A me invece questo gioco ha lasciato perplesso alle prime partite ma poi giocandolo l'ho apprezzato molto. Va detto che a me il genere "minigiochi" piace e non avevo in casa altri giochi di questo tipo, quindi sono soddisfatto di avere questo. Concordo invece sul fatto che i malus della bilancia pesano troppo poco, avrei preferito fossero più punitivi.
Un nuovo gioco di Tascini, con la “T” e la gestione dadi: per 1-4 partecipanti, 60-120 minuti, destinato a un pubblico esperto (14+), basato su meccaniche di, appunto, gestione dadi, draft di dadi, collezione set.
Dopo la buona riuscita di Teotihuacan e il meno apprezzato Trismegistus, un po' tutti aspettavano il nuovo gioco di Tascini, un po' per vedere se sarebbe riuscito ad andare oltre, tornando ai fasti di Sulle tracce di Marco Polo, un po' per scoprire con curiosità quale altro sistema per impiegare i dadi avrebbe inventato il nostro.
A mio parere Tekhenu si colloca un po' nel mezzo, ma andiamo a vedere perché.
Come si gioca a Tekhenu, in breve

A ogni turno il giocatore sceglie un unico dado che potrà utilizzare in uno dei due modi:
- prende risorse di quel colore (es: bianco = calcare, giallo = papiro; unica eccezioni i dadi grigi, non utilizzabile per nessuna risorsa);
- usarlo per fare l'azione del settore corrispondente – tra i sei del tabellone – dal quale lo ha prelevato.
Da notare poi che i dadi, a seconda che siano considerati puri o contaminati, vanno a finire sulla scheda del giocatore e, ogni quattro round, “pesati”, ovvero calcolata la differenza tra il totale dei puri contro quello dei contaminati. Più ci si avvicina allo zero – l'equilibrio – più si avrà la possibilità di scegliere la propria posizione per primi nei quattro round successivi. Avere troppa corruzione, poi, comporta anche la perdita di qualche punto vittoria.
I giochi nei sei settori del tabellone, ciascuno in corrispondenza di una sezione del disco alla base dell'obelisco (e corrispondenti anche a un dio egizio, se proprio vogliamo parlarne), sono dei minigiochi in cui, di volta in volta, si costruiscono casette attorno a un tempio e colonne nello stesso, si costruiscono casette al villaggio, si prendono nuove carte obiettivo, potere permanente o istantaneo, si costruiscono statue per beneficiare di bonus grazie alle azioni scelte dagli altri, si avanza sui tracciati popolazione o felicità.
Insomma si gioca a incastrare azioni, prendere bonus e risorse, pagare per costruire le varie cose e massimizzare tutto quanto fino al punteggio finale.
Ambientazione (?)

Se questo vi basta, sentirete forse anche un vago odore d'incenso e di mummificazione.
Materiali: un po' d'Egitto, un po' di tangenziale
Particolarmente apprezzabile l'iconografia, per lo più chiara e soprattutto in stile egizio, anche se le carte presentano alcune scritte, principalmente di spiegazione ai simboli sopra, per cui il gioco è sommariamente dipendente dalla lingua ed è consigliata la versione in italiano, se non altro per rapidità di lettura.
Il colpo d'occhio è tutto sommato piacevole e riposante: vengono evitati i colori troppo vividi per fornire una maggiore facilità di lettura del tabellone e non stancare, l'obelisco fa la sua figura e il meccanismo con cui ruota è elementare e funzionale.
Discutibili (orribili) i colori forniti per i giocatori, che riescono nel difficile compito di scontentare tutti, grazie a tinte smalto da viale alberato.
Insomma, un gioco tutto sommato con un degno appeal grafico, senza far gridare al miracolo in nessun caso.
Meccaniche: l'impalpabile fluidità dei dadi
Il meccanismo centrale, che poi è la cosa più interessante del gioco, è certamente ben pensato e particolare: c'è una serie di dadi, quella grigia, che è perennemente nella zona corrotta e non può mai essere fonte di risorse. Questi dadi sono un po' i salvagente del sistema: bene o male saranno sempre disponibili, ma sai anche che andranno sempre nella direzione della corruzione. Gli altri quattro, invece, conviene di solito prelevarli quando si trovano nella fascia pura, proprio per compensare la corruzione.
Ora, in realtà mi piacerebbe dire che questo meccanismo, cuore del gioco e suo unico elemento innovativo, colpisca davvero. In realtà non è esattamente così, per un paio di motivi.

Il secondo elemento è il bookkeeping inevitabile portato dalla pesca dei nuovi dadi e risistemazione dei vecchi. Non una cosa insormontabile, per carità, da gente abituata e ricaricare le risorse di Agricola, ma comunque un altro piccolo sassolino nell'ingranaggio dell'obelisco.
Fuori dalla meccanica base, Tekhenu si rivela per quello che sono molti altri giochi negli ultimi anni, quando si ha una buona idea meccanica, ma non si sa poi come andare avanti: una collezione di minigiochi, più o meno (meno) (s)collegati tra loro. Per cui gli spicchi potevano essere 5 o 7, invece di 6 e non sarebbe cambiato nulla. Alcuni hanno anche tutto un loro sistema di punteggio (vedi il tempio) abbastanza schizofrenico, diverso durante la partita e in fase di punteggio intermedio e finale. Insomma, ci siamo ormai abituati a queste cose, da Vinhos a Gugong, da Bora Bora a Cooper Island, pare che sia sempre più difficile creare un gioco con una coerenza interna, in cui gli elementi siano collegati da un filo logico e funzionale, interagendo tra loro come ruote di un meccanismo e non come una semplice somma algebrica di elementi distinti.
Altra nota dolente, forse la maggiore, sono le carte obiettivo.
Ci sono due problemi, a questo livello:
- il non aver messo un limite massimo di punti ottenibili da ogni singola carta (attorno ai venti sarebbe stato probabilmente l'ideale), tanto più grave se si tiene conto che alcune (scribi, raddoppio) sono veramente remunerative se possedute dall'inizio, mentre altre proprio scarsine;
- il fatto di poter pescare nuove carte obiettivo in itinere, scoprendone altre all'improvviso e mettendole a disposizione degli avversari, ovvero potenzialmente – capitato in più di una partita – suicidandosi con la propria stessa mossa, solo per un capriccio della sorte.
In un gioco profondamente strategico come questo, avere una parte tattica e aleatoria così marcata proprio nell'attribuzione delle carte che forniscono buona parte del punteggio finale, stona parecchio.
Dinamiche: il solitario di gruppo

Non siamo in fondo lontani da tanti altri German, ma probabilmente qui la delusione è stata esacerbata dalle aspettative generate dalla meccanica base e dalla struttura a minigiochi e insalata di punti finale, che concorrono a creare questa sensazione.
Estetiche: La mia esperienza con Tekhenu
Ero veramente molto speranzoso nei confronti di Tekhenu. In parte perché la meccanica base mi pareva sinceramente valida, in parte perché mi sembrava comunque un ritorno a un sistema complessivamente meno cervellotico di Trismegistus, in parte perché da Tascini mi aspetto sempre il capolavoro che verrà.
La prima partita, in quattro, è stata abbastanza deludente, proprio per come funzionano le carte obiettivo, oltre che per il sistema dei dadi, non così “splendente” come atteso.
Nelle successive due partite, in due giocatori, ho voluto verificare un po' la questione carte, che mi è parsa ancora più esasperata. Ancora partite in tre e quattro e la situazione non è cambiata, nel senso che ci sono giochi che migliorano col tempo, in cui entri con maggiore soddisfazione e comprendi più a fondo. Tekhenu è invece chiaro fin da subito (la struttura a minigiochi non lascia molto spazio alla profondità complessiva) e non riserva sorprese, né negative, ma purtroppo nemmeno positive.
Conclusione
Vorrei fare un discorso più ampio sulla direzione in cui stanno andando i giochi da tavolo, ma probabilmente non è il luogo né il momento adatto e magari me lo riservo per uno speciale di Focus on Boardgames. Qui mi limito a dire che attendo il prossimo gioco dell'autore, ancora fiducioso nelle sue capacità.
Materiali ***
Grafica/disegni ***
Ergonomia ***
Ambientazione *
Regolamento ****
Scalabilità ****
Rigiocabilità ***
Originalità ****
Interazione **
Profondità **
Strategia ***
Tattica **
Eleganza **
Fluidità ****
Legenda: – (pessimo/assente), * (scarso), ** (sufficiente), *** (buono), **** (ottimo), ***** (eccellente)