Il libro che sto leggendo...

cosarara

Maestro
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Cassiodoro il Grande, Franco CARDINI, Jaca Book (2009).
Interessante libricino del decano dei medievisti italiani, dedicato a questa importante figura vissuta tra la fine dell'età antica e l'inizio del medio-evo. Divisioni che oramai hanno poco senso, infatti Cardini prende spunto dalla vita (lunga) di Cassiodoro per raccontarci dei tempi in cui visse in questa età di trapasso e di rivolgimenti, che vide l'affermarsi e la fine del regno Ostrogoto in Italia, e della sostanziale continuità del sentire modificata dalle tragiche vicende che attanagliavano la penisola.
Un libro molto interessante su un periodo misconosciuto.
 

FrancescoSpagnolo

Maestro
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FrancescoSpagnolo
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frafra77
Ho finalmente terminato il Cartello di Don Winslow.

Un vero pugno nello stomaco, molto più violento e spietato del precedente (Il Potere del Cane).

Art Keller, il protagonista, non è poi così tanto diverso dai delinquenti che persegue. Agisce sotto traccia, senza un vero padrone ma adattandosi alle situazioni che cambiano continuamente (e spesso anche troppo velocemente).

Non è solo più una sfida a due, Keller - Barrera, ma una vera e propria guerra di tutti contro tutti.

Una guerra molto sanguinosa e crudele che colpisce, con inaudita ferocia, chiunque si opponga o, anche, soltanto si metta, pur casualmente, in mezzo alla lotta tra i vari cartelli.

Uomini, donne, bambini, giornalisti, poliziotti, narcos, tutti, ma proprio tutti, sono nel mirino dei trafficanti e vengono barbaramente trucidati in ogni parte del Messico: nazione, descritta con molta sfiducia dall'autore, che non salva nessuno: politici, militari e polizia.

Ma l'autore non salva neppure il suo paese, gli Stati Uniti, che scendono a patti, senza problemi, lasciando ampio spazio ad Art Keller di trasformarsi, in breve tempo, da paladino della giustizia a killer spietato e feroce al quale non viene posto alcun freno.

Un libro lungo, spesso troppo, nel senso che, in alcuni parti, l'autore eccede nelle sotto - storie, facendo perdere un poco le fila del discorso generale.

L'ho trovato, meno coeso del primo, volutamente più violento, spietato.

Sembra che l'autore sia sceso, ancora più, in profondità nei meccanismi di questi gruppi criminali, immaginando un mondo dove non esista praticamente alcuna regola e dove nessuno riesca a salvarsi, neppure quando sopravviva alla morte.

Davvero ben tratteggiate le figure dei giornalisti di Juarez che lottano (spesso di nascosto), con coraggio, contro il sistema e, in larga parte, ne pagano le conseguenze.

Anche i personaggi, attorno al medico Marisol, compagnia di Keller, da un certo punto in poi, sono tratteggiati con coraggio e in modo assai realistico.

I Narcos sono forse un poco caricaturati, ad eccezione di Barrera che mantiene un profilo più "istituzionale" e meno da delinquente di strada, gli altri sono abbastanza anonimi e molto sopra le righe in diverse occasioni.

In ogni caso, un romanzo che, nonostante la mole e una violenza, davvero molto spinta, mi ha preso e mi ha tenuto sulle spine sino all'ultima riga (che, sembrerebbe, vista l'uscita del terzo episodio, non essere l'ultima davvero per Art Keller e il suo mondo).
 

Fedellow

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Fedow
Davvero ben tratteggiate le figure dei giornalisti di Juarez che lottano (spesso di nascosto), con coraggio, contro il sistema e, in larga parte, ne pagano le conseguenze.
Le parti legate a Juarez sono state le più difficili da digerire, per quel che mi riguarda.
 

charlie_scarpino_1980

Babbano
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Ferrovie del messico (Gian Marco Griffi) - Mah...si citano proust e pynchon (il primo mio enorme lacuna, il secondo l'ho colto) in un romanzo fiume, con dei brani di lirismo altissimo. Peccato che nel suo voler essere romanzo "tutto", dedicando almeno un capitolo anche al più insignificante dei personaggi (il dentista fascio), lasci stremati. Pre finale mistico psichedelico un pò meh, e la metafora del mal di denti/ occupazione straniera, dopo ottocento e rotte pagine, viene un pò a noia. IMHO:ci voleva un editor di quelli duri, anche perché la trama principale (un soldato semplice della repubblica di salò viene incaricato di reperire una mappa delle ferrovie del messico) procede lemme lemme.

<SPOILER>

A fine libro, Griffi minaccia pure una parte due...NO, GRAZIE!

</SPOILER>

The Expanse - Lievithan wakes (James S. A. Corey) - Vidi la prima stagione della serie anni fa, ma ricordavo pochino...CHE BOMBA! Battaglie spaziali, passaggi noir, assalti di stormtrooper, fanta politica, pianeta terra vs marte vs colonie centuriane vs multinazionali bastarde, tutto narrato dal punto di vista di due personaggi: il cinico e disincantato Miller, agente di polizia in un asteroide delle colonie e il capitano Holden, più idealista e romantico.
Tra l'altro alcune parti suonano stranamente e tristemente familiari in questi giorni...
A parte la sezione romance, che sembra appiccicata dai due autori (Corey è uno pseudonimo) per allungare un pò , stra-consigliato.
#TEAM MILLER tutta la vita, altro che quel pasticcione di Holden...anche perché al detective spetta forse il mio passaggio preferito (

quando consiglia agli adolescenti di tornare a casa ed evitare di partecipare ai tumulti esplosi su CERES, sapendo già quanto le sue parole di uomo di mezza età verranno ignorate da chi ha meno di metà dei suoi anni...



)
 
Ultima modifica di un moderatore:
Parole di conforto di Matt Haig

Se siete giù di morale, se vedere che la vita non va come volete, se pensate di essere sbagliati, date una possibilità a questo libro. Mi ringrazierete.
Se non siete in questa situazione (come me) leggetelo comunque. Vedere la vita da una prospettiva diversa, aiuta.
 

Elijah

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Elijah Six
Come lettura estiva sto leggendo un libro che sto apprezzando parecchio, sebbene non sia per tutti (perché i riferimenti ai pensatori della storia dell'umanità sono frequenti e senza una certa cultura di base il tutto si trasforma in un mattone poco digeribile).

Il libro in questione è

Quanto è abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere felici? (Meno di quello che pensi), di Robert Skidelsky & Edward Skidelsky (Mondadori 2013)

Robert Skidelsky è famoso per aver scritto una monumentale biografia su John Maynard Keynes.

Mi piace come il libro in questione parta da una profezia effettuata da Keynes che difficilmente si avvererà. Il noto economista prevedeva che nel 2030 avremmo lavorato in media 15 ore a settimana (3 ore al giorno). Sempre il libro cerca di capire perché questa profezia non si avvererà, nonostante il benessere sia aumentato notevolmente e viviamo di fatto nel periodo dell'abbondanza.

Alcune citazioni sparse che ho trovato stimolanti:

"Il capitalismo è un’arma a doppio taglio: da un lato ha reso possibili grandi miglioramenti delle condizioni materiali dell’esistenza, dall’altro ha esaltato alcune delle caratteristiche umane più deplorevoli, come l’avidità, l’invidia e l’avarizia. Questo libro è un appello a rimettere il mostro in catene. A tal fine, passeremo in rassegna l’idea di «vita buona» espressa dai maggiori pensatori di tutti i tempi e di tutte le civiltà e, per realizzarla, suggeriremo possibili cambiamenti nella politica corrente."

"Immaginiamo un mondo in cui la maggioranza delle persone lavori solo quindici ore alla settimana: la retribuzione sarebbe uguale, o persino superiore a quella attuale, perché i frutti del lavoro sarebbero distribuiti in maniera più uniforme in tutta la società. Il tempo libero occuperebbe molte più ore del giorno rispetto al lavoro. In un breve saggio pubblicato nel 1930, intitolato Prospettive economiche per i nostri nipoti, l’economista John Maynard Keynes evocava proprio questa possibilità. La sua tesi era molto semplice. Poiché il progresso tecnologico consentiva un incremento della produzione di beni per ogni ora lavorata, per soddisfare le proprie necessità le persone avrebbero dovuto lavorare sempre meno, fino a quasi non dover più lavorare del tutto. Allora, scriveva Keynes, «per la prima volta dalla sua creazione, l’uomo si troverà di fronte al suo vero, costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti, come impiegare il tempo libero che la scienza e l’interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza». Pensava che sarebbe stato possibile raggiungere questa condizione nell’arco di circa un secolo, vale a dire entro il 2030."

"La crisi degli istituti bancari [del 2008] ha mostrato ancora una volta che l’attuale sistema si basa su logiche di avidità e ingordigia moralmente ripugnanti. Inoltre, esso divide le società in ricche e povere, di recente in molto ricche e molto povere, giustificandosi con una qualche versione dell’idea dell’«effetto a cascata». La coesistenza di grande ricchezza e grande povertà offende il nostro senso di giustizia, soprattutto in società che possiedono quanto basta per tutti".

"Il saggio di Keynes ci sfida a immaginare come potrebbe essere la vita dopo il capitalismo (perché, comunque lo si voglia chiamare, un sistema economico in cui il capitale non viene più accumulato non è capitalismo). Keynes riteneva che la base motivazionale del capitalismo fosse «un estremo appello all’istinto del guadagno e dell’amore del denaro da parte degli individui». Pensava che con l’avvento dell’abbondanza questa spinta motivazionale non avrebbe più goduto dell’approvazione della società, cioè che il capitalismo si sarebbe eliminato da solo una volta compiuta la propria opera".

"Il nostro libro non è una trattazione a favore dell’ozio. Quello che desideriamo vedere crescere è il tempo libero, una categoria che, intesa nel modo giusto, è così lontana dal coincidere con l’ozio da essere quasi il suo contrario. Il tempo libero nel senso autentico della parola, ormai quasi dimenticato, è attività senza un fine estrinseco".

"L’immagine dell’uomo come un fannullone congenito, spinto ad agire solo dalla prospettiva di guadagno, caratterizza soltanto l’era moderna. Gli economisti, in particolare, considerano gli esseri umani bestie da soma che necessitano dello stimolo di un bastone o di una carota per fare qualsiasi cosa. «Soddisfare nella massima misura possibile col minimo sforzo i nostri bisogni», così William Stanley Jevons, pioniere della teoria economica moderna, definiva il problema umano. Nell’antichità le cose erano viste in modo diverso. Atene e Roma avevano cittadini che, benché improduttivi sul piano economico, erano attivi al massimo livello: in politica, in guerra, in filosofia e in letteratura. Perché non eleggere a nostra guida loro, e non l’asino? È vero, i cittadini ateniesi e romani venivano istruiti fin da piccoli nel saggio impiego del tempo libero. Il nostro progetto implica un analogo sforzo educativo."

"L’obiettivo della politica e di altre forme di azione collettiva dovrebbe essere garantire un’organizzazione economica che collochi alla portata di tutti le cose buone della vita: salute, rispetto, amicizia, tempo libero ecc. La crescita economica dovrebbe essere accettata come una conseguenza, non come qualcosa a cui mirare."

"Nel mondo ricco stiamo in media quattro o cinque volte meglio che nel 1930, ma da allora le nostre ore di lavoro sono diminuite solo di un quinto."

"Nelle odierne società ricche il tempo libero è tuttora un’appendice del lavoro, non il suo sostituto. Dopo avere faticato, la maggioranza delle persone vuole soltanto «staccare». Le vacanze sono impiegate per ricaricare le batterie in vista del prossimo periodo di lavoro. Quindi, il modo in cui si trascorre il tempo libero oggi non restituisce un’immagine valida di come lo si passerebbe se le ore di lavoro fossero davvero molto ridotte rispetto al presente".

"Nel sistema capitalistico i lavoratori sono costretti a orari più lunghi del necessario, o di quanto vorrebbero, perché sono «sfruttati», ossia pagati meno di quanto il loro lavoro renda ai padroni, il che è reso possibile dal fatto che questi ultimi detengono il controllo del mercato del lavoro. Ciò significa che ai lavoratori è impedito di godere pienamente del frutto dell’aumentata produttività."

"Nel 1970 lo stipendio di un amministratore delegato americano di alto livello era quasi 30 volte superiore a quello del lavoratore medio, oggi è 263 volte tanto."

"Malgrado il reddito medio sia aumentato nella maggior parte dei paesi, il reddito mediano (cioè il reddito della persona a metà della distribuzione) non ha registrato un uguale incremento, e in America è rimasto invariato per più di quarant’anni."

"Il consumismo funziona come un contentino dato ai lavoratori che non possono godere del tanto desiderato tempo libero. Per alleviarne la frustrazione (e mantenerli arrendevoli) viene loro offerto un mare di beni di consumo inutili che ottenebrano la mente. Lo shopping è stato definito, in modo spiritoso ma calzante, «terapia al dettaglio»: una compensazione per esperienze spiacevoli o deprimenti. La creazione di bisogni artificiali garantisce la fedeltà dei lavoratori all’etica del lavoro."

"La logica competitiva del capitalismo spinge le aziende a costruirsi nuovi mercati manipolando (tra le altre cose) i bisogni. La pubblicità non sarà all’origine dell’insaziabilità, ma ne approfitta senza scrupoli, bisbigliandoci all’orecchio che le nostre vite sono squallide e mediocri se non consumiamo «di più». La pubblicità è la «produzione organizzata di insoddisfazione»".



Da profondo sostenitore di una settimana lavorativa corta, trovo la lettura estremamente interessante e stimolante.
 

odlos

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Come lettura estiva sto leggendo un libro che sto apprezzando parecchio, sebbene non sia per tutti (perché i riferimenti ai pensatori della storia dell'umanità sono frequenti e senza una certa cultura di base il tutto si trasforma in un mattone poco digeribile).

Il libro in questione è

Quanto è abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere felici? (Meno di quello che pensi), di Robert Skidelsky & Edward Skidelsky (Mondadori 2013)

Robert Skidelsky è famoso per aver scritto una monumentale biografia su John Maynard Keynes.

Mi piace come il libro in questione parta da una profezia effettuata da Keynes che difficilmente si avvererà. Il noto economista prevedeva che nel 2030 avremmo lavorato in media 15 ore a settimana (3 ore al giorno). Sempre il libro cerca di capire perché questa profezia non si avvererà, nonostante il benessere sia aumentato notevolmente e viviamo di fatto nel periodo dell'abbondanza.

Alcune citazioni sparse che ho trovato stimolanti:

"Il capitalismo è un’arma a doppio taglio: da un lato ha reso possibili grandi miglioramenti delle condizioni materiali dell’esistenza, dall’altro ha esaltato alcune delle caratteristiche umane più deplorevoli, come l’avidità, l’invidia e l’avarizia. Questo libro è un appello a rimettere il mostro in catene. A tal fine, passeremo in rassegna l’idea di «vita buona» espressa dai maggiori pensatori di tutti i tempi e di tutte le civiltà e, per realizzarla, suggeriremo possibili cambiamenti nella politica corrente."

"Immaginiamo un mondo in cui la maggioranza delle persone lavori solo quindici ore alla settimana: la retribuzione sarebbe uguale, o persino superiore a quella attuale, perché i frutti del lavoro sarebbero distribuiti in maniera più uniforme in tutta la società. Il tempo libero occuperebbe molte più ore del giorno rispetto al lavoro. In un breve saggio pubblicato nel 1930, intitolato Prospettive economiche per i nostri nipoti, l’economista John Maynard Keynes evocava proprio questa possibilità. La sua tesi era molto semplice. Poiché il progresso tecnologico consentiva un incremento della produzione di beni per ogni ora lavorata, per soddisfare le proprie necessità le persone avrebbero dovuto lavorare sempre meno, fino a quasi non dover più lavorare del tutto. Allora, scriveva Keynes, «per la prima volta dalla sua creazione, l’uomo si troverà di fronte al suo vero, costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti, come impiegare il tempo libero che la scienza e l’interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza». Pensava che sarebbe stato possibile raggiungere questa condizione nell’arco di circa un secolo, vale a dire entro il 2030."

"La crisi degli istituti bancari [del 2008] ha mostrato ancora una volta che l’attuale sistema si basa su logiche di avidità e ingordigia moralmente ripugnanti. Inoltre, esso divide le società in ricche e povere, di recente in molto ricche e molto povere, giustificandosi con una qualche versione dell’idea dell’«effetto a cascata». La coesistenza di grande ricchezza e grande povertà offende il nostro senso di giustizia, soprattutto in società che possiedono quanto basta per tutti".

"Il saggio di Keynes ci sfida a immaginare come potrebbe essere la vita dopo il capitalismo (perché, comunque lo si voglia chiamare, un sistema economico in cui il capitale non viene più accumulato non è capitalismo). Keynes riteneva che la base motivazionale del capitalismo fosse «un estremo appello all’istinto del guadagno e dell’amore del denaro da parte degli individui». Pensava che con l’avvento dell’abbondanza questa spinta motivazionale non avrebbe più goduto dell’approvazione della società, cioè che il capitalismo si sarebbe eliminato da solo una volta compiuta la propria opera".

"Il nostro libro non è una trattazione a favore dell’ozio. Quello che desideriamo vedere crescere è il tempo libero, una categoria che, intesa nel modo giusto, è così lontana dal coincidere con l’ozio da essere quasi il suo contrario. Il tempo libero nel senso autentico della parola, ormai quasi dimenticato, è attività senza un fine estrinseco".

"L’immagine dell’uomo come un fannullone congenito, spinto ad agire solo dalla prospettiva di guadagno, caratterizza soltanto l’era moderna. Gli economisti, in particolare, considerano gli esseri umani bestie da soma che necessitano dello stimolo di un bastone o di una carota per fare qualsiasi cosa. «Soddisfare nella massima misura possibile col minimo sforzo i nostri bisogni», così William Stanley Jevons, pioniere della teoria economica moderna, definiva il problema umano. Nell’antichità le cose erano viste in modo diverso. Atene e Roma avevano cittadini che, benché improduttivi sul piano economico, erano attivi al massimo livello: in politica, in guerra, in filosofia e in letteratura. Perché non eleggere a nostra guida loro, e non l’asino? È vero, i cittadini ateniesi e romani venivano istruiti fin da piccoli nel saggio impiego del tempo libero. Il nostro progetto implica un analogo sforzo educativo."

"L’obiettivo della politica e di altre forme di azione collettiva dovrebbe essere garantire un’organizzazione economica che collochi alla portata di tutti le cose buone della vita: salute, rispetto, amicizia, tempo libero ecc. La crescita economica dovrebbe essere accettata come una conseguenza, non come qualcosa a cui mirare."

"Nel mondo ricco stiamo in media quattro o cinque volte meglio che nel 1930, ma da allora le nostre ore di lavoro sono diminuite solo di un quinto."

"Nelle odierne società ricche il tempo libero è tuttora un’appendice del lavoro, non il suo sostituto. Dopo avere faticato, la maggioranza delle persone vuole soltanto «staccare». Le vacanze sono impiegate per ricaricare le batterie in vista del prossimo periodo di lavoro. Quindi, il modo in cui si trascorre il tempo libero oggi non restituisce un’immagine valida di come lo si passerebbe se le ore di lavoro fossero davvero molto ridotte rispetto al presente".

"Nel sistema capitalistico i lavoratori sono costretti a orari più lunghi del necessario, o di quanto vorrebbero, perché sono «sfruttati», ossia pagati meno di quanto il loro lavoro renda ai padroni, il che è reso possibile dal fatto che questi ultimi detengono il controllo del mercato del lavoro. Ciò significa che ai lavoratori è impedito di godere pienamente del frutto dell’aumentata produttività."

"Nel 1970 lo stipendio di un amministratore delegato americano di alto livello era quasi 30 volte superiore a quello del lavoratore medio, oggi è 263 volte tanto."

"Malgrado il reddito medio sia aumentato nella maggior parte dei paesi, il reddito mediano (cioè il reddito della persona a metà della distribuzione) non ha registrato un uguale incremento, e in America è rimasto invariato per più di quarant’anni."

"Il consumismo funziona come un contentino dato ai lavoratori che non possono godere del tanto desiderato tempo libero. Per alleviarne la frustrazione (e mantenerli arrendevoli) viene loro offerto un mare di beni di consumo inutili che ottenebrano la mente. Lo shopping è stato definito, in modo spiritoso ma calzante, «terapia al dettaglio»: una compensazione per esperienze spiacevoli o deprimenti. La creazione di bisogni artificiali garantisce la fedeltà dei lavoratori all’etica del lavoro."

"La logica competitiva del capitalismo spinge le aziende a costruirsi nuovi mercati manipolando (tra le altre cose) i bisogni. La pubblicità non sarà all’origine dell’insaziabilità, ma ne approfitta senza scrupoli, bisbigliandoci all’orecchio che le nostre vite sono squallide e mediocri se non consumiamo «di più». La pubblicità è la «produzione organizzata di insoddisfazione»".



Da profondo sostenitore di una settimana lavorativa corta, trovo la lettura estremamente interessante e stimolante.

A me appaiono tutte ovvietà, nel senso positivo del termine, ma sono sicuro che non molte persone sono disposte a cambiare il paradigma sul quale hanno costruito la propria vita. L'ordinamento nel quale siamo inseriti, per potersi legittimare, mira ad escludere le alternative.
Eppure sono altresì convinto che siano in molti a provare una sorta di dissonanza cognitiva, un senso di malessere dovuto all'incoerenza del sistema di pensiero dominante.
 
Finito You like it darker di Stephen King
Lettura buonissima, racconti molto belli, solo uno non mi ha convinto ma, come al solito (per me) ,King vale i soldi spesi.
 

Elijah

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Elijah Six
A me appaiono tutte ovvietà, nel senso positivo del termine

ovvietà
/ov·vie·tà/
sostantivo femminile
  1. Evidenza che risulta senza possibilità di equivoci.
    "l'o. di un fatto"
    • estens.
      Banalità, mancanza d'originalità.
      "spirava un'aria d'ovvietà burocratica"
    • concr.
      Discorso banale e scontato.
      "sai dire solo delle ovvietà"

Sì, diciamo che a mio avviso hai scelto un termine infelice per esprime ciò che immagino tu volessi intendere.

Uno dei motivi per cui il libro mi sta piacendo è proprio perché in parte parla di cose che io pensavo già (conclusioni a cui ero giunto per conto mio, facendo altre letture, ecc.). Vederle scritte nero su bianco in un saggio, mi fa sentire meno solo (perché sì, nella società in cui viviamo, sono circondato da persone che non capiscono né comprendono fino in fondo la mia scelta di non lavorare 40-44 ore a settimana). I pregiudizi che ci sono in merito sono deplorevoli. Sono particolarmente felice che le nuove generazioni abbiano cambiato andazzo.

Trovo anche che nonostante quanto riportato sia ovvio (inteso come un'evidenza che risulta senza possibilità di equivoci), a mio avviso non c'è vera consapevolezza nella classe dei lavoratori. Perché se così fosse, non ci ritroveremmo in una situazione del genere, ma saremmo tutti a manifestare per ottenere salari più giusti e per rendere un impiego a tempo pieno pari a 15-20 ore di lavoro alla settimana. E invece, no.

Quindi, non so, personalmente reputo importante divulgare certe idee. Forse per te, che sono ovvie, no. A mio avviso resta ancora molto da fare nella nostra società. Quindi reputo sensato parlarne e divulgare certe idee. :)

P.S.:
Non è la prima volta che commenti un mio intervento in questo thread, affermando che leggo libri che riportano idee che già conosci (quindi per te nulla di nuovo). Personalmente trovo un vero peccato che tu non parli in pratica mai di saggi. Mi chiedo anche come fai ad essere così informato, se di fatto, in apparenza, analizzando questo thread, sembra che tu non legga saggi. Sfrutti altri canali di acquisizione della cultura? Sono bonariamente curioso in merito.

"La maggior parte delle acquisizioni più importanti nel corso della vita dell'uomo non può che avvenire attraverso la lettura e comprensione di testi, attività che peraltro consentono il prodursi di un vero e proprio apprendimento significativo."
(Calvani & Trinchero, Dieci falsi miti e dieci regole per insegnare bene, Carocci, 2019, p. 97)

Buona lettura e buona continuazione di estate. :)
 

FrancescoSpagnolo

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FrancescoSpagnolo
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Finito di leggere Riccardino di Camilleri (il capitolo finale della saga di Montalbano): più che altro un esperimento letterario (meta narrativo).

Alla fine, complessivamente mi ha deluso perchè snatura l'idea del personaggio e dell'indagine (di cui, fondamentalmente, si disinteressa) per sviluppare questo intreccio tra realtà e finzione, in un dialogo tra Autore e personaggio, che vorrebbe essere d'ispirazione Pirandelliana ma non può paragonarsi al grande maestro.

Una delusione.

Ho appena iniziato "Storia di Lisey" di Stephen King, dalle prime pagine, mi sembra un romanzo tra quelli che convincono nell'altalenante carriera del maestro dell'Horror.

Vedremo!
 

odlos

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/ov·vie·tà/
sostantivo femminile
  1. Evidenza che risulta senza possibilità di equivoci.
    "l'o. di un fatto"
    • estens.
      Banalità, mancanza d'originalità.
      "spirava un'aria d'ovvietà burocratica"
    • concr.
      Discorso banale e scontato.
      "sai dire solo delle ovvietà"

Sì, diciamo che a mio avviso hai scelto un termine infelice per esprime ciò che immagino tu volessi intendere.

Uno dei motivi per cui il libro mi sta piacendo è proprio perché in parte parla di cose che io pensavo già (conclusioni a cui ero giunto per conto mio, facendo altre letture, ecc.). Vederle scritte nero su bianco in un saggio, mi fa sentire meno solo (perché sì, nella società in cui viviamo, sono circondato da persone che non capiscono né comprendono fino in fondo la mia scelta di non lavorare 40-44 ore a settimana). I pregiudizi che ci sono in merito sono deplorevoli. Sono particolarmente felice che le nuove generazioni abbiano cambiato andazzo.

Trovo anche che nonostante quanto riportato sia ovvio (inteso come un'evidenza che risulta senza possibilità di equivoci), a mio avviso non c'è vera consapevolezza nella classe dei lavoratori. Perché se così fosse, non ci ritroveremmo in una situazione del genere, ma saremmo tutti a manifestare per ottenere salari più giusti e per rendere un impiego a tempo pieno pari a 15-20 ore di lavoro alla settimana. E invece, no.

Quindi, non so, personalmente reputo importante divulgare certe idee. Forse per te, che sono ovvie, no. A mio avviso resta ancora molto da fare nella nostra società. Quindi reputo sensato parlarne e divulgare certe idee. :)

P.S.:
Non è la prima volta che commenti un mio intervento in questo thread, affermando che leggo libri che riportano idee che già conosci (quindi per te nulla di nuovo). Personalmente trovo un vero peccato che tu non parli in pratica mai di saggi. Mi chiedo anche come fai ad essere così informato, se di fatto, in apparenza, analizzando questo thread, sembra che tu non legga saggi. Sfrutti altri canali di acquisizione della cultura? Sono bonariamente curioso in merito.

"La maggior parte delle acquisizioni più importanti nel corso della vita dell'uomo non può che avvenire attraverso la lettura e comprensione di testi, attività che peraltro consentono il prodursi di un vero e proprio apprendimento significativo."
(Calvani & Trinchero, Dieci falsi miti e dieci regole per insegnare bene, Carocci, 2019, p. 97)

Buona lettura e buona continuazione di estate. :)

Beh, avevo usato il termine "ovvietà" per un motivo specifico e ho voluto precisare che lo utilizzavo in termini positivi per non essere frainteso, il senso era far emergere come certe cose da te riportate, per quanto non comunemente accettate, appaiono molto ragionevoli e difficilmente sconfessabili.

Io sono almeno 10 anni che non leggo più saggi, ma la filosofia - nel senso più ampio del termine -, mi ha sempre appassionato e da ragazzo (fino ai 30 anni diciamo) qualche cosina l'ho letta, passavo anche notti insonni sui libri: filosofia greca, Cartesio, empirismo, Kant, Cassierer, esistenzialismo, fenomenologia, positivismo logico, Baudrillard, Baumann e anche qualcosina di filosofia analitica; qualcosa di economia: Malthus, Ricardo, Smith, Mill, Keynes, Marx; un minimo di psicologia, qualche antologia più Freud e Jung; insomma, quello tutto ciò che mi serviva per sviluppare un pensiero critico e assumere una visione del mondo che fosse mia e non quella prestampata che ti propinano gratuitamente a partire dalla nascita.

In questo periodo della mia vita non sento l'esigenza di approfondire altre cose, non perché mi senta arrivato, uno dei miei principi è quello di considerare tutto quello che ho acquisito come qualcosa di rivedibile, ma perché ho bisogno di un po' più di serenità e prediligo la vita vissuta allo studio, chissà che le cose non cambino in futuro.

Sulla questione delle ore lavorative, capisco il discorso, anche io lavoro al 50% e capita di sentire perplessità negli altri quando dico che me la cavo senza problemi, ma onestamente non mi interessa cosa pensano. Mi dispiace però per chi è "costretto" a lavorare più di 40 ore a settimana, magari non apprezzando nemmeno quello che fa. Io so di essere fortunato, sono bene retribuito e visto che cerco di non essere vittima del consumismo, riesco a godermi la vita senza reali privazioni, semplicemente non ho la testa piena di strani desideri.
 
Ultima modifica:
Ho appena iniziato "Storia di Lisey" di Stephen King, dalle prime pagine, mi sembra un romanzo tra quelli che convincono nell'altalenante carriera del maestro dell'Horror.

Vedremo!
Secondo me merita. Un po lento ma comunque avvincente e misterioso.
 

Tullaris

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Finito di leggere Il Segno del Drago.

segnodrago.jpg
Pensavo fosse un romanzo fantasy, invece è un racconto pseudo storico ambientato in Francia e Val Susa, con giusto una spruzzata di soprannaturale.
Lettura simpatica e scorrevole.
 

Epaminondas

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Quest'estate ho deciso di rileggermi Il Signore degli Anelli. Per come procedo ultimamente, potrei finire l'estate prossima.
 

Gabbi

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Quest'estate ho deciso di rileggermi Il Signore degli Anelli. Per come procedo ultimamente, potrei finire l'estate prossima.
Lo capisco: la prosa di Tolkien è di un noioso mortale. Uno degli autori più sopravvalutati del pianeta.

trspttng.jpg
 

Epaminondas

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Lo capisco: la prosa di Tolkien è di un noioso mortale. Uno degli autori più sopravvalutati del pianeta.

trspttng.jpg
Mi piace Il Signore degli Anelli altrimenti non lo starei rileggendo. D'accordo che Tolkien è un tantino sopravvalutato. Ma definire la sua prosa "di un noioso mortale" è un'esagerazione! Il fatto è che ultimamente ho ben poco tempo per leggere (e giocare) per ciò prevedo che lo finirò in tempi molto lunghi. Questa vita si fa sempre più di m3rda.

Ma visto che hai tirato fuori l'argomento: quali sono i tuoi autori fantasy preferiti?
 

Gabbi

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Mi piace Il Signore degli Anelli altrimenti non lo starei rileggendo. D'accordo che Tolkien è un tantino sopravvalutato. Ma definire la sua prosa "di un noioso mortale" è un'esagerazione! Il fatto è che ultimamente ho ben poco tempo per leggere (e giocare) per ciò prevedo che lo finirò in tempi molto lunghi. Questa vita si fa sempre più di m3rda.

Ma visto che hai tirato fuori l'argomento: quali sono i tuoi autori fantasy preferiti?
Allora. Innanzitutto, per quanto io davvero non ami Tolkien, il mio post era una palese trollata, pensavo fosse evidente, a cominciare dal fotogramma che ho allegato (evidentemente Trainspotting non è un film così universalmente conosciuto come credevo).

Quanto agli autori fantasy preferiti... io non amo il fantasy in generale, di solito per i motivi opposti a quelli per cui non amo Tolkien. Dove Tolkien è prolisso e sfiancante (chiaramente da vivo era un uomo innamorato del suono della sua voce), il resto di quel poco di fantasy che ho letto (Stormbringer, Dragonlance) sembra scritto da uno studente delle medie.

Se proprio dovessi indicare del fantasy che mi sia piaciuto, il primo romanzo di Locke Lamora (ma non mi è venuta voglia di leggere gli altri); mi piace abbastanza la saga di Dresden, di cui ho letto diversi volumi in lingua originale, ma è un fantasy atipico e c'entra il fatto che amo qualcosa di noir (Cornell Woolrich su tutti); in ultimo, se vogliamo classificarlo come fantasy, mi piace abbastanza Neil Gaiman, ma anche qui parliamo di fantasy atipico, in linea di massima.
 
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