Trasposizione da videogioco a gioco da tavolo: i possibili pregi e difetti

Dopo aver giocato con interesse parecchi giochi da tavolo ispirati a videogiochi, è il momento di tirare le somme su questa particolare tendenza.

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Se da una parte numerosi giochi prevedono ora l'utilizzo massivo dell'App come supporto (Frosthaven) o addirittura come parte essenziale e preponderante del sistema di gioco (Descent: Leggende nelle Tenebre), è altrettanto vero che sempre più spesso si compie il percorso inverso, in giochi da tavolo che sono l'adattamento di un videogioco, o almeno il tentativo di trasporre un sistema di gioco digitale in analogico. 

Il fatto è che, nel cambio di piattaforma, occorre tener presenti le differenti potenzialità, le diverse procedure e soprattutto le aspettative del pubblico, altrimenti si rischia di fare grossi passi falsi.

Il problema della troppa fedeltà

La prima cosa che possiamo notare è la trasposizione pedissequa di alcune meccaniche che, nel gioco da tavolo, perdono senso, per cui gli autori sono costretti a cambiarlo. 
In Resident Evil, videogioco, le postazioni con le macchine da scrivere rappresentavano punti in cui si potevano salvare i progressi fatti, in modo da poter continuare da lì in caso di morte del personaggio. Nel gioco da tavolo ovviamente questa cosa non funziona e non ha senso. Gli autori hanno però voluto mantenere lo stesso il sistema delle macchine da scrivere, cambiandone però il funzionamento: quando si interagisce con una di esse, spendendo un gettone inchiostro, si rimescola il mazzo delle carte evento. Questo mazzo funge da timer del gioco: se si esaurisce, la partita è persa. Ecco dunque che un elemento iconico di una serie viene mantenuto trovandogli in nuovo significato
In questo caso l'operazione è riuscita a metà: dal punti di vista meccanico funziona e mette anche una certa pressione strategica ai giocatori; dal punto di vista tematico, invece, ha molto poco senso.
In ogni caso è un tipo di adattamento che incide marginalmente sul gameplay e non scalfisce quel che di buono c'è nel resto dell'adattamento che, va detto, è uno dei migliori tra gli esempi che faremo. Prendiamo invece una trasposizione che proprio non ha funzionato: Dark Souls. In questo caso, il continuo morire e imparare dai propri errori, ripetere gli schemi e le sequenze, è una parte integrante del videogioco. Il fatto è che, in un gioco da tavolo, questo processo non solo non funziona, ma diventa estremamente noioso. Rimettere in ordine i componenti e rifare le stesse stanze, affrontando i medesimi nemici, causa ben presto una sensazione di noia e aumenta solo il bookkeeping. Senza contare il tempo speso in queste operazioni: in un videogioco puoi salvare i progressi e riprendere quando vuoi, in un gioco da tavolo il salvataggio è tutt'altro che agevole e il processo prevede laboriosi desetup e setup per una sessione successiva, senza contare che l'aspettativa, per un gioco da tavolo, è concludere la partita in una serata, non spezzare la partita. 
Si è cercato in seguito di mettere una pezza a questo sistema, cambiando diverse regole e il flusso di gioco, ma sono tutte correzioni fatte a posteriori, senza uno studio di game design e un playtest preventivi.
Media differenti richiedono soluzioni differenti.

Possiamo quindi concludere questo primo punto evidenziando come la troppa fedeltà al videogioco produce effetti negativi, se non si riesce ad adattare le meccaniche digitali a quelle analogiche.

Ma cosa succede se, al contrario, si cerca di adattare troppo? 

Il problema della semplificazione

Le possibilità che un videogioco offre sono infinite. Si possono combinare centinaia di equipaggiamenti, farli interagire in percentuali, applicare gli effetti più disparati in automatico. In un gioco da tavolo questo non è possibile, a meno di non trasformalo in un videogioco mascherato, come Descent: Leggende nelle Tenebre.
Gli autori di giochi da tavolo hanno in realtà sviluppato diversi sistemi per rendere ugualmente profondi e interessanti i loro giochi, senza bisogno di scimmiottare i videogiochi: media diversi, impongono soluzioni diverse e, con l'ingegno, è possibile trovarle e applicarle efficacemente.

Tuttavia, nella trasposizione da videogioco a gioco da tavolo, l'operazione più semplice da fare è tagliare e semplificare. Questo però comporta che, molto spesso, si perde profondità e ciò che di bello caratterizzava il videogioco. 

Facciamo un esempio prendendo Heroes of Might and Magic III. Il videogioco si prestava già molto bene ad essere trasposto, per lo meno in solitario, vista la sua struttura a turni e il tabellone schematico. Quindi nulla di più facile. Tuttavia non era possibile, se non a costo di un enorme appesantimento, trasporre esattamente tutto. 
Da una parte si è quindi scelto di limitare il numero delle truppe a due soli step (“pochi o tanti”), contro i diversi del videogioco: questo è un esempio di semplificazione che funziona e che non rappresenta una perdita impattante sul gameplay
Oppure limitare il numero di carte in mano andando a creare una sorta di deckbuilding: anche in questo caso, si è limitato il numero di informazioni che il giocatore deve gestire da solo, rispetto al videogame che lo faceva in autonomia, senza però minare la profondità del gameplay.
Il problema si ha quando si arriva al combattimento. Nel videogioco era sviluppato su una mappa tattica esagonata, che forniva un gran numero di possibilità tattiche al giocatore, nella gestione delle azioni e delle diverse truppe. Qui si è dovuto necessariamente semplificare, limitandolo a una mappa a zone, con poche carte creatura per parte e movimenti molto più vincolati e ingessati. Il tutto per non aumentare troppo la durata della partita, già parecchio alta e il downtime, quando si gioca in multiplayer. Esiste anche la variante con la mappa esagonata e le miniature, ma è appunto consigliata solo per l'eventuale scontro finale di ogni scenario, se presente, proprio per la sua macchinosità e per la lunghezza e il downtime che aggiunge agli scenari. La si può utilizzare in solo, lasciando il tavolo apparecchiato e non avendo problemi di spazio e tempo, ma in multiplayer è proibitiva.
Ma anche la presenza del secondo eroe, che ne videogioco aveva pari possibilità rispetto al primo, qui è stata ridotta e semplificata: se il gioco fosse stato progettato come gioco da tavolo fin dall'inizio, probabilmente non sarebbe proprio esistito e si sarebbero cercati sistemi alternativi per conquistare e controllare un regno esteso. Qui c'è perché deriva dal videogioco, ma giocoforza viene ridimensionato, per non appesantire troppo le cose.
In sostanza, quando si gioca a Heroes of Might and Magic III nella sua versione da tavolo, si ha la sensazione di giocare esattamente la sua controparte videoludica, ma tagliata in alcuni aspetti e privata in altre delle sue parti più belle e caratteristiche. 
L'adattamento, in questo caso, è stato solo sottrattivo e, giocando, non si può fare a meno di pensare quanto più soddisfacente sarebbe tornare a giocare al videogioco invece di affaticarsi sulla sua controparte analogica, oltretutto perdendo dei pezzi.

Concludiamo quindi evidenziando come adattare solo con la semplificazione può unicamente mettere in evidenza i limiti del gioco da tavolo rispetto al videogioco, senza esaltarne quelle che sono le differenti e peculiari potenzialità.

Catturare l'essenza

L'operazione virtuosa che andrebbe fatta in una trasposizione di questo genere consiste principalmente nel comprendere quale sia l'essenza del videogioco che si sta trasponendo e poi cercare di mantenerla sfruttando le meccaniche del gioco da tavolo, ben consapevoli delle sue potenzialità, ma anche dei suoi limiti.

Facciamo qualche esempio, sia in negativo che in positivo.

alone_gioco.jpg

Alone: partita
Alone: partita
Dark Souls è un videogioco estremamente difficile, ma il giocatore viene anche ricompensato per la sua bravura: imparando a giocare, a comandare bene il personaggio, a studiare i nemici, può superare le difficoltà e procedere nell'avventura. È quindi un gioco sì difficile, ma anche equo e remunerativo, nel senso che premia gli sforzi del giocatore. Nel gioco da tavolo, invece, la parte di combattimento e di studio del mostro sono state rese aleatorie (non mi dilungo, potete leggere le recensione per approfondire) e per nulla remunerative: quella che doveva essere mantenuta come caratteristica essenziale del videogioco è andata persa.

In Resident Evil, invece, assistiamo a un esempio positivo. La sensazione che si è cercato di restituire è quella di un survival horror in cui i protagonisti vivono sempre in un costante stato d'ansia e precarietà. Sebbene il gioco da tavolo non possa, al contrario del videogioco, farti fare i classici “salti sulla sedia” per qualche evento improvviso, il fatto di avere il tempo contato (con l'espediente della macchina da scrivere di cui abbiamo già parlato), le pallottole contate, l'estrema incertezza nel muoversi e nello schivare, la pressione costante degli zombi, sono tutti elementi che concorrono a ricreare l'atmosfera del gioco originale.

Come altro esempio positivo citiamo Alone che, sebbene non ne porti il nome, è chiaramente ispirato al videogioco Dead Space. Qui si è riusciti a ricreare il senso di solitudine del protagonista, isolandolo contro nemici che tramano nell'ombra, sia coalizzando i cattivi contro un singolo eroe, sia col sistema delle rimozione della mappa, delle zone illuminate e di quelle al buio, tutti elementi che aggiungono una costante pressione al povero Isaac.

Anche Slay the Spire riesce a comunicare bene il feeling da roguelike del videogioco. In questo caso, rimettere tutto a posto e ritentare è relativamente rapido e facile e soprattutto non propone sempre lo stesso percorso e incontri, a differenza di Dark Souls. Anche qui, in parte, si avverte la semplificazione rispetto al videogioco (com'è per Heroes of Might and Magic III), ma qui c'è la compensazione di un multiplayer funzionante, assente digitalmente, che è realizzato bene e stimola la collaborazione tra giocatori, aggiungendo qualcosa in più a questa versione analogica che compensa ampiamente i piccoli dettagli persi.

Infine, impossibile non citare Gears of War. Qui il senso di precarietà e le difficoltà del videogioco e la collaborazione tra i membri della medesima squadra sono perfettamente ricreate con la meccanica di gestione delle carte, dell'attivazione dei nemici, delle coperture e delle carte che puoi usare in combo con l'attivazione alleata. Però qui il game designer è Corey Konieczka, mica uno scappato di casa qualsiasi.

Conclusione

Traferire il gameplay di un videogioco è tutt'altro che semplice: cambia il game design, cambia il mezzo, cambiano i tempi, i materiali, spesso anche i giocatori.
Riportare tutto fedelmente, rischia di complicare le cose e non funzionare per nulla come gameplay, mentre limitarsi a una mera operazione di sottrazione e semplificazione rischia di appiattire il gioco da tavolo e far solo rimpiangere quello digitale. 
Sembra banale, ma per fare un buon adattamento occorre prima di tutto essere capaci di fare un buon gioco da tavolo, indipendentemente da quale sia la fonte d'ispirazione originaria.

Commenti

Si poteva citare Bloodborne, che è riuscito a catturare diverse meccaniche del videogioco trasformandole in peculiarità del gioco da tavolo.
Le azioni dei nemici che sono schematici e in parte prevedibili, l'arma che si trasforma, il reset degli spawn, o il sogno del cacciatore in cui migliorare il personaggio.
La mano di Lang c'è e si vede: un autore che ha già dimostrato di saper fare bei giochi e di successo.

Da accanito ex videogiocatore (coi figli al momento non è fattibile.. ma aspetta che crescano 😅😅  ) mi è piaciuta molto l'analisi.

Mi permetto di aggiungere anch'io due esempi:

1) Exceed Street Fighter: gioco di carte che trasmette in maniera abbastanza fedele l'immediatezza del picchiaduro arcade. La bravura di chi ha concepito il gioco sta nel fatto che le carte specifiche di ogni personaggio ne rispettano l'effettivo comportamento del videogame (Zangief è fastidioso da vicino con le sue fottute prese, Ryu è dinamico, Sagat a distanza ti tartassa di Tiger shot, ecc). Qua la fedeltà col videogioco è elevata e rende in maniera piacevole.

Unico neo: vorrei trovare le due box Mr. Bison e Chun Li con altri 8 combattenti, ma sembrano introvabili e la Level 99 non li fa più 😪😪😪 .. Se qualcuno se ne volesse disfare sono qua 😁 (o se qualcuno di buon cuore mi passasse la scansione delle sole carte speciali dei personaggi, gliene sarò grato a vita 🤩)

 

2) Project L: non è tratto in maniera ufficiale, ma a me ricorda inevitabilmente il Tetris. In questo caso probabilmente non aveva senso trasporre nel gioco da tavolo la destrezza nel posizionare i polimini mentre scendono freneticamente. Quindi il gioco consiste nel draftare e successivamente completare una serie di mini puzzle che danno punti validi per la vittoria finale e al contempo premiano con polimini più perfomanti da aggiungere alla propria mano. Non è un capolavoro, ma è un giochetto simpatico che faccio sempre volentieri.

E non mi citate FROSTPUNK?

Questa si che è un'ottima trasposizione.

Bello spunto, non c'è che dire e come sempre ottima analisi.
Ma ci sarebbero tanti altri casi da portare alla lente e valutare.

Ad esempio Hand of Fate secondo me rientra in quelli riuscitissimi, per sottrazione ma al contempo per addizione di meccaniche come il multiplayer, la maggior varietà e la semplificazione. Restituisci il feeling di essere nel videogioco pur essendo consci di non star giocando al videogioco vista la totale mancanza del lato action e casualità totale degli eventi.

Poi abbiamo Monster Hunter, che secondo me fallisce totalmente nel ricreare il feeling del videogioco pur partendo da una buona base. Semplicemente hanno veramente sbagliato l'idea e il punto su cui sviluppare il tutto perdendo di vista la cosa davvero importante.. oltre al divertimento.
Per fortuna altrove possiamo trovare alcuni spunti che qui sono andati persi, ma al contempo nessuno dei 2 è l'esperienza PERFETTA del Monster Hunting.

Poi abbiamo V-Commandos che secondo me ricrea abbastanza fedelmente il feeling del videogame, senza esserne totalmente la trasposizione fedele.

Da tenere d'occhio alcuni degli ultimi usciti :

Deadcells - Sembra interessante, ma non amando il VG l'ho lasciato li' senza interessarmene.
Children of Morta - Bellissima veste ma il gameplay dai video e manuale mi è sembrato davvero carente e non una felice trasposizione del VG per semplificazione senza catturarne l'essenza.
Terraria - Non ho proprio idea di come si possa sviluppare un GdT a riguardo...
Armello - Questo è paradossale.. come detto altrove un GDT di un VG che simula un GDT. E secondo me lo fa pure male per difetto al limite dell'inutilità.
God Of War - Solo a pensarci mi vien da ridere.

Ma la lista è parecchio lunga....

In linea di massima io non sono mai entusiasta quando si fa una trasposizione da tavolo di un IP videoludico, nel 90% dei casi mi dico: NON PUO' FUNZIONARE.
Fortunatamente in quel 10% possiamo trovare delle vere perle, ma diventano sempre più rare.
E al contempo aumenta l'amarezza di quello che potrebbe essere stato ma non è quando si pubblicano gli IP più amati.
Mi dico sempre che sia meglio creare un gioco nel gioco (o nel mondo) piuttosto che voler ricreare il gioco del gioco.

Ora qualcuno però deve dirmi come sia DARKSIDERS uno di quei pochi guilty pleasure che vorrei in collezione pur sapendo che sia una ciofeca... esiste qualcuno che lo ha in Italia?

ekan78 scrive:

E non mi citate FROSTPUNK?

Questa si che è un'ottima trasposizione.

Uhm...sai che invece potrei citarlo come esempio negativo per lunghezza e macchinosità che nel vg non pesano, ma nel gdt non funzionano? Secondo me è proprio un caso di somiglianza eccessiva e mancato adattamento al mezzo diverso.

Analisi interessante.

Da prima che diventassi un appassionato attivo dei giochi da tavolo (ma anche di ruolo) ho sempre visto di cattivo occhio i titoli basati sia su videogiochi che sui film, questo perchè sempre le emozioni e l'esperienze erano troppo diverse. Non ho giocato Dark Souls GdT, ma di madonne ne ho tirate fin troppe giocandolo su console ed ero assolutamente certo che la versione gioco da tavolo mi avrebbe lasciato deluso. Quell'esperienza non era replicabile.

Ci sono invece tutta una serie di videogiochi che per caratteristiche e meccaniche interne possono avere un'ottima trasposizione in gioco da tavolo, ovvero i gestionali e gli str. Non a caso giochi come Starcraft o Age of Empires 3 sono considerati capolavori (o ottimi giochi), anche se sarebbe bello capire se l'esperienza sia comparabile con la controparte videogioco.

L'unico titolo che ho giocato e posseduto sia videogioco che gdt è This War of Mine e le esperienze sono piuttosto diverse. Ciononostante la verisione GdT può avere il suo perchè, sebbene più limitata e decisamente più difficile rispetto al videogame. Le sensazioni però sono quelle, lo stato di angoscia è lo stesso, anzi superiore nel gdt e in genere senti la morsa dell'essere in balia di eventi più grandi di te.

La mia esperienza con VG trasposti in GdT è davvero molto limitata (Gears of War, che però è una perla rara mi pare di capire), anche perché generalmente tendo a evitarli. Un GdT che prova a sfruttare un IP di un videogioco famoso per me parte già zoppo (a sensazione intendo) perché parte dal presuppposto (spesso) che si possa vendere semplicemente sfruttando meccaniche trasposte e un tema potente. Mi sono lasciato solo trascinare da Heroes of Might and Magic... ma semplicemente perché... è Heroes of Might and Magic!!! XD

Trovo invece molto più interessanti i videogiochi strutturati come Gdt. Il sopracitato HoM&M è un grandissimo e vecchio esempio... ma potremmo mettere dentro anche tutti quei giochi di carte come Hearthstone o l'ancor più interessante Legends of Runeterra, dove si fondono meccaniche tipiche da Gdt di carte, con le potenzialità di una AI.

Comunque bellissimo articolo... complimenti Agza!!!

Gran bell'articolo. Ho videogiocato abbastanza ma a pochi selezionati titoli nella mia adolescenza e per di nessuno di questi riesco ad immaginarmi un corrispettivo da tavolo che possa funzionare 

Sto trovando estremamente valido 6 Siege, trasposizione di Rainbow Six Siege. Frutto di una campagna Crowdfunding sanguinolenta, il timore di incorrere in un gioco mal rifinito è svanito ed invece il gioco è eccezionale. Oltre a questo, è una trasposizione brillante del videogioco Ubisoft.

Sebbene il focus sia nella parte tattica e di utilizzo dei poteri degli operatori, con delle meccaniche semplici, ma solide, hanno saputo ricreare diverse caratteristiche del videogioco facendo un lavoro di traduzione affascinante:

- non è possibile misurare la linea di vista se non dopo aver dichiarato di eseguire uno shoot (e l'avversario puó fare challenge per annullarla), per ricreare le capacità di mira

- si gioca con il timer, per ricreare la frenesia del VG e la capacità di essere abili e rapidi

- i difensori iniziano con due token (uno vero, uno fake) per creare una minima fog of war, per ricreare la mancata conoscenza della posizione degi avversari

- la definizione di 3 range distanza nello sparare, ciascuni con un set di dadi diversi da tirare, per ricreare l'efficacia dell'arma

- i poteri degli operatori sono stati tradotti in qualcosa di applicabile al boardgame. I modelli sono più o meno verosimili, ma il target è il bilanciamento del gioco.

Peccato per i problemi con la Mythic Games, perchè io gioco merita una diffusione maggiore

 

Per chi apprezza i solitari io citerei Under Falling Skies che, con il suo piazzamento dadi e una interessante modalità campagna, riesce a far respirare in modo convincente le atmosfere del leggendario Space Invaders, risultando anche particolarmente ostico e sfidante a livelli di difficoltà più alti.

Ottimo articolo...pero'...Non citare il forse miglior esempio di trasposizione...BLOODBORNE.. ma anche western Legends..( Red Dead Redemption) è un po' come bestemmiare in chiesa... Se me la passate! 😅😂

Da autore di gdt trovo che trasporre un videogioco in forma "da tavolo" sia molto intrigante perché ti mette già sul tavolo un'ambientazione nota che ti aiuta nella concezione degli elementi di gioco (i mostri, le armi e gli eroi, se fosse un fantasy, per capirci) senza finire a riferirsi sempre ai soliti stereotipi o ad inventarsi cose che poi i giocatori faticano ad immaginarsi (cioè: tu puoi anche immaginarti mostri nuovi, ma poi ti trovi coi giocatori che, guardando solo la miniatura, non riescono ad intuire quali siano le sue caratteristiche... mentre invece sono ben coscienti che un drago sputa fuoco, per capirci).

Ma tutto quello che serve è l'ambientazione e pochi altri spunti! Non puoi veramente pensare di simulare il sistema di gioco! E' solo l'appela che serve!!!

Ritratto di Rez

Di videogiochi ormai ce ne sono milioni e sicuramente non tutti si prestano a una trasposizione da tavolo. Capire quali è già un ottimo primo passo, non scontato però a vedere certe ciofeche. Detto questo, da appassionato di Diablo, e visto che il gioco si presta, spero faranno un buon lavoro con il boardgame su cui stanno lavorando, gli elementi ci sono tutti, dita incrociate.

Tangio scrive:

Ottimo articolo...pero'...Non citare il forse miglior esempio di trasposizione...BLOODBORNE.. ma anche western Legends..( Red Dead Redemption) è un po' come bestemmiare in chiesa... Se me la passate! 😅😂

non è che ho messo tutti gli esempi possibili ed immaginabili (peraltro Bloodborne l'ho pure recensito...), ne ho messi solo alcuni ma l'importante era il concetto espresso.

Il tema è interessante e l'articolo ben scritto, però non mi pare tocchi il punto più rilevante della questione, che pertanto pongo ad @Agzaroth, e cioè:

ma il medium gdt, in generale, può davvero competere ed essere meglio della tecnologia digitale? Tutti i difetti classici di gamedesign o sono diminuiti dalla tecnologia digitale (bookeping, downtime, ergonomia, proceduralità varie, variabilità di gioco) o comunque non peggiorati rispetto alla controparte fisica.

Gli unici plus del boardgame stanno nell'elemento materico e nell'interazione sociale propria di quest'esperienza.

quindi il problema della conversione da vg a gdt è ancora più grande, perché parte già con un divario intrinseco al medium. L'atto della semplificazione non è un difetto, è un sacrificio necessario 

In realtà i due intrattenimenti seguono due direzioni ed obiettivi diversi: il VG ha come scopo il tenere il giocatore il più a lungo possibile su di se, spesso tramite una dilatazione ottenuta tramite variazioni lievi delle difficoltà. Il gioco da tavolo di solito mette tutto o quasi a disposizione e sta ai giocatori esplorarne le varie possibilità... in partite il più possibile contenute a livello di tempo.

E' una differenza importante che va compresa e applicata nelle conversioni.

linx scrive:

In realtà i due intrattenimenti seguono due direzioni ed obiettivi diversi: il VG ha come scopo il tenere il giocatore il più a lungo possibile su di se, spesso tramite una dilatazione ottenuta tramite variazioni lievi delle difficoltà. Il gioco da tavolo di solito mette tutto o quasi a disposizione e sta ai giocatori esplorarne le varie possibilità... in partite il più possibile contenute a livello di tempo.

E' una differenza importante che va compresa e applicata nelle conversioni.

la variabilità e longevità (perchè di questo trattasi) sono altri dei numerosi elementi in cui, intrinsecamente, il medium vg > il medium gdt.

Inevitabilmente la conversione a boardgame è un lavoro di sintesi: quando è cauta e ben bilanciata, può sperare in buoni risultati.

Concordo con @iaco81ska riguardo a Exceed (a suo tempo spesi una sassata per i tre box + tappetino, e mi è appena arrivato il box dedicato a Guilty Gear Strive) che riesce molto bene ad adattare le meccaniche dei vg da cui prende le licenze , anzi mi spiace che le trasposizioni da picchiaduro non siano state considerate nell'articolo.

Ritratto di Gil

Bell'articolo Agz! 👏🏽👏🏽

Secondo me le semplificazioni adottate per Heroes funzionano piuttosto bene e alcune tattiche e situazioni si ripropongono anche nella versione da tavolo con la griglia 4x5. Da fan del videogioco (constantemente installato su ogni mio PC dal 99 ad oggi) ci ho ritrovato gran parte delle vibes anche se è vero che qualcosa è stato scartato o astratto fino all'estremo (ma sono d'accordo con le scelte fatte). Il gioco non è assolutamente esente da problemi ma quello della fedeltà al videogioco non è personalmente imputabile. Tra l'altro alcune sinergie che si creano uguali al videogioco denotano un amore ed una conoscenza notevole della fonte. 

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