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sicuro? Quindi 5 anni di studi medici non contano? Tu ad esempio in che materia sei laureato? O forse si sta spostando l'idea di poter definire "donna" tutto quello che ci pare ed è lì, il centro del discorso?
Non è lì il centro ma si ricollega in un certo senso al pippone di Salinroth, nel senso che anche nella comunità LGBT+ il pensiero sulle trans non è univoco. Le lesbiche terf ad esempio sostengono che se non nasci con la possibilità di procreare non sei donna. polemica che poi ha virato sulle femministe che dicono "quindi una donna a cui viene asportato l'utero smette di essere donna?"
C'è impazzirci dietro alla questione.


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prozio

Illuminato
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bene, quindi senza polemica, procediamo per gradi: mi stai intanto parlando di sesso biologico.
Partiamo quindi dalla condivisione che esista un sesso biologico? Da cosa è determinato?

(p.s. non si sta parlando di me o di te, ma di definizioni, eviterei di proseguire discorsi ad personam, ma se ci tieni, io sono una donna, nera, in transizione)

Senza polemica e poi ti definisci donna, nera e in transizione?
Con queste basi non inizio neppure la discussione, anche perché non sarebbe una discussione.
Ci sono siti e persone più qualificate di me se vuoi iniziare il tuo cammino di conoscenza dell'ambiente lgbt+.

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Badger28

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Dai, facciamo un bel pippone. È il momento 😆
Intanto permettetemi ma certi accostamenti proprio non sono pertinenti. La differenza non è lieve tra l'importare un nuovo lemma dall'estero (cosa del tutto naturale) e il modificare la struttura grammaticale di una lingua introducendo una nuova desinenza mediante un carattere ed un fonema estranei. Partiamo da un presupposto: la pronuncia di una parola estera viene sempre adattata nella lingua di arrivo. Prendiamone una di derivazione straniera che presenterebbe la schwa nella pronuncia: computer. Come la pronunciamo? Kom'pju:ter o Kəm'pjutə(r)? È ovvio che la sentiamo pronunciata sempre nel primo modo, perché più armonico con i nostri fonemi. È evidente che introdurre un fonema nuovo è qualcosa di ben più complicato, per nulla paragonabile all'importazione di nuove parole (e ancor più agli errori di battitura, ma immagino che quelle sopra fossero mere provocazioni). Questo perché esistono esigenze reali con cui i propositi ideali non possono che scontrarsi.
La lingua non è totalmente sotto il nostro controllo. E soprattutto è del tutto opinabile che le discriminazioni dipendano da esse. In una lingua che ha due generi è normale che si ponga il problema di renderne uno onnicomprensivo. È possibile che il previgente sistema patriarcale avesse contribuito in maniera determinante in quella scelta, ma è altrettanto vero che nella lingua italiana il genere grammaticale non è di per sé legato al sesso biologico – quante guardie giurate hanno lamentato discriminazioni per essere chiamate con un sostantivo femminile? e quante donne e uomini si sono sentiti discriminati per essere stati chiamati, rispettivamente, «individuo» o «persona»? – e, soprattutto, la realtà sociale sta già superando le imperfezioni del linguaggio connesse alla necessità ineluttabile di scegliere un genere onnicomprensivo fra gli unici due disponibili (un esempio fra tanti: la già citata maggioranza femminile nel ceto forense). Vi è poi da non dimenticare che l'italiano conosce da sempre molti termini gender-neutral, se vogliamo metterla in questo modo. Perciò, se uno pensa che sia possibile mutare la realtà a partire dal linguaggio, cosa per me velleitaria, può comunque già tentare di farlo seguendo altre strade che risultino più naturali ed armoniche con il nostro idioma. Imporre un cambiamento così radicale alla maggioranza delle persone (termine femminile ma neutrale, per l'appunto) vi pare davvero possibile? Ma soprattutto davvero vi sembra utile? L'ho già detto altrove ma lo ribadisco: questo problema nasce oltreoceano proprio perché in quella parte del mondo non riescono a cogliere la dimensione materiale delle discriminazioni, perciò si concentrano sul (e si limitano al) piano ideale, simbolico. E lo fanno proponendo soluzioni tarate su problemi che però sono tipici della loro lingua, che non conosce il genere grammaticale. Molti giovani italiani oggi usano indicare nella sezione bio dei propri profili social la loro percezione di sé attraverso i pronomi inglesi e questo non è un caso: in italiano il problema si pone molto, molto meno. Addirittura, faceva notare quel giornalista di cui parlavo, lo fanno perfino i giovani finlandesi, che nella loro lingua conoscono solo pronomi neutri.

Ora, tutto questo discorso del genere deriva proprio dalla concezione antiessenzialista postmodernista, che riduce il naturale al culturale: il piano reale, percepito come statico e in un certo senso supino rispetto a quello culturale, viene continuamente plasmato da quest'ultimo, l'unico tra i due ad essere ritenuto rilevante e dinamico. Perciò il genere, da (reale) questione psicologica dell'individuo, assume i contorni di un'entità culturale che va scardinata proprio perché inquadrata come costrutto meramente ideologico – e non come approssimazione (imperfetta) dell'esistente – nonché come mezzo politico per ottenere un fine: la perpetrazione dell'opposizione binaria. Questo che comporta? Beh, semplice: non esistono più né un'identità maschile né un'identità femminile, perché genere e sesso non vanno più in contraddizione. La stessa percezione del corpo biologico diventa qualcosa di definito culturalmente, perciò riplasmabile a partire proprio dal piano culturale, cioè anche dal linguaggio.
Questo modo di pensiero non è univocamente accettato nel mondo LGBTQ+. Per esempio, non sono pochi a percepirlo come un attacco all'omosessualità. Allargando ulteriormente lo sguardo si può apprendere come pure molte femministe non lo vedano di buon occhio, in quanto contrario alla dottrina della differenza, che rivendica con orgoglio la femminilità. Questo dimostra, banalmente, che ridurre l'esistente a mere questione culturali vuol dire aprire ad una spirale particolarista, dove ciascuna categoria pretende di imporre la cultura funzionale all'imposizione della propria identità.
Ad essere eliminato è il rapporto dialettico fra natura e cultura. Perciò a molti di noi sembrano strane queste idee: ci appare indubitabile che nella crescita di ciascun individuo vengono in rilievo sia elementi di predisposizione naturale sia componenti di naturale educazionale, culturale. Come e quanto possano le seconde rimodellare le prime è tutto da capire, e soprattutto varia da cultura a cultura, nello spazio e nel tempo. Però rimane certo, per noi che non accediamo a questa corrente filosofica, che una componente naturale permane. Che in alcuni individui questa possa "soccombere" a quella psicologica, come accade a chi decide poi di cambiare sesso, non è meramente normale: è proprio naturale. Ma altrettanto naturali sono alcune differenze tendenziali fra i sessi, che sono poi quelle che contribuiscono a determinare gli stereotipi. Le differenze tendenziali ovviamente non rappresentano la realtà, che è un complesso intricato di variazioni e peculiarità intermedie; tutt'al più la approssimano e pure grossolanamente, in modo chiaroscurale. Il punto però è che l'assenza di un confine netto tra identità maschile e identità femminile, così come la presenza di persone i cui orientamenti di genere sfuggono all'una e all'altra, non può per ciò stessa portare all'abolizione di queste categorie, che, per quanto imperfette e approssimative, rimarranno comunque funzionali a rispondere ad esigenze reali. L'alternativa è favorire contrapposizioni identitarie sterili ed incomponibili, permettendo alle molteplici percezioni soggettive di divenire centro di riferimento per il diritto e per la morale e, quindi, di elevarsi definitivamente ed irrimediabilmente su quella collettiva, con inevitabile acutizzazione delle tendenze centrifughe che stiamo vedendo, dove ognuno pretende che le convenzioni sociali, linguaggio compreso, vengano a riadattarsi sulle proprie necessità e peculiarità (l'opposto dell'inclusione, appunto). Visto però che il reale esiste e ha una sua autonomia dal culturale, l'unico effetto della negazione della dialettica fra i due piani è di negare anche quella tra individuo e collettività, proponendo soluzioni, come queste ortografiche, che non possono che essere percepite come aliene dalla maggioranza del corpo sociale di riferimento.

Spero che questo pippone, che rasenta l'OT, riesca a dare un minimo di contesto, magari spiegando come spesso alla base di queste diversità di vedute ci siano profonde divergenze filosofiche. Mi auguro anche che non venga gratuitamente additato come qualcuno che «odia il diverso e il cambiamento» per il sol fatto di ritenermi incompatibile con una filosofia che vede il reale come un'entità statica ed eterna. Certo è, però, che l'adozione di linee editoriali divisive, magari efficaci (almeno nel breve periodo) dal punto di vista pubblicitario, mi mette molta tristezza addosso. Per quanto ritenga che tutto sia in un certo senso "politico", dal momento che la politica è il precipitato pratico della nostra intima filosofia, sono comunque convinto che in certi ambiti, magari già inclini all'inclusione, come il nostro, sarebbe meglio andarci coi piedi di piombo.
"BLA BLA BLA transfobicoooh". Questo è quello che leggeranno.
Inutile dire che trovo il tuo post pressochè definitivo. E scritto da Dio. Ma questo lo sai già.
 

Agzaroth

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ok, grazie per la risposta.
 

Patsy

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La lingua non è totalmente sotto il nostro controllo. E soprattutto è del tutto opinabile che le discriminazioni dipendano da esse. In una lingua che ha due generi è normale che si ponga il problema di renderne uno onnicomprensivo. È possibile che il previgente sistema patriarcale avesse contribuito in maniera determinante in quella scelta, ma è altrettanto vero che nella lingua italiana il genere grammaticale non è di per sé legato al sesso biologico – quante guardie giurate hanno lamentato discriminazioni per essere chiamate con un sostantivo femminile? e quante donne e uomini si sono sentiti discriminati per essere stati chiamati, rispettivamente, «individuo» o «persona»? – e, soprattutto, la realtà sociale sta già superando le imperfezioni del linguaggio connesse alla necessità ineluttabile di scegliere un genere onnicomprensivo fra gli unici due disponibili (un esempio fra tanti: la già citata maggioranza femminile nel ceto forense). Vi è poi da non dimenticare che l'italiano conosce da sempre molti termini gender-neutral, se vogliamo metterla in questo modo. Perciò, se uno pensa che sia possibile mutare la realtà a partire dal linguaggio, cosa per me velleitaria, può comunque già tentare di farlo seguendo altre strade che risultino più naturali ed armoniche con il nostro idioma. Imporre un cambiamento così radicale alla maggioranza delle persone (termine femminile ma neutrale, per l'appunto) vi pare davvero possibile? Ma soprattutto davvero vi sembra utile? L'ho già detto altrove ma lo ribadisco: questo problema nasce oltreoceano proprio perché in quella parte del mondo non riescono a cogliere la dimensione materiale delle discriminazioni, perciò si concentrano sul (e si limitano al) piano ideale, simbolico. E lo fanno proponendo soluzioni tarate su problemi che però sono tipici della loro lingua, che non conosce il genere grammaticale. Molti giovani italiani oggi usano indicare nella sezione bio dei propri profili social la loro percezione di sé attraverso i pronomi inglesi e questo non è un caso: in italiano il problema si pone molto, molto meno. Addirittura, faceva notare quel giornalista di cui parlavo, lo fanno perfino i giovani finlandesi, che nella loro lingua conoscono solo pronomi neutri.

Ora, tutto questo discorso del genere deriva proprio dalla concezione antiessenzialista postmodernista, che riduce il naturale al culturale: il piano reale, percepito come statico e in un certo senso supino rispetto a quello culturale, viene continuamente plasmato da quest'ultimo, l'unico tra i due ad essere ritenuto rilevante e dinamico. Perciò il genere, da (reale) questione psicologica dell'individuo, assume i contorni di un'entità culturale che va scardinata proprio perché inquadrata come costrutto meramente ideologico – e non come approssimazione (imperfetta) dell'esistente – nonché come mezzo politico per ottenere un fine: la perpetrazione dell'opposizione binaria. Questo che comporta? Beh, semplice: non esistono più né un'identità maschile né un'identità femminile, perché genere e sesso non vanno più in contraddizione. La stessa percezione del corpo biologico diventa qualcosa di definito culturalmente, perciò riplasmabile a partire proprio dal piano culturale, cioè anche dal linguaggio.
Questo modo di pensiero non è univocamente accettato nel mondo LGBTQ+. Per esempio, non sono pochi a percepirlo come un attacco all'omosessualità. Allargando ulteriormente lo sguardo si può apprendere come pure molte femministe non lo vedano di buon occhio, in quanto contrario alla dottrina della differenza, che rivendica con orgoglio la femminilità. Questo dimostra, banalmente, che ridurre l'esistente a mere questione culturali vuol dire aprire ad una spirale particolarista, dove ciascuna categoria pretende di imporre la cultura funzionale all'imposizione della propria identità.
Ad essere eliminato è il rapporto dialettico fra natura e cultura. Perciò a molti di noi sembrano strane queste idee: ci appare indubitabile che nella crescita di ciascun individuo vengono in rilievo sia elementi di predisposizione naturale sia componenti di naturale educazionale, culturale. Come e quanto possano le seconde rimodellare le prime è tutto da capire, e soprattutto varia da cultura a cultura, nello spazio e nel tempo. Però rimane certo, per noi che non accediamo a questa corrente filosofica, che una componente naturale permane. Che in alcuni individui questa possa "soccombere" a quella psicologica, come accade a chi decide poi di cambiare sesso, non è meramente normale: è proprio naturale. Ma altrettanto naturali sono alcune differenze tendenziali fra i sessi, che sono poi quelle che contribuiscono a determinare gli stereotipi. Le differenze tendenziali ovviamente non rappresentano la realtà, che è un complesso intricato di variazioni e peculiarità intermedie; tutt'al più la approssimano e pure grossolanamente, in modo chiaroscurale. Il punto però è che l'assenza di un confine netto tra identità maschile e identità femminile, così come la presenza di persone i cui orientamenti di genere sfuggono all'una e all'altra, non può per ciò stessa portare all'abolizione di queste categorie, che, per quanto imperfette e approssimative, rimarranno comunque funzionali a rispondere ad esigenze reali. L'alternativa è favorire contrapposizioni identitarie sterili ed incomponibili, permettendo alle molteplici percezioni soggettive di divenire centro di riferimento per il diritto e per la morale e, quindi, di elevarsi definitivamente ed irrimediabilmente su quella collettiva, con inevitabile acutizzazione delle tendenze centrifughe che stiamo vedendo, dove ognuno pretende che le convenzioni sociali, linguaggio compreso, vengano a riadattarsi sulle proprie necessità e peculiarità (l'opposto dell'inclusione, appunto). Visto però che il reale esiste e ha una sua autonomia dal culturale, l'unico effetto della negazione della dialettica fra i due piani è di negare anche quella tra individuo e collettività, proponendo soluzioni, come queste ortografiche, che non possono che essere percepite come aliene dalla maggioranza del corpo sociale di riferimento.

Spero che questo pippone, che rasenta l'OT, riesca a dare un minimo di contesto, magari spiegando come spesso alla base di queste diversità di vedute ci siano profonde divergenze filosofiche. Mi auguro anche che non venga gratuitamente additato come qualcuno che «odia il diverso e il cambiamento» per il sol fatto di ritenermi incompatibile con una filosofia che vede il reale come un'entità statica ed eterna. Certo è, però, che l'adozione di linee editoriali divisive, magari efficaci (almeno nel breve periodo) dal punto di vista pubblicitario, mi mette molta tristezza addosso. Per quanto ritenga che tutto sia in un certo senso "politico", dal momento che la politica è il precipitato pratico della nostra intima filosofia, sono comunque convinto che in certi ambiti, magari già inclini all'inclusione, come il nostro, sarebbe meglio andarci coi piedi di piombo.
Solo applausi 👏 👏 👏
Questo post è lo scritto migliore che ho trovato sull'argomento, inclusi giornali e siti mainstream!!!
 

Salironth

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Regà, così mi fate arrossire, per favore 🤣
Seriamente: purtroppo non ho il dono della sintesi, ma spero comunque di aver chiarito perché su questo argomento spinoso ci si continui a scannare anche fra persone sensibili alle problematiche delle minoranze.
 

Patsy

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Comunque, tornando in topic, se la MS o qualunque altro editore pubblica o un volume intero usando quella roba lì, mi spiace ma io passo.
Non è per cattiveria, omotransfobia o altre putt...te, ma proprio non ce la faccio.
Non è mancanza di voglia di impegnarmi quando leggo (leggo fin troppo roba in inglese tra regolamenti di giochi e libri/articoli di storia): ma quando leggo italiano voglio che sia italiano e non una sua storpiatura (e si, a forza di non scrivere più se non su forum e WhatsApp, ho perso proprietà di linguaggio, ma ancora ho un certo occhio critico su un testo che mi viene posto davanti).
a questo si aggiunge che non credo all'uso del linguaggio praticato in questo modo, ma è secondario.
Per cui un intero libro scritto con la schwa lo lascio ad altri, senza polemica o quasi
 

prozio

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Comunque, tornando in topic, se la MS o qualunque altro editore pubblica o un volume intero usando quella roba lì, mi spiace ma io passo.
Non è per cattiveria, omotransfobia o altre putt...te, ma proprio non ce la faccio.
Non è mancanza di voglia di impegnarmi quando leggo (leggo fin troppo roba in inglese tra regolamenti di giochi e libri/articoli di storia): ma quando leggo italiano voglio che sia italiano e non una sua storpiatura (e si, a forza di non scrivere più se non su forum e WhatsApp, ho perso proprietà di linguaggio, ma ancora ho un certo occhio critico su un testo che mi viene posto davanti).
a questo si aggiunge che non credo all'uso del linguaggio praticato in questo modo, ma è secondario.
Per cui un intero libro scritto con la schwa lo lascio ad altri, senza polemica o quasi

Richiedo, senza polemica, se applichi lo stesso ragionamento a manuali in cui si trovano altri tipi di storpiature, ad esempio locazione al posto di luogo?

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Danebed

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Ora, tutto questo discorso del genere deriva proprio dalla concezione antiessenzialista postmodernista, che riduce il naturale al culturale: il piano reale, percepito come statico e in un certo senso supino rispetto a quello culturale, viene continuamente plasmato da quest'ultimo, l'unico tra i due ad essere ritenuto rilevante e dinamico. Perciò il genere, da (reale) questione psicologica dell'individuo, assume i contorni di un'entità culturale che va scardinata proprio perché inquadrata come costrutto meramente ideologico – e non come approssimazione (imperfetta) dell'esistente – nonché come mezzo politico per ottenere un fine: la perpetrazione dell'opposizione binaria. Questo che comporta? Beh, semplice: non esistono più né un'identità maschile né un'identità femminile, perché genere e sesso non vanno più in contraddizione. La stessa percezione del corpo biologico diventa qualcosa di definito culturalmente, perciò riplasmabile a partire proprio dal piano culturale, cioè anche dal linguaggio.
Questo è proprio il nocciolo centrale del discorso e pure una filosofia che personalmente contesto. Non è una novità che l'essere umano costruisca strutture mentali per giustificare la sua sensazione di essere più elevato rispetto alla feccia del mondo reale in cui abita. In questo mettiamoci pure la distinzione tra corpo, anima e spirito della filosofia cristiana, e da ultimo le pretesa separazione assoluta tra la cosiddetta identità di genere e il sesso biologico. Non per altro, la possibilità di scindere in maniera netta e totale il corpo dal pensiero è ben rappresentata nel panorama culturale, soprattutto in fantascienza, dove spesso si incontrano tecnologie per spostare un individuo da un corpo all'altro.

Questo concetto biologicamente è contestabile: è stato ampiamente dimostrato che il carattere di un individuo dipende fortemente da strutture biologiche, quindi reali, ad esempio nei casi in cui dopo incidenti che danneggiavano parte del cervello il modo di comportarsi e vivere di una persona cambiava radicalmente. Altro esempio è la trasmissione di alcuni tratti caratteriali tra genitori e figli, anche se in questo caso può essere chiamata in causa l'educazione impartita dagli stessi.

Con questo non intendo dire che un individuo non possa avere identità sessuali diverse dai semplici etero/omo, ma che la pretesa di slegarsi in maniera assoluta dal piano reale mi pare eccessiva, oltre che di comodo: nel momento in cui il piano reale non conta niente per il mondo esterno l'unico interlocutore diventa la persona stessa, che si arroga il diritto di esprimere senza limitazioni di sorta il modo in cui pretende di essere trattato. Questa è una tendenza anarchica: la società di persone funziona in virtù delle regole e dei bilanciamenti tra diritti e doveri di ogni individuo. Chi tenta di rompere questo equilibrio trova naturalmente nella società forze che contrastano questo cambiamento non fosse altro per la natura conservatrice delle nostre società. Detto in modo vernacolare: la gente non ha voglia di rotture di palle.

Alla prova dei fatti, la natura anarchica mi pare evidente: questi movimenti pretendono di dettar legge non solo nella loro vita (dove sono pienamente titolati per farlo), ma anche di comandare il modo intero in cui il resto della società opera imponendo norme soggette al loro esclusivo arbitrio e non concordate con il resto della società (il che non è molto diverso da quello che fecero e fanno molte religioni in passato). Esempi sono questa benedetta schwa o il riconoscimento ufficiale degli svariati orientamenti sessuali che sono stati scoperti nel corso dei tempi.

Io mi ritengo abbastanza liberale come orientamento: se uno vuole amare proporzioni diverse di persone è libero di farlo. Uno è libero di vestirsi come vuole, e di comportarsi nella maniera che preferisce. Ma far parte della società vuol dire sottostare a delle regole che non sono sempre perfette, non sempre sono nemmeno giuste, ma sono necessarie per fare funzionare la baracca. Regole che talvolta impongono delle classificazioni necessarie per i fini pratici anche se non rispettano l'unicità e le specificità di ogni individuo. Pretendere di piegare queste regole al proprio desiderio mi sembra immaturo oltre che parecchio pretenzioso.
 

Francis_Ford_Fiesta

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Seriamente: purtroppo non ho il dono della sintesi, ma spero comunque di aver chiarito perché su questo argomento spinoso ci si continui a scannare anche fra persone sensibili alle problematiche delle minoranze.
Quoto qui perché non mi va di quotare il wall of text. Tu continui a tirare in ballo il postmodernismo ma io credo che la maggior parte delle istituzioni non faccia riferimento a quel modello culturale e credo che la maggior parte delle persone non binarie, che sono per lo più della generazione millennial non abbiano letto tutti Derrida o Zapfe

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Richiedo, senza polemica, se applichi lo stesso ragionamento a manuali in cui si trovano altri tipi di storpiature, ad esempio locazione al posto di luogo?

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Ti rispondo io, per quanto mi riguarda.
Dipende quanto certi neografismi impattatano sulla comprensione del testo e quanto sono frequenti, ne più ne meno come un refuso, oppure un'impaginazione un po' troppo "originale". Gli Urania a doppia colonna mi urtano la vista.
E, come in questo caso, mi chiedo: A CHE PRO?
 

Thegoodson

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Quoto qui perché non mi va di quotare il wall of text. Tu continui a tirare in ballo il postmodernismo ma io credo che la maggior parte delle istituzioni non faccia riferimento a quel modello culturale e credo che la maggior parte delle persone non binarie, che sono per lo più della generazione z non abbiano letto tutti Derrida o Zapfe

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Beh questo ha poco rilievo.
E' come dire che non si può parlare di modelli di capitalistici per la generazione Z perchè non hanno letto il Capitale.
 

Salironth

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Quoto qui perché non mi va di quotare il wall of text. Tu continui a tirare in ballo il postmodernismo ma io credo che la maggior parte delle istituzioni non faccia riferimento a quel modello culturale e credo che la maggior parte delle persone non binarie, che sono per lo più della generazione z non abbiano letto tutti Derrida
Il modello culturale è quello. Non c'è bisogno di leggere in prima persona le opere di un autore per subirne le sue influenze. Derrida, Lacan & Co. hanno impresso una rivoluzione (per me involuzione) culturale di cui stiamo scontando ora gli effetti.
Richiedo, senza polemica, se applichi lo stesso ragionamento a manuali in cui si trovano altri tipi di storpiature, ad esempio locazione al posto di luogo?
Scusami, ma proprio non capisco come tu riesca a paragonare serenamente un errore grossolano (locazione anziché luogo) ed una rimodellazione forzosa e deliberata di un pilastro grammaticale della lingua dettata da ragioni genuinamente politiche.
 

esyak

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Richiedo, senza polemica, se applichi lo stesso ragionamento a manuali in cui si trovano altri tipi di storpiature, ad esempio locazione al posto di luogo?

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E' stata aperta una discussione anche su quell'argomento qui
Tutti quelli che hanno scritto lì sono "locazionofocibi", o semplicemente si lamentano di una forzatura non necessaria?
 

volmay

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Quoto qui perché non mi va di quotare il wall of text. Tu continui a tirare in ballo il postmodernismo ma io credo che la maggior parte delle istituzioni non faccia riferimento a quel modello culturale e credo che la maggior parte delle persone non binarie, che sono per lo più della generazione millennial non abbiano letto tutti Derrida o Zapfe
... eh?
Qualcuno traduce per favore?
 

diesel

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Non è la prima volta che MS la fa fuori dal vaso dal punto di vista ideologico.
Io gradirei che si occupassero di altro, tipo chessò, GIOCHI. Usando la lingua italiana, magari.

Io ODIO quando si mischiano lavoro e politica.
 

diesel

Veterano
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E allora?
C’è una legge che vieta di scrivere in modo scorrretto?
La forzatura è una precisa scelta politica, che sia ingiustificabile è un tuo giudizio che riguarda solo te e non vale per me
Ma sei serio?
 

esyak

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esyak
Se inizi un percorso di transizione a sostegno della tua tesi sì. Una volta visto che non sei disabile, e dopo una visita psicologica non ci sono gli estremi per diagnosticare una disforia di genere, no.
Non ho capito questo punto, di base tutti quelli che hanno una disforia di genere devono passare obbligatoriamente per uno psicologo per accertare che non si sentano del sesso biologico?
 

Patsy

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Richiedo, senza polemica, se applichi lo stesso ragionamento a manuali in cui si trovano altri tipi di storpiature, ad esempio locazione al posto di luogo?

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Diciamo così.
Un manuale è un manuale.
Locazione lo accetto se usato solo nell'uso specifico per cui èstato "creato"/ accettato: per stabilire il punto del corpo specifico da colpire.
Per fortuna o non mi è mai capitato o non ci ho mai fatto caso.
Comunque, la risposta è: fa schifo.
Ma posso accettare 2 o 3 schifezze usate qua e là in un manuale di gioco (ripeto, manuale, regolamento, spiegazione di regole).
Un altro conto è un intero volume di narrativa scritto con lo schwa o altre robe simili al posto di maschile e femminile, distruggendo totalmente l'uso di maschile e femminile e la concordanza di genere.
 
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