La trilogia di Romero rimane il massimo.
Il primo film aveva una donna come protagonista, e un uomo di colore come protagonista secondario, il che per l'epoca di uscita era già rivoluzionario. Gli zombie sono passati da essere controllati dal voodoo a veri morti che camminano, per motivi sconosciuti, anzi, per motivi irrilevanti, mistici o virulenti che siano. Inoltre, l'uomo di colore viene accoppato alla fine, scambiato per uno di questi mostri (almeno nello storyboard originale).
Il secondo film, che trascina il mito degli zombie per come li conosciamo oggi, è stato sopravvalutato dalla critica. Non credo che il regista avesse tali velleità di critica al consumismo che gli sono state poi, a ragione, attribuite. Il fatto di ambientarlo in un luogo chiuso, il centro commerciale appunto, era la soluzione giusta per lavorare comodamente di notte con attori sconosciuti e troupe recuperata. Il problema di risolvere l'illuminazione dei grandi spazi e degli zombie che apparivano verdi blu cianotici in pellicola non l'avevano calcolato, ma a me sembrano ancora più realistici in quel modo, forse proprio perché così diversi. Complice la guerra fredda, il finale era devastante, tutti morti, tra azzannamenti e suicidi, anche della donna protagonista, decapitata dalle pale dell'elicottero (almeno nello storyboard originale). Grandi scene di azione, e un film in cui i fucili equipaggiati hanno un peso, vengono portati a tracolla, e sono ingombranti.
Il terzo film è il più impegnativo, in cui si nota la volontà netta di fare una critica alla società, alla burocrazia, e alla necessità umana di computare il tempo che inesorabilmente passa, e di ammucchiare annotazioni, cose (giochi, anyone?).
The Walking Dead, il film televisivo, è un reality show distorto incentrato nell'apocalisse. Essendo la trasposizione dello strabiliante fumetto omonimo (almeno fin quando non arrivano alla prigione, poi crolla) in un altro media, è di per sé un altra cosa. Una cosa, il film, molto mediocre.
Non so se il problema sia: cosa vuoi realizzare da un gdr con zombie. Non credo che nessuno giochi per fare critica alla società consumistica. Credo che si giochi per sopravvivere all'apocalisse zombie, qualunque cosa voglia dire. Il vero problema è di ricreare una trama che sia sostenibile. Il primo momento in genere è quello concitato (ahh! è uno zombie!), il secondo è quello pianificatore (come facciamo ad arrivare al..?), il terzo è rassegnazione, perché gli zombie cmq hanno già vinto (conviviamo con la situazione).
In genere, gli zombie sono solo il pretesto per far affiorare i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone vive. Il nemico sono gli altri, anche noi stessi.
Senso di oppressione, rassegnazione, disillusione in un gdr? beh, non mi piacerebbe giocare così... meglio andare a tirare schioppettate agli zombie (il successo di zombicide ricade in questo).
Altro problema è che in genere c'è poco spazio per una campagna. Almeno io non ho mai sentito nessuno che ne abbia portato avanti una di lungo periodo. Il meglio in genere viene dato quando i giocatori non sanno che il tutto si ambienta allo scoppio dell'epidemia zombie. Prendi un gioco moderno, senza mostri o fronzoli, fai una o due prime sessioni normali e poi vai con gli zombie. L'effetto sorpresa e l'iniziativa dei giocatori fanno il resto.