Rilanciato su Kickstarter il 6 Febbraio 2020, dopo un primo tentativo cancellato a Novembre del 2019, D.E.I., della Ludus Magnus Games, con autore Tommaso Battista, viene finanziato da 2.425 sostenitori con 278.076 euro.
Seguono un paio d'anni di sviluppo, pandemie, aumenti e ritardi e finalmente eccolo qui, completo di stretch goal ed espansioni.
Qui leggerete solo la recensione della scatola base, per tre motivi:
- penso sempre di più che se un gioco è valido, deve esserlo già dalla sua scatola base;
- per il Goblin Magnifico proviamo le scatole base;
- molto spesso le cose aggiuntive messe nei crowdfunding alterano troppo gli equilibri di gioco.
D.E.I.: Divide et Impera è un gioco competitivo per 2-4 partecipanti, della durata di circa 90-120 minuti, basato su meccaniche di collezione set, maggioranze, poteri variabili, hand-building. Con le espansioni è possibile giocare anche in solitario e fino a sei giocatori.
Come si gioca a D.E.I.: Divide et Impera
Il tabellone raffigura una Londra innevata con zone a terra e zone sui tetti degli edifici. In queste zone sono, da setup, sparse risorse (di due tipi) e rifugi (in tre colori diversi), che serviranno soprattutto per nuove abilità e punti vittoria.
La partita è divisa in quattro round. In ogni round, ogni giocatore, in senso orario dal primo, fa un turno giocando due carte Azione dalla mano, per tre volte. Quindi sei carte in totale.
Alla fine di ogni round, ogni giocatore sceglie uno degli otto obiettivi della partita. Questi sono casuali e organizzati a due a due in quattro colonne, corrispondenti ai round di gioco. Quando si sceglie un obiettivo corrispondente al round in corso o a uno futuro, se ne prende il punteggio pieno (es: 3 punti per ogni rifugio verde controllato); quando invece se ne sceglie uno di un round passato, il punteggio cala (es: 2 punti per ogni rifugio verde controllato).
Il fatto è che ogni giocatore può scegliere una carta da una colonna solo una volta per partita e mai tornare sulla medesima colonna.
Le azioni sulle carte permettono di:
- movimento: spostare uomini da un territorio a un altro adiacente, a patto di essere in maggioranza nel territorio di arrivo;
- reclutamento: far arrivare uomini ai campi base neutrali o personali;
- raccolta: prendere una risorsa da un territorio in cui si è in maggioranza;
- costruzione: costruire un campo personale, un ancorotto (serve per salire sui tetti del tabellone), o un ponte (per collegare rapidamente un tetto a un altro);
- comprare una nuova carta da uno dei mercati, pagandone il costo: va giocata una carta coperta come azione e poi andrà scartata per il resto della partita, sostituendola con la nuova;
- attivare i droni: ci sono sul tabellone droni neutrali pari al numero dei giocatori, ciascuno con una sua azione specifica; ogni carta permette di azionarne uno specifico.
Con la maggioranza ottenuta in un luogo in cui è presente un rifugio se ne prende il controllo, potendo così sbloccare in modo permanente l'abilità legata a quel colore, a patto di averne almeno due in contemporanea alla fine del turno 2 di ogni round.
Oltre ai punti ottenuti dagli obiettivi, a fine partita contano anche le abilità individuali sbloccate, le risorse avanzate, i rifugi controllati e le nuove carte Azione acquisite.
Materiali
Molto buoni nel complesso, anche se presentano due criticità:
- una all'apertura della scatola, quando spenderete un'ora del vostro tempo ad attaccare adesivi per incollare le varie parti di tabellone l'una sull'altra;
- l'altra per il fatto che il cartone, specie delle plance, si imbarca che è una bellezza.
Le carte sono invece molto resistenti. La scatola, pur essendo molto grande e allungata, poco pratica per gli scaffali, risulta alla fine quasi sottodimensionata, per il contenuto.
Io ho la versione con miniature, che sono piccole – circa 20mm – mentre ho visto quella con i meeple e devo dire che no, è decisamente bruttoccia.
Sul tavolo è parecchio ingombrante, soprattutto a causa della mappa.
L'iconografia è abbastanza chiara, anche se alcuni simboli potevano essere più esplicativi e il ricorso al foglio riassuntivo (molto comodo e completo) è frequente, almeno alle prime partite.
Regolamento
Chiaro, per lo meno il base. Lasciano qualche dubbio in più le fazioni asimmetriche delle espansioni.
Ambientazione
Un mondo post atomico in cui il mondo è coperto di neve, che arriva quasi fino ai tetti.
Gli scrapper sono gruppi di guerriglieri (ma non guerreggiano: si guardano solo male) che hanno il compito di raccogliere le poche risorse rimaste per compito dei Purosangue, la casta dominante.
Questa interessante premessa non si sente poi molto in partita, quando il tutto si riduce a una collezione set e maggioranze sulla mappa.
La parte interessante
Meccanicamente parlando, siamo di fronte a un gioco di maggioranze, in cui l'interazione diretta è ridotta al minimo e limitata a poche attivazioni di specifici bot (uno solo, nella scatola base). Il che non significa che non ci sia interazione, perché quella indiretta è veicolata in almeno tre modi:
- le maggioranze sulle aree, che consentono non solo di accedervi, ma anche di prendere il controllo dei rifugi e soprattutto raccogliere le preziose e limitate risorse;
- l'acquisto di nuove carte dai mercati, anche se, in questo caso, la competizione è molto più blanda, essendocene sempre diverse a disposizione;
- la competizione per gli obiettivi, per i quali, se da una parte è vero che possono essere reclamati da tutti, dall'altra tentare di farlo nel medesimo round spinge spesso i giocatori a scontrarsi per le stesse cose, specie quando si tratta dei rifugi blu, rossi e verdi.
Quest'ultimo punto è anche il twist più interessante di tutto il gioco. Se infatti la logica ci dice di fare gli obiettivi in ordine dalla colonna "1" alla "4", per massimizzarne i punti, è anche vero che così (specie in quattro giocatori) ci andremo maggiormente a scontrare con gli altri, sovrapponendoci alle loro scelte.
Potrebbe essere una buona idea, ad esempio, come ho fatto nelle ultime partite, partire dal secondo e recuperarne uno in un secondo momento, anche a punteggio ridotto: avrete comunque più tempo e potreste incassare comunque una buona quantità di punti. Questo anche perché normalmente gli altri giocatori perdono interesse per un obiettivo, quando lo hanno realizzato: di solito conviene dirottare le risorse impiegate da un'altra parte. Ad esempio, se avete già sbloccato bonus e punteggio per i rifugi blu, meglio spostare gli uomini verso altre zone con risorse/rifugi che ancora possono darvi punti.
Un'altra cosa da calcolare in questa programmazione d'intenti è l'efficacia di un obiettivo: ce ne sono alcuni che non danno molti punti di differenza, se fatti subito o dopo, perché gli elementi che è possibile controllare non sono moltissimi; altri invece richiedono una programmazione più lunga ma sono maggiormente remunerativi.
Uno, ad esempio, che ha dato la vittoria in entrambe le partite in cui l'ho visto sfruttato a pieno, è quello dell'accumulo delle risorse triangolari (nel gioco sono "celle energetiche"). Se preparato con calma e costanza, raccogliendone il massimo (10), dà ben venti punti per l'obiettivo, più dieci alla fine, per un totale di trenta. Val la pena quindi investirci e perseguirlo con costanza, se si presenta al terzo o quarto round. Mentre se fosse ai primi due, occorre valutare se abbia senso farlo ritardato, incassando però meno.
Altra cosa da tener presente è quello che fanno gli altri: da una parte vorrete non sovrapporvi troppo ai loro obiettivi, dall'altra, lasciare loro eccessivo campo libero non è mai un bene.
In conclusione, il sistema degli obiettivi programmati a costo variabile è il vero punto di forza del gioco e ciò che impone le scelte strategiche più importanti, anche in virtù del ridotto numero di mosse.
Altra cosa che trovo molto azzeccata è il ridotto hand-building e soprattutto il suo “costo” implicito.
Una nuova carta, che è sempre più potente di quelle base, fornisce anche punti vittoria. Quindi parrebbe sempre uno scambio vantaggioso il perderne una vecchia per una nuova.
Invece il calcolo va fatto bene:
- innanzitutto perdere una carta significa comunque perdere alcune azioni e dovrete quindi scegliere bene a quale carta rinunciare, perché non sempre c'è uno scambio lineare (perdo due movimenti per ottenerne tre);
- in secondo luogo una carta costa risorse che danno punti a fine partita ("1" il triangolo, "½" il cerchio), quindi quando prendete una carta da tre punti e l'avete pagata due triangoli e un cerchio, avete in realtà guadagnato mezzo punto e non tre;
- infine, cosa più importante, comprare una carta vi fa usare un'azione che non userete per spostare gli equilibri sul tabellone e un'azione su 24 totali può sembrare poco, ma non lo è.
In sostanza questo hand-building ristretto e controllato non solo impone scelte attente, ma impedisce anche un potenziamento eccessivo da parte di chi lo consegue.
Un aspetto secondario legato all'acquisto di nuove carte risiede poi nel suo potenziale compensatorio per un qualche obiettivo che ci è sfuggito un po' troppo di mano, dandoci una fonte alternativa di punti vittoria.
Il resto del gioco
Il fatto è che, al netto dell'interessante sistema di obiettivi, la struttura del gioco è poi molto, molto lineare. Sai quello che devi fare, sai come farlo, non puoi deviare molto perché le poche mosse non ti permettono di farlo.
Procedi in questo modo, venendo più o meno ostacolato dagli altri, ma diciamo che la partita non riserva mai grosse sorprese, colpi di scena o cambi in corsa.
Altra cosa che mi ha lasciato perplesso è l'asimmetria. È vero che ormai pare diventata un requisito essenziale per ogni gioco, anche gestionale, ma in questo caso mi è parsa quasi più un vezzo che altro. L'ambientazione non è così sentita e avere fazioni strane non pareva una necessità, se non per la campagna Kickstarter. Le quattro del gioco base cambiano di poco... ma cambiano e già alcune paiono più performanti di altre. Con le espansioni, poi, arrivano i veri stravolgimenti, con fazioni che giocano in modo davvero diverso, che hanno una differente composizione di squadra e che addirittura fanno punti in modo alternativo, andando a vanificare la competizione e il piano strategico sugli obiettivi comuni che, come dicevo, dal punto di vista del game design, è la parte più interessante del gioco.
Infine la tridimensionalità del tabellone, altro aspetto peculiare che ne doveva costituire un punto di forza, riesce per metà nel suo intento. Sicuramente si fa sentire per i movimenti e pone ostacoli naturali alla logistica, ma funziona, appunto, come un qualsiasi altro sbarramento aggirabile posto su una mappa.
Conclusione
Come dicevo in apertura, ho provato più volte la scatola base e, pur avendo a disposizione le tre fazioni degli stretch goal, non ho mai sentito il desiderio di provarle. Così come, dopo qualche partita, la voglia di rintavolarlo non è molta.
Insomma, D.E.I. ha un bello spunto – che sicuramente ne fa un gioco almeno originale – e che però da solo non riesce a spingerlo oltre il 7.