L'isola dei senza memoria - Yoko Ogawa

kikkatnt

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Finito ora. Queste le mie poche impressioni. Ammetto che non c'ho capito niente.

Questo libro, sebbene la scrittura fosse semplice e scorrevole, è stato di difficile lettura. Quando l'ho finito sono rimasta a "bocca asciutta" perché speravo che alla fine ci fosse almeno una parvenza di spiegazione di quello che è successo durante tutto il racconto. Sicuramente le chiavi di lettura che ha voluto trascrivere l'autrice sono molteplici, ma ammetto di non averne capite molte. Ho potuto comprendere almeno uno di questi messaggi "subliminali", cioè che è presente un forte rimando alla persecuzione nazista e ai campi di concentramento. Messaggio assicurato dal fatto che la Ogawa, in una delle sue interviste, ha citato di proposito il diario di Anna Frank e un viaggio, in passato, nei luoghi della persecuzione. Inoltre l'autrice è giapponese e, non conoscendo la loro storia, non posso dire se ci fosse un parallelismo con fatti accaduti nel suo Paese. Sta di fatto che ho potuto percepire che sotto alla "favola" raccontata c'è probabilmente una critica verso una società che pian pano sta dimenticando il passato, facendosi sempre più apatica, perdendo così il senso stesso delle cose, annullando totalmente ciò che di umano ci è ancora rimasto, senza possibilità di lasciare o trasmettere nulla a chi verrà dopo di noi. L'ho finito a stenti, gli ultimi capitoli hanno stravolto totalmente le mie aspettative.

Non sono molto brava a scrivere né ho le competenze per discutere su metodi di scrittura o altro. Di solito mi limito a dire mi piace/non mi piace.
 

glokta

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Finito ora. Queste le mie poche impressioni. Ammetto che non c'ho capito niente.

Questo libro, sebbene la scrittura fosse semplice e scorrevole, è stato di difficile lettura. Quando l'ho finito sono rimasta a "bocca asciutta" perché speravo che alla fine ci fosse almeno una parvenza di spiegazione di quello che è successo durante tutto il racconto. Sicuramente le chiavi di lettura che ha voluto trascrivere l'autrice sono molteplici, ma ammetto di non averne capite molte. Ho potuto comprendere almeno uno di questi messaggi "subliminali", cioè che è presente un forte rimando alla persecuzione nazista e ai campi di concentramento. Messaggio assicurato dal fatto che la Ogawa, in una delle sue interviste, ha citato di proposito il diario di Anna Frank e un viaggio, in passato, nei luoghi della persecuzione. Inoltre l'autrice è giapponese e, non conoscendo la loro storia, non posso dire se ci fosse un parallelismo con fatti accaduti nel suo Paese. Sta di fatto che ho potuto percepire che sotto alla "favola" raccontata c'è probabilmente una critica verso una società che pian pano sta dimenticando il passato, facendosi sempre più apatica, perdendo così il senso stesso delle cose, annullando totalmente ciò che di umano ci è ancora rimasto, senza possibilità di lasciare o trasmettere nulla a chi verrà dopo di noi. L'ho finito a stenti, gli ultimi capitoli hanno stravolto totalmente le mie aspettative.

Non sono molto brava a scrivere né ho le competenze per discutere su metodi di scrittura o altro. Di solito mi limito a dire mi piace/non mi piace.
per quel che ho letto di letteratura giapponese, aspettarsi delle spiegazioni finali, o anche spiegazioni di ogni cosa durante lo svolgersi..... è aspettarsi qualcosa che solitamente non arriva. giusto? sbagliato? non saprei. dipende anche il punto di vista del narratore. se è in prima persona secondo me non avere le spiegazioni di tutto è anche corretto, non si può sapere tutto. ma anche nei manga e negli anime raramente viene spiegato tutto. spesso molto è lasciato al lettore.
 
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AkioSix

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Ieri riflettevo che anche la carenza di cibo all'interno del racconto, rientra nel quadro fisiopatologico della malattia neurodegenerativa. I neuroni e le cellule di supporto progressivamente perdono le loro funzioni, fra cui anche quello di portare il nutrimento.
 

Obione

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Tanta discussione su altri canali e non avevo scritto le impressioni finali. Un buon tre stelle senza infamia e senza lode. Molto scorrevole, ricchissimo di spunti di discussione, un'interpretazione del significato finale che puo' o non puo' risultare evidente, ma su cui c'e' stato un interessantissimo confronto. Dall'altro lato della medaglia, un'ambientazione e rappresentazione del mondo non proprio limatissima. Alcuni buchi nell'ambientazione potrebbero effettivamente avere senso a posteriori, ma per come sono stati resi resta un po' il sapore dell'approssimazione. La stessa ambientazione vuole poi cercare di coinvolgerti da un lato onirico oppure dei sentimenti e della riflessione, ma al contrario (almeno nel mio caso) non ti senti cosi' coinvolto e leggi il tutto piu' come un poliziesco/distopico, cercando di ricostruire il contesto e il finale.
In sintesi, una buona lettura, migliore di quasi tutte le precedenti lette con questo gruppo, ma lontanissima dall'essere un capolavoro.
 

arwen67

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Io ragiono come Francesca, non avendo le competenze per giudicare il modo di scrivere (anzi, mi piacerebbe seguire qualche lezione di Debora, ci organizziamo?) mi limito alle mie impressioni.Il libro è scorrevole, ma non mi ha coinvolto per nulla; il concetto di perdita è dominante, ma non ne siamo già tutti consapevoli? Io comincio ad avere una certa età e i ricordi sono parte integrante della mia vita, non potrei e non vorrei mai farne a meno. Ecco, una cosa che mi ha infastidito del libro è la rassegnazione con cui tutti accettano le perdite che si susseguono di volta in volta. Ripeto, il fatto che il libro non mi abbia coinvolto granchè sicuramente incide sulla voglia mancata di approfondire i concetti.
Personaggio preferito, Don, il cane .
 

henrymerrivale

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henrymerrivale
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henrymerrivale
Eccomi, scrivo senza leggere nulla di quanto scritto sopra, che poi leggerò attentamente, e magari mi ricrederò (non credo) o comunque in caso risponderò.

Il libro comincia bene, sembra abbastanza inquietante questa caccia ai ricordi, al punto che mi ha ricordato più Fahrenheit che Saramago come già scritto su Telegram, anche se la seconda parte è più affine a "Cecità".
Poi continua con un ritmo lento, una scrittura molto elementare e per nulla accattivante, almeno per i miei gusti, e il senso di noia prende il sopravvento.
Ogni tanto qualche svolta nella trama sembra promettere un cambio di registro, ma poi si torna alla piattezza di prima.
I personaggi sono senza nome, tranne R., che viene nascosto nella casa della protagonista narratrice, ma francamente mi è sembrata una trovata molto debole: perchè doverlo nascondere? Non è mai dato a capire, il fatto che serbasse memoria delle cose scomparse mi è sembrato appunto alquanto debole come motivazione: ma come, ti è appena nato un figlio, hai una famiglia, e accetti di nasconderti così, nella casa di una quasi sconosciuta, e di scomparire dal mondo?
L'unico momento di 'pathos' è l'irruzione della Polizia segreta nella casa, ma dura poco e anche qui non ci sono conseguenze.
Pensavo che alla fine sarebbe stato almeno un po' claustrofobico, invece nulla, la storia si spegne così, senza motivazione, senza spiegazioni.
Ci saranno senza dubbio una serie di possibili letture o allegorie sottese, che però non mi hanno in alcun modo convinto nè motivato a ricercarle.

Assolutamente non nelle mie corde, se dovessi dargli un voto non gli darei più di 5 (su 10) solo per stima verso chi lo ha proposto.

Mi dispiace :rolleyes:

P.S. ho dimenticato il libro nel libro... mah forse è meglio averlo dimenticato

P.S.2 sto leggendo velocemente alcuni commenti, alcuni dei quali entusiasti, c'è qualcosa che mi sfugge forse
 
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Sportacus

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Sapervo, fin da quando l'avevo proposto, che sarebbe stato un libro divisivo, o ti piace o non ti piace. Sono anche stato sorpreso dalla sua vittoria, perchè sapevo in partenza che sarebbe stato un libro difficile anche da commentare.

Partiamo dalla fine. A me è piaciuto, pure parecchio. Lo consiglierei a tutti? No, assolutamente no. Ci vuole la giusta predisposizione d'animo per leggerlo e per, in parte, comprenderlo.
In tutte le sinossi che si trovano in rete il libro viene descritto come una distopia: isola sperduta nel tempo e nello spazio, una Polizia Segreta che va a caccia di ricordi della gente, che giorno dopo giorno dimentica e perde per sempre qualcosa. E se uno si ferma a questo e comincia a pensare ai nazisti, all'argentina dei colonnelli, al vietman dei khmer rossi, a quello che volete. Ma la distopia, la fantascienza se vogliamo, finisce lì. E quindi che cos'è questo libro?

Per me è una profonda riflessione sulla morte. Quella fisica, corporale, quella che pone fine alla nostra esistenza materiale su questa terra.

Prima di continuare con altre riflessioni mi soffermo un attimo sullo stile adoperato dall'autrice.
Dichiaratemente postmodernista, scrive così. Minimal e senza che i protagionisti dei suoi romanzi abbiamo mai un nome.
E' la sua cifra stilistica. Ma è anche frutto di una ricerca continua, esasperata delle giuste parole con cui esprimere le cose. Lo dice quando la protagonista fa riferimento al giusto carattere da usare nel romanzo nel romanzo che sta scrivendo. Lo si intuisce dalle chiaccherate con R. quando ancora era il suo editore, lo fa capire quando la protagonista non trova più le parole per concludere il romanzo nel romanzo. Qua ci sarebbe anche il livello di lettura relativo al mestiere dello scrittore, al fatto che lo scrittore presta voce a qualcuno o qualcosa. Se m uore la voce dello scrittore, cosa muore con essa? Anche quello che ha raccontato? E la funzione dello scrittore qual è? Dare speranza? tramandare ai posteri? conservare il suono della voce (che poi dalle parole dell'autrice che ho usato per la presentazione del libro il suono stesso delle parole è una cosa importante per lei; le parole sono suono)

Torniamo al libro in se.

Torniamo alla Polizia Segreta. A nessuno è venuto in mente che noi stessi siamo la nostra Polizia Segreta? In ogni casa dell'isola vi sono piccoli inceneritori dove bruciare le cose dimenticate. E tutti tranquillamente se ne servono. Oppure tutti assieme inscenano riti catartici per dimenticare le cose. Il grande falò. Il fiume ricoperto da petali. Però la Polizia Segreta efficientissima non è in grado di trovare il banale nascondilgo di R. E nemmeno è stata capace di trovare le cose nascoste dalla madre della protagonista, cose mai narrate alla figlia, alla fine chiuse dentro statue di pietra o legno da distruggere per accedervi. Perchè quando vogliamo siamo capaci di nascondere il nostro io, il nostro essere, la nostrra felicità, in mille modi, sotto le più assurde corazze. Come fa il cuore ad essere così grande da contenere tutti i ricordi, chiede la protagonista. Che a me altro non è sembrato che chiedere come si fa a vivere ed amare?

E qui arriviamo alla domanda: come si fa ad affrontare la morte, la morte di qualcuno che ti è caro o la tua stessa morte se capisci di stare morendo. Nel libro non vi è mai traccia di dolore, lacrime, manco quando muore il nonno, che muore da solo. Come se la morte fosse indolore così come lo è stata la vita. O meglio la morte è dolorosa solo per chi ha vissuto, per chi non ha dimenticato, con chi ha accolto i ricordi degli altri, che sono costretti a nascondersi dalla Polizia Segreta, da noi che vogliamo uan vita serena senza contaminazioni, senza sporcarsi con gli altri. E' un caso che la sparizione del corpo della protagonista e delle persone dell'isola comicia dopo che la protagonista ha dato parte della propria misera spesa ad una altra persona. Non so, forse si, forse no. Un poco come il segnale che stavi già morendo prima ma non lo sapevi, ne prendi coscienza quando ti muovi per la prima volta verso l'altro.

Mi sto dilungando troppo, direi.
Ci sarebbe altro su cui riflettere tipo le due scomparse in parallelo, quella della dattilografa e della protagonista anche se sappiamo che è più tragica la morte della dattilografa perchè un'altra prenderà il suo ppsto e morirà come lei mentre la protagonista almeno ha liberato e dato nuova vita ad R. Oppure sulla neve perenne che ottunde e copre e raffredda e sporca tutto.

Insomma, non è un libro facile, non è un libro che ti dà delle risposte. E' in libro che ti chiede di fare delle domande. Le cui risposte non sono nel libro. Perchè non è un libro sapienziale, è un libro esperenziale. E le esperienze vanno vissute
 

henrymerrivale

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henrymerrivale
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henrymerrivale
Questa interpretazione mi piace.
Per me la genialità di questo libro è la perfetta metafora che riproduce la condizione di un malato di Alzheimer. Prendete tutto l'insieme isola come il cervello di una persona malata, i vari protagonisti come i diversi livelli di io del soggetto: la protagonista della storia è la superficie esterna, quella che vive la condizione. Il nonno è l'io "arcaico", quello del fare, che continua a saper fare le cose di sempre fino a che non avviene il tracollo (terremoto e tsunami). L'io più profondo, il vero protagonista è R, l'unico ad avere quantomeno l'iniziale del nome. Lui cerca invano di salvare il salvabile, di analizzare ciò che prova l'io più superficiale a cui rimane come mezzo di comunicazione il livello onirico dato dal romanzo (il nonno neanche li legge, non è sua competenza farlo).
Questo spiega anche il tipo di sparizioni, è l'unica spiegazione logica in cui puoi dimenticare nonostante le cose ti rimangano sotto gli occhi, la malattia ti brucia i neuroni e le loro connessioni che portano il ricordo di tutto, degli oggetti, del sapere, del sè.
Come narrativa posso quindi essere d'accordo, ma in questa chiave di lettura l'ho davvero trovato incredibile. Poi se mi son fatto tutto un pippone mentale pazienza ^^
Anche a me questa è l'interpretazione che convince di più: mi è piaciuta più del libro stesso!
L'interpretazione è geniale, ma il libro continua a non salvarsi...
 
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