
Approfondimento molto interessante!
Grazie
Terzo appuntamento con l'analisi circa uno dei temi più utilizzati, in varie declinazioni, nel gioco da tavolo moderno
Questa serie è composta da tre articoli
1 - Il pastorale nel gioco da tavolo
2 - Soft e hard pastoral
3 - Hard pastoral
Ho deciso di dedicare questo terzo e ultimo intervento sul pastorale nei giochi da tavolo all’esempio per me più brillante di hard pastoral, esempio che, più di tutti, rispecchia le contraddizioni di questo mondo così come sono riflesse nella Sinfonia Pastorale di Vaughan Williams. Sto parlando di Scythe, un gioco del 2016 dell’autore americano Jamey Stegmaier.
In onore di un sano repetita iuvant, questo articolo ripeterà e riassumerà concetti già trattati negli articoli precedenti, ripetizioni per le quali mi scuso con i lettori più diligenti. Visto il legame così stretto tra la Sinfonia e l’ambientazione di Scythe, era necessario ripetere alcuni concetti fondamentali. Il mio consiglio più spassionato è ovviamente quello di ascoltare la sinfonia qui discussa di Vaughan Williams nella sua interezza, o quantomeno il primo e secondo movimento, che sono i due più direttamente legati alle tematiche trattate. Buona lettura!
La prima difficoltà che si incontra nell’indagare un’opera come la Terza Sinfonia Pastorale di Ralph Vaughan Williams (1872–1958) sta certamente nel significato che si attribuisce al termine stesso pastorale. Nell’immaginario collettivo (e nel campo musicale questo è ancora più vero, non avendo elementi visivi immediati cui fare riferimento) quando ad un lavoro viene affiancato questo termine, è naturale considerare il contenuto come riferito a quell’insieme di concetti che fanno del mondo pastorale un mondo bucolico, idilliaco, agreste, arcadico. Quel mondo che tanto richiama a tempi antichi dove la vita di campagna immersa nella natura viene vista con nuova e rinnovata purezza, soprattutto in un'età industriale dove lo sviluppo dell’urbanizzazione e la nascita delle prime metropoli moderne crea un contraltare corrotto e malsano, quantomeno per un certo tipo di pensiero molto diffuso nell’Inghilterra a cavallo dei due secoli. Qui i riferimenti letterari e artistici vanno dalla poesia di Blake e Wordsworth, alla pittura di Turner e Constable.
Questi riferimenti sono fortemente presenti nel primo periodo compositivo di Vaughan Williams. Qui ritroviamo infatti tutti temi caratterizzati da una forte impronta folklorica: lunghe melodie modali riconducibili ad atmosfere e paesaggi spensierati, colori orchestrali con intenti vivacemente programmatici e pittorici. Per Vaughan Williams la campagna, il countryside è un ritorno alla purezza dell’animo, corrotto in parte dalla vita di città (nonostante il compositore sia anzitutto un cittadino), e quindi nel primo periodo di attività del compositore (fino al 1914), ovvero prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, ritroviamo alcune delle sue opere più legate a queste tematiche (vedi il precedente articolo per una lista più dettagliata).
Nonostante il titolo infatti, la Pastorale è il primo grande lavoro che Vaughan Williams scrive dopo essere tornato dalla Guerra, dove ha prestato servizio come soccorritore della Croce Rossa. Il titolo è stato oggetto di pregiudizi, mistificazioni ed etichettature da parte di compositori e critici contemporanei a Vaughan Williams, che l’hanno “bollata” come ennesima sinfonia a tema bucolico. Vale la pena ricordare quanto detto da Philip Heseltine riguardo la sinfonia, ovvero “[listening this symphony] is a little too much like a cow looking over a gate.” Metafora della mucca ripresa poi anche dal celebre compositore americano Aaron Copland nei riguardi della Quinta Sinfonia, “Listening to the fifth symphony of Ralph Vaughan Williams is like staring at a cow for forty-five minutes.” Tuttavia questa interpretazione, oltre che essere evidentemente influenzata dal titolo, è errata a partire dalle dichiarazioni dell’autore stesso (che possono non essere considerate un metro di giudizio assoluto), ma soprattutto è confutata dall’analisi della partitura.
Vaughan Williams è rimasto profondamente segnato dall’esperienza della guerra. Un animo gentile ed emotivo come il suo non poteva superare indenne le tragedie delle battaglie tra le più sanguinose della storia, dove si è trovato faccia a faccia con la morte nella sua dimensione più crudele e disumana. In questo senso, la Sinfonia riprende certamente i paesaggi della campagna francese, ma paesaggi non più idilliaci ed arcadici, ma segnati dalle buche di trincea, dalle esplosioni delle granate, dalla sterilità provocata dalle terre di nessuno, dal filo spinato. Questo contrasto di sentimenti, tra la bellezza della campagna e i traumi della Grande Guerra, è il vero grande filo conduttore della sinfonia, che diventa quindi una lunga ed articolata Elegia.
Questo concetto di soft pastoral (l’ Arcadia e i paesaggi bucolici irrealisticamente perfetti) che si incrocia con l’ hard pastoral (la vita di campagna nella sua cruda verità, più simile alla Vita dei Campi verghiana) e la distruzione post bellica, può essere ben spiegato da un punto di vista visivo con il lavoro dell’illustratore polacco Jakub Rozalski, l’ideatore del mondo sul quale il gioco di Stegmaier, Scythe, è costruito. Questa ucronia distopica, dove la distruzione causata dalla Prima Guerra Mondiale ha lasciato una Europa in regressione è in forte contrapposizione con la presenza massiccia di tecnologia fantascientifica, sviluppata intorno ad una leggendaria fabbrica che i giocatori cercheranno durante la partita di controllare. I giocatori sono sia responsabili della produzione di materie prime agricole ed industriali, sia coloro che muovono massicci mechs da guerra per la mappa, creando un clima da guerra fredda riuscito come in pochi altri titoli.
Partita in corso tra la fazione della Polania e i Nordici. Una volta che le fazioni si espandono verso il centro della mappa, il gioco non perde mai la sua continua tensione militare.
Qui sta il punto cruciale del gioco: Scythe non è un gioco di guerra, e tantomeno non è un gioco pastorale: riesce ad essere entrambi, e nel fragile equilibrio tra questi due mondi fonda la sua bellezza. In Scythe siamo più contadini e operai che guerrieri. Per la maggior parte del tempo vogliamo soltanto essere capaci di badare alle nostre risorse (che restano sempre sulla mappa) e al nostro motore di gioco senza essere disturbati. Nonostante l’adito alla pace, la guerra è uno spettro sempre presente, e la corsa alle armi si rivela essere, nella quasi totalità dei casi, più utile come deterrente che come strumento attivo di conquista (con peso diverso a seconda delle fazioni in gioco). Più ci armiamo, più è facile far progredire indisturbati il nostro motore economico. Al tempo stesso, saremo sempre più tentati dall’ utilizzare lo strumento bellico per raggiungere più velocemente il fine partita, controllare territori strategici, o ottenere le risorse avversarie.
Ancora Polania e Nordici, ma con l’aggiunta dell’espansione delle aeronavi.Mi piace pensare che il frullatore e la planetaria sullo sfondo siano in realtà due mastodontici mech che osservano divertiti le faccende terrene.
Siamo dunque di fronte ad una contrapposizione tra la vita di campagna dei contadini, tornati ad essere il centro dell’economia generale di sostentamento, e i residui di una guerra altamente tecnologizzata, che paradossalmente ha ridotto l’Europa ad uno stadio economico regressivo. Questa metafora è ben resa dall’uso della falce come oggetto ambiguo (e non a caso titolo del gioco): è anzitutto uno strumento agricolo, ma può essere interpretato con grande facilità come uno strumento di guerra improvvisato, oltre che essere lo strumento allegoricamente utilizzato dalla Morte stessa. La falce dunque è l’oggetto che più di tutti riesce a rappresentare in un’immagine unica l’ambiguità della Sinfonia Pastorale di Vaughan Williams. Una sinfonia che parla di colline martoriate dai crateri e dalle voragini lasciate dai bombardamenti, dove per anni la falce non ha più potuto mietere grano, portando invece dolore e devastazione.
Partita in quattro giocatori. La Polania controlla (temporaneamente) la fabbrica al centro della mappa.
Un gioco come Scythe, con tutti i difetti che si possano elencare, ha per me il grande pregio di aver costruito un motore di gioco eurogame meccanicamente oliato, funzionale e divertente, immerso in un'ambientazione così dettagliata, pregnante ed appassionante da diventare quasi una sorta di “meta-meccanica” a sé. La tensione militare è certamente generata in larga parte dal modo in cui la gestione dei punti militari e del fine partita è costruita, ma anche dal mondo in cui ci troviamo e nel quale operiamo le nostre scelte, che in molti casi diventano morali. L’ambientazione diventa meccanica, l’illustrazione diventa un parametro che può cambiare le nostre scelte. Il clima hard pastoral del gioco, apparentemente nascosto da una gestione delle azioni sulla plancia di gioco piuttosto astratta, è in realtà parte fondamentale dell’esperienza di gioco.
Germanista di formazione, americanista nelle notti d’inverno quando nessuno può spiare dalla finestra.
Ho iniziato con anni di serate davanti a Risiko e tentativi falliti di proporre titoli più esuberanti come Munchkin o Age of Empires III. Ho (ri)scoperto il gioco da tavolo moderno nel 2020, e mai più abbandonato. Tra i miei titoli preferiti spiccano Marco Polo, Scythe, Terra Mystica, La Festa per Odino, Darwin’s Journey e Gloomhaven.
Nel tempo libero mi guadagno da vivere negli Stati Uniti come musicologo, compositore e pianista.
Approfondimento molto interessante!
Grazie
Desidero ringraziarti perché mi hai aperto una finestra su una ambientazione sulla quale non ho mai posto grande attenzione ma della quale, grazie a questa serie di articoli, ho iniziato ad accorgermi e a prendere in considerazione.
Quello che più mi è piaciuto è l'aver messo in relazione il gioco da tavolo con storia e musica, cosa che amplia la comprensione di questo genere di giochi. Anche riguardo a Scythe la tua analisi mi ha portato a capire meglio le caratteristiche di un gioco che ho giocato più volte e a chiarirmi perchè mi piace molto. Un titolo sul quale ho sentito esprimere dubbi riguardo ad alcuni aspetti come la guerra, che non può durare in eterno perché le risorse per farla sono limitate e che se eccessivamente protratta espone all' essere inermi nel caso in cui si venisse attaccati, che invece personalmente trovo ben "modellata". Un gioco che guarderò con altri occhi la prossima volta che lo intavoleremo e che, sfruttando le tue spiegazioni, cercherò di far vedere sotto un'altra luce.
Grazie Tommaso per questa bellissima serie di articoli!
Per scrivere un commento devi avere un account. Clicca qui per iscriverti o accedere al sito
Accedi al sito per commentare© 2004 - 2023 Associazione Culturale - "TdG" La Tana dei Goblin
C.F./P.IVA: 12082231007 - P.le Clodio 8, 00195 Roma
Regolamento del sito | Archivio | Informativa privacy e cookie | Contatti
La Tana dei Goblin protegge e condivide i contenuti del sito in base alla seguente licenza Creative Commons: Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo, v.4.0. Leggi il testo sintetico, oppure il testo legale della licenza.