Recensione gioco da tavolo "Le Havre"

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Le Havre
Voto recensore:
8,0

Sono arrivato a Le Havre con colpevole ritardo. Un po' complice Rosenberg che non è tra i miei autori preferiti, un po' il mio gruppo, rimasto scottato da Agricola, un po' l'edizione italiana irreperibile.
Adesso finalmente, grazie alla riedizione di Uplay, ho potuto dedicare a questo titolo l'attenzione che merita.

Il gioco è ambientato nel porto francese di Le Havre, tra merci che arrivano, che partono, navi da trasporto, da crociera, edifici in costruzione, magazzini illimitati  e soprattutto lavoratori famelici che, spinti da un istinto primordiale insanabile, vogliono solo magnare a più non posso.
L'ambientazione è posticcia e pretestuosa, ma chissene, mica siamo venuti a pescare. Noi gestiamo risorse.

Il GIOCO
Si apparecchia l'odioso tabellone diviso in tre comode plance accostabili, dotate di vita propria e inevitabilmente semoventi durante tutta la partita. C'è lo spazio per collocare le nuove merci in arrivo ogni turno, le carte degli edifici costruibili e delle navi in arrivo.
Ogni giocatore ha una nave che avanza lungo le 7 caselle d'acqua del porto e che serve solo da conta-turni, poi 5 franchi come denaro iniziale e una singola pedina lavoratore. Lo scopo del gioco è arrivare in fondo con più soldi di tutti, tra franchi cash e soldi stampati sugli edifici costruiti.

Ad ogni turno un giocatore avanza la propria barchetta sul tracciato, rimpingua le merci nei magazzini indicati dalla casella raggiunta, compie una singola azione principale e compra/vende edifici a piacimento.
L'azione principale permette di: 1) prendere tutte le merci da un singolo magazzino, oppure di 2) mandare il proprio lavoratore in un edificio ed eseguirne l'azione.
Utilizzando i proprio edifici non è necessario pagarne la tassa di utilizzo (di solito cibo o denaro), mentre sarà richiesto per utilizzare quelli cittadini o quelli degli altri giocatori. Fintanto che una pedina rimane in un edificio, questo non può essere utilizzato da nessun altro. Comprare e vendere edifici, abbiamo detto, è opzionale e gratuito. Vendere, naturalmente, fa incassare molto meno di quanto si è speso in precedenza. Man mano che i turni passano, arrivano in porto anche delle navi, acquistabili anch'esse. Queste imbarcazioni servono a fornire cibo ai propri dipendenti. Infatti, a fine round (7 turni), c'è da pagare un ammontare di cibo sempre crescente nel prosieguo della partita e senza navi diventa spesso molto dura. C'è la possibilità di chiedere un prestito in franchi (che sono una specie di jolly per il cibo) ma gli interessi sono tali da far impallidire Alena Ivanovna.

Tra le azioni possibili fornite dagli edifici, c'è quella di costruirne altri, pagando in risorse anziché in franchi (per cui è possibile prendere un edificio pagandolo, come azione gratuita, o costruendolo, come azione principale), costruire navi e, naturalmente, tutta una infinita sere di trasformazione risorse. Ne abbiamo in gioco ben 8 che in realtà sono 16 perché ciascuna ha sul retro la versione migliorata. Poi alcune sono anche fonte di cibo, altre di energia e non scordiamoci i franchi.

La struttura quindi è molto semplice: il rifornimento è automatico, fai una singola azione, compra e vendi a volontà (si fa per dire, perché non è che i fiorini abbondino). Grande varietà è data dalle carte edificio speciale, delle quali solo sei vengono messe in gioco in ogni partita, sorteggiate da un mazzo di 36 (più quelle dell'espansione Le Grand Hameau, inclusa in questa edizione).
Come avrete notato, se un round è composto sempre da 7 turni individuali, non tutti i giocatori faranno lo stesso numero di azioni in ogni round. Vero, ma non preoccupatevi, la durata della partita è calibrata per compensare questa cosa, dando a tutti gli stessi turni.

CONSIDERAZIONI
Uwe deve aver sofferto la fame, da piccolo. Me lo immagino, nella Forezta Nera di Cermania a cercare bacche per sopravvivere. Come in Agricola, anche in Le Havre ogni turno devi pagare cibo. La cosa paradossale, oltre alla fase di “raccolto” che incrementa grano e bovini e che in un porto ci sta come il limone sulla nutella, è che l'unico lavoratore di Le Havre mangia come tutta la famiglia di Agricola, se non di più. Per fortuna qui ti puoi comprare/fabbricare le navi, che ti danno un po' di respiro, altrimenti rischi di passare l'intero gioco ad affumicare il pesce, cuocere il pane e trasformare i bovini in bistecche.

Oltre ai paradossi dell'ambientazione dei quali onestamente sono il primo a fregarmene, altra piccola magagna la troviamo nella grafica. Non solo tanto testo, non solo devi continuamente alzarti e binocolare le carte dell'avversario all'altro capo del tavolo per ricordarti che cos'ha, ma sono pure zeppe di informazioni ridondanti, simboli, simbolini, mancava giusto la storia della genesi della carta e la firma dell'autore in trasparenza. Sul serio, dopo un paio di partite ci si prende la mano, ma tante informazioni, all'inizio, sono davvero spaesanti.

Infine, parliamo del livello di interazione. Più basso di Agricola, forse uno dei più bassi in assoluto tra i gestionali che ho giocato. Non che sia necessariamente un difetto, anzi, lascia molta possibilità di programmare, però se vi piace giocare col coltello tra i denti, sappiate che Le Havre non fa per voi. In verità un po' ci si rubano gli edifici costruibili, qualche volta ti piazzano il lavoratore proprio dove serve anche a te e non se ne vogliono più andare, però, in linea di massima, si trova sempre qualcosa di alternativo da fare, viste le immense possibilità che il titolo offre.

Ultime note negative, così la chiudiamo con i mugugni e passiamo alle positive, sono la durata e la ripetitività, probabilmente la seconda esacerbata dalla prima. Almeno per me, un gioco da 50-60 minuti a giocatore inizia a essere eccessivo. Vero che il regolamento contiene una versione breve, ma non è la stessa cosa (mancano, ad esempio, gli edifici speciali). Però ecco, personalmente, dopo 4 ore di trasformazione di ferro in acciaio e di argilla in mattoni, la voglia di giocare un'altra partita mi torna forse dopo un paio di mesi.

Finito di brontolare, passiamo al bello. Perchè di bello, in Le Havre, ce n'è molto e posso dirvi che complessivamente il titolo è piaciuto a tutto il mio gruppo più di ogni altro gioco di Rosenberg provato. Per cui prendete i paragrafi qui sopra più come degli avvertimenti che non come uno sconsigliare.

Le Havre è onanismo gestionale. Prendo l'argilla, la trasformo in mattoni, ci compro un edificio con cui cambio il grano in pane e soldi, col pane sfamo, coi soldi pago la tassa a Franchino per trasformare il ferro in acciaio con cui, assieme al carbone, compro una nave da crociera per sfamare il lavoratore che ha trasformato l'argilla. 8 risorse primarie: pesce, legno, carbone, argilla, ferro, grano, bovini, pelle;  8 secondarie, ricavate dalle prime: pesce affumicato, carbonella, carbone raffinato, mattoni, acciaio, pane, bistecche, cuoio; pesce, pesce affumicato, bistecche e pane che sono anche cibo (una sorta di super-risorsa); legno, carbonella, carbone, carbone raffinato che sono anche energia (altra super-risorsa); la pelle/cuoio, che alla prima partita dici “ma serve a un cazzo questo?” e che invece, nei giusti edifici, ti riempiono di franchi come se piovesse; già, altra risorsa, buttiamoci dentro pure i franchi; e non dimentichiamo le combo tra edifici, i bonus per simboli particolari, sia in produzione che a fine partita.

E la cosa più bella, elegante, efficace e stupefacente è che tutto questo lo ottieni con un solo singolo lavoratore. Mi pare fosse Mauro di Marco (ILSA-magazine.it) che parlava di “piazzamento lavoratori essenziale” o un'espressione simile. Nulla di più vero. Le Havre distilla il principio del piazzamento lavoratori e lo condensa in un'unica pedina, un'unica azione a turno, un edificio da scegliere su più di 30 a disposizione, un mare di possibilità riassunto in una singola mossa.
Il gioco regala un'ottima profondità, te la fa sudare con una non semplice lettura del tavolo e con una durata importante, ma ti ripaga di quello che spendi.

Quando ho chiesto ai miei compagni perché lo avessero gradito più di Agricola, principalmente è sembrato loro che, nonostante l'ansia da cibo rimanga, questo offra comunque più libertà, più possibilità, il tutto tramite meno confusione e dispersività. In parte sono d'accordo con loro, anche se penso che chi ama i gestionali non possa fare a meno di possedere e giocare entrambi e io continuo a preferire - di poco - Agricola.

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