Meccaniche, Dinamiche ed Estetiche (Parte 1 di 2)

Foto di Santiago Lacarta da Pixabay

Prosegue la serie di articoli sulla progettazione dei giochi da tavolo.

Approfondimenti
Giochi

Quello che state per leggere fa parte di una serie di articoli estratti dal mio lavoro “Progettare giochi da tavolo”. Si tratta di un progetto di cui ho parlato in questo post sul forum della Tana dei Goblin.

L’idea è quella di estrarre dai libri alcuni paragrafi che trattano argomenti ritenuti da me di particolare interesse e di presentarli sottoforma di articoli. Se avete già letto i libri non troverete nulla di nuovo, ma se non li aveste ancora letti potreste trovare qualche spunto interessante.

Di seguito gli articoli facenti parte di questa serie:
1 - Gli archi di gioco
2 - Progressione del gioco e dei giocatori
3 - Gestione dei pareggi
4 - La casualità come fonte di incertezza
5 - La tensione e la pressione
6 - Modellare la curva di apprendimento
7 - Bilanciare un gioco con il metodo dell’ancoraggio
8 - La granularità nel bilanciamento di un gioco
9 - Il design document
10 - Meccaniche, Dinamiche ed Estetiche (Parte 1 di 2)

Le finalità di un gioco

Quando il designer progetta un gioco deve tenere sempre a mente qual è la finalità del suo lavoro, ovvero quella di far vivere ai giocatori un’esperienza appagante, divertente e coinvolgente. Il suo compito, quindi, deve essere quello di creare un sistema di regole che sia in grado di indirizzare il flusso di gioco in modo da riuscire a veicolare ai giocatori l’esperienza da lui voluta. 

Questo concetto è espresso molto bene dal Framework MDA descritto nel documento “MDA: A Formal Approach to Game Design and Game Research” pubblicato nel 2004 da Hunicke, LeBlanc e Zubek. Il framework MDA permette di rendere più facile scomporre, studiare e progettare un gioco. Dalla sua introduzione è diventato uno degli approcci fondamentali usati dai designer, ed è ben accettato anche nel mondo accademico.

I giochi vengono scomposti in tre componenti, ovvero meccaniche, dinamiche ed estetiche (l’acronimo MDA deriva proprio dalle iniziali di queste tre parole in lingua inglese: Mechanics, Dynamics, Aesthetics). Sebbene questi concetti fossero usati in modo informale anche prima, il merito del framework MDA è stato quello di aver fornito una loro definizione formale e di aver cercato di spiegare come il modo in cui si relazionano questi tre componenti vada a influenzare l'esperienza vissuta dai giocatori. 

In questo articolo e nel prossimo verranno analizzati nel dettaglio i tre componenti. Per il momento basti sapere che:

  • le meccaniche sono le regole che descrivono il funzionamento del gioco;
  • le dinamiche descrivono il risultato delle meccaniche mentre sono in uso, ovvero nel momento in cui si sta giocando;
  • le estetiche descrivono l'effetto che le dinamiche hanno sulle emozioni dei giocatori e quindi rappresentano l’esperienza di gioco.

In poche parole, si può dire che: 

  • il designer progetta le meccaniche
  • le meccaniche fanno emergere le dinamiche nel momento in cui si gioca; 
  • l’interazione tra le dinamiche ed i giocatori crea le estetiche.

Se è vero che l’obiettivo del designer è quello di veicolare una certa esperienza di gioco, ovvero le estetiche, è anche vero che egli ha il controllo diretto solamente sulle meccaniche. Non può, quindi, intervenire direttamente sulle estetiche, ma è costretto a procedere ideando delle regole di gioco nella speranza che queste, passando per le dinamiche, facciano emergere l'esperienza che egli desidera veicolare. Questa è una delle ragioni per cui la progettazione dei giochi è considerata un’attività piuttosto difficile. Non basta avere una buona idea per ottenere un buon gioco: è necessario trovare delle regole che implementino quell’idea in un contesto dove due terzi degli elementi non sono direttamente controllabili.

Per cercare di raggiungere il risultato voluto, il framework MDA suggerisce di procedere in modo inverso rispetto al funzionamento appena esposto. Viene consigliato, infatti, di iniziare ragionando su quali sono gli obiettivi che si vuole ottenere nelle estetiche, per poi procedere nell’identificare quali sono le dinamiche adatte ad ottenere tali obiettivi e, infine, decidere le meccaniche di conseguenza.

Andiamo ora ad analizzare nel dettaglio i tre componenti del framework MDA: Meccaniche, Dinamiche ed Estetiche.

Le meccaniche

Il termine meccanica è molto utilizzato in ambito ludico, non solo dai designer, ma anche dagli stessi fruitori, ovvero i giocatori. Può capitare spesso, infatti, di imbattersi in discussioni tra appassionati in cui si commentano le meccaniche dell’ultima novità ludica intavolata. A volte, però, può capitare che questo termine sia usato in modo improprio con la conseguenza di generare confusione o incomprensioni.

In qualità di designer è assolutamente necessario avere chiaro il significato di questo concetto, in quanto le meccaniche sono l’elemento principale su cui si agirà per cercare di veicolare l’esperienza di gioco desiderata.

Da un punto di vista pratico le meccaniche sono l’insieme delle regole che governano un gioco. Sono delle procedure che a fronte di alcuni requisiti di attivazione e nel rispetto di certi limiti producono una serie di effetti. Per esempio, potrebbe essere che in un gioco, scartando due carte raffiguranti della pietra ed una raffigurante del legno, sia possibile costruire un edificio in uno spazio libero del tabellone. In pratica avviene una sorta di trasformazione: le tre carte si tramutano in un edificio a patto che ci sia una posizione libera sul tabellone. La meccanica è la regola che permette questa trasformazione.

Le mosse che i giocatori eseguono durante i loro turni non sono altro che delle azioni che vanno ad attivare delle meccaniche.

Come già anticipato, le meccaniche necessitano quasi sempre di alcuni requisiti per poter essere attivate. Andando ad analizzare questi requisiti, generalmente si possono distinguere tre diversi casi che potrebbero anche essere combinati tra di loro.

Nel primo caso il requisito si presenta sotto forma di costo. Esso prevede che, per poter attivare la meccanica, delle risorse vengano cedute. Nella maggior parte dei casi le risorse vengono semplicemente scartate, ma ci possono essere anche delle volte in cui vengono date ad altri giocatori che, in questo caso, ne ottengono un guadagno. Nell’esempio precedente, in cui scartando tre carte si otteneva un edificio, l’attivazione della meccanica avveniva a seguito di un pagamento (le tre carte).

Il secondo caso si presenta sotto forma di prerequisito necessario. Esso prevede di essere in possesso di alcune risorse che, però, non vengono consumate e rivestono unicamente il ruolo di un prerequisito senza il quale non è possibile attivare la meccanica. In un gioco potrebbe succedere, ad esempio, che chi è in possesso di un edificio di tipo banca, alla fine del round possa ricevere una rendita di tre monete. In questo caso il possesso della banca è semplicemente un prerequisito per poter attivare la meccanica della rendita.

L’ultimo caso si presenta sotto forma di condizione. Esso prevede che, per poter attivare una meccanica, vengano rispettate delle condizioni, come il fatto che delle risorse si trovino in un certo stato. Tornando all’esempio precedente, potrebbe essere che per poter ricevere la rendita, non sia sufficiente possedere una banca, ma che sia anche necessario fare in modo che essa venga attivata entro la fine del round.

Quando una meccanica viene innescata produce un effetto. Gli effetti che si possono ritrovare più di frequente nei giochi sono quattro e possono combinarsi tra di loro andando a formare degli interessanti accostamenti.

L’effetto più comune è sicuramente quello di acquisire una o più risorse. Alcuni esempi possono essere pescare una carta, guadagnare una moneta oppure prendere una risorsa.

Un altro effetto è quello di perdere una o più risorse. Succede spesso, infatti, che l’attivazione di una meccanica possa generare una sorta di penalità, magari per un avversario. Alcuni esempi possono essere pagare una tassa, sottrarre una carta ad un giocatore oppure perdere delle armate.

Il terzo effetto, anche questo molto comune, è la trasformazione. Si verifica quando a fronte di una cessione di alcune risorse, se ne ottengono altre in cambio. Un esempio potrebbe essere quello fatto in precedenza, dove scartando tre carte si ottiene un edificio.

L’ultimo effetto è quello di cambio di stato di una risorsa. Si verifica quando la risorsa usata per attivare la meccanica viene potenziata, depotenziata o ne viene cambiata la funzione. Un esempio potrebbe essere quello del potenziamento di un edificio. Si immagini, ad esempio, una banca che nello stato iniziale genera una rendita di tre monete ma che, dopo essere stata potenziata, ne aumenta il guadagno a cinque.

L’ultimo aspetto da tenere a mente nell’attivazione di una meccanica sono i vincoli che rappresentano gli obblighi o i divieti ai quali i giocatori devono sottostare. Hanno lo scopo di limitare le possibilità offerte dalle meccaniche e vengono usati anche per mantenere una coerenza, ad esempio, impedendo mosse che non avrebbero senso all’interno del gioco oppure che potrebbero creare dei problemi. I vincoli possono avere effetto su diversi aspetti del gioco. Per esempio, potrebbero stabilire dei limiti topologici che guidano la disposizione di elementi sul tabellone, oppure dei limiti sul numero di carte o di risorse che i giocatori possono tenere.

Nel prossimo articolo si concluderà la trattazione entrando nel dettaglio di dinamiche ed estetiche.

Commenti

Wow! Articolo super interessante.

Mi chiedo: se il designer vuole (o spera) creare una estetica particolarmente frustrante o, all'opposto particolarmente rilassante, come mai (in caso di successo delle sue intenzioni) qualche volta è valutato come un errore di design?

 

Molto interessante, grazie.

Neo Tokyo higurashi scrive:

Wow! Articolo super interessante.

Mi chiedo: se il designer vuole (o spera) creare una estetica particolarmente frustrante o, all'opposto particolarmente rilassante, come mai (in caso di successo delle sue intenzioni) qualche volta è valutato come un errore di design?

ciao, non so se ho capito bene la domanda, rispondo per come l'ho intesa io.

Se un designer con un suo gioco vuole ottenere frustrazione nei giocatori e ci riesce, per conto mio non è un errore di design. Se è quello che vuole, ha ottenuto il suo obiettivo. Poi bisognerà vedere quanti giocatori vorranno giocare a quel gioco... ma questo è un altro discorso :)

La questione è diversa, invece, se la frustrazione non è l'obiettivo del designer ma emerge ugualmente. Allora sì il gioco ha un problema e va sistemato.

 

Neo Tokyo higurashi scrive:

Wow! Articolo super interessante.

Mi chiedo: se il designer vuole (o spera) creare una estetica particolarmente frustrante o, all'opposto particolarmente rilassante, come mai (in caso di successo delle sue intenzioni) qualche volta è valutato come un errore di design?

La Frustrazione non è un errore di design, bensì l'indizio della presenza di un errore.
Ad esempio: la scarsità di scelte significative, la presenza di vincoli troppo forti o di fattori aleatori del tutto ingestibili, l'impossiblilità di effettuare una rimonta, il runaway leader, un downtime o un gap eccessivi, ecc... 
Per questo motivo, un'estetica frustrante non può essere volutamente ricercata da un game designer.

Altra cosa invece è avere come obiettivo un gioco duro, o comunque con presenza di Tensione - che non è strettamente un'estetica, bensì una dimensione del gioco e quindi è progettabile. Un game designer che intenzionalmente ideasse un gioco frustrante, sarebbe un sadico, poiché, come detto, uno degli scopi di un gioco dovrebbe essere quello di procurare gratificazione/soddisfazione ai giocatori.

A proposito dell'argomento di questo articolo, io sono tra coloro che ritengono che le estetiche non siano prevedibili, poichè trattasi di reazioni soggettive, non rappresentabili nel diagramma di flusso di risorse-meccaniche-effetti. L'unico modo per verificarle è il playtest. Persino game designer di lungo corso, che, in base  alla loro esperienza potrebbero essere in grado di prevedere le reazioni dei giocatori, dichiarano che il solo modo per conoscerle è veder giocare il gioco. 

Livius scrive:

A proposito dell'argomento di questo articolo, io sono tra coloro che ritengono che le estetiche non siano prevedibili, poichè trattasi di reazioni soggettive, non rappresentabili nel diagramma di flusso di risorse-meccaniche-effetti. L'unico modo per verificarle è il playtest. Persino game designer di lungo corso, che, in base  alla loro esperienza potrebbero essere in grado di prevedere le reazioni dei giocatori, dichiarano che il solo modo per conoscerle è veder giocare il gioco. 

Si, è corretto. Non ne ho parlato nell'articolo, ma l'unico modo per scoprire quali dinamiche e quali estetiche emergono dall'insieme di meccaniche che il designer ha progettato è attraverso una serie di playtest.

 

A volte è una questione di "contratto" non mantenuto o non capito. L'intendo del designer mi è chiaro e lo condivido? Io giocatore gioco un gioco pensando di ottenere un'esperienza e invece ne vivo un'altra e allora mi lamento identificando degli errori che magari fanno parte di una specifica intenzione del designer.

Prendiamo Senji ad esempio. é un buon gioco con una chiarissima dinamica emergenti di bashing al leader. sono certo che fosse nelle intenzioni del designer farci provare quel tipo di frustrazione... essere in cima e avere tutti addosso per non lasciarci scappare alla vittoria. ma il gioco l'ho visto spesso criticato per questo aspetto. il contratto non era chiaro. Al contrario Rush & Bash della redglove te lo dichiara nel titolo e allora approcci l'esperienza in tutt'altro modo.

Faccio un esempio:

Prendiamo l'eliminazione giocatore. Diciamo che l'estetica che si ricerca sia quella della tensione di finire fuori dai giochi giocando male oppure (come nel caso di Dungeonquest ad esempio) quello di ricreare situazioni di grande pericolo...

Come mai è percepito come un difetto di design?

Neo Tokyo higurashi scrive:

Faccio un esempio:

Prendiamo l'eliminazione giocatore. Diciamo che l'estetica che si ricerca sia quella della tensione di finire fuori dai giochi giocando male oppure (come nel caso di Dungeonquest ad esempio) quello di ricreare situazioni di grande pericolo...

Come mai è percepito come un difetto di design?

In linea di massima l'eliminazione del giocatore non è ben vista perché potrebbe lasciare una persona fuori dal gioco ad aspettare che gli altri finiscano la partita. Se ci pensi, da un punto di vista sociale non è il massimo: tutti sono impegnati a giocare, mentre uno è escluso e sta lì a guardare.

Tuttavia questo non è sempre un problema reale. Per esempio, in un gioco da 10 minuti, essere eliminati a metà partita è accettabile. Oppure, in un gioco da 2 ore, essere eliminati a 10 minuti dalla fine potrebbe essere sopportabile. O ancora, in un gioco da 2, essere eliminati non è un problema in quanto fa vincere immediatamente l'avversario. Diventa un problema quando uno rimane escluso dalla partita per molto tempo, tipo essere eliminati a 10 minuti dall’inizio di una partita da 1 ora è fastidioso.

Per farla breve, quindi, l'eliminazione del giocatore può essere o meno un problema in base a come la usa il designer. È lecito che il designer voglia inserire quel tipo di tensione nel suo gioco ma allo stesso tempo, se vuole usare l’eliminazione del giocatore, deve preoccuparsi di limitare e rendere sopportabili i lati negativi che produce.

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