7 Wonders Duel: Pantheon, ovvero di come un'espansione non si neghi nemmeno a un derivato

Signor_Darcy

Tra le uscite più attese del 2016 c'è stata anche la piccola espansione di "7 Wonders Duel", campione d'incassi e a sua volta costola per due giocatori del celebre titolo di Antoine Bauza

Voto recensore:
7,5

Dentro il Pantheon piove.

Piove meno, per motivi di carattere termodinamico; ma piove. Se fuori infuria la buriana, dentro qualche goccia la sentite: magari non ne uscirete fradici, ma umidi e appiccicosi come una caccola magari sì.

Gettoni e altre amenità
Se, allo stesso modo, pretendete di infilare in un riempitivo da mezz'oretta che già di suo si presenta come un gioco di civilizzazione le divinità di cinque popolazioni politeiste, è probabile che non finirete la partita con le conoscenze di Alberto Angela; ma magari un sentore di Roberto Giacobbo vi rimane.

Le sette meraviglie del mondo antico (e come sfruttarle)

In principio fu 7 Wonders, gioco del buon Antoine Bauza del 2010 che, pur avendo molte buone, non ultima quella di aver sdoganato la meccanica del draft-(ossia della scelta simultanea di carta con passaggio di mano al vicino) elevandola dal consueto ruolo di variante-inserita-a-caso-per-lasciare-che-siano-i-giocatori-a-bilanciare-il-gioco a meccanica di gioco, aveva qualche problema di scalabilità verso il rebbo alto e, soprattutto, verso quello basso della forchetta, peraltro parecchio ampia. Cinque anni dopo, in combutta con quel vecchio volpone di Bruno Cathala (Cyclades, Five tribes, il recente asso-piglia-tutto Kingdomino), il nostro rimedia agli scricchiolii della variante per due giocatori del suo gioco con un titolo a se stante, 7 Wonders Duel, che subito si è imposto come un cavallo di razza in un segmento - quello dei riempitivi per due giocatori - che vede più competizione di una fila davanti a un negozio Apple la notte prima dell'uscita di un nuovo modello.

Inevitabile, a tal punto, un'espansione; voglio dire: se c'è gente che spende decine di euro per il segnalino guerra di metallo, bello da vedere e utile come la forchetta quando si mangiano le costine, perché non proporne una?

Prima era
Vede così la luce, nel 2016, anche 7 Wonders Duel: Pantheon, bel bello nella sua scatolina di formato Citadels-vecchia-edizione. Prima di parlare di questo, però, permettetemi una piccola digressione sul gioco base (che poi base non lo è nemmeno, ma vabbè).

Il rosso e il verde

7 Wonders Duel, molto brevemente, si articola in tre ere di gioco, ciascuna con un proprio mazzo di formato mini-euro. Le carte vengono disposte a formare un catafalco (piramide di carte scoperte o coperte ndR) e, da questo, i giocatori si alternano a prenderne una per costruire una meraviglia, guadagnare qualche denaro o, più frequentemente, per ampliare la propria città. La profondità al gioco è data dalla continua analisi tra costi e benefici di ogni carta così tolta dalla struttura (che è diversa per ogni era), perché scoprire una carta - visibile da subito o girata al momento che sia - la rende disponibile per il proprio avversario.

Si può ottenere la vittoria per supremazia militare (spingendo la pedina neutrale verso il lato opposto del tracciato guerra), scientifica o, nella gran parte dei casi, totalizzando più punti vittoria del proprio avversario. Va detto che i punti sono dati da, quasi, qualsiasi cosa: le carte civili (blu), quelle economiche (gialle), le gilde (viola) (gilde), le carte di scienza (verdi); e ancora i sodli avanzati, i gettoni scienza, le meraviglie costruite e la posizione militare. Al netto degli addobbi, questo è quanto.

I tempi in cui le strade italiane erano meraviglia
Un breve accenno lo merita l'evoluzione delle meraviglie, che del resto danno il nome al gioco stesso. In 7 Wonders a ogni giocatore ne veniva assegnata una sola di quelle canoniche (parlo del gioco base perché, a sua volta, anche il titolo originario è stato ampliato da una carriolata di promo ed espansioni); la costruzione di queste richiedeva ben tre turni dei diciotto totali per costruirne gli altrettanti stadi, ciascuno dei quali garantiva uno specifico bonus al costruttore - non era comunque obbligatorio completarle, né tanto meno iniziarne la costruzione.

In 7 Wonders Duel, di contro, a ogni giocatore vengono assegnate quattro diverse meraviglie da una rosa che si allarga abbastanza, tanto da comprendere anche pur meritevoli manufatti quali la via Appia, la Sfinge e, in un alito di inspiegabile magnanimità, la statua della libertà, promo fuori luogo tanto quanto la definizione di "gioco di civilizzazione" per 7 Wonders. Le meraviglie, dagli effetti anche molto forti e potenzialmente devastanti (compresa la rimozione di carte risorsa avversarie), vengono attivate in un turno unico e, per garantire un ulteriore livello di interazione e, volendo, coerenza col titolo, possono essere costruite solo in numero di sette (uno dei due giocatori, in pratica, non potrà edificare tutte le sue).

Da questo punto di vista, Pantheon non modifica granché lo status quo del titolo, limitandosi a introdurre due sole nuove meraviglie; ma è altrove che decide di stravolgere la struttura del gioco. Finanche a farle passare in secondo piano, 'ste benedette meraviglie.

Per tutti gli dei e i loro formati

Esempi di edifici
La scatola di 7 Wonders Duel: Pantheon, pur compatta, è mezza vuota; il divisorio interno con le sagome è simpatico e, per quanto mi riguarda, è andato subito a far compagnia a quello del gioco base (ossia fuori dalle scatole). Dopodiché ho eliminato la scatola stessa, perché a quel punto tutti i componenti stanno nella scatola di 7 Wonders Duel; e così contenti tutti.

Tra i componenti, sedici carte di grande e orrido formato (tanto che le bustine non le ho trovate e, tuttora, sbucano fuori da quelle che ho raccattato di un centimetro buono: finirà poi che ricorrerò alla pellicola per alimenti), appunto le due meraviglie (più una seconda carta riassuntiva dello stesso formato) e cinque carte edificio, raffiguranti i grandi templi - queste ultime sostituiscono le gilde del gioco base (ma pare che su bigigì si trovino versioni per includere anche queste ultime nel gioco). Si trova poi una nuova pedina per il percorso guerra (associata a Minerva), un segnalino serpente (anch'esso relativo a uno degli dei, Nisaba) e una manciata di segnalini mitologia e offerta. Infine la plancia, che (non) si incastra a quella già ben nota con i segnalini scienza e il tracciato militare. Nella scatola è simpaticamente incluso anche un nuovo blocchetto segnapunti, ampliato per tenere traccia anche di dei e templi.

La qualità è la stessa del gioco base, piuttosto buona; va detto che le carte andrebbero imbustate subito, anche perché sono obiettivamente molto belle.

(Uno dei difetti - a mio parere - del gioco è quello di non valorizzare il bellissimo lavoro grafico e tematico svolto: gli splendidi disegni di Miguel Coimbra e le concatenazioni logiche degli edifici non hanno praticamente modo di risaltare, dal momento che le carte sono prima imprigionate - se non coperte - nel mah jong di centro tavola e poi impilate davanti ai due avversari. Ne giova, chiaro, la lettura degli effetti degli edifici in un titolo che, per il resto, non è che brilli per l'ergonomia: senza tirare in ballo i tre diversi formati di carte, basti pensare a quanto spazio il tutto occupi sul tavolo.)

Delle sedici carte di grande formato, quindici rappresentano altrettanti dei di cinque diversi pantheon: romano (associato alla guerra), fenicio (relativo al commercio), mesopotamico (per la scienza), egizio (meraviglie) e infine greco, quello più trasversale ai vari aspetti del gioco. Ogni dio prevede un effetto più o meno forte e situazionale che si attiva al momento dell'acquisto (va beh, tecnicamente sarebbero offerte; ma la sostanza poco cambia). Limitandosi a un esempio per ogni mitologia, si possono trovare rispettivamente Marte che consente due avanzamenti sul tracciato militare, Tanit che dona dodici monete, Enki che regala un gettone scienza, Anubi che permette di distruggere una meraviglia già costruita (ed eventualmente ricostruita, se propria) e Afrodite che, tronfia come poche, porta in dote nove punti vittoria secchi. La sedicesima carta è il portale, che viene utilizzata in tutte le partite.

i templi
I cinque templi, per terminare questa gioiosa disanima delle carte, comportano semplicemente un certo quantitativo di punti a fine partita, tanto più alto quanti più se ne costruiscono (nella terza era ne compaiono solo tre). In alternativa al costo di costruzione, si possono utilizzare i corrispondenti gettoni divinità, se in proprio possesso.

Ma facciamo un passo indietro, come direbbe il buon Carlo Lucarelli.

Chiusa una porta, si apre un portale

La propaggine della plancia non è che un alloggiamento per le cinque carte divinità e per la carta portale. Le cinque divinità vanno selezionate durante la prima era: sul catafalco di quest'ultima, infatti, sono disposti - coperti - cinque gettoni divinità, scelti a caso tra i dieci disponibili (due per ciascun pantheon). Quando, alla fine del proprio turno, un giocatore libera una delle carte coperte con sopra uno di questi, può prenderlo e selezionare segretamente uno degli dei della corrispondente mitologia tra i primi due del relativo mazzo (di tre). Chiaro, no? Una volta scelto uno degli dei, bisogna alloggiarlo in una delle sei posizioni disponibili; queste ultime hanno indicate le offerte necessarie per ottenere il favore divino: a titolo di esempio, la prima posizione costa tre denari al giocatore più vicino e otto a quello più distante; la successiva quattro e sette; e così via, simmetricamente.

Alla fine della prima era, le cinque carte così selezionate vengono rivelate: queste costituiscono il pantheon disponibile per le successive ere, nelle quali i giocatori possono compiere una quarta scelta, appunto l'offerta agli dei, che - particolare tatticamente non di poco conto - non comporta il dover pescare una carta di quelle piccole. Il sesto spazio, come detto, è sempre riempito con il portale, carta che permette - raddoppiando l'offerta prevista - di poter scegliere una carta divinità tra le cinque in quel momento in cima ai rispettivi mazzi.

Il pantheon
Un piccolo accenno, tornando ai gettoni, va riservato alla loro intelligente disposizione su cinque carte coperte: il fatto di poter ottenere uno di questi e, conseguentemente, un dio potenzialmente favorevole a buon prezzo per le fasi future e la possibilità - con un pelo di fortuna - di poter edificare un tempio gratuito, riesce a compensare quello che è lo svantaggio evidente del dover rivelare nuove carte disponibili per l'avversario (cosa questa che, per alcuni, era un difetto del gioco base mentre, per altri, il suo più grande elemento di profondità).

In seconda era, infine, sulla piramide delle carte si dispongono tre segnalini offerta, ottenendo i quali si può avere uno sconto nell'ottenimento dei favori divini.

You got to run on heavy, heavy duel - Considerazioni su 7 Wonders Duel Pantheon

Quando ho letto da più parti che, introducento l'espansione, 7 Wonders Duel si trasforma in un altro gioco, ammetto di aver immaginato un impatto decisamente più sconvolgente sull'impianto di gioco. In realtà, almeno per quanto mi riguarda, Pantheon è ben lungi dal stravolgere il gioco base. L'effetto più evidente - ci ho già accennato - è la sensazione (soggettiva quanto vi pare) di veder lievemente declassate le meraviglie, che pure regalano bonus considerevoli, poiché l'attenzione è tutta rivolta a quelle carte sgraziatissime che ornano la plancia e la fanno assomigliare all'Aku Aku di Crash Bandicoot. Come a smentirmi da solo, va detto che ci sono partite in cui la scelta degli dei è talmente fiacca che quasi è come se non ci fossero - è innegabile che gli effetti non siano tutti equivalenti tra loro: per esempio il simbolo bilancia donato da Ishtar non necessariamente ha lo stesso impatto di un bonus molto meno situazionale quale il delta di dieci monete garantito da Nettuno.

7 ettari duel
Tra gli aspetti positivi di questa espansione, sicuramente l'aumento consistente della longevità del titolo e, personalmente, la sostituzione delle ingombranti gilde con un qualcosa di più terra-terra (il che è tutto dire, parlando di templi religiosi). Di contro, la presenza stessa degli dei è tutto sommato anonima: il tutto si riduce nell'utilizzare un turno per comprare un bonus prima che lo faccia il proprio avversario. Inoltre, aspetto questo che personalmente avverto abbastanza, viene ulteriormente amplificata quella sensazione di poca fluidità del gioco, originata certo dal dover continuamente ragionare su quali materie manchino per costruire qualsivoglia edificio (ma magari sono l'unico che continua a far rimbalzare gli occhi tra carte marroni, grigie, gialle e meraviglie); ma anche dal doversi ricordare di dover comprare dei e completare meraviglie - cosa che, distratto dalle belle cose che offrono i catafalchi di seconda e terza era, a me di tanto in tanto succede.

Un obolo

Dentro il Pantheon piove.

Piovono punti - e da tutte le parti.

Il gioco, ampliato quanto si vuole, rimane quello. Beninteso: se è nelle vostre corde, l'espansione male non fa; anzi! Ben pensato e realizzato, 7 Wonders Duel: Pantheon riesce ad arricchire il gioco base senza snaturarlo. Non siamo dalle parti dell'imprescindibile, sia chiaro; ma, se al base ci giocate tanto, può valer la pena poter variare un po' le sconfitte contro le vostre dolci metà femminili.

 

 

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Commenti

Ottima recensione. Ho comprato anch'io l'espansione in quanto il gioco base l'ho sfruttato una marea di volte. Devo dire che il Pantheon è davvero divertente, ma dato che allunga un pochino i tempi di gioco, continuo a preferire il gioco nella sua versione liscia. 

Bella recensione, ma devo dire che a mio parere le meraviglie e gli dei si sposano bene, perché contribuiscono a creare nuove strategie, modificando la "velocità" di "consumo" dei catafalchi.

In pratica alcune meraviglie danno la possibilità di prendere due carte di fila, mentre la divinità permette di non prenderne, permettendo di salvarsi da trappole dell'avversario e/o crearne a propria volta.

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