Nell'Aprile del 1512 le truppe francesi al comando del giovane
Conte di Nemours, Gaston de Foix, stanno assediando la città di
Ravenna, quando una coalizione di truppe spagnole e pontificie giunge in aiuto degli assediati. L'armata al comando di
Ramòn de Cordoba, Viceré di Napoli, non è però in grado di affrontare i francesi e i loro alleati in campo aperto così, poco fuori
Ravenna, le truppe spagnole si trincerano vicino al
Fiume Ronco su posizioni molto forti.
Circondati dai francesi, gli spagnoli si apprestano a tener duro, sperando che la buona sorte sia dalla loro parte.
I primi turni vedono l'una e l'altra parte provare a saggiare il terreno con l'artiglieria, con scarsissimi risultati da entrambe le parti, tanto che la regola speciale di questo scenario per l'esercito spagnolo (la possibilità di trincerarsi) è stata assolutamente inutile.
A sud la cavalleria leggere spagnola del
Marchese di Pescara e le unità al comando di
Gian Bernardo Caracciolo si disturbano a vicenda con scarsi risultati, fino a che un tiro molto fortunato dei balestrieri appiedati uccide sul colpo il
Marchese.
Ma lo scontro vero e proprio avviene a nord, dove l'artiglieria del
Duca di Ferrara, Alfonso I d'Este, si posiziona al di là del fiume e può sparare alle spalle dei picchieri del papa che sbarrano il passaggio alle cavallerie.
Il
Conte di Nemours e il
Duca di Ferrara provano a saggiare la consistenza dei picchieri con diverse cariche e aspettando l'arrivo di altre unità di artiglieria, pronte a portare sfacelo.
Nonostante l'urto della cavalleria francese e l'artiglieria, a Nord le fanterie tengono duro.
A questo punto i mercenari tedeschi di
Jakob Empser decidono di logorare ancora di più le forze spagnole a nord, pagando un carissimo prezzo in termini di uomini per prendere le barricate organizzate da
Pedro Navarro, Conte d'Oliveto.
Gli spagnoli iniziano a cedere terreno ma un rapido dispiegamento di forze permette alla fanteria spagnola di spegnere l'impeto dei mercenari francesi e ricacciarli al di là delle palizzate.
A Sud la cavalleria pesante di
Thomas Bohier minaccia seriamente di far collassare le fortificazioni spagnole e di falciare un gran numero di unità Retired, che sarebbero punti facili per il francese. Così, quello che rimane della cavalleria di
Fabrizio Colonna viene mandato a rinforzare le posizioni dei sottoposti del deceduto
Marchese di Pescara, ma oramai la pressione è al massimo e una fortunata attivazione francese (3 battaglie) fa definitivamente collassare il fronte a nord.
Nemours carica ed elimina un'unità di picchieri, ma è il
Duca di Ferrara a coprirsi di gloria, sfondando con la carica ed eliminando altre unità con ben due attacchi continuati (di cui solo il primo in foto).
Nel frattempo l'artiglieria del Duca si riposiziona, ingolosita dalle unità in ritirata raccolte attorno allo stendardo e già radunatesi di nuovo.
Oramai il Viceré di Napoli si rende conto che è finita, il disperato tentativo spagnolo di tappare i buchi ha poco successo, i francesi sono oramai padroni del campo e il tiro per l'attivazione continuata spagnola non ha successo. Il turno francese vede l'artiglieria aprire il fuoco sul campo spagnolo, decimando le unità già Disordinate; crollano anche le ultime resistenze a nord, con
Gaston de Foix e
Alfonso d'Este a coprirsi di gloria mentre l'altra unità di cavalleria fronteggia ancora
Fabrizio Colonna, impedendone l'arrivo in aiuto.
La vittoria è della coalizione francese.
E' tutto perduto, la battaglia si è risolta in una disfatta per l'esercito spagnolo e pontificio e ora comincerà il massacro e il successivo sacco di
Ravenna.
La
Lega Santa però avrebbe ben presto avuto una nuova occasione, quando
Giulio II stringerà accordi con gli svizzeri del
Cardinale Schiner, spazzando via la presenza francese dalla Lombardia.
Di questa battaglia sanguinosa, che per l'uso delle artiglierie fu particolarmente cruenta, così ne scrisse il
Guicciardini:
«Così mescolate tutte le squadre cominciò una grandissima battaglia, e senza dubbio delle maggiori che per molti anni avesse veduto l'Italia: perché la giornata del Taro era stata poco più che un gagliardo scontro di lancie, e i fatti d'arme del Regno di Napoli furono più presto disordini o temerità che battaglie, e nelle Ghiaradadda non aveva dell'esercito de' viniziani combattuto altro che la minima parte; ma qui, mescolati tutti nella battaglia, che si faceva in campagna piana senza impedimento di acque o ripari, combattevano due eserciti d'animo ostinato alla vittoria o alla morte...»
Morirono quel giorno tra i 15.000 e i 20.000 uomini, numeri sconvolgenti per l'epoca.
Considerazioni sullo scenario
Troppo netta la preponderanza delle truppe francesi.
La regola che permette all'artiglieria del Duca di Ferrara di prendere alle spalle le forze spagnole ha, come nella realtà, deciso la battaglia.
Il trinceramento spagnolo, molto utile contro l'artiglieria, rende le fanterie più vulnerabili al corpo a corpo, ben rappresentando la necessità di attacchi combinati tra unità di artiglieria e cavalleria/fanteria.
Il tiro ha fatto da padrone per tutta la partita, a cominciare dai bassissimi tiri di dado iniziali fino al sanguinoso assalto dei lanzichenecchi francesi alle palizzate e al tiro alle spalle dell'artiglieria ferrarese.
Molto interessante la regola dell'attivazione francese, che è completamente diversa dal normale e permette una maggiore flessibilità e, con un po' di fortuna, un vantaggio decisivo. Lo scopo di rappresentare l'esercito di una coalizione composita dove i comandanti si muovevano in lungo e in largo per tenerla unita, è senza dubbio interessante e il risultato divertente.
Nel complesso è stato uno scenario molto bello e interessante, anche se lo spagnolo non ha di certo un ruolo semplice. Il nervosismo di giocarlo l'ho trovato molto forte.
Buona quarantena a tutti!