Re: HQ25: Marzo o nuova bufala?
Ciao Ragazzi. Dicevo.
Sono un avvocato e sino ad ora non ho voluto espormi poiché mi scoccia farlo: a livello deontologico, dirlo e magari esprimere il proprio parere legale a “undisclosed recipient” potrebbe essere visto come farsi pubblicità, e ciò non è concesso – salvo qualche caso – dal codice deontologico. Essendo opinabile tale pensiero e non avendo alcuna intenzione di farmi pubblicità, vi scrivo comunque.
Come avevo già detto, non ho più pensato a nulla riguardante 25th sino a che non sono capitato qui dopo aver scovato l’articolo di viofla77 a ottobre. Da backer ho preferito infilare la testa sotto la sabbia. Ne ho già da litigare per altri, che il poco tempo che mi rimane lo dedico alla famiglia; le mie questioni, anche se meritevoli di tutela, le lascio sempre in secondo piano. Un po’ come il medico che non si cura. Forse.
Ho iniziato a fare piccole ricerche, ma non ho ancora approfondito il tema; vi lascio qualche considerazione, e prometto che stilerò un parere sufficientemente approfondito che possa mettersi anche a confronto con altre opinioni. Se non fosse gradito da chi gestisce “a livelli alti” la questione, ditemelo per tempo e rimango in disparte, a guardare come ho fatto finora.
A livello teorico una azione è possibile (Vi sono poi considerazioni pratiche).
La tipologia di crowdfunding a cui abbiamo aderito (reward based) è vista dalla dottrina quale tipologia di compravendita di bene futuro e in ogni caso inseribile all’interno della normativa dell’e-commerce e quindi delle relative tutele del consumatore. La giurisprudenza (sentenze) per ora è praticamente nulla e riguarda altro tipo di istituto, il Crowdf. equity-based, l’unico per ora normato in Italia.
È ovvio che il “finanziamento” non deve essere di poco conto, bensì avere un prezzo equivalente e congruo con il bene sostenuto. Quindi la controprestazione rivolta al finanziatore non deve avere un valore simbolico. Ciò è importante perché solo così si può parlare della tipologia di reward-based nelle vesti di un pre-ordine. E solo così, come detto, questo tipo di crowdfunding sarebbe sottoposto alla normativa sull’e-commerce e sulla protezione dei consumatori nei contratti a distanza.
L’applicazione della normativa citata risolverebbe problemi relativi alla competenza, ma anche per tipo di domanda esperibile: per farla breve, la causa può essere fatta in Italia e si può chiedere sia l’adempimento del contratto, sia un risarcimento per il ritardato adempimento, sia il recesso , con la restituzione delle somme versate, sia eventualmente risoluzione con risarcimento (alternativamente). Ebbene sì, se fossero applicabili queste norme, ognuno di noi avrebbe diritto al recesso entro 14 giorni dal ricevimento del bene. Qui scappa la risata.
Eventualmente ottenuto il titolo con sentenza italiana (oppure ordinanza se si vuole accedere con art 702bis cpc, ovvero procedimento sommario per dimezzare tempi di notifica e di istruttoria), siamo per fortuna in CE quindi poi può essere richiesto decreto ingiuntivo europeo.
Come vedete devo ancora approfondire molte cose, ma ho lasciato una linea di massima di quale è il mio punto di vista (disponibile a che sia contestato).
Non vi sono problemi legati alla prescrizione, come paventano alcuni: in ambito civile il contratto è ancora in essere, tanto è vero che si potrebbe chiedere il recesso non essendoci la controprestazione. In ambito penale, se qualcuno volesse depositare un esposto/querela, ritengo che il reato (truffa come minimo) sia quantomeno continuato (magari spiegherò meglio), e se anche non fosse così considerato, una data ultima per il compimento del reato sarebbe almeno il momento in cui sono state fatte pagare le spese di spedizione. Sarà quindi simile in Spagna dove opera, come qui, il civil law.
Il lato teorico si scontra con il pratico. Ciò che ho detto sopra deve fare i conti con le solite problematiche: tempo e recupero credito.
Posto che vi sia un successo su tutta la linea, le tempistiche per raggiungerlo non saranno certo brevi (un anno? Non saprei, troppe variabili).
Posto che si raggiungano nel tempo più breve possibile, anche se un ufficiale arriva a portare il decreto ing. in mano a D., questo avrà motivo per opporlo? E poi, avrà i soldi per pagare anche se si arrivasse all'esecuzione del credito?
Certo è che nel frattempo si potrebbe inviare una lettera formale sottoscritta da tutti i backer italiani (niente email semplice: cartaceo o pec), in quanto consumatori, chiedendo l’adempimento del contratto entro una certa data. Almeno rimane scritto qualcosa di impatto certamente superiore e qualche email isolata o qualche azione spagnola di uno o due backers incazzati.
Saluto tutti e scusate la logorrea. A breve spero di farvi avere – se interessa – un parere più professionale.