Ok, non sono uno che si fa prendere dall'entusiasmo facilmente e se avete letto i miei papirozzi su The 7th Continent sapete che non sono uno dai gusti facili, specie quando si tratta di autoproduzioni... ma ho davvero difficoltà ad essere lucido parlando di questo gioco.
Sarà che ho deciso di non giocarci in solitaria e che devo convivere con la fame tra una sessione e l'altra (ma prima o poi cedo e inizio una campagna in solo, pur consapevole che me la godrò meno). Sarà che sembra tarato apposta su di me, che apprezzo la narrazione ma odio i giochi che ti costringono a giocare quando ciò che vorresti davvero sapere è come va a finire una storia (vedi M&M)...
Ho letto persone lamentarsi dello scarso peso della parte narrativa, del fatto che non si "sente" la storia. Capisco benissimo ciò che intendono (e consiglio loro di stare LONTANISSIMI da The 7th Continent), ma ciò che rende grande questo gioco per me è proprio il bilanciamento tra storia e gioco con la bilancia che pende nella seconda direzione. Se voglio godermi una storia mi leggo un librogame, gioco a un gdr e comunque non sto due ore a giocare a un gioco a scenari con il rischio magari di fallire e non avere un senso di prosecuzione (ma vedi dopo).
La storia in Gloomhaven c'è nel modo in cui vivi a ogni campagna una sequenza di scenari diversa, una scelta perfetta dal punto di vista del design del gioco che fa il paio con altri tocchi di classe, come il modo in cui è possibile inserire e droppare personaggi quando si vuole, al level up dei non utilizzati in background, alle campagne multiple contemporanee con tutto studiato affinché si influenzino solo il giusto, al tenere monete ed EXP dopo la sconfitta, alla comunicazione parziale perfettamente gestita anti alpha player, agli oggetti riutilizzabili, all'uso delle carte... Questo gioco a ben vedere è una miniera di game design al servizio del giocatore, e non solo dell'autore e della sua volontà di sfidare cervelli e/o pazienza altrui, a volte solo per il gusto di farlo.
Pensiamo al modo in cui i personaggi fanno esperienza, evidenziato da Agzaroth sopra. Ci pensavo giusto oggi mentre riaprivo la scatola di Warhammer Quest e vedevo il Minotauro da 440 gold, e mi chiedevo: "ma 'sti 440 gold a chi andavano? A chi ha inflitto l'ultimo colpo? Certo che in Gloomhaven questi dubbi non te li devi porre." Perché è già stato tutto pensato dall'autore per rendere ogni personaggio perfetto nelle sue caratteristiche.
Un'altra cosa che adoro è il sistema di difficoltà tarabile. E' tutto pensato per settare il gioco come vuoi e non spingerti a barare. C'è perfino la possibilità di togliere il rischio di fare miss, che per me che di fronte ai tiri di dado particolarmente punitivi ho la tendenza a barare è una salvezza. E' come se l'autore avesse pensato a ogni desiderio dei giocatori e detto: ok, se vuoi giocare come l'ho pensato io segui queste regole. Se hai problemi con questa o quest'altra regola, prova così. Non c'è bisogno di house rule improvvisate: ha già pensato a tutto Childres, prevenendo i gusti dei giocatori invece di liquidarli con un "fate come volete, il gioco è vostro" o al contrario arroccarsi dietro alla sue scelte di design. Lui sapeva che alcuni giocatori avrebbero avuto problemi con determinati aspetti, e ha fatto in modo che il gioco fosse adatto anche a loro con minimi stravolgimenti. Questa è classe.
L'unico difetto su cui posso concordare è la poca varietà negli obiettivi di fine partita, che è comunque un discorso rischioso. Pensiamo a giochi come il citato Warhammer Quest o Space Hulk: l'obiettivo di fine partita è UNO (ammazza tutti e sopravvivi) ma questo non li ha mai resi ripetitivi, perché le sensazioni trasmesse durante il gioco sono così positive che poco conta il fatto che siano sempre simili - ma mai IDENTICHE.
Per dire: ho già giocato tipo 4 volte al primo scenario e ogni volta è stato in parte diverso, sia per il player count che per la difficoltà che per i personaggi.
E' la cosa che davvero più assomiglia ai classici a cui ero abituato, come quando in Hero Quest si sceglieva la missione e si faceva perché ci piaceva particolarmente, non tanto per il proseguimento della campagna (confesso: non ho mai fatto una campagna a HQ, giocavamo sempre scenari slegati).
Ogni missione è soddisfacente nel suo essere una partita a un gioco da tavolo interessante, e non solo un pezzetto di qualcosa di più ampio. Anche il fatto che la crescita dei personaggi sia marcata ma non estrema (il fatto di guadagnare UNA sola carta a level up) è indice di questo. Potrà forse diventare un problema tra molte ore (in fin dei conti a ogni scenario se usi lo stesso personaggio hai sempre le stesse mosse, anche se il rest ti indebolisce ogni volta in modo diverso), ma ancora una volta il sistema che spinge a far ritirare i personaggi viene incontro per smussare il possibile difetto.
In un modo in cui il confine tra GDR e GDT è sempre più labile, non mi dispiace affatto avere un gioco fantasy che si fregia del suo essere un GIOCO curato sotto ogni aspetto, più che un'"esperienza".