Sapervo, fin da quando l'avevo proposto, che sarebbe stato un libro divisivo, o ti piace o non ti piace. Sono anche stato sorpreso dalla sua vittoria, perchè sapevo in partenza che sarebbe stato un libro difficile anche da commentare.
Partiamo dalla fine. A me è piaciuto, pure parecchio. Lo consiglierei a tutti? No, assolutamente no. Ci vuole la giusta predisposizione d'animo per leggerlo e per, in parte, comprenderlo.
In tutte le sinossi che si trovano in rete il libro viene descritto come una distopia: isola sperduta nel tempo e nello spazio, una Polizia Segreta che va a caccia di ricordi della gente, che giorno dopo giorno dimentica e perde per sempre qualcosa. E se uno si ferma a questo e comincia a pensare ai nazisti, all'argentina dei colonnelli, al vietman dei khmer rossi, a quello che volete. Ma la distopia, la fantascienza se vogliamo, finisce lì. E quindi che cos'è questo libro?
Per me è una profonda riflessione sulla morte. Quella fisica, corporale, quella che pone fine alla nostra esistenza materiale su questa terra.
Prima di continuare con altre riflessioni mi soffermo un attimo sullo stile adoperato dall'autrice.
Dichiaratemente postmodernista, scrive così. Minimal e senza che i protagionisti dei suoi romanzi abbiamo mai un nome.
E' la sua cifra stilistica. Ma è anche frutto di una ricerca continua, esasperata delle giuste parole con cui esprimere le cose. Lo dice quando la protagonista fa riferimento al giusto carattere da usare nel romanzo nel romanzo che sta scrivendo. Lo si intuisce dalle chiaccherate con R. quando ancora era il suo editore, lo fa capire quando la protagonista non trova più le parole per concludere il romanzo nel romanzo. Qua ci sarebbe anche il livello di lettura relativo al mestiere dello scrittore, al fatto che lo scrittore presta voce a qualcuno o qualcosa. Se m uore la voce dello scrittore, cosa muore con essa? Anche quello che ha raccontato? E la funzione dello scrittore qual è? Dare speranza? tramandare ai posteri? conservare il suono della voce (che poi dalle parole dell'autrice che ho usato per la presentazione del libro il suono stesso delle parole è una cosa importante per lei; le parole sono suono)
Torniamo al libro in se.
Torniamo alla Polizia Segreta. A nessuno è venuto in mente che noi stessi siamo la nostra Polizia Segreta? In ogni casa dell'isola vi sono piccoli inceneritori dove bruciare le cose dimenticate. E tutti tranquillamente se ne servono. Oppure tutti assieme inscenano riti catartici per dimenticare le cose. Il grande falò. Il fiume ricoperto da petali. Però la Polizia Segreta efficientissima non è in grado di trovare il banale nascondilgo di R. E nemmeno è stata capace di trovare le cose nascoste dalla madre della protagonista, cose mai narrate alla figlia, alla fine chiuse dentro statue di pietra o legno da distruggere per accedervi. Perchè quando vogliamo siamo capaci di nascondere il nostro io, il nostro essere, la nostrra felicità, in mille modi, sotto le più assurde corazze. Come fa il cuore ad essere così grande da contenere tutti i ricordi, chiede la protagonista. Che a me altro non è sembrato che chiedere come si fa a vivere ed amare?
E qui arriviamo alla domanda: come si fa ad affrontare la morte, la morte di qualcuno che ti è caro o la tua stessa morte se capisci di stare morendo. Nel libro non vi è mai traccia di dolore, lacrime, manco quando muore il nonno, che muore da solo. Come se la morte fosse indolore così come lo è stata la vita. O meglio la morte è dolorosa solo per chi ha vissuto, per chi non ha dimenticato, con chi ha accolto i ricordi degli altri, che sono costretti a nascondersi dalla Polizia Segreta, da noi che vogliamo uan vita serena senza contaminazioni, senza sporcarsi con gli altri. E' un caso che la sparizione del corpo della protagonista e delle persone dell'isola comicia dopo che la protagonista ha dato parte della propria misera spesa ad una altra persona. Non so, forse si, forse no. Un poco come il segnale che stavi già morendo prima ma non lo sapevi, ne prendi coscienza quando ti muovi per la prima volta verso l'altro.
Mi sto dilungando troppo, direi.
Ci sarebbe altro su cui riflettere tipo le due scomparse in parallelo, quella della dattilografa e della protagonista anche se sappiamo che è più tragica la morte della dattilografa perchè un'altra prenderà il suo ppsto e morirà come lei mentre la protagonista almeno ha liberato e dato nuova vita ad R. Oppure sulla neve perenne che ottunde e copre e raffredda e sporca tutto.
Insomma, non è un libro facile, non è un libro che ti dà delle risposte. E' in libro che ti chiede di fare delle domande. Le cui risposte non sono nel libro. Perchè non è un libro sapienziale, è un libro esperenziale. E le esperienze vanno vissute