Una giornata in carcere

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Grazie a un progetto del Polo universitario dell'Università di Genova, siamo andati in carcere a proporre giochi da tavolo ai detenuti.

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Oggi sono stato in carcere. No, non mi hanno beccato, sono uscito… e mi sono divertito! No, non sono evaso. Sono andato in carcere, per la precisione nella casa di reclusione di Chiavari (GE), per co-condurre le attività del Centro di Ricerca sul Gioco (CeRG) dell’Università di Genova. Questo era il terzo incontro di un progetto di socializzazione tramite l’utilizzo dei giochi da tavolo indirizzato ai detenuti della casa di reclusione, primo pilota all’interno di una convenzione più ampia tra PRAP (Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria) e CeRG, finalizzata a portare il gioco all’interno dei carceri di Piemonte e Liguria.

Lo scopo di questo progetto è quello di utilizzare il gioco da tavolo per stimolare una relazione positiva tra i detenuti e tramite attività sfidanti, divertenti e coinvolgenti. Conosciamo tutti le potenzialità del nostro hobby per fare gruppo, abbattere le barriere (quelle mentali, non quelle fisiche fatte con le sbarre) e promuovere la socialità: tutti questi effetti non possono che essere positivi, ricercati in un contesto in cui una sessantina di uomini sono costretti alla convivenza in uno spazio limitato e senza grandi stimoli. Ed è proprio quello che abbiamo fatto!

Ensemble - materiali

Il progetto nasce da un’idea del Prof. Renzo Repetti (Zenter), docente di storia moderna di UNIGE, che con l’aiuto mio e di Michele Masini (MicMa) ha permesso di far nascere il progetto, farlo approvare dalle autorità e farlo partire. È stato necessario anzitutto formare come operatori ludici alcuni ragazzi e ragazze del servizio civile del Polo Penitenziario Universitario. Questa è stata la prima sfida perché la maggior parte di loro non aveva grande esperienza di board game moderni. La formazione ha quindi sì puntato sul far capire in che modo è più funzionale spiegare un gioco, quali fossero le modalità e l’atteggiamento da seguire, ma è stato anche necessario far giocare, perché nessuno spiegatore può essere efficace se non ha provato il gioco.

Devo dire che non è stato affatto difficile coinvolgere i volontari, che si sono subito dimostrati interessati ed entusiasti del progetto. Abbiamo deciso di utilizzare giochi semplici, adatti a giocatori totalmente novizi e abituati al massimo a giocare a carte, come è uso fare nelle carceri. Temevamo lo scetticismo iniziale di chi si avvicina al mondo dei giochi da tavolo senza conoscenze pregresse e magari con qualche pregiudizio. Ci servivano giochi che potessero coinvolgere i detenuti molto in fretta e che facessero divertire tutti, a prescindere dal livello culturale, dalla padronanza della lingua e dall’esperienza ludica. Inoltre, volevamo stimolare cooperazione e collaborazione più che agonismo e rivalità, quindi abbiamo cercato di propendere per giochi collaborativi, a squadre o quantomeno non apertamente competitivi.

Nel primo incontro abbiamo proposto Ensemble di Luigi Ferrini e Daniele Ursini, edito nel 2021 da Ergo Ludo. Per chi avesse vissuto da eremita negli ultimi due anni diciamo brevemente che Ensemble è un party game che richiede una “mente collettiva”, ovvero la capacità di tutti i partecipanti di interpretare il pensiero degli altri. La plancia di gioco presenta una fila di carte con illustrazioni fantasiose e surreali e poi una carta isolata, che ogni giocatore deve associare segretamente a solo una delle altre carte mostrate. Se tutto il tavolo è in sintonia, si va avanti nel gioco, pescando sempre più carte e rendendo il tutto sempre più difficile, mentre se qualcuno sbaglia non si prosegue, e dopo un certo numero di errori la partita viene persa collettivamente. A mio avviso la cosa divertente è il metagioco che si viene a creare, fatto di battute e prese in giro: “Ma dai!” ed “È logico!”, quando logico non è.

La parte veramente interessante è osservare come in ogni partita si sviluppi un linguaggio e una serie di significati “in codice” che si trasferiscono da un turno all’altro e vengono utilizzati così per riuscire a “sintonizzarsi” nei turni successivi. Può capitare così che un fallimento provochi reazioni e discussioni, spesso molto accese, che aiutano a interpretare correttamente le associazioni dei turni successivi, con grande soddisfazione di tutti. E se non succede pazienza, il bello del gioco è che fa divertire molto anche quando si perde. La partita fatta in carcere non ha fatto eccezione, anzi la maggioranza dei giocatori non riusciva a non commentare le carte sul display (cosa ovviamente vietata dalle regole), spesso suscitando grande ilarità, e il metagioco è stato eccezionale, con grandi spiegazioni e commenti, per lo più irriverenti e canzonatori, delle motivazioni delle scelte.

Dixit - materiali

Dixit, gioco ormai classico di Jean-Louis Roubira del 2008, è stato il gioco proposto nel secondo incontro, in pratica il gioco complementare a Ensemble. Abbiamo deciso di introdurre una dinamica competitiva, ma in un gioco dove è comunque necessario trovare un punto di incontro con gli altri giocatori, riuscendo a fornire parole chiave che possano essere sufficientemente evocative, ma non banali. Un bell’esercizio di immedesimazione e comprensione degli altri. Questa volta si è notato perfino un maggior coinvolgimento nel gioco, forse anche dovuto alla dinamica competitiva, maggior attenzione e rispetto delle regole. Anche in questo caso l’attività è stata molto apprezzata dai detenuti. Anzi, alcuni hanno dichiarato di aver preferito Dixit a Ensemble ma, a mio modesto avviso, ciò potrebbe essere anche dovuto al fatto che, una volta che si entra nelle dinamiche del gioco da tavolo, si comincia ad apprezzarlo sempre di più.

È nel terzo incontro, però, che abbiamo raggiunto il maggiore coinvolgimento e interesse. Sentendoci sicuri di aver ormai conosciuto meglio le persone coinvolte, abbiamo ritenuto di poter far scegliere loro tra un maggior numero di giochi, anche leggermente più complessi rispetto alla selezione iniziale proposta. Abbiamo così fatto una carrellata della decina di giochi che avevamo portati e The Resistance: Avalon ha immediatamente catturato l’interesse di molti solo dalla presentazione sommaria. Avalon è un classico gioco a identità nascoste di Don Eskridge del 2012, derivato dal famigerato Mafia di cui esistono innumerevoli "reincarnazioni" e rifacimenti. Ciascun giocatore appartiene a una delle due squadre, ma i blu (i buoni) non sanno chi siano i rossi (i cattivi) che sono in numero inferiore, ma si conoscono tra loro. L’obiettivo per i buoni è selezionare alcuni giocatori da mandare a svolgere delle missioni e riuscire a completarne 3 su 5, ma i cattivi cercheranno di farsi passare per buoni per sabotare le missioni.

The Resistance: Avalon - materiali

Tipico gioco di deduzione sociale e bluff. Divertimento assicurato! Ci siamo, quindi, seduti al tavolo con dieci giocatori, abbiamo spiegato le regole e fatto un giro di prova a carte scoperte per far comprendere bene le dinamiche, poi abbiamo fatto sul serio ed è stato un successo. La prima partita si sono visti tutti gli errori tipici dei neofiti, come giocare troppo scoperti o troppo chiusi, sbagliare a selezionare la carta per la missione e rivelare inavvertitamente la propria identità e questo caos ha portato i cattivi a vincere alla quarta missione. Al termine della partita si è immediatamente alzato un coro che invocava una seconda partita, questa volta vinta dai buoni e poi una terza! Alla fine tutti i giocatori hanno partecipato con attenzione e strategia degni dei migliori gamer appassionati e l’attività si è conclusa con un grande applauso e la richiesta di poter organizzare la continuazione del progetto (per la cronaca, hanno vinto di nuovo i rossi). La cosa interessante è stata vedere la progressione del coinvolgimento, non solo dei giocatori, ma anche degli operatori e pure di altri detenuti che via via si sono assiepati intorno al tavolo per assistere allo “spettacolo”!

Nel complesso sono stati coinvolti circa quindici detenuti e otto operatori ludici per circa sei ore. Certo è una goccia nel mare, ma i primi riscontri sono eccellenti in termini di apprezzamento da parte dei detenuti. Questo conferma la bontà dell’idea che è già sperimentata da altri istituti di reclusione in molte altre città italiane e sembra essere una pratica in diffusione.

Conclusa l’esperienza pilota, non ci fermeremo certo qui: il progetto prevede di portare l’esperienza in altre carceri Liguri e Piemontesi, oltre a proseguire gli incontri presso l’istituto di Chiavari. Per il momento abbiamo deciso di non introdurre elementi spiccatamente educativi nelle attività, ma un possibile sviluppo potrebbe essere quello di definire degli obiettivi formativi, oltre che ludici, e proporre giochi in un setting e con modalità in grado di promuovere una riflessione e uno sviluppo di competenze sociali e personali. Ci piacerebbe coinvolgere altri Goblin, quindi se siete interessati fatevi avanti!

Nota: le foto dell'articolo sono di repertorio poiché non è stato possibile documentare l'attività all'interno del carcere.

Commenti

Bellissima iniziativa per cui ti faccio i miei migliori complimenti! 👏👏👏

Complimenti 👍👏

Grazie per aver scritto un reportage sull'iniziativa. Bravissimi, ragazzi! 

Estremamente interessante. 
Complimenti per l'iniziativa e grazie di averla condivisa. 
 

Complimenti. L'ho fatto anch'io anni fa (prima del covid) e anche per me è stata una bellissima esperienza 

Bellissima iniziativa, per molto tempo ho passato le domeniche mattina al carcere minorile di Roma e queste persone hanno davvero bisogno di distrarsi, passare il tempo e interagire in modo divertente e costruittivo!

Bella Bella Iniziativa! complimenti a tutti!

Complimenti per la bellissima iniziativa! Sono anche molto contento che abbiate scelto di utilizzare un mio gioco, e proprio al primo incontro. E' proprio questo genere di iniziative che mi spinge a continuare nel game design, e vi ringrazio molto.

APRAVIH!

Complimentoni per l'iniziativa! Ho fatto il volontario per 3 anni al carcere Rebibbia di Roma e devo dire che questa iniziativa è molto buona per creare rapporti positivi tra i detenuti.

bello e bravi. Complimenti

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