LeonardoM
Veterano





Mi sembrano gli stessi termini usati dagli SJW, la realtà è che esiste il diritto di ignorare i daltonici riguardo alla palette di colori o i dislessici nella scelta dei caratteri dei testi, il fatto che si sia diffusa una giusta sensibilità a riguardo e che si voglia venire incontro alle difficoltà di particolari persone non elimina il sacrosanto diritto di realizzare il proprio gioco come si preferisce e se si vuole infischiarsene bellamente delle esigenze dei giocatori, semplicemente il gioco non venderà o venderà meno.Per concludere, perdonami se te lo dico, ma il discorso "solo il 4% vede male i colori non vedo perché dovrei adeguarmi a loro" (che poi non è 4%, è di più. 4% è una media su tutta la popolazione, ma la verità è che c'è un 8% tra i maschi e 0,5% tra le femmine, ma il gioco da tavolo è un hobby a componente prevalentemente maschile), è un discorso un po' infame, perché propugna il diritto a ignorare le difficoltà di una parte della popolazione solo perché quella parte è inferiore al 50% del totale. Come dice @TeresaStrauss non si chiede nessuno sforzo, solo di usare dei colori diversi da quelli a cui uno può essere abituato. Non bisogna adeguarsi a un bel niente, non si chiede di giocare spostando le pedine con i piedi al posto delle mani...solo di usare colori diversi. Opporsi a questo e leggerlo come una lesione dei propri diritti mi sembra una posizione un po' debole, per non dire insensibile e indifferente, per non dire altro...
Questo visto che in questa discussione parliamo di libertà intellettuale, poi io sarei il primo a fare una scelta di inclusività riguardo ai colori.
Perché un gioco è anche una espressione d’arte da parte dell’autore e nell’esprimersi può ignorare anche l’accessibilità e la giocabilità della sua stessa creatura.
Per fare un esempio un po' estremo: recentemente Eklund è stato accusato di antisemitismo per una nota sui pogrom nella nuova edizione di Pax Reinaissence, e gli era stata chiesta di tagliarla, è completamente ininfluente sulle meccaniche di gioco e non gli sarebbe costato davvero nulla toglierla, ma lui non ha voluto, evidentemente perché considera la propria creatura più di un semplice prodotto commerciale per soddisfare dei consumatori, ma come una forma di espressione artistica.
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