Gioco a tema vittoriano della Kayenta Games che viene ristampato col contagocce e ogni volta fa il tutto esaurito, Obsession si fa notare per i materiali sontuosi (arriva da Kickstarter, e si vede) e per l'ambientazione chic (e shock, per chi è abituato ai gestionali tutti agricoltura e commercio). L'autore di codesto titolo del 2018 è Dan Hallagan, il gioco scala 1-4 (il solitario funziona molto bene), per ora si trova (a fatica) solo in inglese.
Impersoniamo famiglie del Derbyshire che hanno vissuto tempi migliori dal punto di vista del prestigio, e lo scopo del gioco è riguadagnarlo attraverso frequentazioni con personaggi di spicco, l'
organizzazione di eventi mondani che attirano ospiti importanti, come una partita a
cricket, un picnic nel nostro giardino inglese, una caccia al fagiano o una prestigiosa cena per sei invitati. Per non parlare del corteggiamento ai rampolli della famiglia Fairchild, che cerchiamo di impressionare con le migliorie della nostra magione.
Per i dettagli su come si gioca, vi rimando alla recensione. In sostanza, ci troviamo di fronte come meccaniche a un tableau building (le stanze che andiamo ad aggiungere di turno in turno), un gestione e costruzione mano (le carte che raffigurano i membri della famiglia e gli ospiti a disposizione per gli eventi) e a un piazzamento lavoratori mediante la gestione del personale di servizio.
Ogni famiglia ha un bonus iniziale diverso da tutti gli altri: può partire con del denaro, oppure un prestigio già avanzato, un membro in più in famiglia o un valletto in più degli avversari.
Ciò che mi fa apprezzare davvero tanto
Obsession è
la cura dei dettagli: la padrona di casa che ha facoltà di congedare gli ospiti (si sa che, anche nell'Inghilterra vittoriana, l'ospite dopo tre giorni, puzza), il fatto di poter ospitare eventi e personaggi in base al prestigio raggiunto, il
flavour sulle carte degli ospiti, che consiglio di leggere ogni volta, a costo di allungare la tempistica del gioco.
Volete mettere la differenza tra pescare una carta e invece invitare l'affascinante Miss Anne Harlow, eccellente giocatrice di
whist, oppure l'eroe di guerra, il colonnello Walter Dalrymple, oppure il maggiore William Hawes, esploratore che ha condotto una spedizione lungo lo Zambesi... oppure il donnaiolo Sir Bentley Churchill, esempio di personaggio che la padrona vorrà presto congedare, in quanto ci fa ottenere sì dei soldi, ma ci toglie prestigio e punti a fine partita.
Altro punto a favore: a fronte di una spiegazione piuttosto lunga, il gioco scorre piacevolmente fin dalla prima partita, segno che i meccanismi e le meccaniche sono intuitivi e ben collegati all'ambientazione. Per contro, Obsession è fortemente dipendente dalla lingua, per crogiolarsi nell'atmosfera british (per quanto riguarda il gioco in sé sarebbero quasi solo icone, ma allora tanto vale giocare ad altro). Sconsigliatissimo a chi non ha una buona conoscenza dell'inglese.
Inoltre, segnalo che con ciascuna delle espansioni, Wessex e Upstairs & Downstairs, è possibile aggiungere un giocatore in più, arrivando quindi fino a sei.
Mi raccomando, dopo aver giocato, offrite una tazza fumante di tè Earl Grey ai vostri ospiti...
In molti, alla vista del tema di Obsession, hanno pensato: "È il gioco di Downton Abbey!", motivo per cui non parlerò dell'arcinota e ottima serie britannica (2010-2015) ambientata nello Yorkshire, che si snoda per sei stagioni, con un incipit narrativo che coincide con la data dell'affondamento del Titanic, pur consigliandovi la visione delle vicende della famiglia Crawley e della relativa servitù, qualora ve la siate persa.
Invece mi piace parlarvi di Gosford Park (id. 2001), film del grande Robert Altman, ambientato nell'Inghilterra degli anni Trenta del secolo scorso, film che ha di fatto ispirato la famosa serie di cui sopra, unitamente alla serie britannica Su e giù per le scale (Upstairs, Downstairs, 1971-1975). Si tratta di una riflessione sulla dicotomia ricchi/servitù, travestita sapientemente da whodunit.
Già dall'inizio il regista mette le carte in tavola: la contessa di Trentham (Maggie Smith) si sta recando al weekend di caccia organizzato da Sir William McCordle (Michael Gambon) e dalla moglie Lady Sylvia (Kristin scott Thomas) nella residenza di campagna di Gosford Park. È accompagnata dalla nuova, ingenua cameriera Mary (Kelly Macdonald).
Le due incontrano sulla strada altri invitati: il noto attore americano Ivor Novello (Jeremy Northam), un regista (Bob Balaban) e il loro valletto (Ryan Philippe). Anche solo da questa prima scena, si intuiscono le dinamiche a cui assisteremo durante il film, il cui fulcro è appunto la suddivisione in classi e lo scoprire che la linea che le dovrebbe separare viene di frequente oltrepassata da ambo le parti.
La prima parte del film scorre tra i tanti pettegolezzi dei nobili e della servitù, senza la quale i ricchi non saprebbero cavarsela nelle faccende più semplici, come levare il tappo a un thermos.
Si (s)parla di mariti scelti con una partita a carte, di rendite, di relazioni pericolose, c'è
l'immancabile caccia al fagiano, i
Bloody Mary e il
bridge. Il regista ci alterna opulenti interni di nobili case di campagna a uggiosi esterni della poetica
countryside inglese, lasciando indizi nelle convesazioni, negli sguardi degli attori e
in alcuni dettagli che sembrano messi a caso... sembrano. Oltre agli attori già citati, doveroso aggiungere un'irreprensibile Helen Mirren nei panni della governante Mrs. Wilson, Clive Owen in quelli del fascinoso valletto Robert Parks e la cameriera Emily Watson.
Esattamente a metà del film, uno degli ospiti, l'eccentrico americano, annuncia la produzione di un film su Charlie Chan la cui trama anticipa ciò che accadrà nella seconda metà di Gosford Park. Uno dei personaggi viene assassinato, da qui partono le indagini (molto divertenti le scene con l'ispettore Stephen Fry e la guardia).
Il punto di vista principale, pure in un film corale come questo, è facilmente individuabile in quello della cameriera Mary, la quale, attraverso l'osservazione delle vicende qui presentate, perderà l'ingenuità che la contraddistingueva all'inizio: lei vorrà andare a fondo della faccenda.
Gosford Park è un film profondamente "
Altmanesque", ovvero
presenta storie parallele multi-intrecciate, dove è difficile trovare un vero protagonista, dei veri film corali. Sono pochi gli emuli virtuosi di questo stile complesso di narrare storie: uno è sicuramente Paul Thomas Anderson, e direi anche Iñarritu. Altman in questo film è riuscito a rielaborare in modo innovativo e personale due generi: il
whodunit appunto (non vi svelo il motivo per non fare
spoiler) e il dramma alla Jane Austen, in quanto
i personaggi sono caratterizzati in modo molto moderno, attualizzati.
Interessanti i titoli di coda con gli attori suddivisi gerarchicamente e, forse, ironicamente in: ABOVE STAIRS (i nobili), VISITORS (l'ispettore di polizia e la guardia) e BELOW STAIRS (i domestici).