Molto interessante, solo occorrerebbe capire anche quanto alte sono le percentuali delle altre categorie di giochi rispetto ai numeri totali. Ovvero se decidessi di analizzare la percentuale dei giochi con "aste alla cieca", oppure con meccaniche di "Flow", ecc ecc. Quanto sarebbero in percentuale rispetto al totale? Perché magari, salvo rare eccezioni, la singola categoria specifica pesa sempre relativamente poco sul totale.
Giusto per amore di discussione.
Comunque ottimo articolo e bella idea per una nuova serie, bravissimi!
Con questa serie di articoli, a cadenza indefinita, scritti a quattro mani con Andrea “Nand”, vogliamo provare a suscitare una discussione portando in evidenza dei numeri riguardanti possibili temi di interesse (e si spera di dibattito) del mondo GdT.
(Da BoardGameGeek)
Ibrido-Digitale: i giochi in questa Famiglia richiedono, a livello di design, l’utilizzo di una piattaforma elettronica, che può essere uno smartphone come un sito web, accanto a componenti e pezzi di un tipico gioco da tavolo.
Elettronico: giochi che spesso hanno come componente centrale del gioco un apparato elettronico: differiscono dai giochi elettrificati (come Operation - aka L’Allegro Chirurgo) poiché un gioco elettronico contiene dei circuiti e a volte un computer basilare al suo interno.
Negli ultimi anni se ne è parlato spesso, l’evoluzione tecnologica ha permesso di affiancare al nostro amato e analogico gioco da tavolo dei supporti digitali che permettono di liberarsi di tutta una serie di operazioni manuali che normalmente vengono affidate ai giocatori.
Non è proprio una novità, già negli anni Ottanta qualcuno ci aveva provato, utilizzando due differenti approcci: Dark Tower (Milton Bradley, 1981) aveva come componente principale una torre con pulsanti e led, contenente un chip TMS1400 (per la precisione, 100 KHz di velocità di clock, una memoria di 128 registri a 4 bit e capace di eseguire un programma da una ROM, immutabile, di 4 Kbyte, all’epoca era molto utilizzato nei cabinati delle sale giochi), mentre Oil Barons (Epyx, 1983) prevedeva che un computer (Apple II, Commodore 64 o PC MS-DOS, nel gioco erano presenti i floppy disk con il programma) si occupasse di tutti i calcoli mentre i giocatori, dei petrolieri, su una mappa, acquistavano, attraverso un’asta sempre gestita dal computer con tanto di PnG, lotti di terreno per ricavare petrolio e profitto. Su BoardGameGeek i due giochi sono catalogati rispettivamente nella categoria Elettronici e nella famiglia degli Ibridi digitali; notare che ci sono anche giochi che rientrano in entrambe le categorie, come Return to Dark Tower, che usa sia uno smartphone/tablet che un dispositivo elettronico (l’immancabile torre).
Ad ogni modo è soprattutto con la “portabilità” dei device (tablet e smartphone) che questo fenomeno inizia prendere piede in maniera sostanziale, circa dieci anni fa.
Golem Arcana (2014) e le sue miniature (abbastanza straordinarie al tempo) che si muovono su un tabellone mentre l’app e una penna bluetooth si occupano di caratteristiche e combattimenti, Alchimisti (2014) che permette ai giocatori di rimpiazzare lo sventurato di turno con l’app che gestisce l’algoritmo di deduzione, XCOM: The Boardgame (2015) che detta i tempi di comparsa degli invasori sulla Terra, Le Case della Follia Seconda Edizione (2016) che pensiona definitivamente(?) il Custode (salvandolo dalla follia del setup) fino alle più recenti applicazioni che confermano le ipotesi degli investigatori di alcune Escape Room da tavolo (come la serie Unlock!), che danno indizi per i giochi deduttivi come The Search for Planet X (2020) o che simulano addirittura il world wide web permettendo di scoprire notizie che ci permetteranno di risolvere il caso come in Detective: a Modern Crime Board Game (2018).
Sebbene in molti casi l’esperimento sia riuscito anche molto bene, una vasta schiera di giocatori ha accolto questa “ibridazione digitale” con scetticismo, in certi casi con orrore: “un gioco da tavolo è per definizione qualcosa di materico, non deve diventare un videogioco, neanche alla lontana!”.
Eppure, credo sia oggettivo affermare che in certe categorie un device elettronico possa risolvere il bookkeeping se non addirittura ampliare i confini del gioco stesso.
Mi sono dunque chiesto come l’industria del GdT, che sicuramente opera ricerche più scrupolose del sottoscritto, avesse effettivamente accolto questa “novità” e quanti giochi che necessitano dell’ausilio di un device o hanno una componente elettronica al loro interno fossero stati editi nel corso degli anni.
I risultati, come sempre accade quando si parla di statistiche in Tana, me li ha forniti Andrea “Nand” Nini.
In entrambi i grafici la colonna arancione (basata sull’asse a sinistra) indica il numero di giochi di quella categoria usciti per anno, mentre la linea verde (basata sull’asse a destra) indica la percentuale della categoria rispetto al totale dei giochi, sempre per anno.
Ammetto che vedere questi numeri un po’ mi ha sorpreso. Sicuramente colpa mie eh, ma pensavo fossero molti di più: nel 2015 sono usciti quasi 4000 giochi e da allora il trend è in continuo aumento (nonostante una lieve diminuzione dovuta al Covid), la percentuale di giochi che utilizza device oscilla tra l’1% e il 2%.
Inoltre, il trend sembra essere addirittura in calo e anche se il dato del 2024 è parziale, il 2023 testimonia una sorta di inversione di tendenza.
È dunque stata una “moda” passeggera? Il gioco da tavolo sarà sempre “analogico” perché è quella la sua “vera” natura e chissenefrega del bookkeeping? I casi di ibridazione digitale rimarranno sparuti e circonstanziati solo ad alcune, altrettanto sparute, categorie?
O ci sono altre motivazioni che impediscono a un fenomeno del genere di prendere piede?
Personalmente, in primis, mi viene da pensare alla “paura” del consumatore che il supporto tecnico non segua il progresso tecnologico e quindi potremmo essere un domani assolutamente impossibilitati a giocare se non in possesso di un tablet in cui gira un sistema operativo di una versione X invece di Y?
Ma anche al “costo” che un editore deve sostenere sia nello sviluppo che, per l’appunto, nel mantenimento di tali applicazioni.
Voi cosa ne pensate?