che non si riescono a sostenere con gli scudi, ma prima si stabilisce chi ha la flotta più potente, dal momento che si otterranno punti e ricompense in base a questo. Poi si ricomincia in ordine, da chi ha il punteggio più alto, passando poi a chi ha quello immediatamente inferiore e così via. Alcune azioni permettono di recuperare i cubi in un secondo momento per i round successivi, ma solo se in diversi giocatori le avranno compiute. In questo modo diventa possibile che negli ultimi turni di gioco alcuni giocatori svolgano più delle tre azioni standard.
Il titolo costa poco, ha una scatolina piccola, ma zeppa di materiali, illustrazioni poco ispirate, ma funzionali e presenta tante scelte interessanti e strategie non banali a medio-lungo termine, in un’ora circa di partita. Devo dire che ha sorpreso tutti nel gruppo e ci ha convinto molto sulla sua validità. Ottimo titolo tascabile per dimensioni e durata.
VOTO: 8
Tuned
Astratto per due giocatori dai materiali sontuosi e dalla scatola anche troppo grande, che nasconde una
rivisitazione del gioco del Tris in chiave tridimensionale. Mi sono avvicinato a questo gioco su BoardGameArena, pensando fosse semplice e si esaurisse in fretta. Invece mi sono ritrovato con decine e decine di partite alle spalle e senza aver ancora trovato un
pattern di mosse davvero definitivo o vincente. Con pochissimo questo giochino riesce a essere
profondo e sempre differente, con la necessità di guardare sempre un paio di mosse avanti, pena una cocente sconfitta.
Di fatto, su una griglia 3x3 i giocatori dovranno piazzare o muovere i loro pezzi di partenza con lo scopo di fare un tris di pezzi uguali in verticale, orizzontale o diagonale. Entrambi partiranno con due pezzi blu (gli asini), due bianchi (i cani) e due arancioni (i gatti). Nel proprio turno, si potrà solo piazzare un proprio pezzo sulla mappa o muoverlo, ma non si potrà mai muovere due turni consecutivi né spostare un pezzo mosso dall’avversario riportando la situazione a come era prima della sua mossa.
La particolarità è che i pezzi si possono impilare tra loro e si possono, quindi, anche muovere insieme, prendendo quello che ne ha sopra altri e spostando la pila. L’asino può portare il cane sopra di sé, che a sua volta può portare il gatto. Il tris, ovviamente, è dato da tre pezzi dello stesso tipo, visti dall’alto. Detta così sembra un giochino e invece è di una profondità notevole, provare per credere! Super promosso, ho ancora voglia di giocarlo dopo moltissime partite! Tra gli astratti per due giocatori che durano 10 minuti è imprescindibile.
VOTO: 9
Planta Nubo
Titolo molto atteso per via degli autori che sono Rosenberg (
Agricola), Keller e Odendhal (
La Granja e
Solarius Mission). Dalla lettura delle regole il gioco non mi aveva impressionato, sono sincero, eppure, giocandolo, si è dimostrato essere davvero
divertente, appagante e strategico.
Dobbiamo rinverdire l’albero madre del nostro ormai morente pianeta per salvarlo. Tema appiccicato a parte, il titolo si gioca su due principali pattern. Quello in cui si scelgono le azioni e ottengono polimini e quello in cui si sviluppa la nostra plancia con nuove tecnologie, polimini da “svuotare” di cubi e tessere punteggio da piazzare sopra di essi, una volta liberati, per fare punti.
Ogni giocatore ha a disposizione 4 tessere attrezzo differenti, le stesse per tutti. Tali attrezzi dovranno essere piazzati in mezzo a due tessere di una griglia formata da tessere, appunto, che sono di due tipi. Quadrati blu, posti al centro, che riportano le azioni da poter compiere, e quadrati colorati, posti ai lati, che contengono polimini di diversa forma, grandezza e colore. Piazzando un proprio attrezzo tra due tessere quadrate, si potrà scegliere quale delle due tessere confinanti attivare. Su quelle blu si compiono le diverse azioni del gioco; su quelle con i polimini sopra, si prende il primo polimino della pila, che si dovrà piazzare sulla propria plancia personale. Spendendo due energie precedentemente ottenute si può (una volta in tutto il round) attivare il proprio robot, per poter svolgere entrambe le azioni delle due tessere confinanti con il proprio attrezzo.
Il piazzamento ha delle limitazioni, perché non si potrà mai piazzare un attrezzo attorno a una tessera che ne ha già vicino uno dello stesso tipo (precedentemente piazzato da un altro giocatore). Tale limite pone davanti a scelte difficili e con una
forte rilevanza del timing. Dopo il terzo attrezzo piazzato, quello che rimane ancora a disposizione attiverà dei personaggi che cambiano ogni turno e che danno potenti bonus (e punti a fine partita nell’ultimo
round). Con
i polimini ottenuti si devono piazzare e coprire spazi sulla griglia personale della propria plancia. Tale griglia va riempita al meglio e ha degli spazi bloccati, che possono essere liberati con le apposite azioni. I polimini, una volta piazzati, vanno
riempiti con i cubi del medesimo colore che sono i fiori da spedire, poi, su casse che richiedono quello specifico tipo. Ogni fiore spedito (con l’azione corrispondente ovviamente) fornisce bonus di punti e avanzamenti del nostro dado-energia. Si tratta di un dado che gira in senso orario sulla
track apposita circolare che delimita la nostra plancia giocatore.
Questa
track inizia con pochi spazi attivi (quindi permette al dado di girare con pochi passi) che, ogni volta che vengono raggiunti o superati da esso, forniscono bonus di vario tipo, due dei quali molto potenti. Si potranno
attivare nuovi spazi con nuovi bonus, ma, inevitabilmente,
il dado girerà più lentamente.
Una volta che i polimini saranno svuotati di cubi e forniranno una “base libera” più o meno ampia,
si potrà posizionarvi sopra una tessera bosco che fornisce rendite e punti e che, se girata con altre azioni, fornirà ancora più punti, perdendo però la rendita.
Oltre a quanto detto ci sono una serie di altre azioni e bonus da incastrare in un amalgama interessante e coerente, che va sfruttato al meglio nelle poche azioni a disposizione per ottimizzare il punteggio e sbloccare mille azioni aggiuntive. Il titolo è profondo e appagante, pieno di cose da fare e tuttavia abbastanza coerente e scorrevole. Materiali buoni e abbondanti e grafica gradevole, anche se un pochino troppo colorata. Potrebbe soffrire di un pochino di paralisi da analisi e relativi tempi di attesa, ma davvero diverte molto da giocare con tutte le combo che ti mette a disposizione. È uno dei titoli che mi ha divertito di più restituendo un feeling “comboso” simile a quello di Revive dell’anno scorso. Vedremo se tutto risulterà equilibrato e strategico dopo qualche partita.
VOTO: 9
Path of Civilization
Gioco di civilizzazione basato praticamente solo su carte, che regge fino a cinque giocatori e che in fiera ha avuto un notevole seguito. Un regolamento semplice da spiegare, una demo che durava venti minuti (per giocare un paio di
round dei nove totali) e un colpo d’occhio notevole per i bei porta-carte che corredano la dotazione nella scatola; questi gli ingredienti per tavoli sempre pieni e tanta gente che girava per la fiera con una scatola di questo gioco sotto il braccio.
Il titolo si propone di sviluppare le civiltà dei vari giocatori in nove round, tutti piuttosto simili tra loro. A inizio turno i giocatori dovranno giocare quattro delle cinque carte in mano e scartare, perdendola per sempre, la quinta. Le carte sono divise in due (lato destro e lato sinistro), con un numero di icone per lato sempre maggiore all’aumentare del loro livello. Due carte si giocheranno per le icone a sinistra e altre due per quelle a destra. Le icone a sinistra sono sviluppi tecnologici, che fanno ottenere vari benefici, quelle sulla destra invece servono a salire su appositi tracciati (cinque in tutto, in plance dual-layer fornite a ogni giocatore) che si “spendono” azzerandoli, per comprare nuove carte tecnologia. In pratica, si sale su questi tracciati, per poi azzerarne uno e ottenere la nuova carta tecnologia di quel tipo, di un livello tanto più alto, e migliore, quanto più si era saliti prima di azzerarlo. In questo modo si hanno sempre cinque carte, delle quali una verrà sostituita da quella nuova a ogni fine round. Le altre icone possono far progredire militarmente, giocare leader, costruire meraviglie, vincere battaglie e salire sul progresso; tutto in una logica di maggioranze su cinque diverse aree tematiche.
Il senso di progressione è costante e appagante e, alla fine di alcuni round, ci sono scontri e controlli, basati principalmente sulla forza militare, che danno punti e ricompense di vario genere. I materiali sono buoni e funzionali, specialmente i porta-carte in plastica che rendono tutte le tecnologie visibili e ordinate. La grafica è chiara, ma non molto ispirata, così come le illustrazioni che, mi dicono, sono state interamente realizzate dall’Intelligenza Artificiale.
Francamente il gioco è piacevole e si lascia giocare nelle due ore dichiarate, o forse anche meno, una volta presa la mano con le
meccaniche. Il problema è che è molto costoso e, tutto sommato, piuttosto semplice.
Un gioco quasi family che, di fatto, scimmiotta 7 Wonders senza essere altrettanto elegante e compatto. Non ha nulla che non vada, intendiamoci, tuttavia neppure caratteristiche irrinunciabili o particolarmente originali. Sicuramente io non sono il suo
target e, pur non disdegnando di farci una partita ogni tanto, non lo prenderei, specie al prezzo cui veniva venduto.
VOTO: 7
The Faceless: Amusement Park
Gioco che era in fiera e la cui campagna Kickstarter è attualmente in atto. Essendo di una casa editrice e di autori italiani, sono passato a farmelo raccontare.
Si tratta di un titolo collaborativo, in cui una banda di ragazzini deve girare per le varie giostre di un lunapark abbandonato in cerca dei loro ricordi felici, per sfuggire alle grinfie di Billygoat e dei suoi orrorifici mostri servienti.
Il tabellone riporta una serie di ruote, dove verranno via via posizionate le giostre del parco, man mano che verranno esplorate dai giocatori. Le giostre ruotano ogni fine round, modificando e generando le azioni da parte dei mostri e facendo avanzare il gioco verso la fine della partita. In un numero imprecisato di round, i giocatori dovranno scoprire in quali giostre si trovano i ricordi perduti, prima che i mostri invadano la mappa, generando la fine della partita. Un meccanismo di fusione dei mostri più piccoli in mostri sempre più grandi e difficili da abbattere rende ogni partita una corsa concitata contro il tempo, poiché i mostri grandi sono davvero difficili da battere. In generale, infatti, e anche per la azioni di combattimento, per vedere se si riuscirà a fare ciò che si desidera, occorrerà lanciare dei dadi e contare il numero di successi ottenuti (5 e 6 al dado), ovviamente applicando eventuali modificatori. I mostri vengono sconfitti con un numero di successi, nel singolo lancio di dadi, pari al loro livello. Per cui più crescono e più è difficile liberarsene. Durante il turno i giocatori possono muovere, cercare, scambiarsi carte e attaccare a distanza o in uno scontro ravvicinato.
La particolarità del titolo, però, sta nella grossa ruota delle azioni posta in alto sul tabellone. Tale ruota è divisa in quattro spazi che indicano il livello dei mostri, i quali possono fondersi quando due di livello inferiore si trovano nella stessa posizione. Inoltre, ci sono spicchi più piccoli che rappresentano le azioni di gioco e al centro è posta una bussola.
Per poter fare determinate azioni i giocatori dovranno muovere un magnete sui lati della ruota, dopo aver coperto la bussola. Una volta mosso il magnete e tolta la copertura della bussola, dovranno forzatamente compiere l’azione puntata dall’ago magnetico! Occorre, quindi, fare molta attenzione a come si muove il magnete, anche in virtù di un secondo magnete che viene posto sulla ruota da un certo punto della partita in poi per complicarci ulteriormente la vita!
La trovata è originale e interessante e pone buone questioni strategiche: rischiare meno puntando a due azioni vicine che, anche se non ottimali, risulterebbero comunque entrambe utili o rischiare di sprecare totalmente il turno? La grafica non mi fa impazzire, ma i materiali sono gradevoli e auguro loro che la campagna vada bene. Ci sono anche altre trovate molto interessanti e, pur nella sua natura fondamentalmente american il titolo va giocato con attenzione, coordinando bene tutti i giocatori al tavolo, pena una cocente sconfitta. Uno dei pochi titoli american che ho visto in fiera, ma piuttosto interessante.
VOTO: 7
Nucleum
La coppia Luciani - Turczi sforna questo cinghiale setoloso, che deve molto a Brass e qualcosa a Barrage. Tuttavia, mischia giochi esistenti con un sistema di tratte che danno bonus se accoppiate cromaticamente alle tessere tratta e/o alle zone del tabellone.
Si devono risolvere contratti, costruire miniere, centrali a uranio, collegamenti ed edifici di vario tipo, per poi sfruttare tutta la filiera in campo per alimentare gli edifici e voltarli dal lato che fornisce punti vittoria.
Interessante la questione delle tessere azioni, da posizionare con attenzione, come il fatto che queste sono le stesse tessere che si usano per i collegamenti sulla mappa e che, quindi, si perdono se usate per tale scopo. I collegamenti sono fondamentali sia per la parte logistica che per il rifornimento energetico e si combatte per accaparrarsi i migliori, sebbene ti costringano a rinunciare alle tessere azione e a un prezioso omino, sacrificato per marcare la proprietà del collegamento faticosamente costruito. Si possono sviluppare tecnologie per succosi bonus e si devono anche rifornire di energia gli edifici, per un sistema di punteggio particolare e difficile da spiegare in questa sede, ma che incentiva il giusto tempismo e una lotta serrata a chi arriva prima in certi slot. A completare le già numerose cose da tenere d’occhio c’è anche la fine della partita, che non è predeterminata, ma scatta al raggiungimento di due di ben cinque condizioni (tre in due giocatori).
Insomma, tantissima carne al fuoco che, devo dire, risulta piuttosto chiara e scorrevole, già dopo pochi turni, e che è particolarmente aiutata da buoni materiali e un’ottima iconografia. Resta da capire con una partita completa quanto il tutto risulti interessante e appagante, ma le premesse ci sono tutte per un altro gioco impegnativo e sfidante. Personalmente non vedo l’ora di farci qualche partita, per vedere se mantiene le ottime promesse dei pochi turni fatti in fiera.
VOTO: 8
Pirates of Maracaibo
Avete presente Maracaibo di Pfister? Quello in cui ci spostiamo con le navi lungo il percorso del tabellone per poi combattere, esplorare la terraferma, raccogliere tesori e sviluppare la nostra plancia per succosi bonus? Ecco, questo è
lo stesso gioco, dello stesso autore, con la stessa grafica,
ma semplificato. Non si combatte più a suon di
maggioranze per il punteggio finale, il tracciato è ancora più vario e mutevole del precedente, essendo formato da carte, non ci sono più le carte in mano da giocare, ma, per il resto, rimane sostanzialmente la stessa cosa con un pochino meno regole, una durata più contenuta e qualche cambiamento minore.
Francamente non si sentiva il bisogno di prendere un ottimo gioco e renderlo un pochino più semplice, specie considerando che i cambiamenti non sono poi tanti e che anche il predecessore non era particolarmente pieno di regole e cavilli che lo rendessero ingiocabile. Rimane un titolo interessante e piacevole, ma che è troppo simile al predecessore per valere l’acquisto per quanti già possiedono Maracaibo e non sufficientemente diverso da renderlo preferibile.
L’interazione è molto più blanda e meno cattiva, le scelte più semplici e meno sofferte, dà l’idea di poter permettere tutto ripagando, comunque, con qualche punticino, mentre il primo, invece, rischiava di dare davvero magre ricompense a chi alla fine veniva fatto fuori dalle maggioranze sulle nazioni. I tesori vanno presi e seppelliti, gli edifici si visitano sulla mappa fatta di carte e si comprano rimuovendoli da essa e rimpiazzandoli con nuove carte. La nave si muove sempre alla velocità voluta dal giocatore, ma questa volta i bivi sono molti e rendono le scelte meno significative. Se ci si ferma dove sono gli altri, si dovrà pagare una piccola tassa e arrivare in fondo fa chiudere il round, come nella precedente incarnazione.
Per i grandi amanti di Maracaibo potrebbe essere uno scialbo doppione o una piacevole variante più semplice, magari da intavolare con i famigliari meno avvezzi. Io francamente non ne sento proprio il bisogno e mi tengo stretta la versione precedente.
VOTO: 6,5
Redwood
Gioco molto bello esteticamente e anche originale.
Siamo un gruppo di fotografi all’interno di un luogo boschivo formato da un tabellone rotondo con tutti i paesaggi intorno e un sole che ruota in senso orario. Il paesaggio è disseminato di animali e piante di vario tipo, in particolare, gli animali sono incastrati in posti specifici e si muoveranno al termine di ogni azione in cui verranno fotografati.
A turno i giocatori devono prendere dei pezzi di plastica morbida di varie forme e lunghezze. Il primo descrive un movimento che va dal luogo precedentemente occupato dalla propria miniatura del fotografo a quello di arrivo, tracciando un arco che non deve incontrare altre miniature o animali sul suo percorso. Il percorso si aggancia alla miniatura e ruota liberamente, percorrendo un tratto più o meno lungo e determinando la posizione finale della miniatura.
Il secondo pezzo di plastica si aggancerà anche lui alla miniatura del giocatore, ormai posta nel nuovo punto di arrivo del suo movimento, e descriverà l’arco (largo e lungo a piacere, a seconda del pezzo preso) della foto da scattare. Tutte le piante e gli animali che finiscono completamente all’interno di quest’area della fotografia daranno punti al giocatore che l’ha scattata. Ci sono anche delle carte obiettivo che si scoprono ogni turno (e si cumulano tra loro) che danno bonus per determinate condizioni da soddisfare nella foto (un certo paesaggio, una certa pianta, ecc.).
Il 90% del gioco è fatto dal
gimmick di combinare il movimento con l'area della fotografia a occhio a inizio turno, quando si devono prendere i due pezzi di plastica, ma per il resto è solo un incastrare e muovere i pezzi per collezionare le foto migliori. Si tratta di un titolo
family che ha dalla sua regole semplici, meccaniche carine e materiali ottimi. Però penso abbia una
longevità molto ridotta e le parti del movimento e della foto risultano un pochino macchinose, a dispetto del buon lavoro fatto sull’ergonomia e sui materiali.
Simpatico e originale, ma non troppo riuscito, a mio modesto parere.
VOTO: 6
Orion duel
Vista la breve durata e la semplicità delle regole, a questo gioco abbiamo fatto due partite complete, una dietro l’altra. Si tratta di un astratto, in cui i giocatori dovranno a turno piazzare dei polimini formati da qualche esagono attaccato in varie forme. Tolti pochissimi pezzi, ogni giocatore nei polimini trova esagoni del suo colore e un esagono del colore avversario.
Non ci sono vincoli di piazzamento sul campo da gioco, a meno che non si debba coprire una galassia o un buco nero: in tal caso, si deve sempre toccare un pezzo precedentemente posizionato, proprio o dell’avversario. Quando si mette un pezzo, gli esagoni che lo compongono posso andare a coprire tessere positive o negative, con i propri esagoni o con quelli dell’avversario. I pezzi così messi formano delle aree continue, proprie o altrui, che andranno a coprire le summenzionate tessere. Coprendo quattro tessere positive si vince, coprendone tre negative si perde (o si fa perdere l’altro, se si coprono con gli esagoni avversari). Anche comporre un’area propria che va da un estremo del tabellone all’altro fa vincere la partita.
Tutto qui, eppure, nella sua semplicità, il gioco è strategico, originale e interessante. La grafica molto carina e i materiali ottimi, c’è anche un’edizione di lusso con tappetino per tabellone e una bellissima scatola. Si deve sempre cercare di mediare tra un buon posizionamento e uno che impedisca all’avversario di portare a termine la sua strategia. Insomma, un astratto che ci ha davvero convinto e sorpreso, dato che non ne sapevamo nulla.
VOTO: 7,5
Terraforming Mars Dice Game
Una plancia marziana divisa in esagoni, un sacco di carte, gli indicatori di Ossigeno e Temperatura, la track dei punti e alcune milestone da risolvere prima degli altri. Cosa cambia rispetto a Terraforming Mars? Nulla a parte il fatto che, per svolgere le azioni, in questo gioco si devono lanciare i dadi invece che spendere crediti e risorse di vario tipo.
Il numero e il tipo di dadi è dato dalle nostre capacità produttive e i loro risultati possono essere manipolati e gestiti tra i vari turni di gioco. Le carte per essere giocate costano un numero specifico di risultati dei dadi che occorre usare. Altrimenti si possono pescare nuove carte oppure manipolare i valori del pianeta rosso così come nel titolo precedente. Ci sono le fazioni asimmetriche iniziali, la possibilità di costruire città e foreste, laghi e una serie di strutture.
Le regole sono poche, le carte tante e le combinazioni innumerevoli. Il lancio di dadi lo rende meno prevedibile e meno strategico, ma per nulla banale, potendo sempre contare su tante azioni alternative e alcune abilità manipolatorie. Si tratta di una versione di dadi che ricrea davvero bene tutto ciò che faceva il genitore, persino troppo.
Il punto è che chi possiede il gioco base difficilmente vorrà passare a questa versione dadosa, a meno che non abbia bisogno di cambiare un pochino e di alleggerire la parte strategica e la durata. Viceversa, potrebbe essere un’ottima alternativa per chi del base non tollerava proprio la durata e la sua notevole profondità.
Secondo me si tratta di un prodotto molto ben fatto, che ha come principale problema, e motivo di appetibilità, proprio l’enorme successo del titolo da cui riprende le meccaniche. Staremo a vedere se riuscirà a ritagliarsi il suo spazio, ma devo dire che a noi è piaciuto e ci ha divertito non poco.
VOTO: 7,5
The Warp
Questo gioco l’ho potuto provare in fiera e, ora che scrivo le prime impressioni, sono anche riuscito a farci una partita intera, tornato in Italia.
Si tratta di un 3x (la componente esplorativa manca) che prende molto da titoli come
Twilight Imperium, ma che riesce a discostarsene abbastanza, per una serie di caratteristiche peculiari, che lo rendono originale e giocabile in una sera. Fino a quattro giocatori (sei, con l’espansione) si scontreranno su un pianeta alieno per la conquista della vittoria a suon di carte obiettivo.
La prima cosa che va detta è che il titolo è un gioco di corsa, la partita dura tre round interi dopo che è finito un round in cui un giocatore ha raggiunto o superato i nove punti vittoria. I punti si fanno solo in due modi: realizzando le condizioni di carte obiettivo private o pubbliche (ce ne sono alcune sempre presenti e tre scoperte e in più i giocatori possono averne sempre tre private in mano) oppure conquistando e mantenendo l’esagono centrale in cui c’è un portale con la razza dominante del pianeta. Ogni giocatore ha due carte fazione asimmetriche e con poteri iniziali e da sviluppare diversi.
La mappa è esagonale e nei luoghi dai quali non partono le civiltà in gioco ci sono token contenenti truppe neutrali in numero casuale e variabile da uno a tre. Durante il proprio turno i giocatori scelgono inizialmente se prendere risorse in base alla loro capacità produttiva o mettere in campo truppe, sempre in base a quanto hanno sviluppato la produzione (in questo caso della traccia militare). Ci sono solo due risorse: l’energia e il minerale.
Poi è possibile scartare le carte azione dalla mano per ottenere risorse e ripescarne due. Infine, nella fase azioni, si può giocare una carta per svolgere un’azione di sviluppo delle proprie fabbriche produttive o per costruirne di nuove (ce ne sono di vario tipo, che aumentano la produzione di energia, minerali, truppe o capacità di commercio). Si possono anche costruire tre edifici neutrali che, rispettivamente, sparano a distanza, difendono o muovono per attacchi aerei.
In alternativa al giocare, una carta si può aumentare il livello di un esagono abbassando quello di un altro (solo propri o neutrali) oppure combattere. Nella fase combattimento il livello degli esagoni coinvolti (quello da cui parte l’attacco e quello che lo subisce) è un moltiplicatore del risultato dai dadi lanciati (uguali al numero di truppe coinvolte). Attaccare da un esagono di livello tre con due truppe darà un risultato uguale alla somma di due dadi moltiplicata per tre. Oltre a ciò, si può giocare una carta battaglia sia da parte dell’attaccante che da parte del difensore o di chi decidesse di supportare le truppe neutrali (massimo una carta da parte di un solo giocatore).
Infine, si hanno a disposizione
due movimenti sui propri territori e c’è la possibilità di pagare per pescare nuove carte obiettivo, nel caso se ne abbiano meno di tre in mano.
A questa struttura di base si aggiungono una serie di idee interessanti. Innanzitutto, è possibile contrattare, per l’attaccante e il supporter delle truppe neutrali, per ritirare la carta giocata in difesa. Poi le azioni di sviluppo, costruzione e modifica del terreno possono essere svolte anche dagli altri giocatori, ma dando una ricompensa al giocatore di turno. Infine, è interessante la modalità di risoluzione del combattimento con il moltiplicatore del terreno. Altra idea originale è la ricompensa quando si vince una battaglia. Infatti, si pescano carte ricompensa che possono essere usate per potenziare la propria razza oppure per ottenere dei bonus in esse descritti.
Il gioco ha diverse idee che funzionano bene, dura due ore abbondanti in quattro e restituisce un buon feeling e sano divertimento. Non ha l’epicità di un Twilight Imperium o di un Eclipse, ma fa bene il suo dovere e si intavola molto più facilmente. C’è una buona dose di fortuna, non tanto nei dadi in combattimento, quanto nella pesca delle carte obiettivo, ma in un gioco sotto le tre ore è accettabile. Secondo me uno dei migliori american usciti quest’anno.
VOTO: 9-
Voidfall
Questo titolo della Mindclash stupisce per essere un gioco di combattimenti e colonizzazione spaziale che ricorda tantissimo mostri come Twilight Imperium o Eclipse per aspetto e tema, ma poi nasconde un’anima euro da gestionale profondissimo ad alea zero. Questa scelta molto particolare potrebbe spiazzare chi non si aspetta questa distonia, ma, in realtà, preso per lo strategico scacchistico che è, questo Voidfall ha tutti i numeri per essere davvero un notevolissimo gestionale.
Le opzioni a disposizione sono tantissime ed è davvero impossibile dirle tutte. Il sistema di gioco prevede che, al proprio turno, i giocatori giochino una carta e risolvano due delle tre azioni in essa riportate. Si possono raccogliere risorse, sviluppare tecnologie, colonizzare pianeti, sviluppare track di vario tipo, incrementare la produzione costruendo nuove fabbriche o strutture difensive o cantieri per le truppe. Si possono costruire nuove navi spaziali, migliorarle o muoverle per ingaggiare battaglia.
Interessante anche la presenza di una fazione non giocante che corrompe e combatte con tutto ciò in cui si imbatte, rappresentando una costante minaccia con cui i giocatori devono costantemente fare i conti. Dico "fare i conti" non a caso, poiché persino
le battaglie sono totalmente deterministiche e si svolgono in una serie di passaggi prestabiliti in base alla quantità e alla qualità delle truppe in campo e non prevedono nulla di casuale, ma hanno un esito prevedibile e scontato. A corollario di tutto ciò,
si devono fare punti cercando di realizzare al meglio gli obiettivi privati, affrontando gli eventi di ogni
round e ottenendo il migliore impero della galassia a fine partita.
I materiali e la grafica sono ottimi e abbondantissimi, l’iconografia molto chiara, sebbene estremamente numerosa e varia, e tutto sembra pensato in modo davvero ottimizzato e funzionale, come lo sforzo che si richiede per essere padroneggiato. Le ruote delle risorse, le truppe, i tantissimi scenari di gioco, sia collaborativi che competitivi (noi ovviamente abbiamo provato uno scenario di quest’ultimo tipo), sono davvero ben realizzati.
La mastodontica edizione deluxe prevede anche miniature e risorse in metallo, compresi degli organizer davvero spettacolari e una scatola dalle dimensioni galattiche, come il suo nome. Sicuramente la lunghezza delle partite, la complessità delle regole, la particolarità del titolo e la natura scacchistica del gioco lo rendono un prodotto di nicchia che non è adatto a tutti i palati, ma, altrettanto certamente, chi lo apprezzerà lo farà davvero molto. Per ora ci ho fatto solo alcuni turni in fiera, ma mi ha convinto a provarlo nuovamente e non vedo l’ora di confrontarmi con un tale cinghiale. Promosso.
VOTO: 9
Expedition
Dopo il successo di
Scythe, il furbo Stegmaier ci presenta questo titolo, che ne condivide l’ambientazione e le grosse e belle miniature dei
mech. Un tabellone formato da esagoni, inizialmente inesplorati, vedrà i robot dei giocatori (uno a testa) muoversi, attivare la zona dove si sono fermati, prendere risorse e omini di vario tipo, raccogliere carte e attivare svariati effetti, al fine di piazzare quattro stelle obiettivo per chiudere la partita e andare al conteggio dei punti.
A ogni turno il giocatore deve svolgere due delle tre azioni di gioco (mai sempre la stessa coppia): muoversi, svolgere un’azione possibile dove ci si trova o prendere risorse, omini o carte. Le carte si possono giocare una per turno e danno alcune risorse utili ad attivare effetti di gioco, mentre i lavoratori servono ad attivare le azioni speciali presenti proprio sulle carte. Un’altra cosa possibile è quella di riposare per riprendere tutte le carte giocate in precedenza e tutti i lavoratori su di esse, per poi azzerare le azioni compiute e fare un turno successivo in cui si possono fare tutte e tre invece di due.
Il gioco funziona abbastanza bene ed è scorrevole, ma risulta poco interessante e molto astratto. Le azioni da fare sono sempre le stesse, l’ambientazione si sente poco e la fortuna nell’uscita delle carte (che si rimpiazzano sul tavolo ogni volta che ne viene presa una) abbastanza determinante. L’ergonomia non è il massimo, dato che le scritte con gli effetti delle carte sono molto piccole e le carte molte e distanti fra loro. È anche difficile seguire il gioco degli altri e, quindi, il titolo si risolve in una serie di azioni da ottimizzare con poco mordente e scarsa interazione strategica.
Si tratta di un peso medio molto tattico e che attira per materiali e grafica, oltre che per il rimando al gioco precedente, con cui però non ha poi molto in comune. Francamente mi pare un’operazione commerciale furba, che mi ha lasciato piuttosto freddo, considerando anche una scatola inutilmente enorme e un prezzo molto alto. Passo senza grandi rimpianti.
VOTO: 6
Apyary
Altro titolo della Stonemaier Games, come
Expedition, ma, questa volta, ambientato nello spazio.
I giocatori devono gestire una civiltà-alveare, con i lavoratori che sono delle api con un dado al centro, il cui valore determina la forza dell’insetto.
Quando si piazzano le api nei vari luoghi del tabellone, queste saranno tanto più efficaci quanto più alto sarà il loro valore che parte da uno ma può arrivare fino a quattro. Al posto di piazzare una nuova ape, si può ritirarle tutte. Sia ritirandole che quando tornano a casa perché scalzate da un’altra ape dal luogo in cui erano presenti, le api salgono di valore, se erano già al massimo tornano nel deposito (potranno essere riprese) con il valore più basso, ma permettendo al proprietario di piazzare sul tabellone una capsula di ibernazione, che darà molti punti e farà avanzare il
timer del gioco. Con le azioni nei vari luoghi si pescano carte dai vari effetti, si ottengono risorse, si sviluppa la propria plancia per punti e magazzini, più una serie di altri effetti non particolarmente ispirati od originali.
Le miniature delle api e dell’ape regina (un pezzo inutilmente grande che si muove su una zona del tabellone attivata dai giocatori con l’azione specifica) sono di sicuro effetto anche se non così belle, la meccanica della crescita dei lavoratori/ape e del loro essere scalzati da altri pezzi è carina, ma non originale. Il tutto dà vita a un titolo piuttosto scialbo, che non propone nulla di nuovo e ammicca alle famiglie e alla categoria dei giochi medi.
L’ambientazione è l’ennesima trovata per evitare guai con le polemiche di questi ultimi anni, ma nulla è davvero convincente, pur facendo tutto il suo dovere. Vedremo se, dopo i volatili con le piume, anche quelli insettoidi si trasformeranno in oro nelle mani di questa casa editrice. Dal mio punto di vista, il gioco è banalotto e senza idee e non troverà posto nella mia collezione.
VOTO: 6
Aldebaran Duel
Questo titolo è del prolifico Suchy che, insieme all’evacuazione dei pianeti, in questo caso ci propone una
sfida a popolarli. Si tratta di un
titolo di carte in cui, alternandosi nelle tre ere di gioco, due persone cercano di mettere in campo pianeti, popolarli e sviluppare intorno a essi satelliti e altre strutture. Le carte in mano si pescano da tre righe di due carte ciascuna, con un sistema semplice per cui si hanno tre punti da spendere e ogni riga costa uno, due o tre di essi.
Le carte si possono giocare pagando risorse, che sono simboli sulle carte stesse. Per cui, rispettando un limite di mano di 7 carte, si deve giocarne una scartandone altre per pagarla. Alcune carte danno punti, ma molte fanno salire su delle
track che sono di due tipi: quelle delle risorse, che danno sconti, o quelle politiche, che servono a fare punti alla fine di ogni era, andando a calcolarsi il delta tra i due giocatori per ognuna di esse e muovendo conseguentemente su degli assi un segnalino su una plancetta quadrettata.
Il titolo ha una grafica agghiacciante e dei materiali non proprio di qualità. Però è scorrevole e pone davanti a scelte da ponderare, essendo veloce e con poche azioni a disposizione. Risulta un giochino di carte gradevole, ma tutto sommato privo di particolari idee e che non aggiunge molto al panorama dei nutriti titoli di carte per due persone. Francamente non mi è sembrato imprescindibile, anche a fronte di una rigiocabilità che temo non troppo elevata.
VOTO: 6
Cheese Thief
Questo giochino di bluff e ruoli nascosti è un titolo che era già uscito nel 2020, ma che non avevo provato in precedenza. Invece quest’anno, la sera, in appartamento, lo abbiamo intavolato in cinque giocatori ed è piaciuto molto a tutti. Giocabile da quattro a otto topini (ma dà sicuramente il suo meglio con numeri alti al tavolo), a un giocatore verrà dato il ruolo di ladro e a tutti gli altri quello di topi qualunque; inutile dire che i ruoli sono segreti.
Ogni giocatore lancia, poi, un dado sotto il suo bicchiere e ne tiene segreto il risultato. Infine, tutti chiudono gli occhi e un “master” scandisce le sei ore della notte, invitando ad aprire gli occhi a una determinata ora solo se si ha il corrispondente numero di dado. Quando il ladro agisce, aprendo gli occhi alla sua ora, deve rubare il formaggio posto al centro del tavolo e nasconderlo. In questo modo, i giocatori che apriranno gli occhi dopo, vedranno che il ladro ha già colpito. Se più giocatori aprono gli occhi insieme al ladro, vedendo dunque che è lui a prendere il formaggio, dovranno poi convincere gli altri su quale sia l’identità del malfattore. Tuttavia, il ladro potrà scegliere, toccandolo, un complice tra quelli che lo hanno visto. Al termine delle sei ore notturne, si aprono gli occhi e si discute per decidere chi accusare del furto prelibato.
Ovviamente il ladro, e l’eventuale complice, vincono se l’accusa è sbagliata, mentre gli innocenti vincono se beccano il malfattore. La fase notturna è semplice e veloce e in dieci minuti si fa una partita che dà vita a dibattiti, bluff, capacità oratorie e accuse infamanti come nei migliori e più blasonati titoli di questo genere. I materiali e le illustrazioni sono carini e funzionali, il prezzo basso e il divertimento assicurato. Si spiega in due minuti e una partita tira l’altra. Promosso a pieni voti da tutti.
VOTO: 8,5
Evenfall
Gioco di carte e piazzamento lavoratori con grafica molto bella e materiali ben pensati e realizzati. L’ambientazione fantasy-stregonesca si sente poco e, alla fine, si tratta di un titolo essenzialmente di carte, ma con
alcune trovate molto interessanti.
I giocatori partono con una plancia divisa in due lati, destro e sinistro, e che prevede due zone per le carte nel lato destro, una in alto e una in basso. Inoltre, si parte con tre streghe e tre maghi (i lavoratori) utili a compiere azioni e ad attivare carte. Durante la partita i giocatori si alternano a fare azioni, in cui dovranno mettere in piedi il motore di punti più efficiente.
Ci sono tre zone al centro del tabellone dove è possibile inviare le nostre tre streghe. Mandando le streghe nei vari spazi azione di queste zone si ottengono vari benefici, che vanno da nuove materie prime per pagare le carte che si vogliono giocare a ottenere nuove carte che invece costano un numero variabile di streghe (in genere una o due). La cosa interessante è che, poi, queste streghe valgono anche un punto per la spartizione dei bonus di fine turno di queste tre zone. Infatti, a fine round, si combatterà nei tre luoghi spendendo mana (una valuta del gioco che si accumula in vari modi) e aggiungendo la forza delle proprie streghe presenti. Il vincitore otterrà un segnalino che darà punti a fine partita, ma tutti, comunque, ottengono una ricompensa in base al valore raggiunto con streghe e mana.
Le carte ottenute, poi, si possono giocare in vari modi e in varie zone della propria plancia. Giocate in alto, daranno rendite con l’apposita fase, se, poi, verranno spostate in basso, perderanno la rendita, ma daranno punti. Sul lato sinistro, invece, si mettono carte che forniscono vari vantaggi durante la partita, mentre altre carte possono essere giocate in basso sotto la plancia per dare punti a fine gioco secondo criteri vari. Le streghe possono essere inviate nelle tre zone comuni a centro tavolo oppure usate per attivare le carte che lo prevedono. I maghi, invece, possono attivare solo le carte, ma esclusivamente quelle della parte bassa della plancia, quindi sono meno versatili.
Ci sono tre risorse (erbe, pozioni e libri), che si pagano per giocare carte e attivare effetti vari e la cui produzione è cruciale. Inoltre, una volta a round si può attivare la fase di rendita, che fa ottenere le risorse indicate dalla propria plancia e dalle carte giocate in alto a destra. Anche il mana si può ottenere, si accumula su un’apposita track e si spende per le maggioranze nelle tre zone a fine round. C’è anche una track personale dove progredire per ottenere benefici vari e punti a ogni avanzamento.
Il gioco è pieno di scelte sempre sofferte e interessanti. La coperta è corta e occorre costruire un motore efficiente e puntare a determinati giochi per ottimizzare il punteggio. Le scelte vanno fatte con attenzione e il timing è cruciale, come pure la lotta per le maggioranze a fine round, che è comunque sempre foriera di ricompense. Il gioco mi è piaciuto molto e spero venga portato in Italia da qualcuno, perché è dipendente dalla lingua e uno dei due autori è nostrano. Si vede che nasce da chi ha giocato tanto a Magic e altri titoli simili, perché gli effetti delle carte sono sempre interessanti e vanno giocate in modo da creare sinergie sempre particolari e potentissime. Io in genere non sono un grande amante di questa tipologia di giochi, ma devo dire che questo Evenfall mi è piaciuto davvero tanto e non vedo l’ora di prenderlo.
VOTO: 8,5
The White Castle
Questo peso medio
ha catturato l’attenzione di molti, trattandosi di un titolo di draft e piazzamento dadi con materiali gradevoli, una scatola piccola e un prezzo molto basso per la media che si vede in giro (30-35€).
All’inizio di ogni round si tirano un certo numero di dadi di tre colori diversi e si dispongono in ordine crescente sui tre ponti appositi piazzati sul tabellone centrale di gioco. A turno, i giocatori dovranno prelevare un dado per posizionarlo sul tabellone o sulle plance personali per svolgere diverse azioni. I dadi si possono prendere solo dagli estremi, quindi, per ogni colore, si potrà prendere e giocare solo il dado di valore più basso o più alto. Quando, poi, vengono piazzati per svolgere le varie azioni possibili, il numero e il colore saranno dei vincoli di piazzamento.
In alcune zone il colore stabilirà che azione si potrà fare o se ci si potrà piazzare o meno. In altre il colore invece non conta. Il numero, invece, è rilevante in molte azioni perché si dovrà pagare soldi se si piazzerà un valore inferiore a quanto richiesto oppure, al contrario, si otterranno se si piazza un dado con valore maggiore di quello necessario. Su ogni zona possono esserci al massimo due dadi (solo uno in due giocatori) e quello successivo deve tenere conto del valore del dado già presente. È quindi chiaro che i numeri alti sono migliori, ma a compensazione di ciò, prendere i numeri bassi dai ponti dei dadi dà una ricompensa riportata sulla plancia personale, che può anche essere via via aumentata con alcune azioni di gioco. Inoltre, si potranno piazzare gli omini a disposizione (sempre per mezzo di azioni attivabili con i dadi) sul tabellone centrale, per ottenere punti e benefici di vario tipo. I propri omini sono di tre tipi e ognuno può essere piazzato in zone diverse per benefici differenti. Rimuovendoli dalle plance personali per giocarli su quella centrale, si aumenteranno le risorse ottenute con l’azione specifica.
Le azioni tra cui scegliere sono tante, ma se ne faranno pochissime durante la partita, per cui sarà indispensabile concatenare i bonus in modo da efficientare la propria strategia e ottenere tanti punti con singole azioni adeguatamente potenziate, mano a mano che si mette in piedi il proprio motore e la propria strategia. Il titolo è molto gradevole e divertente, le carte sono di scarsa qualità, ma il resto è discreto. La grafica non mi piace molto, ma fa il suo dovere e il rapporto qualità-prezzo è eccellente. È un gioco di combo che riuscirà a soddisfare sia i giocatori più casual che quelli più esigenti, andando a mietere consensi in modo trasversale e forte di un prezzo che lo porterà nelle case di tanti.
VOTO: 7,5
Shape Invaders
Un coloratissimo e semplicissimo gioco di schicchere in cui, a colpi di dita, su un bel playmat, in due ci si affronterà con le proprie flotte schierate. Lo scopo è distruggere la nave avversaria, colpendola con le proprie e facendola finire fuori dal tappetino. Si hanno quattro navi piccole, delle navi scudo e la nave ammiraglia. I pezzi che finiscono fuori sono persi, tranne la nave ammiraglia che può rientrare, sacrificando un altro pezzo ancora in gioco. I pezzi hanno le forme "pixellose" del vecchio Space Invaders o di giochi simili, i materiali sono buoni e la plastica è trasparente, colorata e fluorescente. Il gioco è molto semplice e divertente e andrà su Kickstarter in un prossimo futuro. Per gli amanti del genere: state sintonizzati e preparate il portafogli!
VOTO: 6,5
Bier Pioniere
Gioco euro vecchio stile in cui dobbiamo produrre birra e poi spedirla, per risolvere gli ordini.
La meccanica centrale del titolo è il piazzamento dei nostri due lavoratori principali, che partono con un valore basso, ma possono essere portati fino a quattro di forza. Ovviamente, le zone dove ci si piazza fanno fare azioni sempre più forti all’aumentare del valore dei nostri lavoratori.
L’altro aspetto centrale del titolo sono le carte, che si possono prendere dall’apposito mercatino e devono poi essere utilizzate in diversi modi. Possono essere potenziamenti delle nostre azioni oppure giocate come ordini da soddisfare o, ancora, come poteri permanenti o da usare una volta sola. Le plance dei giocatori riportano una serie di birre diverse che devono essere prima prodotte, poi fatte invecchiare e poi messe nei barili e spedite con i camion ai vari richiedenti.
Per iniziare a produrre birre diverse, si devono prima costruire le botti, allargare le cantine e migliorare le capacità di fermentazione. Quando si fanno determinate azioni potenziate, si ottengono poi delle piccole azioni bonus da abbinarci. I posti sul tabellone centrale sono spesso esclusivi generando una corsa alle azioni che ci servono e rendendo il timing cruciale durante tutta la partita.
Tutto questo è molto classico e senza particolari trovate originali, ma il titolo è molto strategico, stretto e con poche regole restituisce una sfida davvero tesa e impegnativa. La filiera della produzione da mettere in atto è concatenata e obbliga, quindi, a scontri serrati sulle azioni che ti servono in quel momento e che, sicuramente, serviranno anche ad altri. Nulla di innovativo, ma tutto fatto con mestiere, da amanti del “classico”.
VOTO: 8
Archeologic
Ogni giocatore ha alcuni polimini del tetris con simboli di vario tipo su di essi e una plancia quadrettata dove piazzarli, badando a far coincidere i simboli disegnati su di essa con quelli dei polimini.
Per trovare il giusto modo di incastrarli, si può interrogare una sorta di chiave girevole di cartone con sotto lo scenario criptato che si sta giocando. Si possono chiedere una serie di cose, tra cui la riga o colonna in cui un determinato pezzo può stare oppure quanti spazi vuoti ci sono, eccetera. Le interrogazioni sono fatte a giro da ogni giocatore e i risultati rimangono segreti agli altri, ma è pubblico il tipo di domanda che viene posta, dato che ogni interrogazione costa una quantità variabile di tempo, in base a quanto sia utile e importante il quesito. Il turno è scandito su un tracciato del tempo che vede giocare sempre chi è più indietro, per cui è cruciale dosare le domande molto dispendiose (e utili) con quelle più semplici, ma mirate. Ovviamente, c’è un solo modo valido per risolvere il puzzle e il primo giocatore che ci riesce è il vincitore. In fiera, purtroppo, era apparecchiato uno scenario molto semplice e dopo tre domande abbiamo finito la partita con la soluzione corretta.
Non siamo riusciti, quindi, a vedere il reale livello di sfida del titolo, ma gli scenari sono moltissimi e, di conseguenza, è quasi infinita la rigiocabilità. Tuttavia, devo dire che ci sono ormai tanti titoli dello stesso genere e questo non mi è parso spiccare in alcun modo dalla massa. Sicuramente piacerà agli amanti di questa categoria che sono sempre in cerca di nuove sfide, ma io prenderei altri giochi simili prima di questo avendone pochi in collezione. Carino, ma non emerge.
VOTO: 6
Karvi
Su questo nuovo titolo della Hans im Gluck c’era molto mistero e altrettanta aspettativa. Il tema vichingo va sempre forte e la casa editrice è nota per sfornare
german di buona qualità.
In questo gioco si deve muovere un proprio dado su una plancia circolare, che rappresenta le varie azioni possibili. Chi è più indietro muove per primo e le azioni costano l’abbassamento del dado di un valore e richiedono, in alcuni casi, dei valori minimi su di esso. Ovviamente ci sono azioni che aumentano il valore del dado (che poi sarebbero simboli birra).
Le azioni sono tutte mirate al collezionare richieste dalle zone del tabellone centrale, in cui ci sono le rotte di navigazione delle varie barche vichinghe dei giocatori. Le barche si muovono spendendo risorse particolari e collezionando le richieste nei luoghi dove si fermano.
Ci sono diversi tipi di richieste, ma tutte in generale necessitano di spendere risorse di vario tipo o di avere un valore militare dei vichinghi a bordo pari o superiore a un certo numero. Le richieste collezionate possono essere risolte, ottenendo punti, e si possono anche posizionare propri avamposti (da sbloccare precedentemente tramite apposite azioni), che daranno ulteriori punti a fine partita. È anche possibile ottenere potenziamenti per la propria nave, che, ovviamente, danno vantaggi permanenti e/o punti a fine partita.
Anche in questo caso siamo davanti a un titolo solido, con una grande rilevanza nel timing con cui si fanno le cose e con una generale strettezza, che mette ansia e piace tanto a noi eurogamer. Un lavoro ben fatto, con materiali buoni e abbondanti. Personalmente la grafica non mi è piaciuta molto, ma sono gusti. Non ci sono trovate particolarmente originali, ma l’amalgama che ne esce è ottimo e ben riuscito. Le partite forse risultano un tantino lunghe e potrebbero avere un pochino di downtime a causa della “pesantezza” di ogni scelta, vincolata soprattutto al valore del dado che va sempre gestito con attenzione. Un titolo buono, ma che non mi ha fatto innamorare nella metà partita fatta in fiera.
VOTO: 8-
Se siete ancora vivi dopo questa enorme carrellata di titoli e di prime impressioni, non posso che ringraziarvi e scusarmi per il tempo che ci è voluto nello scrivere, a posteriori, tutte queste cose. Ho preferito prendermi il mio tempo per dettagliare meglio tutto quanto e per sedimentare le impressioni che ho avuto, in modo da cercare di circostanziare i giudizi (sommari, non mi stanco di ripeterlo) avuti in fiera. In generale, ho trovato davvero altissima la media dei titoli provati e, salvo poche eccezioni, ci sono stati molti titoli che mi sono piaciuti parecchio. Ora vi saluto augurandovi una felice attesa fino alla prossima, immancabile fiera di Essen o, più probabilmente, fino al mio piccolo report dalla ormai vicina fiera di Lucca Comics & Games.