Per la Tana ho scritto solo recensioni di gigacinghiali; l’unica eccezione finora è stata Near and Far, e chi c’era si ricorda com’è andata (spoiler: non bene). Cosa ci faccio allora a recensire Visconti del Regno Occidentale, un german di peso medio facente parte di una trilogia di pesi medi facente parte di una serie sui quattro punti cardinali di peso medio?
Andiamo con ordine.
Un fresco mercoledì sera di fine agosto, complice l’assenza della dolce metà, organizzo una serata board games da me. Siamo tutti stanchi per il lavoro ma vogliamo provare qualcosa di nuovo; un amico propone due suoi titoli, On Mars e Visconti. Piuttosto che toccare Lacerda da stanco mi suicido. E Visconti sia.
Breve premessa. Non sono un grande fan della trilogia del Regno Occidentale. Architetti non mi è dispiaciuto, un piazzamento lavoratori asciutto con un twist interessante nella cattura dei meeple. Ma è proprio una gestione risorse ridotta all’osso, senza troppo spazio per strategie interessanti né abbastanza profondo da convincermi a giocarci più di qualche volta.
Anche Paladini ha il suo perché, ma mi è parso davvero un po’ troppo lungo per un gioco che alla fine è un solitario di gruppo. Di strategia ce n’è abbastanza, ma da un gioco che sfora le tre ore mi aspetterei comunque più profondità.
Raiders of the North Sea addirittura l’ho provato una volta e proprio non mi è piaciuto; mi è parso molto ripetitivo, con poche scelte spesso pure scontate.
Quindi non è con grandi speranze che mi sono approcciato a Visconti. Mi aspettavo tutt’al più qualcosa in linea con Architetti: interessante ma non abbastanza profondo. E invece...
Come si gioca
Prima di partire in quarta con le mie impressioni, come mi verrebbe spontaneo fare, magari spendo due parole sul regolamento e sul gameplay.
In Visconti ognuno impersona, pensa un po’, un Visconte. Il nostro scopo è un non meglio identificato farci spazio a colpi di gomitate e diplomazia nel Regno Occidentale, pronti a cogliere l’opportunità di guadagnare più potere alle spalle dei nostri rivali e, perché no, diventare noi stessi il nuovo monarca.
In realtà quello che faremo nel gioco è costruire edifici, commerciare, tramare nel castello del re e... trascrivere manoscritti (ma perché???). Immersione: non pervenuta, ma dopotutto al mio cuore germanista frega davvero poco.
A ogni giocatore vengono consegnati una plancia con tre slot per giocare le carte, tanti edifici che sbloccano abilità fighe quando costruiti e un mazzo di carte personale, uguale per tutti.
In un draft iniziale, che si svolge in ordine inverso a quello di turno determinato casualmente, vengono scelte le risorse iniziali e una carta Eroe (più potente di quelle del deck iniziale) da mescolare nel mazzo.
A questo punto si è pronti a iniziare: i giocatori svolgono turni in un ordine che non cambia mai, fino a quando la partita non ha termine.
Durante ogni turno un giocatore gioca una carta dalla propria mano, si muove di un numero di passi pari al suo costo, si ferma in uno degli spazi del percorso a rondella intorno al castello e sceglie una tra le quattro azioni possibili. Ogni azione viene potenziata dal numero di simboli azione che compaiono sulla plancia personale, tra carte, edifici scoperti e altro, e dalle risorse di un tipo specifico spese.
Le quattro azioni sono:
- commerciare (simbolo: sacchetto, risorsa: monete) - a seconda del valore dell’azione e del posto in cui ci si ferma, sempre nel percorso esterno della rondella, si ottengono risorse o altro;
- costruire (simbolo: martello, risorsa: pietra) - a seconda del valore (3, 5, 7) si costruisce un edificio di un certo tipo sui bordi del tabellone, che sbloccherà diversi miglioramenti “strategici” e darà punti a fine partita;
- trascrivere (simbolo: crocifisso, risorsa: inchiostro) - se si hanno le risorse richieste negli spazi del percorso interno si può prendere un libro, che oltre a dare risorse o altri effetti, regala simboli extra se si corre a fare set dello stesso colore e/o molti punti a fine partita se si fanno set diversi;
- castello! (simbolo: fiorino, risorsa: oro) l’azione più complicata: permette di piazzare omini nel castello che forniscono risorse/effetti e punti vittoria a fine partita; il meccanismo è carino e dà la sensazione di c-c-c-c-combo: la soddisfazione durante la prima partita è notevole.
Finita l’azione principale, si pesca fino al limite della propria mano (pari a tre a inizio partita, migliorabile più avanti) e si passa il turno.
Se sembra tutto molto lineare (una virtù) ma poco originale (un difetto), è perché devo ancora introdurvi i due aspetti che danno corpo, profondità e originalità al tutto.
Visconti è un gioco a rondella con una forte componente di deckbuilding. Il mazzo iniziale viene migliorato e a volte sfrondato grazie alle diverse carte poste direttamente sul tabellone. Queste carte hanno un doppio utilizzo: possono essere assoldate momentaneamente per concedere un boost all’azione che stiamo facendo (possiamo sommare i simboli sulla carta a quelli sulla nostra plancia), oppure acquistate a fine turno e posizionate negli scarti, come in ogni deckbuilder di questo mondo.
Ogni carta, oltre a un costo e a dei simboli, può avere un’abilità ascrivibile a uno dei seguenti tipi:
- istantanea, che si attiva non appena la carta viene giocata a inizio turno;
- drop-off, che si innesca quando la carta lascia il nostro tableau;
- continua, che viene innescata da certi eventi mentre la carta si trova sul nostro tableau.
Le carte rappresentano una parte fondamentale di Visconti, come ci si può aspettare, e generano quella variabilità che di partita in partita non stanca mai. Per quanto le combo fantasmagoriche siano l’elemento più memorabile di alcune partite, semplicemente prendendo carte coi simboli che più ci servono ci garantiremo un certo focus strategico fondamentale per vincere.
Se le carte generano corpo e profondità, l’originalità principale del gioco viene a mio parere dalla condizione di fine partita.
Durante il setup vengono prese le carte Debito, tutte uguali, che da un lato rappresentano due punti negativi e dall’altro una risorsa “wild”. A seconda del numero di giocatori se ne posizionano alcune al di sopra della carta Povertà.
Un procedimento simile si fa per le carte Deeds, che da un lato rappresentano un punto e dall’altro tre. Queste vengono posizionate sopra la carta Prosperità.
Durante la partita i giocatori possono ottenere carte Debito o Deeds in diversi modi. Il principale tuttavia è durante degli eventi chiamati Clash, in cui le due pedine Corruzione e Virtù presenti sulla plancia personale si scontrano. Le due pedine si spostano in tantissimi modi, tra l’altro normalmente abbastanza in linea con il flavour. Se si è corrotti si prenderanno Debiti e monete, se si è virtuosi si otterranno Deeds. Ci sono poi azioni ed effetti che concedono di girare queste carte sull’altro lato, ottenendo due punti e, nel caso dei debiti, una risorsa.
Segretamente questo è il vero cuore di Visconti. Non pare evidente alla prima partita, quando ci si concentra di più sui tre diversi percorsi “strategici” (Castello, Manoscritti e Edifici), ma più si gioca più si capisce come la meccanica del Clash guidi l’intera esperienza di gioco.
Perché è così importante?
Perché quando termina uno dei due mazzetti viene innescata la fine partita. Si finisce il round in corso, se ne gioca un altro e si passa al punteggio. Ma ecco il twist finale: se è finito il mazzetto di Debiti viene scoperta la carta Povertà, che assegna punti ai giocatori a seconda di quante Deeds hanno girato. Il contrario avviene se viene finito il mazzetto delle Deeds: la carta Prosperità permette di far punti con i Debiti.
In pratica Debiti e Deeds sono sia il timer della partita, sia una fonte di punti non indifferente: controllare i Clash consente di dettare il ritmo della partita, adattarsi a quel che fanno gli altri e capire quando passare dalla costruzione del motore al far punti.
Cosa ne penso
Credo il mio entusiasmo per il gioco sia chiaramente emerso già nella sezione precedente. Visconti mi ha convinto fin dalla prima partita: era tanto che non finivo un gioco con la voglia di intavolarlo di nuovo immediatamente. L’ho giocato cinque volte in una settimana, l’ultima volta credo fosse successo con Barrage.
Ogni nuova partita mi ha rivelato nuovi dettagli, nuove direzioni, nuove combo. In circa due ore Visconti concentra un impressionante numero di scelte significative, e per un gioco relativamente breve di peso medio riesce a restituire un’ottima profondità strategica.
Ma il motivo per cui me ne sono perdutamente innamorato è che mi ha ricordato moltissimo uno dei miei titoli preferiti di sempre, Great Western Trail. Le sensazioni che Visconti mi ha lasciato sono proprio simili a quelle suscitate dal capolavoro di Pfister. Più di Maracaibo, ho trovato in Visconti un erede naturale della corsa a base di mucche, treni e edifici nelle praterie americane dei tempi andati.
Vediamo insieme perché.
- Entrambi i giochi hanno una durata determinata dalle scelte dei giocatori, e l’importanza di questa caratteristica non è immediatamente evidente agli occhi di tutti.
- Entrambi i giochi hanno tre strategie fondamentali:
- una ovvia, che “si nutre da sola”: i cowboy per GWT, il Castello per Visconti;
- una più complicata, che richiede conoscenza profonda del ritmo di gioco e della cornice strategica complessiva (gli Edifici per entrambi i giochi);
- una molto dipendente dal tempismo, che a inizio partita può ottenere vantaggi fortissimi ma che deve concentrarsi verso la fine (gli ingegneri con le tessere Station master per GWT, i libri con i set da tre dello stesso colore per Visconti).
- Entrambi hanno alla base il principio della rondella, che limita le azioni a disposizione a seconda della propria posizione sul tabellone centrale.
- Entrambi sembrano più lunghi di quanto effettivamente sono.
Ci sono poi ovviamente mille differenze: Visconti è più leggero e meno punitivo, l’interazione tra giocatori è molto più bassa, l’alea molto più alta. Le combinazioni tra le carte generano effetti interessanti, originali e non prevedibili, per cui la componente tattica è sicuramente più marcata rispetto a quella strategica, mentre in GWT è l’opposto.
Ma il feel dei giochi è molto simile, ed è davvero un complimento in questo caso. GWT è a mio parere un vero e proprio capolavoro, anche solo assomigliargli è un risultato invidiabile.
Ho visto tante discussioni su quale tra Architetti, Paladini e Visconti fosse il migliore della trilogia. Per me proprio non c’è storia: a livello di profondità, fluidità e tempo di gioco Visconti non è nemmeno nella stessa categoria degli altri due.
Per quanto sfrutti lo stesso comparto grafico, la stessa simbologia e alcune delle felici intuizioni degli altri due fratelli minori, in Visconti l’unione del tutto è di gran lunga superiore alle sue singole parti. Cosa che, a mio parere, non si può dire degli altri due.
Il mio voto finale è un 8,5: un gioco originale, profondo, strategico e tattico, infinitamente rigiocabile.