Antefatto
A furia di assillare tutti i miei conoscenti con ‘sti benedetti cube rails, qualche altro Goblin ha drizzato le antenne e ha pensato bene di proporre una giornata dedicata per provarne alcuni (o forse più che altro per verificare il grado di fanfaronaggine del sottoscritto).
Dal canto mio, da tempo cercavo qualche sventurato che m’introducesse con una prova sul campo a Hegemony: Lead Your Class to Victory.
L’intreccio di questi e altri torbidi interessi è stato la scintilla che ha spinto Kopalecor, Danebed, Winter e il sottoscritto a fissare una giornata dedicata. Come già accaduto in passato, ospitalità esemplare e commovente del Signor Winter, che mai abbastanza sarà lodato.
Ecco il sunto della giornata, condito dalle consuete opinioni non richieste.
Hegemony: lead your fazione spiccatamente asimmetrica to victory.
Ore 8:30. Si parte in salita, affrontando il cinghiale più irsuto della giornata: Hegemony.
Mi riscopro inaspettato e improbabile
capitalista. Alla mia destra siede
Winter, improvvisatosi
borghese piccolo piccolo, dinanzi a me si staglia lo
statalista Danebed, e dall’altra parte del tavolo arranca
Kopalecor con la sua
classe operaia, notoriamente destinata ad andare in paradiso. Ecco, forse non questa volta.
Io sono alla prima partita, mentre i miei compari vantano qualche pregressa esperienza. Mi leggo le regole specifiche della fazione e, devo dire, consolidare la conoscenza del proprio orto per poi scoprire man mano le interazioni con le altre classi, rende la prima esperienza meno traumatica di quanto avevo pensato. Nel giro di un round, ho già una discreta idea di come giri il novello Magnifico.
Nel primo round partono bene Classe Operaia, Media e Stato, racimolando subito qualche ghiotto punto: nel giro di poco li vedo veleggiare sopra i dieci punti, e m’inquieto. Io ricorro subito a un debito per poter lanciare la mia economia. Evito di alzare i prezzi, lasciando sì i miei beni appetibili per il mercato interno, ma mi concentro su due linee direttrici: puntare forte sulle aziende automatizzate, e chiudere business deal per poter avere tante risorse da vendere al mercato estero.
La Classe Media si rivela un buon partner commerciale, che durante la partita preferirà spesso acquistare a prezzi competitivi dal sottoscritto. Lo Stato si barcamena molto bene, dando colpi al cerchio e alla botte con la malizia di chi sa dove vuole andare a parare. La Classe Operaia invece pare essere quella più in difficoltà verso metà partita, schiacciata da tante, troppe spese, e col mio mercato di beni sempre più asfittico (dato che tutto ciò che produco viene dirottato in fretta e furia all’estero). Volano minacce di scioperi, e intravedo dei malumori nella manovalanza, ma sono pronto ad alzare i salari in caso: la macchina economica gira sufficientemente bene da sopportare delle spese aggiuntive.
Nella seconda metà di partita però la contesa sulle politiche si fa più aspra: devo dire addio ai miei amati business deal che nei primi round mi avevano fruttato tante risorse, e cerco di bloccare iniziative volte ad alzare tassazioni e salari. Lo scoring incrementale dei capitalisti mi arride dal terzo round in poi, quando recupero le posizioni e inizio anche a prendere il largo coi punti. Ma anche lo Stato accelera, e così la Classe Operaia, che tra un pianto e l’altro per la discriminazione classista del resto del tavolo i suoi punti riesce comunque a macinarli. Più in difficoltà la Classe Media, un po’ impantanata negli ultimi round, che godrà tuttavia di un ottimo gruzzolo di punti derivante dalle politiche democristiane centriste a fine partita.
Vincono infine i miei Capitalisti seguiti a breve distanza dallo Stato; più staccati, chiudono Classe Operaia e Media.
Il
primo impatto con questo Magnifico©, a lungo inseguito dal sottoscritto nonché uno dei titoli che più smaniavo di provare quest’anno, è stato
ottimo. Bello il gioco della
coperta corta che si viene a creare: la tiri verso destra, hai una o due fazioni inviperite, la tiri verso sinistra, ne hai altre due che fanno la voce grossa. Nonostante la mole e le tante componenti meccaniche, tutto in
Hegemony concorre a creare un’
esperienza di gioco nuova. Il gioco simula bene il modello economico/politico preso in esame.
Bello anche il clima generato dagli accordi al tavolo, il do ut des che permea i rapporti. Ecco, poche e ben circostanziate le riserve, forse figlie di una prima partita la cui inerzia ha reso il round finale abbastanza prevedibile. Sarà stata la situazione particolare in cui versava la partita, appunto, ma qualche dubbio sulla dinamica delle votazioni mi è venuto, perché spesso mi sono trovato nella condizione di effettuare scelte che ho sentito poco tematiche: ad esempio, accodarmi a votazioni a me sfavorevoli negli ultimi due round, col solo intento di portare a casa 1 punto vittoria, o al contrario proporre cambi di legge nella direzione neoliberista - senza alcuna prospettiva di vincere tale proposta - solo per prevenire tentativi altrui di cambiare la medesima legge in direzione socialista, negando così possibili punti vittoria alla Classe Operaia che pareva in recupero. Insomma, mi sono trovato in situazioni in cui mi è parso di abbandonare in parte la simulazione per abusare della meccanica di gioco. Non che ci sia qualcosa d’intrinsecamente sbagliato in questo, solo mi è dispiaciuto trovare convenienza in queste soluzioni.
In ogni caso Hegemony è un gioco che mi ha affascinato molto, offrendo un’esperienza ibrida e per certi versi unica, un sistema che esige d’essere provato e riprovato, confidando anche in una durata che vada via via comprimendosi e con strade strategiche che si rivelino al crescere dell’esperienza. Insomma, non vedo l’ora di riprovarlo.
Chicago Express: come scoprire un genere, in grande stile
Ma ora basta economia politica: il tavolo reclama azioni e binari. E qui c’è da scegliere il punto d’ingresso nel microcosmo ferroviario dei cube rails.
Dopo un momento d’incertezza,
Irish Gauge viene accantonato e cede il passo a lui, al classico di John Bohrer, all’
alpha e omega del genere: Chicago Express. Ottimo per un primo approccio, ma al contempo
titolo d’inusitata opacità strategica, illustro le regole ai presenti che, purtroppo, stanno attenti e le colgono fin troppo bene: mi mettono subito sotto. Dopo l’asta iniziale, ognuno ha la propria compagnia, e si opta per aperture caute, con le prime espansioni che corrono parallele, se non divergenti. Ma si sa, basta un attimo ad alzare la pressione arteriosa delle locomotive in questo gioco. Kopalecor lancia l’espansione della compagnia B&O (blu) verso la mia PRR (rossa), insidandola. Nel frattempo, partono puntate forti che creano pericolose alleanze tra Danebed e Kopalecor, nonché tra Danebed e Winter. La NYC (verde), rimasta dormiente per metà partita, diventa poi uno dei cavalli vincenti: rimango fuori da essa e la pago a caro prezzo. Cerco sponde in Winter, con la C&O (gialla) da sempre nelle sue mani, aiutandolo a condurla a Chicago, ma
Danebed finisce col prevalere, in virtù di un pacchetto azionario ottimamente assortito. Punteggi vicini e partita combattuta alla pari da tutto il tavolo.
Un gioco dall’impianto regolistico risicatissimo, in piena tradizione cube rails, e al contempo insospettabilmente complesso e profondo a livello strategico, con una naturale capacità di far emergere alleanze temporanee. Ogni asta non mette in palio una semplice azione: modifica gli equilibri economici e muta la struttura degli shared incentive di tutto il tavolo. La prima volta che ci giocherete, vi sembrerà un simpatico azionario leggeri da 45/60 minuti. Riprovatelo altre volte, e vedrete emergere sempre nuovi meta: Chicago Express è un gioco che rivela la sua vera natura e il suo immane valore ludico sulla lunga distanza.
Seriamente, cosa state aspettando a recuperarne una copia?
Iberian Gauge: fragili amicizie.
Decidiamo a questo punto di passare da un’opera di John Bohrer a una di Amabel Holland: Iberian Gauge. Prima partita per tutti, stavolta, per uno dei cube rails che riecheggia qualcosa dei 18xx, con la sua alternanza di stock round e operative round.
I
twist principali del gioco si palesano in momenti diversi della partita. A turno, iniziamo a piazzare le prime tratte di partenza, e già si avverte qualche primo mal di pancia: ne piazzo una un po’ defilata, stabilendo un prezzo di partenza abbastanza alto. Risultato? Nessuno vuole investire nella povera compagnia madrilena, che rimarrà sul mio groppone, una zavorra letale per il resto della mia partita.
Familiarizziamo quindi con l’ordine di turno delle fasi operative, che è determinato dall’ordine in cui sono state acquisite le azioni stesse. Ne consegue che iniziano a fiorire alleanze: ogni giocatore può piazzare una tratta per share, e questo rende necessaria la massima collaborazione al tavolo per dare speranze alla compagnia di avere successo. Sta di fatto che Kopalecor e Winter trovano un’ottima sinergia sulla compagnia viola, spartita al 50% tra di loro. I problemi emergono invece sulle altre: ben presto, tra le maglie larghe delle alleanze, emergono facili egoismi.
Basta infatti che un giocatore abbia una quota di minoranza, e si trasforma in un
orribile parassita, pronto a dilapidare i fondi della compagnia e le sue tratte. Si sprecano mosse a vuoto, con treni che si spingono in zone della mappa infruttuose, coi valori delle
share che si abbassano velocemente, nonché travasi di contante da una compagnia all’altra. Sì, perché una delle parti più originali del gioco ancora non ve l’ho detta:
le compagnie, per espandersi, possono “affittare” le tratte altrui per attraversarle e procedere oltre sulla mappa. Ma questa mossa, apparentemente innocua, porta con sé un risvolto non da poco:
i giocatori sono interessati a sfruttare tratte di altre compagnie di cui sono investitori, per trasferire il tesoro di una compagnia a un’altra.
Alla fine di questo disastro ferroviario iberico, sono Kopalecor e Winter a vincere con un incredibile parimerito ad alta quota. Danebed di poco staccato, io lontanissimo, zavorrato dalle mancate alleanze d’inizio partita.
Ottimo l’impatto visivo curato da Ian O’Toole, per un titolo tanto originale quanto fragile e prono a un’interazione distruttiva. Dove Chicago Express dà l’opportunità di scegliere tra l’essere un parassita o nuocere alle compagnie di cui si è azionisti, Iberian Gauge pare dare meno scelta: dal momento che ad ogni round dovrai operare per la compagnia, finirai col fare attivamente il tuo interesse ad ogni round, e questo spesso si tradurrà in sabotaggi sistematici.
Design molto particolare ma ricco d’interazione negativa, e pertanto non adatto a tutti i tavoli.
The King is Dead: quando il filler t’impegna più degli altri tre giochi messi assieme
Danebed ci saluta: s’è fatta una certa, e la giornata volge al termine. Rimaniamo in 3, e cerchiamo il filler di chiusura. La scelta ricade su un titolo leggero leggero: The King is Dead.
Parto attendista, passando durante i primi tre scontri, mentre Kopalecor e Winter iniziano a fare incetta di cubi scozzesi e inglesi. Kopalecor in particolare rafforza subito la sua maggioranza sulla fazione inglese, e ben presto sulla mappa appaiono ben due regioni da loro controllate. Dal canto mio, punto lentamente a crearmi
set di tre cubi e situazioni di pareggio sui vari territori, e nel giro di poco si contano due regioni chiuse in parità: i francesi iniziano a guardare con interesse oltre la Manica.
Ma è a questo punto che Winter inizia a tirare il freno a mano, e la partita prende una piega diversa: inizio a subodorare una sonora fregatura.
Diventa attendista quanto me, e tutto si decide nella risoluzione dell’ultima regione, quando io sono costretto a giocare tutte le mie carte per cercare di arrivare all’invasione francese. Ma Winter agisce dopo di me, chiude la sua partita con una carta in mano, e quella carta è proprio quella che temevo: complotto. Vince per spareggio, avendo collezionato tanti set quanti me, ma avendo giocato carte dopo di me.
Paralisi da analisi che si spreca, cervelli in fiamme: ogni tanto mi dimentico quanto questo gioco sia un autentico brain-burner.
Una degna chiusura di una bella giornata ludica fatta di lacrime, sangue e cubetti.