Ieri ho giocato a
Taj Mahal del maestro Reiner Knizia.
Gioco che mi ha molto divertito e mi ha tenuto incollato al tavolo, senza davvero comprendere il passare del tempo.
Come sempre in Knizia, ci sono elementi del gioco, non conosciuti da parte dei giocatori, che si svelano, piano piano, nel corso della partita: prevale, pertanto, l'elemento tattico rispetto a quello strategico.
Ci si deve continuamente adattare, in base alle scelte degli altri giocatori, reimpostando la propria strategia di gioco: ciò rende ogni singola mossa mai banale e sempre determinante.
Si nota interazione indiretta: è possibile rubare carte dalla mano degli avversari.
Emerge anche una forte interazione indiretta:
- nella scelta delle carte da giocare per influenzare la provincia (molti colpi bassi sono possibili, visto che le scelte di tutti sono visibili)
- nell'atto di ritirarsi, momento in cui si sceglie quale vantaggio si vuole ottenere e si posizionano palazzi in mappa.
Il ritirarsi è un azione da scegliere con la dovuta attenzione per sfruttare l'opportunità di fare più punti o prende posizione sulla mappa per gli sviluppi futuri.
L'azione, che può essere assimilata all'invocazione di RA, dell'omonimo gioco, provato di recente, appare, però, decisamente più rilevante e determinante per condizionare l'andamento del turno.
La medesima azione, fatta all'inizio turno, può essere una mossa strategica fondamentale: dà maggiore possibilità di scelta nel mercato e fa ottenere una carta coperta dal mazzo di pesca e potrebbe diventare utilissima se la provincia da influenzare sia molto distante dai propri palazzi o non fornisca bonus remunerativi.
La mappa è uno spazio fondamentale di gioco ovviamente. Infatti, il posizionamento, casuale, delle province deve essere studiato con attenzione, ancora prima di iniziare a piazzare i palazzi, per programmare come sviluppare la propria rete (che, ricordiamo, può dare fino a 12 punti in un colpo solo, all'ultimo turno).
Altra scelta importante, che può fornire molti punti, in modo esponenziale, è quella di puntare sulla conquista delle province, mediante gli elefanti: nel corso della partita, può, infatti, diventare un moltiplicatore di punti influenza, concentrandosi sulla collezione di risorse dello stesso tipo.
Da non sottovalutare, inoltre, la possibilità di prendere o rubare le carte speciali, che vanno giocate insieme a quelle colorate e danno un vantaggio da sfruttare prima possibile poiché passano velocemente di mano in mano.
Non banale, infine, è la scelta delle carte dal mercato, a fine turno, vero elemento strategico del gioco.
Occorre, infatti, bilanciare il vincolo del colore da giocare nel turno con la necessità di collezionare più influenza su una determinata categoria di personaggi. La scelta deve tenere conto anche del numero di carte che hanno gli avversari: si può, infatti, rischiare di pescare combinazioni, apparentemente, meno favorevoli, sfruttando la temporanea debolezza di uno o due avversari, nel turno seguente, cercando di prevedere le possibilità di vittoria, anche in considerazione dei bonus che offrirebbe la provincia da visitare.
Un gioco super bilanciato, dove le scelte strategiche sono tantissime ma in un contesto di regole asciutto e facilmente comprensibile.
Una forte interazione, anche cattiva, dove si agisce per blocchi e controblocchi; circostanza in cui ogni carta giocata non va mai sprecata ed è pesante come un macigno.
Una mappa centrale essenziale nelle forme ma determinante nella sostanza.
Come sempre, Knizia mi attrae enormemente: non è mai banale, sa bilanciare tutti gli elementi di gioco, regalando esperienze super competitive nelle quali, raramente, si esce fuori dalla contesa, nei primi turni, ma ci si contende, punto su punto, la vittoria, con una forte tensione agonistica fino alla fine.
Il tutto con regolamenti semplici, chiarissimi che consentono di aprire la scatola e iniziare a giocare già dopo pochi minuti di spiegazione.
Si merita, come di consueto, un mio fragoroso applauso.