I temi e le ambientazioni del gioco da tavolo: soft e hard pastoral

enavico, TdG

Secondo appuntamento con l'analisi di uno dei temi più utilizzati nel gioco da tavolo

Approfondimenti
Giochi

Questa serie è composta da tre articoli

1 - Il pastorale nel gdt
2 - Soft e hard pastoral
3 - Hard pastoral (25/04/2025)

Eccoci giunti al  secondo capitolo della trilogia dedicata all’ambientazione pastorale nel gioco da tavolo. Per chi si fosse perso il primo capitolo introduttivo e andasse di fretta, ecco un breve riassunto dei temi principali trattati:

  • Il tema pastorale è tra i più diffusi nel mondo del gioco da tavolo moderno, e la sua influenza si espande ben oltre il “coltivare campi,” o “costruire fattorie.”
  • L’amore del giocatore moderno per questa tematica è dovuta principalmente a tre fattori storici:
    • il rigetto della vita urbana post-industrializzazione;
    • la generalizzata sensazione di malessere ad inizio ‘900 nota come fin de siecle;
    • una condivisa nostalgia per un mondo in pace (pastorale) che esiste solo come costrutto collettivo artificiale.
  • Il tema pastorale appare, nelle sue linee essenziali, in due modalità distinte: soft pastoral e hard pastoral.

Come accennato qui sopra, il tema pastorale non è sempre necessariamente sinonimo di vita spensierata, nel verde della campagna, a contatto con la natura e con l’affetto degli animali. Il mondo campestre, una volta rimosso dall’ideale nostalgico descritto nel precedente articolo, è nella realtà storica un mondo di fatica fisica, discomfort, duro lavoro, ristrettezze economiche, incertezze e povertà. Questa duplice faccia è descritta da due termini anglosassoni: soft e hard pastoral. Come descritto da Ryan Ross (2012), “Il soft pastoral denota un’ambientazione ideale nella quale i suoi abitanti vivono vite prive di ansie e preoccupazioni, immersi in un paradiso naturale” (trad. mia). Questo mondo idealizzato si rifà ai paesaggi Arcadici descritti nella mitologia greca: “Nell’Arcadia, dei, pastori, animali ed altri esseri vivono in armonia l’uno con l’altro e con la natura, conducendo vite semplici e piacevoli, in larga parte libere dai vizi umani, diffusi in altri luoghi.”

Dall’altra parte invece, Ross descrive l’hard pastoral come “un luogo di morte e tragedia, spesso in conflitto con la bellezza del paesaggio naturale che lo circonda. Ritrae un mondo dove la vita rurale dei contadini è dura, dove i pastori raramente sono felici e spensierati come nella descrizione tipica del soft pastoral. Qui, conducono vite difficili in condizione di servitù e sottomissione.” Quasi in assoluta opposizione, l’ambiente naturale qui gioca anzi a sfavore per il contadino, contribuendo alle ristrettezze e alla misera condizione sociale in cui si ritrova.

A questo proposito, nel caso del secolo scorso, un evento più di ogni altro ha contribuito a distruggere, per molti, quel poco che restava dell’ideale bucolico della vita di campagna: la Grande Guerra. La produzione musicale del compositore britannico Ralph Vaughan Williams (1872-1958) è un ottimo esempio di questa trasformazione. Descritto dalla moglie Ursula, dagli amici e poi dagli storici come un uomo buono, semplice e genuino, la vita di Vaughan Williams è forse il miglior esempio dell’effetto che un “mondo in rovina,” in balia del male e della guerra, ha avuto nel distruggere l’ ideale pastorale gioioso e spensierato nel quale la sua musica era immersa. La musica di Vaughan Williams composta prima della guerra è un tripudio verdeggiante di sogni pastorali. Tra i tanti esempi che si possono citare, questi sono i miei consigli più spassionati nel suo repertorio sinfonico: le rapsodie Norfolk (1905-06), la suite The Wasps (1909), la Fantasia su un tema di Thomas Tallis (1910), In the Fen Country per orchestra (1909), A Sea Symphony (1909), A London Symphony (1913), The Lark ascending per violino e orchestra (1914). Provate a fare una partita in solitario a Fields of Arle tenendo questa playlist in background. Mi ringrazierete dopo.

Ma di tutti i lavori del compositore britannico, uno in particolare incarna alla perfezione le contraddizioni descritte sopra. La sua terza sinfonia, meglio nota come Sinfonia Pastorale (1921), nonostante il nome fuorviante, è un racconto drammatico—camuffato in una elegante veste pastorale—della sua esperienza di guerra. Vaughan Williams combatté su suolo francese come operatore della croce rossa, e fu testimone di alcune delle battaglie più sanguinose della storia dell’umanità (La Somme, per citarne una). La Sinfonia riprende certamente i paesaggi della campagna francese, ma paesaggi non più idilliaci ed arcadici, bensì segnati dalle buche di trincea, dalle esplosioni delle granate, dalla sterilità delle terre di nessuno, dal filo spinato. Questo contrasto di sentimenti, tra la bellezza della campagna e i traumi della Grande Guerra, è il vero grande filo conduttore della sinfonia, che diventa quindi una lunga ed articolata Elegia.

In questa sinfonia dunque si incarna la duplice dimensione del soft e hard pastoral: da un lato l’ascolto evoca verdi colline e fattorie, dall’altro dipinge un paesaggio devastato dalla guerra e dai cannoni. Il terzo e ultimo articolo di questa serie tornerà sulla sinfonia per metterla a confronto con un gioco che di questo contrasto ne fa il cuore della sua ambientazione: Scythe.

Tornando alle mucche e ai campi di carote: cosa rende un gioco soft pastoral? Nella mia classificazione, tengo conto di tre livelli diversi:

  1. Full pastoral (pastorale pieno): Il gioco è interamente, e nella maggior parte dei casi esclusivamente incentrato su meccaniche e ambientazione legate al raccolto, alla vita di campagna, alla produzione di beni agricoli, e alla gestione di pascoli, mandrie e greggi.
  2. Hybrid pastoral (pastorale ibrido): Il gioco non è interamente (e certamente non esclusivamente) incentrato sulle sopra citate tematiche, ma rimangono indubbiamente una componente di maggioranza (tematicamente e meccanicamente).
  3. Nuanced pastoral (pastorale accennato): Il gioco non è definibile come pastorale nelle sue linee principali, ma contiene elementi che richiamano ad esso nelle meccaniche e nel comparto grafico-artistico.

Nel tenere in considerazione questi punti, per rientrare nel pastorale soft, il gioco deve tendere ad una atmosfera spensierata, ovvero senza mettere in campo elementi che richiamino alla durezza e alle ristrettezze del mondo contadino. Per dare un’idea di questa differenziazione, un titolo come Agricola (Rosenberg, 2007) farebbe fatica a rientrare in questa lista: per quanto sia forse il gioco più celebre legato a questa ambientazione, a mio avviso la costante necessità di reperire e produrre cibo per il sostentamento dei familiari, e le meccaniche estremamente punitive lo rendono un candidato perfetto per rappresentare la categoria hard pastoral, di cui parleremo nel prossimo e ultimo articolo.

Una mandria di mucche invade plancia e tabellone della mia copia di Fields of Arle

Tornando al primo punto, alcuni esempi tratti dalla produzione del nostro amato Uwe Rosenberg (il re indiscusso del pastorale nei giochi da tavolo) calzano a pennello la descrizione. In Fields Of Arle (2014), da uno a due giocatori si sfidano in un susseguirsi di stagioni nel creare il perfetto motore (contadino) di gioco. Si potranno bonificare paludi, ottimizzare strumenti agricoli, consegnare merci lavorate, coltivare campi ed allevare animali. Per gli amanti del genere, è un punto fermo della produzione ludica e un classico ancora attualissimo. Elencare gli elementi che richiamino al pastorale in questo gioco significherebbe fondamentalmente produrre un tutorial. Altri giochi dello stesso autore come Ora et Labora (2011) e il più recente Hallertau (2020) sono ulteriori manifestazioni, in declinazioni tematiche differenti, dello stesso mondo.

La casa “mobile” di Hallertau. Lo stile pittorico realista di Siegmon rappresenta una rivoluzione nel contesto dei giochi di Rosenberg, il quale ha sempre preferito autori più iconici come Franz Klemens e Lohausen per i suoi giochi.

Altri esempi si focalizzano sulle terre del nord Europa, come ad esempio Clans of Caledonia (Juma Al-JouJou, 2017) e Glen More (Matthias Cramer, soprattutto la sua versione rivisitata Chronicles del 2019). Entrambi (nonostante la meccanica centrale del secondo sia certamente più astratta) concentrano ogni aspetto del gameplay attorno ai temi elencati nel punto in considerazione. Viticulture (Jamey Stegmaier, 2013) è invece un esempio di un titolo pastorale ambientato in un tempo e luogo più vicino al nostro presente.

Esempio di villaggio in Glen More II. Per quanto le meccaniche siano più astratte, durante il gioco non facciamo altro che sviluppare un villaggio producendo risorse agricole e primarie ed ampliando la popolazione.

Appartenenti alla seconda categoria sono invece quei giochi che, pur avendo incontestabili legami con il mondo bucolico, non sono così inestricabilmente collegati ad esso come i precedenti. Tra i tantissimi titoli che rientrano nella categoria, Glass Road (Rosenberg, 2013) è un ottimo esempio, sempre del nostro Uwe Rosenberg. Nonostante il gioco sia sostanzialmente un gestionale incentrato su selezione delle azioni tramite selezione e gestione di una mano di carte e sulla ruota delle risorse, e non siano presenti campi da coltivare o allevamenti da gestire, il flavour del gioco è inestricabilmente legato a quel mondo, anche se con l’accento posto sulla storia dei mastri vetrai bavaresi. Il gusto estetico della plancia di gioco richiama il verde della Baviera, dove molti altri giochi dello stesso autore sono ambientati.

Plancia giocatore di Glass Road. In primo piano potete notare l’omonima strada che dà il titolo al gioco.

Altro celebre esempio, e forse il gioco più famoso dell’autore, I Castelli della Borgogna (Feld, 2011) è un gioco troppo astratto per poter essere considerato un pastorale a pieno diritto, ma l’ambientazione franco-medievale unita alla costruzione di piccoli agglomerati urbani di campagna e allevamenti di galline, mucche, pecore e capre, lo rende difficile da separare completamente dal genere (per quanto, e a ragione, si possa argomentare per piazzarlo nella terza categoria).

Parlando di classici, per quanto le meccaniche in sé non siano direttamente collegabili al genere, Carcassonne (Klaus-Jürgen Wrede, 2000) non può mancare dalla lista. Se è vero che non si coltivano campi o accoppiano mucche, il gioco è un piazzamento tessere che lentamente costruisce e ci immerge in una intonsa, verdeggiante rappresentazione quasi fiabesca della campagna medievale francese.

Fine di una (lunga) partita a Carcassonne. Sappiamo tutti che il segreto per vincere il gioco è saper essere i più infami a piazzare i contadini.

Un ultimo esempio per questa categoria è in realtà un punto di domanda metodologico. Great Western Trail (A. Pfister, 2016) rientrerebbe a pieno titolo nel mondo pastorale, se osservato dal punto di vista americano. Quel mondo Western non è nient’altro che la versione oltreoceano del nostro ideale pastorale: un american pastoral a tutto tondo. Visto da quel punto di vista, rientra per me a pieno diritto in questa categoria intermedia. Se interpretato invece da un punto di vista prettamente europeo, esso ci appare più distaccato di quanto non sia in realtà dalla nostra idea di pastorale, ancorata per la maggior parte ad un idealizzato medioevo feudale.

L’ultima categoria raggruppa infine tutti quei giochi che, pur appartenendo in larga parte ad altri generi, contengono elementi pastorali che ne caratterizzano una parte (anche piccola) di meccaniche o un angolo di illustrazioni sul tabellone, sulle carte o sulle plance giocatore. Propongo qui quattro esempi tra i tantissimi che si potessero scegliere (magari ampliando questa sezione in un articolo futuro): il villaggio che ci ritroviamo a gestire in Orleans (Stockhausen, 2014), i capanni e parte delle meccaniche de La Festa per Odino (Rosenberg, 2016), le tessere allevamento di Boonlake (Pfister, 2021), e il villaggio dei costruttori di Legacy of Yu (Phillips, 2023).

Partita in corso a Boonlake. A mio avviso uno dei giochi più sottovalutati di Alexander Pfister. L’elemento pastorale è in realtà più presente di quanto si possa pensare.

Il villaggio dei costruttori di Legacy of Yu sul tabellone di gioco. Gli slot per i lavoratori si sbloccano costruendo edifici. È una piccola parte del gioco, ma la sensazione di casa che si prova quando si sbloccano nuovi slot ampliando il villaggio è notevole.

Questa ovviamente non vuole essere una lista comprensiva, e anzi mi rimetto ai vostri commenti per raffinarla ed ampliarla ulteriormente. Faccio anzi al lettore una domanda più precisa: quanto tenete in considerazione nell’acquisto di un gioco la presenza di tematiche di questo tipo? Siete appassionati di ambientazioni interamente pastorali, oppure preferite avere solo un assaggio nelle illustrazioni o in alcune sotto-meccaniche?


Germanista di formazione, americanista nelle notti d’inverno quando nessuno può spiare dalla finestra.
Ho iniziato con anni di serate davanti a Risiko e tentativi falliti di proporre titoli più esuberanti come Munchkin o Age of Empires III. Ho (ri)scoperto il gioco da tavolo moderno nel 2020, e mai più abbandonato. Tra i miei titoli preferiti spiccano Marco Polo, Scythe, Terra Mystica, La Festa per Odino, Darwin’s Journey e Gloomhaven.
Nel tempo libero mi guadagno da vivere negli Stati Uniti come musicologo, compositore e pianista.

Commenti

Ottimo articolo, personalmente il tema conta poco sebbene alcuni temi mi attirino più di altri (tra cui anche quello pastorale)

Ottimo articolo! Che fa il paio con il precedente. Tra l'altro mi ha fatto scoprire un musicista che non conoscevo (mi piace ascoltare la classica ma sono un fruitore banale).

Stupendo anche il secondo capitolo. Grazie! 

Ottimo articolo, personalmente il tema conta poco sebbene alcuni temi mi attirino più di altri (tra cui anche quello pastorale)

Diciamo che per me non è fondamentale, ma i giochi su questa linea solitamente prendono sempre la mia attenzione

Ottimo articolo! Che fa il paio con il precedente. Tra l'altro mi ha fatto scoprire un musicista che non conoscevo (mi piace ascoltare la classica ma sono un fruitore banale).

Oh grande!! Il buon Ralph sarà contento!

Per scrivere un commento devi avere un account. Clicca qui per iscriverti o accedere al sito

Accedi al sito per commentare