I 100 Giochi: Maria

Tipo House of the Dragon… ma senza i draghi

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Maria
  • Genere: ibrido eurowargame, simulazione storica.
  • Target: giocatori media esperienza.
  • Scalabilità: 2-3 giocatori (ma in realtà 3 e basta, se non vi volete del male).
  • Meccaniche principali: movimento punto a punto, carte combattimento, track politica.
  • Meccaniche secondarie: unità nascoste.
  • Importanza storica: C’era una volta un impero, solo che era un po’ strano. Nel senso che il trono non veniva tramandato di padre in figlio, ma per elezione da parte di un gruppo di nobili a capo delle terre che componevano l’impero stesso. Solo che, nessun problema, queste elezioni le vinceva tutte sempre la stessa famiglia: gli Asburgo. E se il loro candidato rischiava di non vincerle, facevano una guerra, l’ultima delle quali era durata trent’anni, tanto che alla fine il trono passava direttamente da un Asburgo all’altro. Il problema arrivò quando ci si trovò davanti un imperatore Asburgo senza figli maschi ma solo femmine. Il nostro imperatore, Carlo VI, determinato ad assicurarsi che il trono rimanesse affare della famiglia, scrisse nel 1713 un documento, chiamato Prammatica Sanzione, il quale in sintesi diceva “Non rompete le scatole, quando passerò a miglior vita le prime in linea di successione saranno le mie figlie, non qualcuno dei miei mille cugini e neanche delle loro figlie. Arrivederci e grazie.” Ovviamente cosa succede alla dipartita del suddetto Carlo, 27 anni dopo? Che prima di far salire al trono la figlia, Maria Teresa, mezza Europa le dichiara guerra non riconoscendone la successione. Peccato che Maria Teresa, da sola, valga più di tutti i sovrani di quella metà d'Europa (e anche di buona parte dell’altra). C’è solo uno che possa davvero tenerle testa, un certo ragazzino di nome Federico, da poco a capo di uno staterello fin troppo ambizioso che si è messo in testa di diventare un regno autonomo: la Prussia. La Guerra di Successione Austriaca è appena cominciata.
    Questa è la premessa storica, che sembra essere uscita dritta da un romanzo fantasy. Il tedesco Richard Sivél parte da qui per creare un gioco fenomenale, che sembra essere uscito dritto da un manuale di game design avanzato.
    Guerra, eserciti, intrighi diplomatici… vi aspettereste un hex and counter, o un card driven, o un misto dei due, e invece no: niente esagoni per il buon Richard, ma una mappa punto a punto, e niente carte attivazione, ma carte combattimento che valgono solo in determinati punti della mappa e non in altri, solo che voi sapete quali, ma il vostro avversario no.
    E fin qui Richard queste cose le aveva già fatte con un prequel (che in realtà storicamente sarebbe un sequel, visto che si riferisce al conflitto successivo, ma vabbè), Friedrich. Ma in questo caso aggiunge anche una track politica che, da sola, se non vale tutta la vittoria poco ci manca. Il problema, però, è riuscire a farla muovere: vi conviene ottenere successi militari e spendere risorse che non userete sul campo, oppure convincere i vostri avversari che lo state facendo, e quindi spingere loro a bruciare energie in inutili lungaggini diplomatiche mentre procedete a devastarne le armate una alla volta. E non abbiamo ancora parlato degli ussari che distruggono le linee di rifornimento, delle mappe collegate che si allargano o si restringono, o di un giocatore che controlla due potenze alleate ognuna con un blocco diverso
    L’importanza storica di tutto ciò? Semplicemente quella di aver mostrato a tutto il mondo ludico come sia possibile creare un magnifico gioco di simulazione storico usando meccaniche, componenti, interfaccia e feeling che tutto sembrano tranne quelle tipiche del gioco di simulazione storico. Signore e signori, vi diamo il benvenuto nell’era degli ibridi eurowargame.
  • Elementi di innovazione/twist: Andiamo per gradi e capiamo perché Maria è considerato, a oggi, uno dei migliori giochi da tre, se non IL gioco da tre per eccellenza (tanto che giocarlo in due, più che un peccato, è un insulto all’intelligenza vostra e dell’autore).
    Il bilanciamento prima di tutto, ovviamente. Come lo otteniamo? Con fazioni profondamente asimmetriche e un ago della bilancia, rappresentato dal “giocatore schizofrenico” (definizione dello stesso Sivél!) che controlla sia Prussia che esercito della Prammatica Sanzione (una coalizione tra Inglesi, Olandesi e vari altri che sostengono Maria). Sì, una fazione con due sottofazioni che parteggiano una per e l’altra contro gli Austriaci. Solo che lo fanno in due teatri operativi diversi e se fanno troppo male alla Francia nel primo teatro, si ritroveranno messi molto male nel secondo in cui l’Austria ringrazierà e potrà concentrare le sue forze. Un ottimo modo per rappresentare il supporto altalenante al conflitto di queste due coalizioni, più intenzionate a ottenere dei vantaggi individuali che a fare il lavoro sporco per i due grandi blocchi, Francia e Austria per l’appunto.
    Secondo elemento, la track politica, agendo sulla quale si ottengono vantaggi concreti, come generali in più, svantaggi pesanti per l’avversario, uscita di porzioni importanti della mappa dalla guerra… per fare tutto questo, però, si devono investire le carte utilizzate anche per le battaglie, con il seme dominante determinato dal luogo in cui si è ottenuto un grande successo. Ma siccome tutti mettono la loro carta sul tavolo coperta, in questa fase, si può pure bluffare e giocare una carta non del seme dominante, che ci riprenderemo subito in mano, lasciando gli altri a litigare per un osso di colpo non più così “succoso”.
    Sul piano tattico troviamo la base già definita da Friedrich e poi concettualmente riutilizzata, pur se con altre soluzioni, in Sekigahara e Granada: Last Stand of the Moors. In pratica, sulla mappa troviamo una serie di simboli presi dal classico mazzo di carte francesi (cuori, quadri, fiori e picche). Le stesse carte che i giocatori si trovano in mano e che vengono utilizzate negli scambi in caso di battaglia, con il seme dominante determinato appunto dal riquadro in cui si svolge lo scontro. Dunque, le sette carte in mano all’avversario saranno tutte buone per la battaglia in questo punto qui? Non starà bluffando? E io, fino a quando accetterò di bruciare carte per tenere il passo delle sue aperture? Se il risultato vi sembra più simile a una mano di Whist tratta da Barry Lindon che all’arte della guerra, forse dovreste rileggervi il vostro Von Clausewitz e il suo passaggio su come la stessa arte assomigli molto più a una partita a carte che a una a scacchi. Affascinante è dir poco.
    Del tutto fuori dalla “zona wargame”, i suoi esagoni e le sue CRT? Non più di tanto, perché abbiamo anche meccaniche che sono tipiche di quel genere: le unità nascoste, le linee di rifornimento che possono essere spezzate dalle unità degli ussari, il valore dei generali, la manovra coordinata... tutte cose che, prese da sole, ci riporterebbero a giochi di guerra molto più tradizionali, ma che qui, reinterpretate nelle loro combinazioni, ci garantiscono una simulazione storica più che credibile, solo profondamente diversa nelle sue apparenze.
    Per l’appunto, un gioco profondamente clausewitziano.
  • Longevità e alternative: la rigiocabilità di Maria, con i suoi “equilibri sbilanciati” e la moltiplicazione delle variabili che agiscono sia sulla singola mossa tattica del momento che sulla definizione di una strategia a più ampio respiro è estrema. Ogni singola fazione ha il suo gioco da fare e in ogni partita può reinterpretarlo in maniera diversa, concentrandosi ad esempio sull’aspetto militare o su quello politico, variando il ritmo di gioco, adattandosi alle circostanze del momento, e tutto può cambiare in qualsiasi momento, vista l’incredibile interconnessione e interazione continua tra le scelte dei giocatori, con una tensione che va a crescere turno dopo turno, legandosi indissolubilmente a ogni singola scelta. Il tutto rimanendo in perfetto ambito “euro” come sensazione ed esperienza di gioco, allo stesso tempo perfettamente immersi in questo specifico conflitto politico-militare e in tutte le sue infinite sfaccettature. Maria è un gioco da isola deserta, insomma, ovviamente a patto che siate in tre, visto che in due questo marchingegno dai mille ingranaggi rischia di perdere buona parte del suo mirabolante fascino.
    Le alternative, per fortuna, non mancano visto i molti giochi “parenti” del suddetto.
    Se siete in quattro potreste ad esempio rivolgervi al suo predecessore, Friedrich, che corrisponde, in effetti, al gioco base dello stesso Maria: in soldoni la parte militare e di manovra, con la parte politica gestita in maniera astratta da apposite carte eventi su cui però potete agire molto meno. Se siete in due, avremo altri ottimi titoli: l’elegantissimo Sekigahara, in cui non avete simboli sulla mappa ma sulle diverse unità del vostro esercito corrispondenti a clan e sottoclan che potranno attivarsi o meno sulla base delle carte in vostro possesso, o il più elaborato Granada: Last Stand of the Moors, che si muove su concetti analoghi ma introduce più regole speciali per rappresentare le peculiarità dell’ultimissima fase della reconquista spagnola.
    Tutti ottimi titoli, tutti strettamente collegati a Maria, tutti testimonianze dell’assoluta validità delle sue meccaniche e delle dinamiche che crea intorno al tavolo.

Commento

Sarebbe facile definire Maria un gioco elegante. Sarebbe anche corretto, ma è riduttivo.

Un castello di interazioni, originalità, calibrazione delle asimmetrie, bellezza della componentistica, fascino del tema trattato... non è solo un gioco elegante, in cui la profondissima complessità è quasi tutta legata all’aspetto strategico e non alla gestione delle regole, è, più semplicemente, un gioco assolutamente riuscito, nel senso più completo del termine.

Perché in quale altro modo si può descrivere un titolo così ricco di suggestioni e spunti decisionali, momenti di confronto acceso e continue negoziazioni, punte di innovazione assoluta e costanti rimandi a due generi, l’euro e il wargame, che invece di combattersi qui si alleano per ottenere una delle migliori simulazioni storiche esistenti sul periodo?

Certo, bisogna essere in tre per giocarlo davvero e apprezzare tutto ciò. Se siete in meno o di più le alternative non mancano, lo abbiamo visto, e quindi conviene rivolgersi a loro. Ma se vi ritrovate in quel numero di giocatori spesso così detestato, allora non potete non concedervi almeno un giro a questo titolo così particolare.

E comprendere anche voi come un gioiello del genere abbia definitivamente “sdoganato” questa incredibile alleanza ludica, consolidando una volta per tutte il valore degli eurowargame: giochi che ricreano gli episodi del passato con un sapiente mix di dettaglio e astrazione, dimostrando che la vera domanda da porsi non è se alcune meccaniche appartengano più o meno a un certo genere, ma se alcune meccaniche siano più o meno adattate a ricreare un certo aspetto di un evento. E, soprattutto, se siano più o meno divertenti.

Nel caso di Maria, tutti questi obiettivi vengono centrati in pieno. L’Imperatrice avrebbe sicuramente apprezzato.

Commenti

Che immane capolavoro.

Gioco stellare. Giusto averlo inserito in questa classifica!

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