Café, what else?

Signor_Darcy

Due parole sul simpatico gioco della Pythagoras che prova ad astrarre il processo di produzione del caffè.

Giochi collegati: 
Café
Voto recensore:
7,1

Dopo vari tentativi (Garum, Rossio, Lusitania e altri titoli che sicuramente conoscerete) i portoghesi della Pythagoras forse riescono a colpire nel segno con un giochino di sole carte e cubetti che si propone di essere il primo titolo di una serie annuale, almeno nelle intenzioni, che mira a restituire un briciolo della cultura e della società lusitana che insomma, non è solo Cristiano Ronaldo e mattonelle del bagno.

(In particolare si tratta della serie 5 Quinas, con riferimento ai cinque scudi blu dello stemma del Portogallo.)

Conta azioni e schede iniziali
Ideato dalla coppia Costa-Rôla, che messi insieme sembrano un taglio di bovino, Café è un bel giochino basato sulla sovrapposizione di carte (in particolare ricade in due diverse categorie meccaniche: il layering, ossia il posizionamento vero e proprio, tale che gli effetti attivi siano solo quelli visibili; e il cosiddetto melding and splaying, che non ho idea di cosa cazzo sia, ma immagino abbia a che fare con l'amplificazione di alcuni effetti in base alla disposizione degli stessi) e su un conseguente, semplice pick-up and deliver.

Il relativo successo del gioco, uscito nel 2020, è comprovato dalla pletora di edizioni in lingua disponibili sul mercato: si contano ormai almeno una decina di lingue, inclusi russo, coreano e neerlandese. Non male, insomma. In Italia Café è arrivato per opera della Djama Games.

Café ristretto

Il cuore del gioco sono appunto le carte, disegnate dalla pressoché esordiente Marina Costa, tutte divise in sei settori quadrati a varie icone e caratterizzate dal formato Dixit, quel 120x80 che provoca limitati smottamenti nel firmamento celeste quando si tratta di imbustare (buona notizia, tolto l'inserto – un cartoncino bianco senz'altra funzione che separare cose – ci sta tutto nella scatola). Compresa nella confezione c'è anche l'espansione Expresso, che introduce effetti nuovi e poco altro. Una carta per ogni giocatore tiene poi traccia dei punti azione per ogni round.

Per il resto nella scatola c'è solo una generosa manciata di cubetti in quattro colori, a simboleggiare altrettante varietà di caffè. Non sentite l'aroma dell'ambientazione? Proprio come quando apri un pacchetto Illy, uguale proprio.

Partendo dalla carta di partenza, uguale nei contenuti per tutti, in ognuno degli otto round bisogna sovrapporre una nuova carta all'ammasso sottostante, avendo l'accortezza – o meglio, l'obbligo – di coprire due, tre o quattro quadratini di quelli fino a quel momento visibili (gli spazi grandi, che sarebbero le caffetterie, ai fini di questo posizionamento sono considerati formati da due quadrati: ovviamente coprire metà caffetteria implica annullare l'intera icona).

Le carte vengono scelte mediante draft e, se riportano una tazzina di caffè, costano un cubetto dalla riserva personale (a meno di non avere due icone nave): questo perché il numero di tazzine visibili nell'ammasso di carte di un giocatore (che poi sarebbe la filiera produttiva) determina il numero di azioni disponibili.

Latte freddo a parte, grazie

Che ci si fa con queste azioni? Dunque: fondalmente ce ne sono quattro, ovverosia a. coltivazione, b. essicazione, c. tostatura e d. consegna. Le prime tre seguono una regola comune: di per loro permettono di attivare una sola casella con la lettera corrispondente; ma – e qui sta il bello – con una singola azione si possono attivare più spazi adiacenti con la stessa funzione, purché vuoti (o svuotati perdendo i cubetti subito prima). I cubetti compaiono sui riquadri di coltivazione e, ovviamente, prima di essere distribuiti devono passare per le due fasi intermedie.

L'azione di consegna fa eccezione, perché locali e magazzino personale (ossia il luogo dove finiscono i cubetti non richiesti dai locali) sono considerati attigui e dunque, sostanzialmente, con una singola azione d prendete tutti i cubetti sulle caselle c e li disponete come volete.

A fine partita danno punti solo i locali la cui richiesta è stata soddisfatta interamente; a questi si sommano due punti per ogni cubetto del tipo meno presente nel proprio magazzino e un punto per ogni cubetto del secondo tipo meno numeroso. Tutto chiaro? Una roba alla Knizia, insomma, ché funziona sempre.

Posso avere anche un bicchier d'acqua?

Il gioco mi è capitato sottomano durante il Play, ho letto veloce il regolamento per poterlo spiegare più volte (male, dimenticando di dire di togliere le carte dall'espansione) e l'ho comprato il giorno stesso, con peraltro una carta promo. La meccanica del pick-up and delivery declinata in un modo semplice, ma efficace per poter eseguire azioni via via più forti (anche tre o quattro essicazioni per volta, per esempio) è infatti di quelle che colpisce già alla lettura del regolamento.

Poi, chiaro: giochini del genere sono sempre un salto nel buio; ma per venti euro (scontati: il gioco costa poco di più) si può fare.

Orbene: il sistema regge. Le azioni vanno necessariamente aumentate, perché con solo quella iniziale si fa ben poco; e le necessità logistiche di dover disporre possibilmente adiacenti tra loro più aree di essicazione e tostatura si fanno sentire parecchio: la fase di piazzamento delle carte, infatti, è parecchio sentita, giacché è spesso doloroso dover coprire due o più icone della propria filiera (magari, che so, interrompendo un bel filotto di spazi coltivazione; o privandosi di una preziosa seconda nave).

Non vanno dunque sottovalutate le carte che presentano un paio di spazi bianchi, da tenere possibilmente verso i bordi della filiera, così da garantirsi almeno un piazzamento futuro relativamente indolore.

Meno sentito, personalmente, il draft iniziale: tutti scelgono comunque tra tre carte e, bene o male, una tazzina o lo spazio che ti serve lo trovi. Non che sia un difetto, ecco: diciamo che non è che sia questa la meccanica per cui il gioco si ritaglia un suo spazio.

(Il regolamento presenta anche una modalità avanzata, che vi consiglio e che dà un minimo di senso anche al ruolo di primo giocatore, o maestro del caffè, com'è chiamato in questo gioco: all'inizio di ogni round si estraggono carte in numero pari a quello dei giocatori più uno, si effettua un asta in cubetti dalla riserva personale per diventare il nuovo primo giocatore e poi, partendo da quest'ultimo, si sceglie una delle carte disponibli, a giro, stavolta senza rimpiazzare quelle scelte.)

Come sarebbe a dire che l'acqua me la fate pagare?

A livello ergonomico Café non ha particolari problemi: i cubetti sono quelli piccoli, ma se non avete le mani a tre dita come i mudokon non dovreste avere particolari problemi. Le carte, come detto in formato Dixit, sono grandi e i disegni sufficentemente chiari (è anche fuori luogo parlare di iconografia: si tratta davvero di una manciata di disegi per le azioni e qualche variazione sul tema solo per le varie caffetterie storiche del Portogallo).

Altro punto ben poco significativo del gioco è la scalabilità: è vero che le azioni possono portar via un po' di tempo, soprattutto se è il turno di un cazzo di pensatore incallito che invece che al bancone di un bar pensa di essere su una poltrona di Starbucks; ma è altrettanto vero che le azioni di risoluzione azioni – essendo tale fase totalmente priva di interazione, anche indiretta – può essere eseguita in contemporanea.

(Rimane la fase di draft, da svolgersi in sequenza e con quel minimo di interazione indiretta del prendere una carta migliore, peraltro blandissima visto che di carte brutte non ce ne sono; ma è davvero troppo poco per dire che il gioco gira meglio in due giocatori invece che in quattro.)

Per quanto detto, non vi stupirà poi sapere che Café funziona bene anche in solitario: è tutto uguale, va giusto considerata la solita, loffia tabellina che valuta la partita in base al punteggio.

Un'altra pausa? Aspetta che conto quanti caffè ho già bevuto oggi

Un buon gioco, insomma, che – a fronte di qualche difetto soggettivo (nel mio caso l'assenza di interazione e, almeno nella versione base, una certa macchinosità un po' fine a sé stessa legata al ruolo del maestro del caffè) da cui scaturisce peraltro il voto, forse un po' inglorioso – ha due punti relativamente forti: il già menzionato sistema di piazzamento, che comporta decisioni anche piuttosto sofferte; e il sistema di punteggio di tipo highest lowest, che per un gioco da tavolo è un po' come il coriandolo in cucina o un riferimento a The bad batch in una serie con protagonista un personaggio della trilogia originale: metticelo e ci fai un figurone.

Almeno alle prime partite è difficile riuscire ad avere più di una manciata di cubetti nel magazzino, figuriamoci ad averne di tutti e quattro i colori: ci vuole un po' di rodaggio affinché la quotaparte di punti ricavati da questa meccanica possa essere confrontabile con quella decisamente più immediata dei cubetti nelle caffetterie – cosa che, ovviamente, dona quel minimo di longevità al gioco.

L'espansione, dal canto suo, introduce come detto un paio di effetti nuovi (la possibilità di conservare cubi sulle carte e cambiarne il colore prima di calcolare il punteggio del magazzino: sarebbero gli spazi col tizio baffuto; un piccolo bonus dato da dei dolci tipici  – le nata – se adiacenti a una caffetteria completata; spazi di coltivazione doppi o aggiuntivi) e la possiblità di poter scegliere tra quattro carte (invece che tre: si parla sempre di versione base) così da mantenere a otto il numero dei round. Nulla per cui strapparsi le vesti, ecco; ma essendo inclusa male non fa.

Un decaffeinato, dai

No, basta, non ho altro da dirvi.

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Commenti

Il gioco sarà da 7,1 e non mi attrae molto, ma la recensione del Signor Darcy è da 10+.

PS: se lo capovolgi, il duo Costa-Rôla diventa un ottovolante.

esteticamente imbarazzante..

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