Uscito nell’ormai lontano 2013 e approdato con un lieve ritardo di circa dieci anni nel mercato italiano,
Fields of Arle è un titolo di
Uwe Rosenberg per 1-2 giocatori (3 se espanso con
Tea & Trade o nella sua versione
Big Box) che propone una ricetta di per sé classica e abituale per l’autore tedesco:
piazzamento lavoratori unito alla consueta
ambientazione agreste.
In questo articolo mi limiterò a commentare le regole per le partite a due giocatori.
Il gioco si presenta di primo acchito come un enorme sandbox: tutti e trentadue gli spazi azione sono disponibili fin da subito e i lavoratori sono sempre e solo quattro a giocatore per tutta la partita. L’interazione, specie tra giocatori novizi, è decisamente bassa, ma tende a crescere proporzionalmente all’esperienza al tavolo, portando a un lento e graduale restringimento dello spazio decisionale (che resta comunque ampio, c’è da dire, lasciando un bel margine di libertà al giocatore). Ma già dopo le prime rilassate partite s’inizia a intuire il ruolo centrale e cruciale del sistema di piazzamento legato all’ordine di turno.
L’azione “fuori stagione” e le sue innumerevoli conseguenze
La partita si articola su nove
round, ovvero
nove stagioni di cui cinque estive e quattro invernali, ognuna composta da quattro
turni di piazzamento per giocatore. I giocatori avranno la possibilità di piazzare i propri lavoratori su uno dei
sedici spazi azione esclusivi della stagione in corso.
Solo un giocatore però, avrà l’
opportunità di sfruttare un’azione tra le sedici della stagione opposta. Dal momento in cui uno avrà svolto questa
azione speciale, nessuno potrà più piazzare altri lavoratori al di fuori degli spazi della stagione in corso.
- La prima implicazione ha a che fare con la componente tattica del gioco: il primo che sceglie di agire “fuori stagione”, dimezza immediatamente il pool di azioni disponibili (passano da trentadue a sedici in un batter di ciglia), rendendo il resto del round ben più restrittivo in fatto di scelte.
Spesso ci si ritroverà con sette lavoratori ancora da piazzare su sedici spazi azione. - La seconda riguarda la parte strategica, dato che le due stagioni presentano azioni di natura diversa: l’estate offre ad esempio più opportunità per costruire edifici, piantare alberi, coltivazioni, bonificare torbiere, recuperare materie prime; l’inverno è invece più incentrato sul reperimento o la macellazione di animali, la costruzione di stalle più capienti o di veicoli.
Di conseguenza il fatto di accedere alla stagione opposta risulta spesso un vantaggio significativo, riservando un accesso esclusivo a una specifica tipologia di azioni, di natura diversa da quelle della stagione in corso.
Il dilemma dell’ordine di turno
Ma questa meccanica non governa solamente l’ampiezza dello spazio decisionale del round in corso: va oltre, incidendo sul timing stesso dello svolgimento delle azioni.
A inizio partita, il giocatore che partirà per primo d’estate avrà tra le mani un segnalino che raffigura la stagione corrispondente; il secondo giocatore, per contro, avrà l’indicatore che lo identifica come primo giocatore della stagione invernale. Se i giocatori piazzassero sempre i lavoratori solo sulla stagione in corso, l’ordine di turno non cambierebbe mai.
Ma a spezzare questa alternanza ci pensa sempre la suddetta azione speciale: in ogni round, il giocatore che decidesse di svolgerla cederà al suo avversario il privilegio di diventare primo di turno nella stagione successiva. Nel caso in cui il giocatore che decidesse di svolgere l’azione speciale fosse già destinato ad andare secondo nella stagione seguente, l’ordine di turno logicamente non cambierebbe, e i segnalini non verrebbero scambiati: avrà tutto l’interesse a svolgere quanto prima un’azione “fuori stagione”, anche solo per rendere più difficile la vita all’avversario.
In definitiva, con un singolo
twist meccanico Rosenberg trova un
modo elegante ed efficace per lavorare su varie dimensioni del gioco, costringendo i giocatori a chiedersi: mi conviene davvero sfruttare l’azione speciale per avvantaggiarmi con un’azione altrimenti inaccessibile in questo
round, riducendo peraltro drasticamente le scelte del mio avversario, o mi conviene tenermi stretto il segnalino che mi permetterà di agire per primo al prossimo
round?
Questa meccanica è uno dei dettagli che rende Fields of Arle un design ricco e solido, che lascia un bel margine alla creatività strategica dei giocatori, integrando in maniera organica e armoniosa la meccanica di ordine di turno variabile e quella di piazzamento laboratori.
A riprova della centralità di questo sistema di ordine di turno, a dirla tutta insolita per il design di Rosenberg, in genere non così ricercato sotto questo aspetto, aggiungo un ultimo tassello. A differenza di molti altri titoli dell’autore (Agricola, Le Havre, Caverna, Ora et Labora, A Feast for Odin, giusto per citare i più celebri), Fields of Arle non prevede la condivisione della vittoria in caso di pareggio, e il tie-break è legato proprio all’ordine di turno: se si finisce a pari punti, vince la fine partita chi avrebbe iniziato un ipotetico decimo round di gioco. Insomma, un motivo in più per stare all’erta e imparare a gestire al meglio questa meccanica.