Ora sorgono le seguenti questioni:
1) Fino a che punto un autore è "libero" nel progettare giochi (già abbiamo visto casi tipo Mombasa o addirittura Maracaibo dove la tolleranza è bassa "perché in quel periodo c'era la schiavitù")
2) Fino a che punto un autore è "libero" di pensarla come cacchio gli pare
3) Se sia giusto esser bollati a vita come razzisti in base a frasi più o meno infelici ma che razzisti magari non sono e magari accettare le sue scuse
4) Se sia giusto che una nazione straniera giudichi un nostro connazionale non conoscendo bene la lingua in cui si esprime in forza di princìpi che siano del loro paese e non del suo
5) Se l'opera è scindibile dall'artista: mi spiego meglio. Lovecraft forse era razzista: devo boicottare chi pubblica i suoi libri?
6) Fino a che punto i produttori dei giochi soggiacciono agli umori dei social
Avremo giochi sempre più omologati?
Ciao. Ci rivediamo in nuovi lidi. Ti darò la mia opinione, per quel che vale
1) il limite lo pone innanzitutto la Legge, che, al momento (in Occidente) è la migliore degli ultimi 2000 anni. Si devono evitare discriminazioni di sesso, età, religione, censo, etc. Si deve evitare di diffamare persone o gruppi sociali. Evitare di incitare la violenza. et similia
Ad essa si aggiungono altri fattori secondari: la creatività e i vincoli mentali dell'autore (c'è chi non vorrebbe mai fare un gioco sul colonialismo, p.e); la legge della domanda ed offerta (è difficile che un autore spenda tempo e risorse a progettare un gioco sulla gestione di un distributore di benzina a Rho, visto il poco interesse); le mode del momento (ci sono argomenti, seppur sensibili, che hanno risonanza e dibattito e quindi se può parlare)
2) il pensiero è sempre libero. Uno può avere le peggiori nefandezze nella testa, ma può essere valutabile solo per quello che esterna, nelle parole e nei fatti. E' l'unico metro: la Polizia del Pensiero sarebbe il male assoluto. Per chiarire: uno può lecitamente avere un pensiero/pregiudizio razzista. Se però si comporta sempre correttamente verso le persone di razza diversa (spero non si apra la questione dell'esistenza delle razze: è solo per l'esempio). se non esprime odio o disprezzo nelle sue parole e non li discrimina nei fatti, allora va bene. Sarà un ipocrita, ma perlomeno è a fin di bene, nel senso che cerca di mantenere integro il patto sociale e di non infrangere la Legge.
Insomma uno può pensare quello che vuole, ma poi nell'interazione diretta e nella comunicazione deve applicare filtri più o meno forti a seconda della tipologia e qualità del pensiero. Questo vale anche per gli autori di giochi, beninteso. Purtroppo per loro non rientrano in quelle poche categorie che godono di una maggiore libertà di pensiero: artisti, religiosi, politici, gente famosa.
P.S. Uno dei problemi dei social, a mio vedere, è che fa pensare a tutti i cittadini che i filtri non esistano più. Si pensa che lo SPhone sia una estensione del proprio cervello e che le parole scritte è come se si aggirassero nella propria mente, e non gridate ai 4 venti.
3) la giustizia dipende dal caso. Certe volte si odono, o leggono, cose inaudite per cui la reazione deve essere severa ma giusta. Altre volte è chiaro, per una mente priva di pregiudizi/simpatie di qualsivoglia genere (cosa impossibile in un senso o l'altro), che viene montata una storia pretestuosa, oppure che c'è stata una incomprensione.
La questione delle scuse per me è difficile. Se le scuse sono chiarimenti verso una situazione di incomprensione (io volevo dire questo, ma cmq chiedo scusa per chi si è sentito offeso), bene. Non credo alle scuse di chi fa e dice cose fuori dal mondo: la comprensione dell'errore è in genere un viaggio lungo e non un'improvvisa epifania davanti alla prospettiva della punizione. Comunque anche quì si dovrebbe vedere se il "reo" è un novello San Paolo...
4) per quanto detto sopra chiunque può dire quello che vuole di un essere umano di un altro paese, a patto di rispettare la Legge. Se oltrepassa i limiti, allora la persona oggetto dei giudizi (diciamo il "presunto diffamato") può adire alle vie della Legge. Non credo si debba confondere il buon gusto, il senso del limite, il criterio di giudizio del singolo con la Giustizia (E' giusto che...?).
Non facciamo della questione di Tascini un affare di Stato. E' vero che gli anglo-sassoni (e in genere l'Europa centro settentrionale) ci vedono come dei subumani che hanno la fortuna di vivere in un bellissimo posto con una grande storia antica (si veda quello che dice Dario Fabbri di Limes tutte le volte), per cui Tascini probabilmente verrà visto come il classico Mediterraneo arretrato e codino, magari nostalgico di Mussolini, che sfrutta le donne ed ha il coltello svelto (beh, quì ho proprio esagerato... ? ).
Mia madre, italiana del centro Italia, ha sposato mio padre, borghese tedesco di famiglia cosmopolita. Quando è andata a vivere su, tutti i tedeschi si meravigliavano che lei dicesse di avere l'acqua corrente in casa in Italia, e che non sapesse cucinare, ma lavorare. La guardavano come il cagnolino che ti sorprende con qualche mossettina inaspettata... Questi stessi sguardi li trovo negli italiani nei confronti di alcune tipologie di stranieri... Siamo tutti uguali, noi umani. Con qualche sfumatura dovuta al momento storico, si pensa sempre che sono gli altri la rovina del mondo, i portatori di malattie, i delinquenti abituali.
5) l'opera dovrebbe essere scindibile dall'autore SEMPRE. Si dovrebbe valutare l'opera in sè per sè, nei contenuti e nelle forme. Poi, chiaramente, tali valutazioni cambiano di epoca in epoca a seconda delle sensibilità. Questo vale per la Storia (che non è mai definitiva), figuriamoci per opere dell'ingegno umano. Se Marco Polo I e II avessero inneggiato alla superiorità dell'uomo occidentale avrebbe avuto senso che la HiG avesse deciso di toglierli dal mercato. Ma il caso in questione non riguarda i giochi di Tascini, bensì una sua frase buttata là sui social, per cui la gente dovrebbe giudicare i suoi giochi senza pregiudizi. MA dato che la cosa è impossibile per gli umni (non per il singolo, ma per un gruppo sollecitato da una sua parte che sollecita un giudizio è difficile che non ci sia un dibattito e prese di posizioni, anche ideali e pregiudiziali), in genere si va a finire che si mette a giudizio l'Autore con la sua opera.
6) Quanto scritto sopra porta a dire che le Società editrici, in genere dei privati che vogliono far soldi, sono molto sensibili agli umori della piazza, di cui i social sono uno dei megafoni, e che quindi vivano sotto ricatto della minoranza vociante. Questa può avere anche ragione, sia chiaro. Ma in genere si impongono delle azioni repentine, un tagliare la testa al toro, che danno una sensazione di amaro in bocca. Di giustizia sommaria. Un po' come i processi che si facevano nell'ultimo Batman, sotto l'Egida di Bane.
Le mie sono solo opinioni, come anticipato, per cui contestabili
