eriadan
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- eriadan
Ok, spero di aver allontanato un bel po' di persone con il titolo del topic.
Riporto qui alcune riflessioni fatte tempo fa ascoltando il podcast di Ludology dedicato all'arco narrativo.
Brevemente l'arco narrativo è ciò che in letterature, nelle serie a fumetti o nelle fiction porta un protagonista da una vicenda all'altra.
L'arco narrativo è qualcosa che, se ben strutturato, tende a catturare l'attenzione. Da una premessa iniziale tutti i racconti portano il protagonista attraverso varie situazioni che spesso culminano in una situazione fortemente emozionale che "risolve" il personaggio. Tendenzialmente quando un personaggio viene "risolto" il suo racconto si sgonfia, si è raggiunto il massimo dell'arco e da li si può andare a chiusura e si deve, altrimenti il racconto si ammoscia. Se volessimo vederlo come un grafico in ascissa dovremmo mettere il tempo e in ordinata l'emozione che quel personaggi o la storia in cui è inserito ci suscita in quell'istante. Penso sia abbastanza ovvio immaginarsi la curva come un arco convesso.
Tale struttura è ovviamente applicabile anche ad una partita a boardgame dove l'istanza giocata, una delle mille che il gioco può proporre, è il protagonista che si muove lungo il suo percorso generando un arco narrativo.
La partita si apre con una fase di early game che può essere più o meno accorciata o indirizzata secondo quanto proposto nell'articolo "Strutture di inizio gioco - introduzione e risorse per poi muoversi verso una condizione di middle e late game più o meno emozionanti.
Imparando a osservare una partita come un protagonista che vive il suo arco narrativo dà un mezzo per analizzare il gioco.
Ma prima di addentrarmi in questo ho bisogno di introdurre un altro concetto, un po' matematico: lo spazio delle fasi. Molto brevemente tale aggeggio è l'insieme di tutte le configurazioni che un sistema può assumere. Wikipedia fa l'esempio del pendolo indicando lo spazio delle fasi l'insieme di tutti gli angoli che questo può fare rispetto alla verticale e tutte le velocità che il peso può assumere a causa delle azioni esterne. Osservando lo spazio delle fasi di un pendolo si possono descrivete tutte le storie che quel pendolo può vivere.
Tale concetto è applicabile anche ai giochi in scatola. Mi pare che tale approccio sia proposto anche nel libro di Nuccio. Lo spazio delle fasi di un gioco in scatola è l'insieme di tutte le configurazioni che il gioco permette e di conseguenza racchiude in se tutte le partite che si possono fare a quel gioco.
Come il moto di un pendolo nello spazio delle fasi descrive la sua traiettoria in tutte quelle possibili così la stessa partita giocata si muove all'interno dello spazio delle fasi di quel gioco descrivendo il suo arco narrativo.
Il problema è che lo spazio delle fasi di un gioco non è uniforme ne per forma ne per intensità di ogni suo punto e su questo approccio si potrebbe tentare un'analisi sulla progettazione e sulla realizzazione del gioco stesso. Mi spiego cercando di fare un esempio prendendo "forza4". Lo spazio delle fasi di questo gioco è dato dall'insieme di tutte le configurazioni ammissibili dalle regole per riempire il casellario 7per6 che ne costituisce lo schema.
Esempio grafico (R=rosso, G=giallo V=spazio vuoto)
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è un punto dello spazio delle fasi
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è anch'esso un punto dello spazio delle fasi.
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questo non può essere un punto dello spazio delle fasi in quanto ci son troppi Gialli rispetto ai rossi (violando la regola del gioco alternato).
Quando un giocatore inserisce la sua prima pedina dà inizio all'arco narrativo e sul grafico che in ascissa ha il tempo (turno di gioco) e in ordinata la tensione legata alla mossa viene posizionato il primo punto che coincide con una delle sette possibili configurazioni di inizio gioco.
Ovvio che l'intero e immenso spazio delle fasi di forza 4 non è minimamente osservabile,e non sarebbe nemmeno utile, ma penso che sia abbastanza chiaro che non tutti i punti dello spazio delle fasi generino la stessa tensione ad essere toccati. Per chiarezza si vedano i tre schemi proposti valutando quale di questi sta vedendo la situazione più interessante per essere giocata:
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Se non ho sbagliato a fare gli schemi è quello centrale quello più interessante, il primo è un inizio partita mentre il terzo è comunque in una situazione in cui qualsiasi mossa successiva non eviterà il pareggio. Se volessimo schematizzare la cosa lo schema più a sinistra è la partenza dell'arco narrativo, lo schema centrale è un punto dell'arco narrativo prossimo a toccare il suo apice e il terzo dove l'acme è ormai superato e la partita non dice più niente rientrando in qualche modo in quel difetto introdotto da [tag]Agzaroth[/tag] come Dragging.
Cerco di arrivare a conclusione.
Se un gioco genera uno spazio delle fasi e la partita è uno dei tanti percorsi che possono muoversi nello spazio delle fasi, occorre essere consci del fatto che i sottoinsiemi dello spazio delle fasi non hanno tutti le stesse qualità. E qui entra in gioco il game design in quanto dovrebbe essere l'arte di progettare un insieme delle fasi tali per cui qualsiasi arco narrativo che prende corpo all'interno di esso arrivi al suo apice nei punti dello spazio delle fasi che proiettino, sul grafico tempo vs tensione emotiva il valore più alto possibile nel momento migliore possibile.
Su questo approccio mi permetto di parlare di Scythe e constatare come lo spazio delle fasi del gioco crea un sotto insieme di partite catalogabile come "coltiva il tuo orticello" dove i giocatori possono trovarsi a chiudere il gioco senza rompersi troppo le palle. Molte delle critiche che ho letto al titolo si concentravano infatti sulla scarsa interazione che il gioco forniva e questo era dettato un po' dal fatto che la prima incursione nello spazio delle fasi che il gioco proponeva li aveva spinti in quel particolare sotto insiemi dove se la partita lì si ficca non se ne esce a meno che non sia un giocatore, con le sue mosse, a portarla fuori.
E qui il discorso può farsi interessante. Il gioco offre una struttura a Sandbox ma è un pregio o un difetto che non vi sia un meccanismo all'interno del titolo stesso che strozzi lo spazio delle fasi in modo tale da costringere i giocatori a ricadere in quei sottonisiemi che l'autore del gioco, nella sua progettazione, considera più interessanti?
Anche in Hansa Teutonica può esserci lo stesso problema. Il gioco genera uno spazio delle fasi con sottoinsiemi loffi (dove i giocatori non si menano e non si rompono troppo le scatole) e sottonisiemi tesissimi dove l'eccitazione sta nello scegliere quanto conviene in termini di payoff sacrificare una mossa buona per se per fare una mossa che rompe all'avversario.
Se il gioco può muoversi in uno spazio delle fasi definito, ogni partita dovrebbe essere emotivamente emozionante; su questo principio si può incolpare la progettista del gioco del fatto che alcuni giocatori, nel loro generare l'arco narrativo, si spingano in sottoinsiemi "mosci" per il pathos che questo dovrebbe generare senza che vi sia qualcosa che porti il gioco lì dove deve arrivare? Così su due piedi io direi di Sì. Non so quanto sia giusto incolpare il giocatore dicendogli che non ha capito il gioco stesso.
Mumble
Riporto qui alcune riflessioni fatte tempo fa ascoltando il podcast di Ludology dedicato all'arco narrativo.
Brevemente l'arco narrativo è ciò che in letterature, nelle serie a fumetti o nelle fiction porta un protagonista da una vicenda all'altra.
L'arco narrativo è qualcosa che, se ben strutturato, tende a catturare l'attenzione. Da una premessa iniziale tutti i racconti portano il protagonista attraverso varie situazioni che spesso culminano in una situazione fortemente emozionale che "risolve" il personaggio. Tendenzialmente quando un personaggio viene "risolto" il suo racconto si sgonfia, si è raggiunto il massimo dell'arco e da li si può andare a chiusura e si deve, altrimenti il racconto si ammoscia. Se volessimo vederlo come un grafico in ascissa dovremmo mettere il tempo e in ordinata l'emozione che quel personaggi o la storia in cui è inserito ci suscita in quell'istante. Penso sia abbastanza ovvio immaginarsi la curva come un arco convesso.
Tale struttura è ovviamente applicabile anche ad una partita a boardgame dove l'istanza giocata, una delle mille che il gioco può proporre, è il protagonista che si muove lungo il suo percorso generando un arco narrativo.
La partita si apre con una fase di early game che può essere più o meno accorciata o indirizzata secondo quanto proposto nell'articolo "Strutture di inizio gioco - introduzione e risorse per poi muoversi verso una condizione di middle e late game più o meno emozionanti.
Imparando a osservare una partita come un protagonista che vive il suo arco narrativo dà un mezzo per analizzare il gioco.
Ma prima di addentrarmi in questo ho bisogno di introdurre un altro concetto, un po' matematico: lo spazio delle fasi. Molto brevemente tale aggeggio è l'insieme di tutte le configurazioni che un sistema può assumere. Wikipedia fa l'esempio del pendolo indicando lo spazio delle fasi l'insieme di tutti gli angoli che questo può fare rispetto alla verticale e tutte le velocità che il peso può assumere a causa delle azioni esterne. Osservando lo spazio delle fasi di un pendolo si possono descrivete tutte le storie che quel pendolo può vivere.
Tale concetto è applicabile anche ai giochi in scatola. Mi pare che tale approccio sia proposto anche nel libro di Nuccio. Lo spazio delle fasi di un gioco in scatola è l'insieme di tutte le configurazioni che il gioco permette e di conseguenza racchiude in se tutte le partite che si possono fare a quel gioco.
Come il moto di un pendolo nello spazio delle fasi descrive la sua traiettoria in tutte quelle possibili così la stessa partita giocata si muove all'interno dello spazio delle fasi di quel gioco descrivendo il suo arco narrativo.
Il problema è che lo spazio delle fasi di un gioco non è uniforme ne per forma ne per intensità di ogni suo punto e su questo approccio si potrebbe tentare un'analisi sulla progettazione e sulla realizzazione del gioco stesso. Mi spiego cercando di fare un esempio prendendo "forza4". Lo spazio delle fasi di questo gioco è dato dall'insieme di tutte le configurazioni ammissibili dalle regole per riempire il casellario 7per6 che ne costituisce lo schema.
Esempio grafico (R=rosso, G=giallo V=spazio vuoto)
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è anch'esso un punto dello spazio delle fasi.
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questo non può essere un punto dello spazio delle fasi in quanto ci son troppi Gialli rispetto ai rossi (violando la regola del gioco alternato).
Quando un giocatore inserisce la sua prima pedina dà inizio all'arco narrativo e sul grafico che in ascissa ha il tempo (turno di gioco) e in ordinata la tensione legata alla mossa viene posizionato il primo punto che coincide con una delle sette possibili configurazioni di inizio gioco.
Ovvio che l'intero e immenso spazio delle fasi di forza 4 non è minimamente osservabile,e non sarebbe nemmeno utile, ma penso che sia abbastanza chiaro che non tutti i punti dello spazio delle fasi generino la stessa tensione ad essere toccati. Per chiarezza si vedano i tre schemi proposti valutando quale di questi sta vedendo la situazione più interessante per essere giocata:
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Se non ho sbagliato a fare gli schemi è quello centrale quello più interessante, il primo è un inizio partita mentre il terzo è comunque in una situazione in cui qualsiasi mossa successiva non eviterà il pareggio. Se volessimo schematizzare la cosa lo schema più a sinistra è la partenza dell'arco narrativo, lo schema centrale è un punto dell'arco narrativo prossimo a toccare il suo apice e il terzo dove l'acme è ormai superato e la partita non dice più niente rientrando in qualche modo in quel difetto introdotto da [tag]Agzaroth[/tag] come Dragging.
Cerco di arrivare a conclusione.
Se un gioco genera uno spazio delle fasi e la partita è uno dei tanti percorsi che possono muoversi nello spazio delle fasi, occorre essere consci del fatto che i sottoinsiemi dello spazio delle fasi non hanno tutti le stesse qualità. E qui entra in gioco il game design in quanto dovrebbe essere l'arte di progettare un insieme delle fasi tali per cui qualsiasi arco narrativo che prende corpo all'interno di esso arrivi al suo apice nei punti dello spazio delle fasi che proiettino, sul grafico tempo vs tensione emotiva il valore più alto possibile nel momento migliore possibile.
Su questo approccio mi permetto di parlare di Scythe e constatare come lo spazio delle fasi del gioco crea un sotto insieme di partite catalogabile come "coltiva il tuo orticello" dove i giocatori possono trovarsi a chiudere il gioco senza rompersi troppo le palle. Molte delle critiche che ho letto al titolo si concentravano infatti sulla scarsa interazione che il gioco forniva e questo era dettato un po' dal fatto che la prima incursione nello spazio delle fasi che il gioco proponeva li aveva spinti in quel particolare sotto insiemi dove se la partita lì si ficca non se ne esce a meno che non sia un giocatore, con le sue mosse, a portarla fuori.
E qui il discorso può farsi interessante. Il gioco offre una struttura a Sandbox ma è un pregio o un difetto che non vi sia un meccanismo all'interno del titolo stesso che strozzi lo spazio delle fasi in modo tale da costringere i giocatori a ricadere in quei sottonisiemi che l'autore del gioco, nella sua progettazione, considera più interessanti?
Anche in Hansa Teutonica può esserci lo stesso problema. Il gioco genera uno spazio delle fasi con sottoinsiemi loffi (dove i giocatori non si menano e non si rompono troppo le scatole) e sottonisiemi tesissimi dove l'eccitazione sta nello scegliere quanto conviene in termini di payoff sacrificare una mossa buona per se per fare una mossa che rompe all'avversario.
Se il gioco può muoversi in uno spazio delle fasi definito, ogni partita dovrebbe essere emotivamente emozionante; su questo principio si può incolpare la progettista del gioco del fatto che alcuni giocatori, nel loro generare l'arco narrativo, si spingano in sottoinsiemi "mosci" per il pathos che questo dovrebbe generare senza che vi sia qualcosa che porti il gioco lì dove deve arrivare? Così su due piedi io direi di Sì. Non so quanto sia giusto incolpare il giocatore dicendogli che non ha capito il gioco stesso.
Mumble