I 100 Giochi - Rise and Decline of the Third Reich

Il gioco che volle farsi romanzo

Approfondimenti
Giochi
  • Genere: wargame strategico, simulazione storica, simulazione politico-economica.
  • Target: giocatori medio-alta esperienza.
  • Scalabilità: 2-6 giocatori (a seconda dello scenario).
  • Meccaniche principali: hex and counter, tabelle di combattimento a rapporti di forza, uso punti risorsa.
  • Meccaniche secondarie: cooperazione a squadre, condizioni di vittoria variabili.
  • Importanza storica: se chiedete a un appassionato di serie televisive qual è il wargame classico più famoso del mondo, sicuramente vi risponderà citando The Big Bang Theory e le infinite mappe di Campaign for North Africa sparse sul pavimento di casa Wolowitz. 
    Se fate la stessa domanda a un fanatico del cinema, specie se fantascientifico, allora forse vi tirerà fuori le scatole di Advanced Squad Leader che si intravedono nella mensa dell’equipaggio della portaerei nucleare USS Nimitz di Countdown Dimensione Zero, proiettata indietro nel tempo alla vigilia dell’attacco giapponese contro la base navale americana di Pearl Harbor del 1941.
    Ma se ponete questo interrogativo a un appassionato di letteratura, non esiterà un secondo a rispondervi con Third Reich.
    Perché mai? Beh, la risposta è già contenuta nel titolo che, in effetti, non è quello del gioco di cui state per leggere. Non è proprio il titolo di un gioco, perché quello completo sarebbe Rise and Decline of the Third Reich, con un chiaro riferimento al Rise and Fall of the Roman Empire, testo cardine della storiografia classica… e già averlo citato ci fa capire bene le intenzioni “epiche” e “controstoriche” dell’autore del gioco, John Prados. Ma tutti lo conoscono con questa abbreviazione, per l’appunto anche il cileno Roberto Bolaño, che scrive il suo romanzo chiamandolo Third Reich e basta. E anche se il testo, scritto nel 1989, sarà pubblicato postumo solo nel 2010, da solo porterà il mondo del gioco di simulazione storico e del wargame al centro del dibattito culturale esterno ai circoli professionali e degli appassionati. Un caso finora praticamente unico, a differenza di quanto succede con il gioco di ruolo e il gioco da tavolo in generale, sempre più protagonisti di nuove opere narrative. 
    Ad ogni modo, già l’incredibile forza evocativa e il potente senso di straniamento che viene dalle pagine di Bolaño sarebbe sufficiente a garantire un posto nella storia ludica a questo titolo. Se non fosse che qui parliamo di un gioco che fin dalla sua nascita non si è limitato a “ridefinire” un genere, ma ne ha proprio stabilito i punti cardinali: il genere del gioco di simulazione strategico storico ad alto livello di dettaglio. Il tutto senza diventare un mostro ingiocabile, stregando generazioni e generazioni di giocatori, tracciando la strada per decine di altri autori e seminando suoi “pezzi” un po’ ovunque negli altri regolamenti di wargame, anche di genere diverso e anche se ambientati in periodi diversi. 
    Perché questo è più di un “capolavoro”. È un magnum opus di proporzioni epiche. Ma da un autore del calibro di John Prados ce lo dovevamo aspettare…
  • Elementi di innovazione/twist: a questo punto voi vi chiederete: un attimo, ma chi è questo John Prados? 
    Fare la sua conoscenza è utile per comprendere non solo con chi abbiamo a che fare, ma quale sia la materia fondante di questo titolo. Perché Prados non è solo un autore di wargame, bensì uno dei primissimi esponenti di quella lunga serie di autori di wargame che sono anche esperti strategici, analisti, consulenti militari e diplomatici, studiosi di scienze politiche e collaboratori diretti di grandi personalità dell’establishment americano. Nomi come lo stesso Dunnigan, Mark Herman, Volko Ruhnke, Peter Perla, David Thompson… Gente che nel tempo libero gioca con la Storia, mentre per lavoro la fa. O il contrario. 
    Comunque, Prados lavora non con la semplice statistica del compilatore di tabelle e modificatori, ma con l’approccio teorico dello storico e dell’analista strategico. Lo si vedrà in suoi titoli successivi come Spies! o Bodyguard Overlord, dove si concentrerà sugli aspetti della guerra delle informazioni come elemento cruciale di un conflitto su scala tattico-operazionale. Qui, però, parte dalle grandi dimensioni, ossia dalla rappresentazione dell’intero secondo conflitto mondiale nel suo quadrante europeo e nordafricano, quindi il focus si sposta sulla più classica delle dinamiche di fondo: l’economia. 
    Perché non è che Third Reich (chiamiamolo così, come fanno tutti) sia stato il primo wargame strategico a esagoni, ma è il primo a non concentrarsi sul numero della divisione XY o su quale valore di difesa dare a Montgomery e quale a Rommel, bensì su ciò che porta tutti questi pezzi sulla scacchiera a forma di Europa, su cosa li fa muovere, su cosa li mantiene in vita e anche su cosa determina la loro capacità di relazionarsi con altri pezzi, facendoli passare o meno dalla propria parte. 
    E tutto questo si chiama BRP, basic resource point, che non è solo il denaro, ma anche le risorse, le infrastrutture, le energie intellettuali, la capacità di ricerca e innovazione, i mille fattori non lineari che sono importanti tanto quanto (se non anche di più) il modello del carro armato o dell’aereo, della quantità di mitragliatrici presenti in un’unità, della posizione di questo o quel fiumiciattolo. Quella roba chiamata economia, appunto. 
    Tutto in Third Reich “gira” sulla base dei BRP: l’attivazione e la costruzione delle unità, l’afflusso dei rimpiazzi, il mantenimento operativo dei fronti (non puoi attaccare ovunque sulla mappa con la stessa intensità, al di là di quante truppe sul campo hai. Non è il RisiKo!, questo…), le manovre politiche, perfino le iniziative diplomatiche. Forse un po’ troppo, si dirà poi, perché questi benedetti BRP vogliono rappresentare davvero tante cose, ma ci sta, è una minima astrazione che mantiene fluido un sistema non eccessivamente complesso. Beh, non complesso fino a un certo punto, visto il gran numero di eccezioni e regole particolari per rappresentare cose come i convogli dagli Stati Uniti verso l’URSS, l’azione dei paracadutisti, le differenti necessità logistiche dei vari teatri operativi, il non proprio idilliaco rapporto tra Germania e Italia, la tenuta della Francia… 
    Tutto questo però sottintende una caratteristica che oggi diamo per scontata nei giochi strategici, ma che nel 1974 tanto scontata non lo era, ossia la possibilità, proprio mediante un sistema fluido ma ricco di regole di specie, di adottare un approccio profondamente controfattuale alla Storia. E se invece di attaccare la Polonia, la Germania si fosse subito lanciata contro la Francia? E se l’Unione Sovietica avesse lasciato stare la Finlandia? E che dire di un’apertura nei Balcani? O anche nel Medio Oriente? E poi, questa Spagna... deve davvero rimanere neutrale? 
    Tutte opzioni e contro-opzioni che i giocatori potevano di colpo esplorare, con la più totale dovizia di particolari e di credibilità storico-simulativa… e lo faranno! Anno dopo anno, decennio dopo decennio, generazione dopo generazione. Perché con questo suo approccio solidissimo ma anche aperto, Third Reich diventerà un gioco con aperture, mosse, contromosse, bluff, esperimenti, supposizioni e finanche misteri. Soprattutto, uno di quei giochi che insegnerà a giocare con la Storia in maniera aperta e libera, ma sempre storicamente plausibile, e coi piedi per terra con le sue belle CRT e i suoi bei dettagli, anche a generazioni di autori che porteranno dentro di sé questa esperienza anche in opere molto diverse, perfino concettualmente opposte. Ma tutti saranno, inevitabilmente, “figli” di questo incredibile titolo e del suo incredibile autore, John Prados.
  • Longevità e alternative: va bene, tutto molto bello… ma alla fine sempre della stessa cosa stiamo parlando: quante volte puoi cercare il modo migliore di conquistare il mondo? Beh, intanto lo puoi fare a partire dal 1939, dal 1942 o dal 1944, grazie agli scenari già presenti nella scatola base e alle mille varianti che verranno prodotte negli anni successivi. Poi puoi farlo da solo o anche in squadra, visto che questo titolo lo possono giocare da 2 a 6 persone, con tanto di regole aggiuntive.
    Ancora, lo puoi fare in modo diverso. Perché oltre alle varianti non ufficiali, o al massimo pubblicate su The General, o sulle fanzine dei vari club e nei regolamenti degli innumerevoli tornei che verranno celebrati, arriveranno versioni Advanced, Classic, Revised e altro ancora dalla stessa Avalon Hill o da altri editori, con lo stesso John Prados o con altri autori. Perché dopo un po’ Third Reich non rimane più solo un gioco, ma diventa uno strumento. Una vera macchina del tempo, che puoi declinare in tante maniere differenti e manovrare verso tante direzioni differenti. 
    E poi ci sono i concorrenti. Quelli più semplici e “leggeri”, come Axis and Allies (anch’esso con le sue mille varianti derivate). Quelli più elaborati come Axis Empires. Quelli del tutto differenti come Unconditional Surrender. E anche tanti, tanti altri che è impossibile enumerare qui in maniera esaustiva. 
    Però tutti, se non emuleranno il glorioso capostipite, almeno gli strizzeranno l’occhio. Perché come il cinema di fantascienza non è più stato lo stesso dopo Guerre Stellari, anche nel genere del wargame strategico, non solo sulla Seconda guerra mondiale, c’è un prima e un dopo Third Reich.

Commento

Per le conclusioni dobbiamo tornare al secondo attore della nostra storia dopo John Prados, ossia a Bolaño, e capire cosa lo ha spinto a fare di questo gioco l’ispirazione per uno dei più importanti romanzi intimisti della letteratura sudamericana.

Per cominciare, la passione che Third Reich è in grado di suscitare nelle persone, Bolaño in primis. Il nostro è un wargamer. Fanatico. Ma non solo, è un fanatico proprio di Third Reich. Nel romanzo il protagonista, che è campione quasi indiscusso con tanti tornei alle spalle, descrive con estrema dovizia di particolari articoli di The General, testi di autori di giochi, situazioni tipiche delle convention, senso di isolamento del giocatore da una società che non lo comprende e che lui stesso non vuole più comprendere, distacco dal mondo avvilente e “inutile” della realtà per accostarsi alla magia delle possibilità della Storia e dei suoi infiniti bivi. Tutto questo c’è, esiste, è documentato, anzi documentatissimo anche grazie all’apporto di un autore e wargamer del calibro di Andrea Angiolino come consulente tecnico per la traduzione italiana.

In secondo luogo, il potere evocativo di Third Reich, che ben si presta non solo a coinvolgere il lettore nei meandri labirintici delle possibilità del gioco, ma che funge anche da supporto ideale a una descrizione allegorica della Storia, della letteratura e dei loro mille incroci. Un gioco che si fa romanzo, in cui il protagonista rivede sé stesso e le sue scelte di vita alla luce degli eventi sia della Storia reale che di quella prodotta dal gioco, in cui i generali tedeschi vengono trattati alla stregua di scrittori, in cui il rimpianto per una mossa sbagliata o l’entusiasmo per una nuova possibile opzione si fondono e si confondono con il senso di colpa per gli orrori del passato e l’inesorabile fiducia per i possibili futuri ancora in attesa sul proprio percorso personale. Tutte suggestioni ben evidenziate che il giornalista e scrittore (e wargamer) Salvatore Santangelo ha saputo ben mettere in evidenza nei suoi molti studi sia sul gioco che sul romanzo.

Infine, ultimo ma non ultimo (perché ce ne sarebbe ancora da dire!), il livello di dettaglio storico fornito da un sistema comunque giocabile, che alle volte si perde un po’ nelle sue convolute eccezioni ma che mantiene sempre una solidissima struttura centrale a cui è facile tornare.

Il tutto per un titolo che non solo ha fatto parlare di sé, ma che è alla base di altre decine di titoli che hanno fatto parlare di sé. Un gioco forse non per tutti i giocatori, ma che ha in parte definito anche cosa significhi essere un giocatore. Un wargame che ha avuto i suoi effetti anche al di fuori del mondo del wargame, un’opera di Storia possibile che è risultata almeno tanto avvincente quanto la Storia reale.

Per l’appunto, un gioco che è diventato un romanzo… o forse un romanzo che si è fatto gioco.

Commenti

Bellissima storia, anche se il gioco continua a spaventarmi

Sinclair grandissimo narratore di storie di wargame! 

Bravo e completo, come sempre.

Per scrivere un commento devi avere un account. Clicca qui per iscriverti o accedere al sito

Accedi al sito per commentare