I 100 Giochi - Hammer of the Scots

Tipo Stratego... ma meglio

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Hammer of the Scots
  • Genere: wargame, simulazione storica
  • Target: giocatori bassa esperienza
  • Scalabilità: 2 giocatori
  • Meccaniche principali: block game, informazione nascosta, card driven
  • Meccaniche secondarie: bucket of dice, mappa ad area
  • Importanza storica: Che cos’è la nebbia di guerra? Ok, questa è una domanda alla quale, molto probabilmente, anche chi non è troppo addentro al mondo dei wargame può rispondere senza troppi problemi. In fondo, è un concetto che un po’ tutti conosciamo: la nebbia di guerra è l’incertezza tipica del campo di battaglia, la mancanza o (meglio) la distorsione delle informazioni in cui un comandante militare è costretto a operare. Quante truppe ha il nemico? Dove sono? Con cosa mi sta attaccando? Su che terreno sto per muovermi? Ne aveva parlato un teorico militare il cui nome è diventato famoso: Carl von Clausewitz, autore di Della Guerra. Ora, se questa incertezza è una parte fondamentale della guerra, penserete che lo debba essere anche di quei giochi che vogliono ricostruire questa guerra, ossia i wargame, solo che agli inizi non era proprio così. Nella stragrande maggioranza dei giochi, infatti, tutte le pedine erano piazzate lì sulla mappa, coi loro valori in bella vista e senza troppi misteri sulla loro natura.
    Certo, il dado introduceva una certa incertezza, ma i tuoi calcoli sulle tue forze e quelle nemiche te li potevi fare benissimo e avere una (ragionevolmente limitata) certezza che, alla fine, le cose sarebbero andate in un certo modo. Fino a quando a qualcuno non venne in mente di tornare aduna pratica del caro vecchio Kriegsspiel prussiano e nascondere quelle pedine. Ma non a tutti, solo al nemico, che ne avrebbe visto la forza e la tipologia solo al momento dello scontro. Prima no, prima questi dati gli sarebbero stati celati perché le pedine sarebbero state trasferite su blocchi di legno tenuti in piedi su di un lato e con una faccia vuota verso di lui. Il primo titolo a seguire questa strada fu Quebec 1759, seguito a ruota da Napoleon, nei primi anni Settanta: erano nati i "block games". Ora, Hammer of the Scots non è certo il primo della lista dal punto di vista cronologico, ma la sua importanza risiede forse in una serie di fortunate coincidenze che lo videro comparire nel pieno del periodo di maggior decadenza del wargame e, allo stesso tempo, di maggiore rinascita del gioco da tavolo: i primissimi anni Duemila. E così, questo titolo con i suoi componenti belli colorati, la sua ambientazione accattivante sulle guerre d’indipendenza scozzesi (tema sempreverde, grazie anche a quel polpettone inconcepibile ma di estrema spettacolarità che fu il film Braveheart, uscito pochi anni prima), le sue regole davvero semplici catturò l’attenzione sia di molti eurogamer, che desideravano qualcosa di diverso, che di tanti grognard che, magari, tornavano all’hobby dopo una lunga pausa o erano alla disperata ricerca di un titolo capace di attirare amici non disposti a leggersi decine di pagine di regole. Ed ecco quindi il nostro Hammer of the Scots, bello fiammante, che si guadagna un seguito inaspettato e che proietta in alto le vendite la sua casa produttrice Columbia Games, specializzatasi per l’appunto in questi block game.
  • Elementi di innovazione/twist: della nebbia di guerra ne abbiamo parlato già: le unità sono sconosciute fino al momento dello scontro, quando vengono finalmente messe a faccia in sù sul tavolo. Questo significa che se vedi arrivarti addosso cinque blocchetti nemici in formazione serrata, puoi trovarti di fronte al grosso dell’esercito nemico oppure a una serie di piccole unità lanciate in avanti come diversivo. Allora anche le tue unità più leggere e veloci diventano realmente utili, perché le mandi in avanscoperta, impegnandole in rapide scaramucce il cui obiettivo è solo quello di scoprire la natura e le dimensioni delle armate avversarie. A questo poi si aggiunge un altro elemento fondamentale: per Clausewitz il gioco più simile alla guerra non erano certo i razionalissimi e prevedibili Scacchi, bensì le caotiche carte che imponevano ai giocatori di usare al meglio le proprie risorse anche quando inferiori a quelle del nemico... e Hammer of the Scots rispetta questo principio, con la sua attivazione basata appunto su carte che ti dicono quanti blocchi puoi attivare in un impulso, o anche quali eventi speciali puoi attivare. 
    Nelle stesse unità (raffigurate non su minuscoli quadratini di cartone, ma su bei blocchettoni di legno grandi, colorati e piacevoli al tatto), poi, si nasconde un altro segreto: niente valori da sottrarre o dividere, ma dei pips, ossia dei punti che ti dicono quanti dadi tirare per ottenere un certo numero bersaglio indicato sul pezzo, con una certa priorità (le truppe leggere sono scarse ma attaccano prima, la cavalleria corazzata ci mette un po’ ma quando arriva devasta) e con altre regolette di dettaglio. Questi punti sono raffigurati sui lati del blocco e, quando questo subisce delle perdite, il blocchetto viene ruotato su di un altro lato che tirerà meno dadi. Sembra una stupidaggine ma non lo è: le unità hanno un numero diverso di step di perdite, da una fino a quattro, e possono anche variare le loro prestazioni sul campo con una degradazione molto più granulare rispetto a quella di un wargame classico
    E poi le regole del periodo, come quella che impone ai due eserciti (profondamente asimmetrici: tanti ma monolitici gli Inglesi, sparpagliati ma difficili da colpire gli Scozzesi) di ritirarsi nei loro territori quando arriva l’inverno. O ancora il fatto che quando il blocchetto di un nobile scozzese viene eliminato... non viene eliminato, ma passa dall’altra parte, come spesso accadeva, fattispecie che si verifica anche se durante l’inverno il nostro nobile deve tornare nel suo territorio di origine e se lo ritrova occupato dal nemico... e tanti saluti a onore e lealtà. E poi, le dissidie tra le casate principali scozzesi con uno o più possibili “Re del Nord” che lottano tra loro, i Francesi che ci mettono il naso o anche i Norvegesi che razziano le coste, o gli Irlandesi che possono cambiare di schieramento nel bel mezzo della battaglia. Ah, per i fan di Mel Gibson c'è anche un bel blocchetto Wallace che viene inseguito da mezza armata reale inglese e che di solito fa una finaccia. Ma ci sta.
    Insomma, tante cose, tutte giuste dal punto di vista storico e belle da quello ludico, in un regolamento da 7-8 pagine e per partite che non superano le 2 ore. Ora capite perché un gioco del genere, anche grazie alla sua bellissima componentistica, potesse piacere non solo ai wargamer e magari aprire anche la strada a quelli che oggi si definiscono “eurowargame”? 
  • Longevità e alternative: oggettivamente si potrebbe pensare che un gioco con solo una campagna, una mappa non tanto grande e pochi pezzi tutta questa longevità non possa averla. In effetti, alla fine si comprendono quali possono essere le strategie migliori, come l’inglese può inserirsi nella rete degli scozzesi e andare a caccia di nobili da “convincere” uno per uno, o come lo scozzese possa dare maggior fastidio alle armate nemiche attendendo l’arrivo di un nuovo inverno e sfiancandole poco alla volta... ma una cosa è sapere cosa fare, un’altra è riuscirci in mezzo al turbinio dato dalla combinazione di carte, unità nascoste, eventi particolari e tutto il resto che può succedere in questo gioco così movimentato. Ed è proprio questo uno dei tanti segreti del suo successo: che davvero nessuna partita sarà mai uguale alle altre, con un bilanciamento complessivo dato non da chissà quale complesso equilibrio, bensì dall’altalenarsi continuo delle situazioni da gestire o sfruttare, con continui possibili capovolgimenti delle situazioni. Però, se a un certo punto vorrete provare qualcosa di nuovo, beh, il mondo dei block game è semplicemente immenso. Si parte dal catalogo Columbia (magnifici Julius Caesar e Richard III, insolito il tattico Combat Infantry, suggestivo l’esotico Crusader Rex, e poi via coi classici Bobby Lee e Sam GrantShenandoah, Borodino, la riedizione di Napoleon... per arrivare al sandbox ipotetico Victory o addirittura al fantastico Wizard Kings!), per poi arrivare alla Worthington (serie sulla guerra d’indipendenza americana e guerra di secessione americana, serie Holdfast sulla Seconda guerra mondiale, Dunkirk...), per poi trovare derivazioni ancor più
    fantasiose ed originali (Sekigahara vi dice nulla?) o rivisitazioni più vicine all’impianto originario ma allo stesso tempo molto innovative (This War Without An Enemy sulla guerra civile inglese, la serie Fast Action Battles...). Insomma, di alternative ce ne sono molte per un sottogenere che accompagna la storia del wargame da più di 50 anni e pare avere tutte le intenzioni di continuare a farlo per un altro bel pezzo. 

Commento

Può un titolo entrare nella storia del gioco quasi per caso? Hammer of the Scots risponde chiaro e forte di sì. Perché in fondo è un po’ questa l’impressione che si ha vedendolo, di un piccolo miracolo di gioco che è andato al di là delle aspettative del suo autore, che forse voleva semplicemente realizzare un tributo a un sistema rimasto un po’ in disparte e seguito solo da pochi appassionati, rimodernandolo un po’, donandogli un’aria un po’ più accattivante, riducendone le regole all’essenziale... e così facendo ha creato non solo un grande titolo, ma ha aperto una strada. Perché quando il wargame davvero lo giocavano ormai in pochissimi ed era quasi scomparso dalle fiere, qualcuno con una mappa della Scozia medievale lo trovavi sempre negli eventi o tu stesso potevi tranquillamente proporlo senza sollevare chissà quale sorpresa. Anche in questa maniera la fiammella del gioco storico non solo si è conservata, ma ha fatto breccia nel cuore di molti che non lo avrebbero mai conosciuto altrimenti e ha poi addirittura tracciato la strada per altri titoli che sarebbero seguiti: i cosiddetti wargame “ibridi”, accessibili, belli, storicamente validi e davvero per tutti. Niente male per qualche blocchetto di legno. 

 

Commenti

Ah che bello...viene voglia di giocarci. Ormai siamo quasi a metà cammino, con questi 100 giochi.

Che dire, ho un debole per i giochi della Columbia; Julius Caesar, Richard III...

Bellissima prosa, non articolo, ma pura poesia del gioco, complimenti. Il gioco merita, e come lo descrivi viene voglia di giocare 

Bellissimo, grazie!

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