Hanabi - logica e convenzioni

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Hanabi, le regole e le convenzioni: questione di logica o barare?

Editoriale
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Hanabi: convenzione o logica? C’è differenza?

1. La sfida

Apprezzo molto i giochi di logica e mi appassionano i giochi cooperativi. Un banale corollario è che Hanabi è uno dei miei giochi preferiti. Con amici della Tana dei Goblin di Brescia dedichiamo quasi ogni fine serata a un Hanabi che ci dà sempre grande soddisfazione.

Il gioco può essere approcciato in modo diverso a seconda della propensione dei giocatori a sfruttare alcune “convenzioni” che, non violando in alcun modo le regole base, rendono, almeno a mio avviso, le partite più interessanti e stimolanti.

Ripeto ancora che qualsiasi forma di convenzione non può mai alterare o soppiantare le regole base del gioco. L’analogia immediata è alle “fonti del diritto”. Le convenzioni sono fonti di diritto, cioè regolano la nostra società civile in modo vincolante, solo laddove non esistano norme di grado più elevato. Lo stesso accade con il regolamento di Hanabi. In tutto ciò che scriverò in questo articolo sfido, quindi, i lettori a scovare qualsiasi parola che sia in contrasto con le regole del gioco!

Il mio obiettivo (la “sfida” del titolo) non è quello di convincere altri ad utilizzare una qualche forma di convenzione, bensì quello di dimostrare che le convenzioni usate a livello internazionale sono assolutamente logiche e non derivano da alcuna violazione delle regole.

Infine, questo articolo potrebbe essere utile a chi desidera giocare online sul sito boardgamearena dove giocatori di tutto il mondo utilizzano precisamente le “convenzioni” che mostrerò in queste pagine.
Bridge
Bridge

2. Il Bridge

Chi conosce già il Bridge può saltare al paragrafo successivo!

Il Bridge è uno dei più interessanti giochi di carte che abbia mai giocato. Come i giochi più affascinanti, ha regole base estremamente semplici (si pensi agli scacchi) che, tuttavia, producono una grande complessità e una pressoché infinita varietà del gioco.

Inizio le mie considerazioni con il Bridge perché l’analogia con Hanabi è estremamente potente. Vediamo di seguito le regole base del Bridge.

Si gioca in 4, divisi in due squadre (i compagni siedono uno di fronte all’altro) e ogni giocatore riceve 13 carte (da un mazzo di 52 carte francesi).

Il rango dei semi è, dal più nobile al meno nobile: Picche, Cuori, Quadri, Fiori (per ricordarsi: “Prendi Cara Questi Fiori”).

Si gioca in due fasi: l’asta e la giocata della carta.

Durante l’asta. Ogni giocatore annuncia un numero (da 1 a 7) seguito da un seme. Il numero rappresenta le prese che la squadra intende effettuare. Avendo in mano 13 carte, il numero massimo di prese è 13 e, quindi, il numero da 1 a 7 indica le prese che si vogliono fare in più rispetto a un minimo di 6. Il seme, invece, indica la “briscola” che, nel linguaggio del Bridge, si chiama “Atout”. Dichiarare 3-Cuori, quindi, significa che la coppia si impegna a fare 6+3 prese con Atout Cuori. Si può anche dichiarare di non voler utilizzare alcun Atout e, in questo caso, si farà seguire al numero la dichiarazione “Senza Atout”. Il Senza Atout è considerato il “seme” più nobile di tutti e, quindi, vale più delle Picche. Durante l’asta i giocatori devono sempre superare la dichiarazione di chi li ha preceduti, dichiarando un seme più nobile oppure un numero di prese più elevato. Se un giocatore ha dichiarato 2-Picche, il successivo può dire 2-Senza Atout oppure passare a livello di 3 con qualunque seme desideri. Quando si passa per 3 volte consecutive, l’ultimo ad aver dichiarato si aggiudica il contratto e può iniziare la fase del gioco della carta.

Ruoli dei giocatori: il giocatore “attivo” (detto anche “vivo”) è il primo che ha dichiarato il seme del contratto finale e il suo compagno viene chiamato “morto” (vedremo perché nel punto successivo). Compito della squadra aggiudicataria del contratto è quello di rispettare il contratto stesso, mentre gli avversari dovranno imperdirlo.

Durante il gioco della carta. Il primo giocatore è quello a sinistra del vivo che gioca una carta dalla sua mano. A questo punto il “morto” scopre le sue carte e le mette sul tavolo ben visibili a tutti (ogni giocatore, quindi, vede 26 carte) e non giocherà autonomamente, ma seguirà solo le indicazioni del vivo. La carta più alta vince la presa e gioca per primo il giocatore che se l’è aggiudicata. Bisogna rispondere al seme giocato dal primo giocatore. Solo se questo è impossibile, si può “tagliare” giocando un seme di Atout e facendo presa (in caso ci siano sul tavolo più semi di Atout vince quello più alto). Giocando a Senza Atout il “taglio” è impossibile.

Ogni presa annunciata e fatta dà punti. Le prese di Picche e Cuori danno 30 punti ciascuna. Le prese di Quadri e Fiori danno 20 punti ciascuna. Le prese di Senza Atout danno 40 punti la prima e 30 punti tutte le altre. Vince la squadra che per prima raggiunge due volte i 100 punti (manche). Per aggiudicarsi la manche in una partita sola, quindi, bisogna dichiarare e portare a termine un contratto di 3-Senza Atout, 4-Picche, 4-Cuori, 5-Quadri o 5-Fiori.

Il Bridge è tutto qui. Eppure esistono innumerevoli manuali di Bridge. Perché? La risposta è che se il Bridge fosse giocato solo seguendo le regole che ho appena esposto nello spazio della facciata di un foglio A4, sarebbe poco più di un Tressette (col morto).

Al fine di rendere più profondo il gioco si attribuiscono alle dichiarazioni dei valori convenzionali. Così, per esempio, nella convenzione detta “Quinta nobile”, l’apertura di 1-Picche significa: “Ho almeno 5 carte di Picche e ho almeno 12 punti”. Questo forse è barare? No, è logica!

In un mazzo di carte si hanno 40 punti totali (l’Asso vale 4, il Re 3, la Regina 2 e il Fante 1). Se una coppia vuole vincere sull’altra, deve avere almeno 20 punti. Supponendo una distribuzione abbastanza equa fra i giocatori, se chi ha aperto ha, da solo, 12 punti, è più probabile che il compagno possa appoggiarlo. Inoltre, se si vuole giocare il seme di Picche come Atout, occorre avere, all’interno della coppia, la maggioranza delle Picche (un numero sufficiente di carte si reputa essere 8). Se chi ha aperto possiede, da solo, 5 Picche, è probabile che il compagno possa appoggiarlo.

Questa “convenzione”, quindi, non è un modo per barare o aggirare le regole. Si tratta, invece, di un modo per dare un vero senso alle regole e permettere ai giocatori di orientarsi meglio sul contratto da concludere.

Le regole affermano che si può dichiarare soltanto un numero seguito da un seme. I giocatori fanno esattamente questo. Aggiungere alla dichiarazione un significato convenzionale non altera in nessun modo le regole base e rende il gioco assai più interessante e intenso.

Quando ci si siede a un tavolo da Bridge bisogna sempre chiedere quale convenzione si gioca. Per esempio la “Quinta nobile” è solo una delle possibili convenzioni, mentre un’altra è il cosiddetto Bridge “Naturale” per cui si può dichiarare un seme anche avendone solo 4 carte.

Il Bridge è talmente un gioco da gentiluomini che si può anche chiedere agli avversari che cosa significhino le dichiarazioni che stanno facendo. Attenzione però: alla domanda deve rispondere chi ha “ricevuto” la dichiarazione (non chi l’ha effettuata) e se la risposta non è coerente con quanto il dichiarante voleva comunicare, il dichiarante non può assolutamente replicare.

Bridge: convenzioni
Bridge: convenzioni

3. L’ordine delle carte (e lo scarto)

Quando, durante una partita ad Hanabi, è necessario (oppure opportuno) scartare una carta, quale è meglio scartare?

La logica impone che sia meglio scartare quella che da più tempo non riceve alcuna indicazione da parte degli altri giocatori. Soprattutto non appare saggio scartare carte a caso!

Per ricordarsi meglio quali carte non ricevono indizi da più tempo è conveniente pescare le nuove carte in un dato verso (per esempio io pesco inserendo la nuova carta alla mia destra) e scartare seguendo lo stesso verso (io, quindi, scarto la carta più a sinistra, tra quelle non indiziate). Convezione? No, logica! L’unica convenzione è di inserire le carte nuove sulla destra o sulla sinistra, ma non mi pare che questa azione possa prefigurare una violazione delle regole del gioco. Ognuno tiene le carte in mano come gli pare.

Ecco, allora, che abbiamo smontato una possibile obiezione a questo comportamento (logico) di scarto. Le regole non affermano nulla a proposito dell’ordine con cui bisogna tenere le carte in mano e, nel silenzio delle regole, mi pare del tutto accettabile regolarsi come meglio si crede.

4. Indizio numerico o di colore

Proiettiamoci poco dopo l’inizio di una partita. Sul tavolo ci sono:

  • Rossi: 1 – 2
  • Verdi: 1
  • Gialli: 1 – 2
  • Bianchi: 1 – 2
  • Blu: –
  • Scarti: 4-Rosso

Un giocatore ha appena pescato una carta e il successivo gli dà l’indizio che quella carta è un 4. Che senso ha tale indizio? Visto che i 4 per ora non servono (mancano sul tavolo tutti i 3) l’unico suggerimento che ci dà la logica è che il 4 indiziato sia Rosso. Occorre, dunque, conservarlo in mano per non impedire il completamento del colore Rosso.

Mettiamoci, adesso, nella stessa situazione, ma con un Giallo in più sul tavolo:

  • Bianchi: 1 – 2
  • Blu: –
  • Gialli: 1 – 2 – 3
  • Rossi: 1 – 2
  • Verdi: 1
  • Scarti: 4-Rosso

Quando a un giocatore viene indiziato il 4, questi è nel dubbio se giocarlo (sperando che sia il 4 Giallo) oppure tenerlo (nel caso fosse il 4 Rosso). Come si può dare un’indicazione più efficiente al proprio compagno di gioco? Se, anziché il numero, gli si dice che la carte che ha appena pescato è un Giallo, allora l’indizio si può facilmente interpretare nel senso di aiutare a completare i gialli. Convezione? No, logica!

Appare, dunque, logico attribuire, nella maggior parte dei casi, il seguente significato agli indizi:

NUMERO: da tenere in mano (perché si possiede la copia di una carta già scartata oppure si possiede una carta che potrebbe tornare utile a breve)

COLORE: da giocare.

Ovviamente in mano si potrebbero avere più carte dello stesso colore. Quale andrebbe giocata? Mettiamo insieme i due ragionamenti logici fatti poco sopra. Se teniamo le carte più “vecchie” a sinistra (sono quelle che non hanno ricevuto ancora indizi) e ricevo un indizio di colore, devo supporre che la carta “interessante” non sia la più vecchia (che i compagni mi avrebbero già potuto indicare in precedenza), bensì la più nuova (per me quella più a destra). Convezione? No, logica! Quindi:

COLORE: da giocare , la più recente.

5. La logica prima di tutto (l’indizio “colore”)

Durante una partita ci troviamo di fronte al seguente tavolo:

  • Bianchi: 1 – 2 – 3
  • Blu: 1 – 2 – 3 – 4
  • Gialli: 1 – 2 – 3
  • Rossi: 1 – 2
  • Verdi: 1 – 2 – 3

So di avere in mano tre carte di valore 4, ma non ne conosco il colore e, quindi, non so quale giocare (potrei avere in mano il 4 Rosso, utile ma che non “attacca”, oppure l’inutil 4 Blu).

Un mio compagno mi dice che uno dei 4 che ho in mano è Blu. Il colore viene, normalmente, associato all’indicazione di “gioco” della carta e, tuttavia, qui appare evidente come ciò non sia possibile. La logica deve guidarci sempre e deve avere la priorità su qualsiasi altra considerazione. In questo caso ci dobbiamo domandare perché il compagno ci abbia dato quella particolare indicazione di una carta “inutile”, anziché dirci ciò che potevamo giocare.

Uno dei principi da rispettare giocando ad Hanabi è quello della “parsimonia”: dare il maggior numero di informazioni con il numero più piccolo possibile di indizi. In questo caso l’indizio di quale dei 4 che ho in mano NON sia da giocare, mi suggerisce che il compagno mi ha voluto indicare molto di più. La frase implicita “Questo 4, tra quelli che hai in mano, non è da giocare” va dunque interpretata, alla luce del principio di parsimonia, come “Questo 4, tra quelli che hai in mano, è L’UNICO da non giocare”. Devo, così, dedurre che gli altri 4 che ho in mano sono tutti giocabili.

Convenzione? No, logica!

6. La logica prima di tutto (l’indizio “numero”)

Supponiamo di avere in tavola la seguente situazione:

  • Bianchi: 1 – 2 – 3
  • Blu: 1 – 2 – 3
  • Gialli: 1 – 2 – 3
  • Rossi: 1 – 2
  • Verdi: 1 – 2 – 3

Stiamo giocando in tre. Il giocatore prima di me mi dice che ho in mano un 4 (di cui non so il colore). Non so, quindi, se il 4 sia da giocare oppure no: potrebbe essere il 4 Rosso da tenere in mano per un turno successivo.

Tuttavia, se vedo che nella mano del giocatore dopo di me c’è il 4 Rosso, giocherò sicuramente il mio 4 e così darò, implicitamente, anche un’informazione al mio vicino di sinistra che capirà di avere in mano il 4 Rosso (se io non avessi visto quella carta, infatti, non avrei potuto giocare con sicurezza il mio 4).

Anche in questo caso la “convenzione” per cui l’indizio di numero corrisponde a “tenere” una carta in mano e non giocarla, deve necessariamente soccombere alla logica.

Vediamo, così, che tutti i passaggi analizzati nei paragrafi precedenti non mirano a semplificare (o, peggio, alterare) il gioco in nessun modo, ma sono finalizzati, piuttosto, a permettere un utilizzo della logica più coerente.

Convenzione? No, logica!
Hanabi: componenti
Hanabi: componenti

7. La finesse

Siamo in tre giocatori. Sul tavolo ci sono l’1 e il 2 Blu. Il mio vicino di destra suggerisce al mio vicino di sinistra di giocare una sua carta (dandogli il colore “Blu”) che io vedo essere il 4 Blu. Supponendo che il mio vicino di destra non sia stolido, devo dedurre che il 3 Blu, per consentire al 4 di “attaccare”, devo averlo in mano io. Convenzione? No, logica!

Ora, io non so dove si trovi, all’interno della mia mano, il 3 Blu da giocare e, qui, entra in gioco una convenzione (l’unica “vera” convenzione di tutto questo mio lungo discorso). Si stabilisce che la carta da giocare sia la più recente delle non indiziate.

A ben vedere, tuttavia, anche questa “convenzione”, definita “finesse”, ha una sua logica: quale carta è più probabile che sia da giocare? Quella che ho pescato più di recente e sulla quale nessuno ha ancora avuto modo di darmi indizi.

8. Lo scarto illogico

Supponiamo che gli indizi siano finiti perché il mio vicino di sinistra mi ha appena suggerito di giocare una carta. Invece di giocare, scarto! Questo si chiama “scarto illogico” perché ho un indizio chiaro e, invece, faccio qualcosa di diverso. Come devono interpretare questo mio comportamento gli altri giocatori? Partendo, come sempre, dall’ipotesi che io non sia stolido, l’unica ragione per non giocare una carta “sicura” e scartare, recuperando un indizio, è che uno dei giocatori successivi abbia una carta pericolosa pronta per essere scartata (per esempio, quella più a sinistra, nella logica che ho introdotto all’inizio).

Questo “scarto illogico”, quindi, equivale a un’informazione, anche se molto generica. Se io, infatti, avessi giocato la carta suggerita, il compagno dopo di me avrebbe dovuto necessariamente scartare. Se gli ho aperto spazio dichiarativo, quindi, lo sto invitando a non scartare la carta che avrebbe dovuto e, invece, fare qualcos’altro. Convezione? No, logica!
Hanabi deluxe
Hanabi deluxe

9. Le obiezioni

Durante le discussioni in Tana, ho spesso ricevuto le seguenti obiezioni all’utilizzo della logica come l’ho esposta nei paragrafi precedenti:

  • si sta barando!
  • così è troppo facile!
  • giocare così non mi diverte

Le analizzo di seguito in dettaglio.

Cosa vuol dire barare? Non rispettare le regole. Quali sono le regole di Hanabi? Si può indiziare solo un colore o un numero e l’indizio deve essere completo (si indicano tutte le carte di quel colore o tutte le carte di quel numero). Forse esiste, in tutto ciò che ho scritto in precedenza, qualcosa che vada contro queste regole? Se lo si può trovare, allora sto barando, ma se non si riesce a trovare alcunché in questo senso, allora sto solo dando un senso logico (e non puramente convenzionale) alle dichiarazioni.

Avrei una convenzione da baro se affermassi che, dando indicazione “1”, il giocatore indiziato deve giocare la prima carta verso destra (o sinistra) anche se non ha un 1 in mano. Adotterei una convenzione da baro anche se affermassi che grattarsi l’orecchio sinistro guardando un giocatore equivale a dirgli che ha in mano il 2 Rosso in seconda posizione… e così via.

Giocare ad Hanabi con quanto visto in queste mie righe è troppo facile? Provatelo! Non si tratta di un meccanismo automatico che snatura il gioco, bensì di un modo per ordinare i ragionamenti e poter creare una maggiore coerenza nelle deduzioni logiche. Quindi, in definitiva, si tratta di un metodo per rendere il gioco più profondo.

Non vi divertite a scartare sempre la carta più a sinistra? Vi piace scartare, ogni volta, una carta a caso a seconda dell’ispirazione del momento per dare al gioco una maggiore suspense? Allora giocate come vi piace di più. Il gioco deve essere un momento di allegria e svago. Sempre!

10. Conclusioni

Sono assolutamente sicuro che dopo questa mia (troppo) lunga dissertazione su Hanabi io non avrò sortito alcun effetto. Chi era convinto che il gioco più “codificato” fosse maggiormente interessante e divertente avrà solo trovato conferme, mentre chi era contrario alla codifica sarà rimasto della sua opinione.

Il mio fine, come già scritto all’inizio, non era, infatti, quello di cambiare le idee di nessuno. Volevo, invece, convincere i “contrari” a qualsiasi forma di codifica che nessuno vuole “barare” né aggirare le regole, bensì avere un modo per mettere ordine nei ragionamenti logici. La logica deve sempre prevalere su tutto e su qualsiasi forma di convenzione.

Vi lascio con alcune citazioni dello stesso autore Antoine Bouza, tratte da un’intervista apparsa su Youtube (cercate, Interview – Antoine Bouza about Hanabi – Spiel des Jahres 2013 https://www.youtube.com/watch?v=ixSyYSL05k4 ):

minuto 5:44. “You have to play many games with the same group to come up with your own convention”

minuto 6:08. “If you play with new players, it’s completely differet, because all the conventions are to be rebuilt. I like this about Hanabi: you have to learn the game with one group, and if you play with another group you have to learn the game from the start”

minuto 6.43. “If I give you one rule, I just ruin the game for you because part of the magic is to find the convention”

fuochi d'artificio

Commenti

Interessante punto di vista e certamente condiviso dai più. 
Ora le regole dicono: "Hanabi is based on communication - and non-communication - between the Players. If one interprets the rules strictly then players may not, except for the announcements of the current player, talk to each other. Ultimately, each group should decide by its own measure what communication is permitted communication"
La logica dimostrata nell'articolo deriva comunque da alcune convenzioni stabilite prima, ovvero di tenere i numeri e giocare i colori, così come di organizzare le carte dalle più vecchie alle più nuove. Ora, queste convenzioni diventano vere e proprie regole? E diventando regole, alterano il corpo di regole dato dal gioco? 
L'autore - paraculo, consentitemelo - lascia ancora più ampio spazio al gruppo, perché non parla di convenzioni, ma proprio di "comunicazione permessa (decisa dal singolo gruppo)". Quindi cosa mi vieta di fare segni? cosa di far corrispondere alle dita con cui indico le carte, anche dei numeri? 
In teoria nulla, in pratica ogni gruppo avrà una misura di quanto tali convenzioni siano lecite e funzionali al divertimento e di quanto si scostino dalle originali regole del gioco, per le quali tu non puoi parlare, ma solo indicare colore o numero. 

Quindi che le convenzioni siano valide su BGA, non le rende in qualche modo ufficiali o migliori di altre, solo più diffuse. Probabilmente più diffuse perché più semplice e immediate e perché danno, meno di altre, l'impressione di contravvenire alle regole, oltre al fatto che online siano facilmente implementabili, come ad esempio non sarebbero i segni con le dita. 

La mia conclusione personale è che certamente le convenzioni accettate rendano il gioco in qualche modo più facile e siano frutto di logica (del resto, che senso avrebbe adottare convenzioni illogiche, che non facilitano la partita?), ma che non possano al contempo essere invocate come regole universalmente accettate o come le uniche permesse e lecite. 

Riflettevo proprio di recente sul fatto che Hanabi proprio per questo discorso convenzioni e modelli comuni sarebbe particolarmente adatto per esempi didattici nelle scuole, sia ambito comunicazione, psicologia e ambito scienza, dove prima di iniziare bisogna definire lessico e modelli in modo inequivocabile.

 

Non era “Come Quando Fuori Piove” (cuori quadri fiori picche)? 

Giocando anche -poco- a Bridge non posso che concordare

Tutto molto logico ;)

Tuttavia ecco il punto che mi è sembrato mancasse nel modo in cui hai affrontato la questione: come è nata la convenzione?

È chiaro che ogni convenzione sia logica e aiuti lo sviluppo del gioco ma la differenza è che se la convenzione è nata dall'esperienza del gruppo di gioco e grazie all'interazione spontanea dei singoli cervelli all'opera è una convenzione positiva e pienamente nello spirito del gioco, se invece la convenzione viene posta come prerequisito per giocare, necessaria conoscenza di tutti i partecipanti , insegnata ai nuovi giocatori invece di dar loro il tempo di dedurla, la convenzione, per quanto logica, è contraria allo spirito del gioco, ed i giocatori vanno ad affrontare un gioco semi-risolto non per loro merito (ad esempio penso che nessuno osi dire che sia lo spirito del gioco venir caricati di insulti su bga perché non si conoscono tutte le convenzioni).

Detto ciò io non le uso come prerequisito e non le avevo mai lette prima d'ora, tuttavia scopro di averne già involontariamente usate alcune e che scoprirle con le mie forze, riuscire ad aver dato un indizio così potente con così poche parole è la parte che preferisco del gioco.

Ritratto di CoB

Bell'articolo, Hanabi online è sicuramente da provare per comprendere meglio molte sfumature, ciao

Da giocatore di bridge è esattamente il motivo per cui da sempre adoro Hanbi...

Grazie per aver mostrato questo lato del gioco anche agli altri...

L.

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