Ottima disamina. Nella demo in fiera ho avuto le stesse sensazioni: un'occasione mancata.
City of the Big Shoulders ovvero Chicago 1875.
Kickstarter porta alla luce il progetto di Raymond Chandler III (sic), ovvero “a euro-style, resource management and worker placement game with a unique 18xx-style economic engine”.
In parole povere un gioco che vuole fondere la parte azionaria dei 18XX con un sistema di vendita simile a quello di Arkwright (quindi mercato limitato e priorità data dalla pubblicità), il tutto raccordato da un terzo blocco originale costituito da una meccanica di piazzamento lavoratori.
Come si gioca a City of the Big Shoulders
Scopo del gioco è arrivare alla fine del quinto round della partita con più soldi, calcolati sommando il valore del portafoglio azionario a quello del cash.
Questi soldi si faranno, nel gioco, comprando azioni di varie industrie (tessili, di calzature, di insaccati, alimentari) e, avendone la presidenza, ovvero il controllo, potenziandone la produzione e poi vendendone le merci a un comune mercato.
Da notare che, come nei 18XX, il capitale privato, del giocatore, viene usato per comprare azioni e avviare aziende, mentre poi ogni azienda ha un suo capitale che utilizza per potenziarsi e questo non va confuso o mescolato con quello privato.
Ma vediamo le tre macro-fasi del gioco:
Azionaria.
Qui i giocatori, a turno e in senso orario, possono comprare e vendere azioni di varie industrie ed anche aprirne di nuove. Vendendo azioni il valore delle stesse cala immediatamente, mentre per vederle salire è necessario fare una buona performance sui mercati, in fase 3.
Piazzamento lavoratori.
Ogni giocatore ha a disposizione 3 lavoratori iniziali, più altrettanti sbloccabili nel corso della partita in vari modi. Si parte con sette edifici già prestampati sulla plancia, più, ogni round, ciascun giocatore pesca segretamente tre tessere edificio, ne piazza una sul tabellone, ne scarta un'altra definitivamente e trattiene l'ultima per il round seguente.
In questo modo la plancia si riempie progressivamente di nuovi edifici, liberando sempre più azioni, sempre più efficaci, dato che gli edifici sono di tre livelli e vengono pescati in progressione.
Ora, come in un effettivo piazzamento lavoratori, ciascuno manda i propri omini sugli edifici, attivandone l'azione in modo esclusivo. In sostanza si comprano materie prima, si potenziano con manager e pubblicitari le proprie aziende, si assumono lavoratori, si fa pubblicità, ecc.
Vendita.
A questo punto tutte le fabbriche vengono azionate e producono merci in base ai lavoratori che hanno e alle materie prime accumulate. Tali merci vengono vendute a un mercato comune (ma sempre sulla riga di carte corrispondente al tipo di prodotto creato: tessile, calzature, ecc). Gli spazi sono ovviamente limitati e parte a vendere chi ha un livello di pubblicità più alto, mentre gli altri potrebbero trovarsi a non vendere tutto.
Gli introiti possono essere trattenuti nell'azienda e di conseguenza cala il valore azionario, oppure divisi tra gli azionisti, facendo anche salire il valore delle azioni.
Un Kickstarter che arriva puntuale...
A parte le banconote di carta, che non ho nemmeno scartato, avendo le fiches, il resto è un'ottima produzione Kickstarter, con plance spesse, belle tesserone, tutto piacevole a vedersi e intavolarsi.
Graficamente ci sono delle storture, tipo i tracciati che aumentano dall'alto al basso, quindi quando il valore azionario ad esempio sale, visivamente scende, oppure alcuni simboli non proprio in linea con quello che è raffigurato (una freccia verde che va a destra significa che le azioni salgono ovvero che vanno verso il basso... ho reso l'idea?).
Anche la stesura del manuale non è delle migliori: poco organica e con informazioni frammentate.
Ma venendo alle meccaniche, City of the Big Shoulders ha l'ardire di ispirarsi a due giochi che sono un po' dei mostri sacri nel loro settore di nicchia e cercare nientemeno che di fonderli assieme e ridurli anche come tempo di gioco.
Fermo restando che le due ore e mezzo indicate sulla scatola sono mendaci e in quattro non ci impiegherete mai meno di tre ore (che però è sempre un'ora meno di Arkwright e la metà dei comuni 18XX), la fusione ha tutto sommato avuto successo. Almeno apparentemente.
Il raccordo tra la parte azionaria e quella operativa è costituito da un piazzamento lavoratori che non risulta affatto slegato dal resto , ma fa da ponte logico e funzionale tra i due estremi: si investe in qualcosa, lo si migliora, lo si mette a frutto sul mercato.
L'idea che siano i giocatori a scegliere cosa costruire è ottima, così come il fatto di dover pagare quando si usa un edificio costruito da un altro giocatore. Anche come scalabilità il sistema funziona, perché il numero di edifici è proporzionato automaticamente ai giocatori.
In fase di vendita, c'è concorrenza solo all'interno del proprio segmento produttivo e le carte man mano esaurite escono di scena, lasciando spazio a quelle prestampate sul tabellone, mediamente più basse, con un aumento quindi della competizione nelle fasi avanzate della partita. Ciò, unito all'aumento del numero dei lavoratori pro capite e unito anche a migliori performance delle industrie che, potenziate, riescono a fare ricavi più alti dal singolo pezzo venduto, porta a una buona escalation e a un piacevole effetto crescita del gioco.
Fin qui, siamo alle soglie del capolavoro. Poi, come una montagna russa che ci ha portato con un sacco di aspettative in cima alla salita... scoprire improvvisamente che siamo saliti per sbaglio sul Brucomela.… e che avrebbe fatto meglio a ritardare sei mesi
Partiamo dalle piccole cose, tra cui il regolamento e la grafica, le cui magagne vi ho già illustrato nel paragrafo precedente.
Anche la durata poteva essere francamente minore, visto anche quel che si proponeva e ciò poteva essere fatto aumentando il capitale individuale iniziale (205 invece di 175, in modo da avere più liquidi ma non poter comunque aprire due compagnie al primo round) e magari togliendo il quinto round. Ma siamo nel peccato veniale.
Così come è veniale aver inserito solo come gioco avanzato alcune regole azionarie che sono invece indispensabili per giocare con un senso compiuto: scalata alle compagnie, cambio di presidenza, vendita di emergenza. Sono cose fondamentali e vi consiglio caldamente di partire già con quelle. Ma del resto pure Arkwright aveva due regolamenti, per cui perdoniamo anche questo.
Ma veniamo al succo.
La pubblicità, che in Arkwright è un nodo centrale per la vendita, qui ha un difetto grosso come una casa: è permanente e non arretra mai sul tracciato. Un'azienda un po' avviata i primi round diventa spesso irraggiungibile da una nuova che opera nello stesso settore: se un giocatore ha provveduto a fare un po' di pubblicità, la nuova azienda venderà sempre dopo di lei a avrà quindi meno potenziale di vendita, rimanendo costantemente indietro.
Questo significa che è quasi sempre più conveniente comprare azioni di una ditta avviata, che non avviarne un'altra concorrente nello stesso settore.
Questo è un problema specie in tre giocatori, dato che i settori di vendita sono 4. Mi spiego: in due si avviano di solito due industrie a testa, in due settori; in quattro si copre un settore a testa; in tre chi accumula per prima capitale sufficiente avrà due settori, prendendo un vantaggio (al netto di speculazioni finanziarie, che a questo punti gli altri due giocatori sono obbligati ad effettuare nei confronti del terzo fortunato, aka "bash the leader" obbligato dal gioco).
Sarebbe stato meglio implementare un sistema per cui la pubblicità non ha effetto permanente, ma effimero. I vari bonus che ora sono spalmati lungo il tracciato sarebbero potuti essere bonus alternativi scelti dal giocatore raggiunta una certa soglia di valore pubblicitario, di volta in volta smarcando quello scelto, in modo da non poterlo più riprendere.
Il vero problema però sta nella ripartizione dei dividendi: le azioni invendute restano infatti alla compagnia e pagano i dividendi alla compagnia stessa. Quindi quando decidete di incassare il denaro invece di trattenerlo, parte di questo stesso denaro va comunque alla compagnia, come se lo aveste trattenuto, con però l'indubbio vantaggio di vedere crescere il valore azionario, anziché diminuire.
Questo rende una non-scelta la decisione tra il pagare i dividendi (le azioni salgono) e il trattenerli (scendono). E questo tipo di scelta è uno dei cardini del sistema azionario 18XX e anche una delle cose che danno profondità al gioco. Ma qui non ci sono treni obsolescenti, ogni industria non può far altro che migliorare le sue performance e produzioni di merci: praticamente in ogni partita ho visto solo dividere gli utili, mai trattenerli.
Sarebbe stato molto meglio eliminare la regola per cui le azioni invendute pagano alla società e, volendo, inserire una sorta di tassa progressiva da pagare di round in round, a mimare quella che nei 18XX è l'obsolescenza delle locomotive, cosa che costringe a incrementare ogni tanto il capitale societario a discapito degli azionisti.
Conclusione
Ho letto in giro qualche commento. Più di tanti altri giochi, City of the Big Shoulders mi ha fatto distinguere tra giocatori e giudici, fruitori e recensori.
Non me ne vogliano quelli a cui è piaciuto o che l'hanno definito un bel gioco senza pensarci troppo. Non ce l'ho con loro: ce l'ho - a morte - con questo autore, che aveva tra le mani una bomba e l'ha ridotta a un petardo. Già ogni anno escono pochi giochi davvero degni di nota, che se poi ci mettiamo a sabotare anche quelli che potenzialmente potrebbero farcela...
Materiali ***
Grafica/disegni *
Ergonomia **
Ambientazione **
Regolamento **
Scalabilità ***
Rigiocabilità ***
Originalità ****
Interazione ****
Profondità **
Strategia **
Tattica ***
Eleganza **
Fluidità **
Legenda: – (pessimo/assente), * (scarso), ** (sufficiente), *** (buono), **** (ottimo), ***** (eccellente)