Curte":37dzwsb4 ha scritto:
Altro esempio di Meta-roba, come il caso di Ratman che vi avevo portato ad esempio precedentemente, è, nel campo dei film, il mitico "Il Ritorno dei Pomodori assassini" che consigli caldamente a tutti!
Anche in quel caso si passa continuamente dal film (in cui gli attori non esistono, esistono i Personaggi che loro interpretano, le creature fantastiche e i luoghi delle strane scenografie, e il problema reale sono i deliri del Dott. Gangrena) al metafilm (in cui gli attori parlano come tali, esiste il regista che parla con loro usando i loro nomi reali, le creature sono pupazzi, le scenografie orrendi cartelloni e i problemi sono quelli di finanziare il film fino alla fine, visto che sanno già che farà schifo). A parte tutto... cercatelo e guardatelo è da sbucciarsi dal ridere!
Curte
Questa cosa particolare che citi, il passaggio da fiction a real world, è non "uno", ma "L'ESEMPIO" per definire cosa sia in pratica la "violazione della suspension of disbelief" che, al contrario di quanto credono in molti, è una regola della letteratura, cinema e del teatro, molto prima che dei GdR.
Questo ragionamento, che condivido in pieno, è il motivo per cui, sommandolo al fatto che ormai nel 2010 ci siamo accorti che "tirare i dadi fa parte del gioco", sono arrivato a concepire il termine "meta-fiction".
Per la precisione, la differenza tra "suspension of disbelief" e "willing suspension of disbelief" l'ha formulata niente popo' di meno che Samuel Taylor Coleridge, poeta inglese del 1800. La definizione è del 1817, ossia è vecchia quasi di due secoli.
E' un concetto che Coleridge teorizza dopo aver studiato la Ars Poetica di Orazio... il poeta latino, dove tale pratica era già presupposta ogni volta che in un testo si parlasse dei Fato, degli Dei e dei loro poteri.
E' una delle pratiche che porta all'immedesimazione tra pubblico e opera ed è una delle funzioni catartiche.
Ora, dove sta il -solito- problema?
Che "pubblico" e "opera" nel GdR -coincidono-.
Questo un concetto che ho portato spesso nei forum, ma evidentemente si fa fatica ad assumerlo; invece è fondamentale per qualsiasi discussione teorica sul GdR, ed è precedente a Big Model, Process Model, Threefold Model, Quello-che-voi Model.
In una qualsiasi forma espressiva rappresentativa esiste un distacco materiale tra il pubblico e chi ha prodotto l'opera. Nel teatro e nel cinema addirittura c'è un terzo soggetto che è il corpo di attori con il regista, che in teoria estetica hanno lo stesso valore della tela, dei colori e dei pennelli del pittore.
Questo distacco materiale e questo "intermediario poietico" nel GdR non esistono, o meglio, coincidono con le stesse persone che fanno da "pubblico".
Di conseguenza questo vuoto poietico è tra le funzioni delle persone al tavolo che sono autori, attori e fruitori.
NECESSARIAMENTE questo vuoto poietico, che è uno strumento estetico, un "tool", un oggetto creativo, non può per ovvie ragioni logiche fare parte dell'opera finita: non può perché è lo strumento con cui l'opera viene fatta. Ne consegue però che è -indispensabile- per la creazione dell'opera.
All'interno di questo vuoto poietico ricadono il "system" (e qui mi ostinerò a ritenere il Principio di Lumpley la definizione migliore possibile di cosa sia il system per un GdR) e tutto ciò che viene fatto dalle persone che giocano in quei momenti che occupano la posizione e il ruolo di "autore" e "attore" nella pratica del GdR.
Quindi il problema del metagioco, inteso come violazione alla suspension of disbelief, esiste SOLO per quei giocatori che si trovino in un dato momento nella posizione di "pubblico".
Perché la suspension of disbelief è qualcosa che serve solo al pubblico.
Ne consegue che, in un gioco dove questo triangolo funzionale ruota in modo più "democratico" che in un gioco master-centered, il concetto stesso di suspension of disbelief è:
a. completamente prosciugato di qualsiasi reale significato pratico
b. totalizzante al limite della dissociazione mentale (non patologica...)
Il caso "a" è quello che si sente definire come "quel modo di giocare di ruolo in cui sembra che stiate muovendo pedine su una plancia".
Il caso "b" è quello che viene definito come "faccio quello che farebbe il mio personaggio".
Non so per quale ragione, si tende a identificare il modo di giocare "a" con i NW e il "b" con i tradizionali, quando personalmente utilizzo il "b" anche per i NW e nei tornei di D&D si vede spesso adottare "a" come unica soluzione per poter "vincere".
Questa era l'analisi della situazione; ora passo a teorizzare di mio; quindi se dovete darmi contro, fatelo da questo punto in poi, perché sopra a questa frase mi sono limitato a ripetere teorie che esistono da 2 secoli e sono capisaldi estetici.
Quello che io posso vedere è che, al di là del gusto, la pratica di gioco descritta come "a" è -necessaria- per delle giocate Gamiste coerenti, mentre è assolutamente distruttiva per giocate Simulazioniste.
Per le giocare Narrativiste invece, l'abilità del giocatore sta nel miscelare sapientemente il primo metodo con il secondo, allo scopo di ottenere la serie di scene migliori possibili per risolvere la Premise (il tentativo di risoluzione della Premise è un "must" per il Narrativismo).
Questa è una scelta che viene prima del regolamento, è sulla base di questa scelta che il regolamento verrà scelto (come gioco intero o come selezione di house rules e/o adattamenti personali) e verrà formulato un "System" (Principio di Lumpley) che -necessariamente- tra le sue tecniche conterrà quella che ti identifica se si sta giocando nel modo "a" e fino a dove, se si sta giocando nel modo "b" e con che restrizioni o se ci sono momenti in cui questi due modi possono accavallarsi e fino a quando.
Quindi ancora una volta, il metagioco è definito dal gioco.
Possiamo definirlo "metagioco buono" e "metagioco cattivo", tanto quanto possiamo definirlo "metafiction" e "barare"; i concetti dietro cambiano poco e cambiano poco anche gli effetti pratici sul gioco.