Noto solo adesso che c'è questo
thread, che in pratica ricalca un altro (già menzionato da altri) cui ho partecipato intensamente. Là mi sono già pronunciato abbondantemente. Qui vorrei limitarmi a specificare un punto, ma mi voglio permettere di prenderla un po' larga, per aiutare a comprendere il contesto. Mi scuso se ci saranno allusioni politiche, ma mi limiterò ad una descrizione, non certo ad un giudizio di valore. Spero di non forzare la mano dei moderatori.
La società americana è un turbinio di contraddizioni, lo sappiamo tutti. Il problema è che loro non hanno vissuto una certa rivoluzione culturale che noi europei abbiamo avuto anche se non del tutto seguito: il materialismo storico. Che vuol dire giudicare gli eventi nella loro evoluzione storica e non utilizzando schemi mentali astratti. Per questo noi diamo così tanta importanza al contesto; per questo molti problemi di discriminazione che loro hanno, qua in Europa si declinano diversamente. Fa specie in tal senso le critiche mosse ad Eklund (me le ero perse!) sul discorso del nazismo come risposta alle difficoltà economiche. John Maynard Keynes fece una celebre previsione, in proposito, tanto per dire, quindi per noi europei siffatta ricostruzione storica dovrebbe essere una banalità. E aggiungo che l'idea che le iniquità economiche siano il motore della storia (sto andando di approssimazione) è propria di una precisa posizione politica che in Nord-America è considerata inaccettabile mentre qua in Europa, ancor più in Italia ha conosciuto un certo momento di espansione e di egemonia. Si può condividere o meno quella dottrina politica, non è questo il punto: volenti o nolenti, ci ha segnato e ha lasciato varie tracce. La Costituzione italiana, per intenderci, sta lì a dimostrarlo plasticamente.
In Nord America le discriminazioni non vengono mai associate al sotrato socio-economico. Questo fa sì, a mio parere, che ogni discriminazione venga combattuta non per l'emancipazione, ma per un mero riconoscimento di quella diversità. Per questo ci sono sembrate strane le lamentele della Hargrave: per noi non hanno proprio senso, e non le hanno avute per Tascini. Per usare parole che ho già menzionato nell'altro
thread, loro interpretano ogni lotta in termini particolaristici, rifuggendo qualunque aspirazione universalista. Noi europei invece l'universalismo lo abbiamo conosciuto molto bene con il liberalismo illuminista prima e con il marxismo poi. Per cui, come vedete, che si sia di destra o di sinistra non importa affatto ai fini del nostro discorso. Condividiamo comunque un certo sostrato culturale che è il portato della nostra evoluzione storica. Purtroppo, però, la nostra "diversità" è stata rifiutata in un contesto che nega spazio a qualunque pensiero non coincidente con il "loro". E al contempo, è inevitabile che in un'epoca di egemonia culturale statunitense come quella attuale – per rispondere alla tua domanda
@Khenneth – anche alcuni italiani o europei abbiano finito con l'atteggiarsi a
social justice warrior, avendo ormai introiettato quella
forma mentis cui tutti noi siamo costantemente esposti.
Il mio invito a coloro che hanno espresso posizioni un po' meno solidali con Tascini è di comprendere appieno che di fronte ad una tale ingiustizia non c'è spazio per tergiversare. E soprattutto invito ad evitare di ragionare in termini eccessivamente soggettivi: ognuno di noi ha le proprie posizioni politiche ed è normale che alcuni argomenti scaldino gli animi, soprattutto quando di mezzo ci sono argomenti delicati come il razzismo. Non facciamo processi alle intenzioni, però, né al carattere di questa o di quella persona. Perché in questa vicenda ci sono andati di mezzo persone estremamente lucide e sul pezzo come Eklund, altre forse un po' più dirette ed esplicite come Tascini, e altre ancora buone come il pane che proprio non dovrebbero potersi ritenere esponibili a polemiche di questo tipo, come Flavio, del quale non conoscevo la vicenda – colgo l'occasione per mandargli un accorato abbraccio virtuale, per quel nulla che possa valere.
Quando si negano le basi stesse del confronto, arrivando a muovere delle accuse infamanti sulla base di una ricostruzione unilaterale possibile solo grazie al ban di praticamente tutta la community italiana da un sito che ha aspirazioni internazionali, forse tutte quelle considerazioni che attengono alla visione di Tascini, per cui potrebbero esservi contesti che rendono accettabile l'uso di una certa parola in questo o quel contesto, non sono poi così rilevanti. Ognuno di noi ha un pensiero complesso e pretenderlo di ricostruire appieno da un commento scritto di fretta mi pare un po' un azzardo, dacché il linguaggio è già di per sé un mezzo inevitabilmente imperfetto; figuriamoci su internet!
La mia preoccupazione è che sia iniziata una china pericolosa da cui non riusciremo ad uscire. Sta cosa per cui ogni cosa potrebbe urtare la sensibilità altrui è pura follia. Sarebbe il trionfo del soggettivismo e dei particolarismi. Ne conseguirebbe null'altro che l'abbandono di una prospettiva di composizione delle differenze e l'esplosione di queste tribune improvvisate dove la reputazione di tizio o caio viene demolita sulla base di accuse che assomigliano vieppiù a barzellette che non fanno ridere.
Vorrei solo che questo mondo, quello dei giochi da tavolo, non risenta di queste stupide strumentalizzazioni volte a negare il loro più importante pregio: l'attitudine ad includere, a fornire serata all'insegna del divertimento e dello stimolo. Purtroppo, però, queste vicende ci dimostrano che la tempesta è iniziata. La vera domanda è: mó noi che famo? O meglio che possiamo fare? Lasciamo correre col rischio di doverci abituare a simili contesti di intolleranza?
P.S.:
Gli americani hanno avuto un genio assoluto: George Carlin. Forse sarebbe il caso che tornassero a riguardare un paio dei suoi spettacoli. Ah, per la cronaca, lui ci fece un pezzo su sta storia dell'edulcorazione del linguaggio. Andatelo a recuperare anche voi, se non l'avete visto!