Mumble, riflessione oziosa. Qual è il potere che decidiamo di dare alle parole? È tutto qui il problema che andrebbe risolto, se la parola è avulsa dall’azione e non preludio, araldo e induttore di azione escludente e svilente allora si potrebbe usare qualsiasi epiteto e la persone dovrebbero imparare ad offendersi di meno ma se, invece, per come siamo fatti e per il peso che riveste la parola nella creazione di una coscienza, la parola è legata a doppio filo con l’essenza della persona, allora questa continua a rivestire, in ogni caso, un vincolo ad un’emancipazione della società. Per le due campane del thread è vera o una o l’altra visione e fino che non si risolve questa dicotomia ci si ritroverà, temo, nella condizione di conflitto irrisolvibile.
Da par mio auspico un mondo dove le parole siano libere dall’azione in quanto le persone siano dotate di un’etica tale per cui non possa sussistere alcun tipo di frase che possa indurre tangibile esclusione e sofferenza negli altri, ma questo sarebbe il mondo delle fate e dei folletti. Purtroppo, invece, il mondo reale non è benedetto da tale dono e nell’ottica di una società meno segregante bisogna, secondo me, mettersi nell’ordine delle idee di evitare determinate parole, anche in contesti amicali, perché infine possano sparire. Occorre però che prima o poi ci si arrivi a quest’emancipazione dal peso delle parole perché quel futuro di autocensura continua ci renderebbe tutti davvero più poveri. A me, ad esempio, sta sul cazzo non poter lasciarmi andare al black humor, il miglior humor che c’è, perché la gente si piglia e lo piglia troppo sul serio.
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