Dal gioco più dimenticato (e dimenticabile) del pianeta viene fuori una meccanica davvero interessante. A dire il vero, il merito di aver scoperto questo “gioiello” non è mio, ma è di Banda del DBC (podcast di giochi e avventure…) che ne ha fatto una bella recensione qualche tempo fa, mi ha incuriosito e spinto a comprarlo. Me lo sono portato a casa per pochi euro di seconda mano e devo dire che il rapporto qualità prezzo è decisamente più alto di certi Kickstarter che ho fatto.
La meccanica interessante è il modo in cui i giocatori svolgono le azioni e come queste si allaccino e si intersechino con gli incontri durante il percorso. Invece di avere un classico mazzo di carte azione e le solite fasi di gioco in cui si pesca, si giocano carte, poi si passa e tocca ai nemici, qui i giocatori hanno un display di carte molto particolare. Ognuno possiede tre carte personaggio di fronte a sé fin dall'inizio del gioco. Sotto ciascuna di esse viene posta, coperta, una delle sei carte Anatema. Sotto ciascuna di queste carte si formano tre diverse colonne man mano che i giocatori aggiungeranno le nuove carte che acquisiranno, sia positive, sia negative e perfino le carte dei nemici. È possibile utilizzare solo la carta in cima a ciascuno stack e dopo averla utilizzata questa viene messa in fondo alla pila, dovendo quindi far girare tutte le altre carte prima di poterla utilizzare nuovamente.
Il problema è che, come detto, in ogni colonna ci sono anche carte negative, in particolare ogni colonna parte con una carta Anatema con effetti diversi e generalmente molto problematici (in generale sono il principale modo in cui la Maledizione avanza sul percorso), oltre al fatto che ogni volta che si incontra un nemico, questo va aggiunto in fondo alla colonna dell’ultima carta utilizzata. Questo significa che, presto o tardi, ci troveremo a fare i conti con queste sfighe che, se non gestite, finiranno per ingolfarci i mazzi e limitare le possibilità di azione. Se vorremo utilizzare più spesso una certa carta, dovremo attivare lo stesso numero di volte anche la carta Anatema e tutte le altre carte di quella stessa colonna (salvo effetti particolari che ci permettono di evitarlo).
Le Leggende di Andor: Chada e Thorn è un gioco family con poche semplici regole alla portata di chiunque. Non è un capolavoro dal punto di vista tematico (l’ambientazione si sente a malapena) ed è forse più un race game di quanto non sia un gioco di avventura. Quello che, però, lo rende particolare è l’utilizzo di una meccanica di selezione azioni card-based che è un ibrido tra quello che Engelstein e Shalev definiscono Action Retrivial (ripristino delle azioni, ma in modo diverso da come avviene ad esempio in Concordia), Action Queue (coda delle azioni, ma in modo diverso da come viene fatto ad esempio in Mac VS Minions) e Action Selection Restriction (con una restrizione delle possibili azioni da compiere legata alla coda stessa). In un certo senso è una rondella senza rondella, con un numero di spazi azione variabile e incrementabile. Questo particolare sistema mi sembra un mix molto originale e per niente scontato che fornisce moltissime occasioni per scelte significative e soffertissime, permette una certa pianificazione, ma lascia anche un margine di incertezza dovuto alle azioni del compagno, alla pesca dei nemici e all’impossibilità di calcolare a lunghissimo termine. Non credo che sia un gioco da avere assolutamente in collezione, ma certamente è un gioco da provare per vedere una meccanica interessante che, a mio avviso, potrebbe essere sfruttata in molti altri titoli, magari più complessi.