Un po' di note sparse...
>La maggior parte dei giochi di un certo spessore sono ormai sviluppati in maniera quasi del tutto indipendente dalla lingua e quindi si potrebbe produrre un gioco "multilingua", con tirature elevate, abbattendo i costi.
E' quello che in effetti si fa: per Bang! come per Marvel Heros, per La Guerra dell'Anello come per Wings of War, eccetera.
Questo è alla portata anche di editori anche medio-piccoli. Per fare un esempio che prescinda da licenze forti e grandi accordi internazionali, se "Obscura Tempora" costa 13.50 euro, a fronte di un contenuto di 165 carte (tre mazzi standard con una quindicina almeno di disegni originali di illustratrice professonista, e anche quelli costano), è perché è uscito contemporaneamente in italiano, tedesco, francese e inglese, e l'editore ha scelto di allineare il prezzo a quello estero. Altri editori sono liberi di fare altrimenti, per cui si trovano in giro giochi di sole carte, senza altri materiali, che costano ben di più. Ma la possibilità c'è.
Però, tra tutte le cose stravere che dice DDG, c'è anche quella che i giochi al contrario dei libri non hanno un prezzo imposto. Per cui, hai voglia a cercare di allineare i prezzi anche tra i diversi paesi: magari c'è qualcuno che fa dumping, bruciando tutta la catena. Ed è un problema più tedesco che altro. Che però si riflette in fenomeni di importazione parallela e quant'altro, che creano problemi un po' a tutti gli operatori. Parlo di dumping,
http://it.wikipedia.org/wiki/Dumping
non di semplice libera concorrenza. Il dumping è una distorsione della concorrenza. Se un tedesco vende a meno del prezzo di negozio sta facendo dumping. E se l'editore vende a prezzo di negozio sta portando rispetto per i suoi negozianti, anche se ne consegue che vende a un prezzo maggiore di chi fa dumping.
In altri thread ci si lamenta che gli editori non fanno abbastanza sconti alle fiere (si veda i report dell'ultimo Lucca Games). Beh, un editore serio non fa sconti particolarmente forti online o alle fiere o in altri casi di vendita diretta per non bruciare i suoi negozianti. Se no poi il negozio all'angolo chiude e il gioco da comprare sotto casa non vi arriva, ma nemmeno la possibilità di vederlo, provarlo, discutermo con il negoziante di fiducia (per poi magari, come si diceva, comprarlo altrove). Il servizio di cui parla DDG. Insomma, l'acquirente finale è cliente dell'editore, ma il negoziante pure.
>Sarebbe anche l'ora che i nostri distributori agissero a monte con le case editrice straniere per convincere dell'utilità di includere l'Italiano nei regolamenti ufficiali dei giochi in modo da potere acquistare e distribuire direttamente le copie originali dei nuovi giochi. Questa cosa la stiamo facendo noi appassionati a livello personale ma è una cosa che dovrebbero fare i distributori.
O anche gli editori. Per esempio, è quello che fa la Nexus Editrice con Fantasy Flight Games: ci sono giochi grandi e massicci e con materiali in lingua che hanno bisogno di una vera e propria localiozzazione italiana e magari escono un po' dopo, ci sono giochi come "Nel deserto" di Knizia che vengono direttamente prodotti con regole italiane e immessi subito nella distribuzione.
Secondo me è anche meglio che sia un editore e non un distributore. Un editore ha una redazione, e per tradurre le regole ce n'è bisogno (chi ha visto i giochi Gigamic con le regole italiane scritte all'estero, tanto per fare un esempio, sa che non è bene che siano gli editori stranieri a farsi i regolamenti italiani da soli). Un editore ha di norma un ufficio stampa (o qualcuno che ne fa le funzioni), dei dimostratori, eccetera. Competenze professonali che aiutano il gioco, a cui a valle il distributore aggiunge le sue. Io ho quasi perso un torneo per via delle traduzioni dell'importatore dei giochi Avalon Hill degli anni '80, e ricordo ancora certi suoi granchi terrificanti su diversi giochi. La sua opera fu senza dubbio meritoria, ringraziamo il cielo che vi fu e che si diede da fare: ma se fosse stata una redazione e non un importatore a curare le traduzioni avremmo evitato dei momenti di discussione piuttosto tristi durante le nostre partite.
Grande distribuzione:
>>Marvel Heroes non fa testo perché vende "da solo".
>Beh, allora potevano svegliarsi prima con "La guerra dell'Anello".
Io nell'ultimo par d'anni, anche prima dell'uscita di Marvel Heros, La Guerra dell'Anello l'ho vista da Feltrinelli, nelle librerie Mondadori, in una cartolibreria di Anzio... Speso anche con giochi che non vendono da soli, come Wings of War. Si fa quel che si uò. Ricordo però che i circuiti delle giocattolerie un tempo volevano solo roba pubblicizzata in TV, e come si diceva i costi per Nexus e affini sono proibitivi. Non è l'editore, di solito, che preferisce essere in pochi e piccoli punti vendita anziché in tanti e grandi. Anche se poi allargare la distribuzone è un impegno: occorre immobilizzare più soldi, aumentare le tirature. Non è cosa agevole e immediata.
Autoproduzione: la mia opinione l'ho già espressa su ihg e InventoridiGiochi, coincide con quella di Walter Obert e di vari altri autori che si sono espressi nelle stesse sedi. Da un lato a me serve che un gioco passi il vaglio delle case editrici, che non sono infallibili ma almeno scremano cose che potrei illudermi siano belle e magari le vedo così solo perché ogni scarrafone ecetera eccetera. Poi certo, su un mercato più ampio e vivo magari certi giochi non avrebbero atteso anni per uscire, ma pazienza.
Inoltre un gioco ha bisogno di autori, collaudatori, traduttori, curatori, grafici, uffico stampa, dimostratori e quant'altro, oltre a tipografi e negozianti. Io non so fare molti di questi mestieri, né sono il più bravo a farli. Se li fa qualcun altro e io mi concentro sull'essere autore, ci guadagno io che faccio più giochi e migliori, e ci guadagna il gioco che esce assai più bello e forte e ricco. Stesso motivo per cui preferisco pagare una signora per stirarmi le camicie e usare il tempo che impiegherei a stirare per scrivere giochi da rivista: alla fine in termini strettamente economici ci guadagno, ci guadagna anche la signora e vado in giro vestito un pochettino più decorosamente che se me le stirassi da me.
Infine tutte queste professionalità coinvolte rendono il gioco vivo e autonomo: se non posso andare a una manfestazione, se non faccio io personalmente un'espansione o altro, il gioco vive e va avanti e cresce lo stesso. Al di là del fatto che per fortuna a volte il gioco funziona di suo e come fa notare Liga sono gli stessi appassionati che si danno da fare per tradurre, ma anche per organizzare tornei e presentazioni, per realizzare espansioni e materiali aggiuntivi e quant'altro. Il che, lasciatemi dire, da autore mi dà un conforto enorme: significa avere il segno tangibile che non si è buttato il proprio tempo ma si è creato qualcosa che piace e coinvolge anche gli altri.
E quindi rispetto per il coraggio di chi si autoproduce: la storia ha anche diversi casi passati, magari in mezzo a chissà quanti fallimenti, a dimostrare che si può partire da un'autoproduzione e raggiungere il successo vero. Faccio due soli nomi a fianco dei quali direi che non ne servono altri: Subbuteo e Scarabeo (Monopoli non vale, l'auoproduttore si spacciava per autore ma non lo era). Però è anche vero che una certa esterofilia dei giocatori italiani è anche leggittimata dalla scarsa qualità di certe autoproduzioni. Mi riferisco al passato, a ditte ormai (guarda caso) chiuse, cui va la mia stima per averci provato ma non tanto per quello che hanno prodotto. Del resto, potete vederlo nei miei commenti ai giochi qua sulla Tana. Faccio nomi? L'amico Giacomo Fedele di Camelot, bravo, entusiasta e quel che volete, ma Peninsula Italica e Barbarians (per citare due giochi che mi sono recentemente ricapitati in mano) avevano troppi problemi per poter essere considerati professionali. Se poi gli acquirenti di quei due itoli hanno preso a diffidare dei gochi italiani, non so dar loro torto.
>Vecchie discussioni che trattavano lo stesso argomento..e che purtroppo giungevano alle stesse conclusioni ragion per cui mi duole constatare che tutto sia pressocchè uguale...beh..del resto non è che mi aspettassi cambiamenti sostanziali in un anno..
Vero. Però, fanzinato a parte, questo ambiente lo bazzico da circa 25 anni, se vogliamo contare da quando facevo le mie prime recensioni per Pergioco e discutevo appunto con i distributori del problema della distribuzione, dello scrivere il prezzo in una recensone oppure no, e cose del genere. E devo dire che da allora di strada, passo passo, ne abbiamo fatta tantissima (anche se un mensile di giochi in edicola purtroppo non c'è più). Ora abbiamo autori che pubblicano direttamente all'estero, giochi italiani che escono in prima turatura in una decina di lingue, licenze mondiali che si tramutano in giochi d'autore italiani, editori italiani che producono all'estero con i migliori fornitori del mondo, autoproduttori che dopo qualche mese vedono il loro gioco uscire con i prestigiosi marchi di ditte tedesche e americane, giochi stranieri che arrivano agevolmente in Italia tradotti e localizzati. Scusate, ma non è poco. E' il frutto di una storia magari zigzagante e non sempre in rapida evoluzone, ma che ha saputo crescere e rafforzarsi di esperienza in esperienza.
E per non ripetermi oltre, ripasso la palla.
Salutoni,
Andrea