Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 9 Maggio 2010
Parte I, Capitolo 8: "Sulla via del ritorno"
Seduta del 21 Ottobre 2003
"Sulla via del ritorno"
quando
ripresi conoscenza eravamo nuovamente sulla nave che ci avrebbe riportati
indietro, ed erano già passati due giorni di navigazione. Ripresi i sensi
poco alla volta, vagamente consapevole delle sagome di Adesir e Thorin in
veglia accanto a me. Il buon nano stava sicuramente invocando il suo Morgrim
perché gli concedesse la capacità di curare la mia malattia e di farmi
riprendere rapidamente, ma comunque passarono almeno cinque clessidre prima
che potessi mormorare anche una sola parola.
Fui
felice di rivedere i miei compagni dopo le visioni inquietanti che avevo
avuto, e notai che anche nei loro occhi il sollievo era evidente, mostrando
quanto fossero stati in pena per me. In quel momento il cuore mi si riempì
di gioia, anche se non fui in grado di abbracciarli come avrei voluto.
Per
la prima volta in vita mia, non conducevo un'esistenza solitaria contando
solo su me stesso. Se c'era bisogno di conferme, fu allora che capii una
volta per tutte che avevo al mio fianco dei compagni che contavano come dei
fratelli, ai quali avrei potuto affidare la mia stessa vita senza alcuna
preoccupazione. Purtroppo, la mia indole, da questo punto di vista un po'
"nania", non mi permise in quel momento di manifestare apertamente
questi sentimenti, anche se tentai di mostrarmi riconoscente e di buon
umore.
Il
buon Thorin e Adesir, presto raggiunti da Polgrim e infine anche da Morick,
si avvicendarono allora nel tentativo di raccontarmi brevemente quanto era
accaduto nel mio periodo di incoscienza.
dopo
che ebbi perduto i sensi a causa della malattia di Zeldana, Polgrim si era
preso l'onere di trasportare il mio corpo, mentre proseguivamo nella fuga
dalla città fantasma infestata dai non-morti. Una volta superata la zona
più popolata dalle orrende creature, eravamo finiti per trovarci sulle
sponde di un lago sotterraneo, costeggiato da una spiaggetta, che Thorin
scoprì essere formato di acqua salata. Di conseguenza, il mare, nostra
unica possibile via di fuga, non doveva essere lontano.
Fu
in quel luogo che comparve misteriosamente una donna, dall'aspetto piuttosto
giovane, che indossava una tunica grigia. Stringeva in una mano una sorta di
spugna, con la quale di tanto in tanto aspergeva un liquido in aria, e i
miei compagni erano dell'opinione che quella fosse la causa della malattia
che aveva rischiato di colpire tutti noi, oltre me e il più resistente
Polgrim. La donna doveva essere in qualche modo un'apparizione di Zeldana,
pensai, dal momento che nessuno poteva vivere in quel luogo, fra in
non-morti ansiosi di nutrirsi delle energie vitali dei normali esseri
viventi.
Si
trattava della stessa figura con la quale avevano combattuto Adesir e Morick
nella città fantasma, mentre io ed i nani cercavamo di fendere la massa
orrenda dei non-morti. Ne nacque un combattimento, nel quale la più rapida
fu come sempre Adesir con il suo arco, ottenendo solo di far infuriare
l'apparizione. La donna si trasformò in una creatura dall'aspetto così
orribile che fece agghiacciare il sangue ai miei compagni, e fu allora che
si verificò l'imponderabile.
Thorin,
sconvolto, aveva estratto la staffa di Perigastus e, puntandola contro la
creatura, ne aveva fatto scaturire un dardo di fuoco magico che aveva
avvolto la donna trasformandola in una torcia umana di fiamme nere come la
notte. Questo aveva consentito al gruppo di proseguire, ma tutti erano
rismasti stupiti da quel gesto, sia perché nessuno avrebbe immaginato che
il nano fosse in grado di utilizzare quel bastone, sia perché lui stesso
non ricordava affatto di essere ricorso al suo potere. Evidentemente, la
staffa di Perigastus aveva preso una decisione autonoma, influenzando la
volontà di Thorin, il quale ne aveva fatto uso, fortunatamente, a nostro
vantaggio. Non era dunque vero che i nani potevano resistere più
agevolmente alle subdole lusinghe dei sortilegi di quel genere?
E
tuttavia in quel caso tutto era andato a nostro vantaggio. Una volta
scomparsa la misteriosa apparizione femminile, anche i non-morti sembrano
cessare di infastidirci, e restammo soli, davanti al grande lago salato.
Morick, colto dal terrore alla vista della trasformazione della donna, era
fuggito, scomparendo alla vista, e non fece ritorno che dopo un po' di
tempo.
Al
suo ritorno, il bardo aveva esplorato la zona, e riferì di una sorta di
isolotto al centro del lago, sul quale c'erano delle rovine all'interno
delle quali aveva visto una grande quantità di libri, di natura mistica. Il
solo tentativo di toccare quei libri gli aveva causato delle brutte ustioni
alle mani, per le quali furono necessarie le cure di Thorin. Il nano,
tuttavia, si rifiutò di esplorare le rovine, nonostante le insistenze di
Morick, preferendo concentrarsi sulla ricerca di una via di fuga.
E
in effetti il bardo aveva visto anche una possibile uscita, che tuttavia
passava fra due scogli e proseguiva in una sorta di cunicolo semisommerso,
presentando ovvie difficoltà sia per quanto riguardava i nani, sia per il
trasporto del mio corpo inerte, che in quel frangente era sicuramente
d'impaccio per chiunque. Essendo comunque la sola via d'uscita possibile, i
miei compagni avevano deciso di attendere per verificare se il calo della
marea avesse reso più agibile il passaggio, quando fu chiaro che i soldati
di Themanis ci avevano inseguiti fino attraverso la città morta.
Prima
udirono i rumori, poi le voci, ed infine una grande esplosione alle nostre
spalle confermò che i nostri inseguitori non si erano dati per vinti.
Peggio ancora, sembravano disporre di stregoni in grado di aprirsi un varco
fra i non-morti, in modo più agevole di quanto non fosse stato a noi
possibile. Non c'era tempo da perdere, così il gruppo aveva deciso di
avventurarsi nel passaggio, guidato dall'agile Adesir, dopo che Morick
invocò un sortilegio sui nani, aumentandone la statura in modo che
potessero sentirsi più a loro agio toccando il fondo con i piedi.
Ma
il condotto si era rivelato assai più lungo e meno agevole del previsto, e
ben presto i nostri inseguitori ci furono alle spalle. Fu allora che uno dei
loro maghi invocò un incantesimo che causò un'imponente ondata che ci
travolse tutti, schiacciandoci gli uni sugli altri e facendo perdere a
Polgrim la presa su di me, che andai alla deriva nella corrente. Solo Adesir
era riuscita a trarsi in salvo assieme a Morick, che mi dissero essersi
trasformato in un pesce per riuscire a muoversi nell'acqua. Sfruttando un
punto in cui il passaggio iniziava a salire verso l'alto, i due cercarono di
assistere gli altri, fino a che Adesir trovò l'uscita in mare aperto.
Ricorrendo
alle sue doti fisiche, Adesir riuscì ad assicurare un fune ad un arbusto
che si trovava appena fuori dall'uscita del cunicolo, al quale subito si
aggrapparono i nani per tenersi a galla, ora che il fondo era sparito da
sotto i piedi. Quindi, la ragazza si tuffò nuovamente alla ricerca del mio
corpo, che era disperso. Fortunatamente, fu il bardo ad avvistarmi
dall'alto, dopo essersi mutato in un volatile per avvisare l'equipaggio
della nave che avevamo bisogno di aiuto. In breve, riuscirono a recuperare
anche me e presto fummo issati su una scialuppa che ci avrebbe condotti alla
nave.
Ma
non era ancora finita. Un gruppo di arcieri nemici era riuscito in qualche
modo ad avvistarci, ed iniziarono a bersagliarci con frecce incendiarie, una
delle quali mandò in fiamme la vela della nostra imbarcazione, mentre
un'altra ferì gravemente Polgrim. Lentamente, riuscimmo comunque a salire a
bordo mentre Adesir rispondeva ai lanci del nemico abbattendone numerosi, e
fummo infine tratti in salvo.
il
racconto confermò le mie impressioni su quegli straordinari compagni. In
una situazione così difficile erano riusciti non solo a portarsi in salvo,
ma si erano anche preoccupati del mio corpo, sebbene solo Morick fosse
convinto fino alla fine che fossi vivo. Infatti, mi dissero che durante quel
periodo di incoscienza non respiravo neppure, ed i nani si portavano dietro
il mio corpo per la sola convinzione che fosse necessario darmi una
sepoltura decente. In realtà, ciò che mi aveva somministrato Morick per
mano di Adesir era un fluido che aveva l'effetto di sospendere le funzioni
vitali di un essere vivente; questo aveva di fatto tenuto ferma la malattia
che mi avrebbe altrimenti ucciso, fino al momento in cui Thorin aveva potuto
recuperare le forze per guarirmi definitivamente.
Non
c'era dunque alcuna ragione per nascondere qualcosa ai miei fratelli in
armi, pensai. Anche se si trattava di qualcosa che poteva sollevare
legittimamente dei dubbi sulla mia fedeltà alla causa dell'una o dell'altra
parte. Così, appena fui in grado di parlare a mia volta, raccontai le mie
visioni, cercando di non omettere nessun particolare, per quanto i ricordi
si fossero fatti assai sbiaditi e solo il mio diario mi venne in aiuto in
molti punti che apparivano ora confusi.
Thorin
era comunque preoccupato a proposito della staffa di Perigastus. Mi
interruppe durante il racconto, pensando che una volta in alto mare fosse
una buona occasione per disfarci per sempre dell'oggetto. Forse prima sarei
stato d'accordo con lui, ma la visione che avevo vissuto pareva contenere un
messaggio: quell'oggetto poteva ancora avere un ruolo importante nella
nostra storia. Inoltre, finora non si era manifestato in modi ostili ai
nostri scopi, mentre Thorin sembrava essere in grado di controllarne la
volontà nella maggioranza dei casi. Mi trovai d'accordo con Adesir su
questo argomento, e, sorprendentemente, anche Polgrim sembrava della stessa
opinione. Accantonammo quindi l'idea di disfarci dell'oggetto, almeno per il
momento.
La
navigazione proseguì tranquillamente, e per fortuna senza ulteriori
aggressioni, fino a che tornammo ad avvicinarci alla costa, nei pressi del
cantiere della Divina Speranza, da cui eravamo partiti. La prima parte della
nostra missione stava per concludersi nel migliore dei modi: eravamo tutti
vivi, avevamo recuperato il libro, interpretato in linea di massima la
mappa, e potevamo guardare con fiducia ai nostri prossimi passi. Ma ancora
non sapevamo che altri ostacoli erano stati disposti ad arte sul nostro
cammino...
quando
attraccammo al molo, una piccola folla si era radunata sul pontile ad
attenderci. Vidi chiaramente Shair e Colod, ma con loro c'erano una
quantità di armigeri e l'espressione sui loro volti non era quella che ci
aspettavamo.Forse era accaduto qualcosa durante la nostra assenza.
-
Avete trovato il libro? - ci chiese immediatamente Shair quando scendemmo
dalla nave, avvicinandoci.
-
E' con noi - risposi, sorridendo per la buona notizia. Ma notai che la donna
non rispondeva con altrettanta soddisfazione al mio entusiasmo.
Dalla
folla emerse a fatica un individuo, spingendo i soldati per aprirsi la
strada. Si trattava di un nano anziano, che vestiva numerosi sigilli sulla
tunica, con un'espressione torva e risoluta.
-
Sono Gorf, figlio di Maul, membro della Forgia della Giustizia! - si
presentò, scrutandoci con aria severa. Mi chiesi cosa potesse volere da
noi, cosa potesse esserci di tanto importante da interrompere un momento che
avrebbe dovuto essere di felicità generale per il buon esito della missione
che ci era stata affidata.
-
Sono qui per comunicarvi l'omicidio di Frostwind - aggiunse il vecchio nano,
lasciandoci stupiti. Non accadeva mai nulla di buono a Bar-Arghaal,
pensai.
-
Il nobile Thorin è sospettato di omicidio e questa è la sua convocazione
nelle aule di giustizia a tre giorni da oggi, per il processo - concluse,
porgendo una pergamena al nostro amico, la cui espressione, notai, non era
poi così sorpresa...
Il
lato peggiore di me venne immediatamente alla luce. Ma come, dovevamo essere
i salvatori del mondo, ci facevano fare tutto il lavoro sporco, ci mandavano
da un capo all'altro del continente, avevamo salvato i nani dalle invasioni
di Themanis e tutto quello che sapevano fare era gettare su di noi accuse
per ogni crimine che veniva commesso in quel posto?
Risposi
seccato al nano, ignorando i tentativi di Shair di ricomporre la situazione,
anche se alla fine la donna convinse Gorf ad andarsene, visto che il suo
compito si era esaurito con la comunicazione e la consegna della pergamena.
Ero indignato e sbalordito, francamente, in quel momento persi la voglia di
proseguire le nostre missioni.
Decidemmo
di riunirci separatamente per discutere della questione, e approfittammo di
una delle cabine della nave allo scopo, anche se non fummo in grado di
evitare la partecipazione di Colod che si dichiarava in grado di assisterci
almeno come difensore. Il problema fu subito evidente, poiché Thorin
dichiarò di aver effettivamente ucciso Frostwind la notte prima di
partire.
Non
che mi importasse qualcosa del mago, dato il suo comportamento nei nostri
confronti. Si era mostrato in grado di agire contro il gruppo
indiscriminatamente in un sogno, ma in un sogno in cui ognuno aveva agito
secondo il suo carattere e la sua personalità, quindi per me sarebbe stato
in grado di farlo anche nella vita reale. Inoltre, era evidente
l'inefficacia dei mezzi messi in campo da Shair e dai nani, che pur
sostenendo di avergli cancellato la memoria, gli avevano poi lasciato la
staffa di Perigastus a disposizione, una leggerezza imperdonabile.
Vi
erano tuttavia alcuni particolari che non quadravano. Thorin, pur ammettendo
di aver strangolato il mago, lo aveva fatto nel suo letto, lasciandolo dove
si trovava, mentre venimmo a sapere che il corpo era stato trovato riverso
nel salotto della sua abitazione. Questo significava che qualcun altro si
era preso la briga di intervenire dopo il nano, alterando la scena del
delitto per qualche secondo fine. O forse, come suggerì Morick, Thorin
aveva ucciso qualcun altro, magari un clone, mentre un secondo assassino
aveva poi provveduto al vero Frostwind? Ogni supposizione era buona quanto
un'altra in quel frangente, ma la verità era una sola: nonostante ci
dovessimo occupare di tutte le brighe per salvare il mondo, poi non c'era
nessuno che ci desse una copertura decente. Ero indignato più che altro con
Shair.
La
mia opinione era di andarcene e abbandonare tutto. Avremmo salvato il mondo
dai themaniti senza l'aiuto di Shair, senza i nani e senza tutti gli altri
che giocavano a fare i misteriosi rivelandoci di volta in volta solo ciò
che volevano e tenendoci all'oscuro della maggior parte delle informazioni.
Tuttavia, non presentarsi al processo sarebbe stata una chiara ammissione di
colpa per Thorin la cui conseguenza naturale sarebbe stato il bando da
BAr-Arghaal e il diritto per ogni nano che lo avesse incontrato a sfidarlo e
tagliargli la barba in segno di disprezzo. Confermai al mio amico che sarei
andato con lui, qualunque cosa avesse deciso.
Il
comandante della nave ci costrinse a scendere per le operazioni di routine a
bordo, così senza aver ancora concluso nulla, tornammo sul pontile dove era
rimasta la sola Shair, che si mostrò ansiosa di sapere come ci saremmo
comportati.
-
Abbiamo tre giorni a disposizione - dissi, freddamente, - quindi decideremo
se presentarci o se ce ne andremo via, dato che nessuno sembra in grado di
darci una copertura decente, nonostante quel che facciamo per tutti.
-
Capisco cosa provate - disse Shair, - ma devo comunque preoccuparmi della
missione. Nel caso ve ne andiate, vorrei riavere il libro...
-
Non se ne parla neanche - risposi, astioso. - Se ce ne andremo il libro
verrà con noi!
-
Non potete prendere una decisione che influenza il destino dei Popoli
Liberi, quel libro è importante per la loro salvezza - ribatté la donna..
-
Ascolta bene Abbiamo affrontato i themaniti, i non-morti, ogni genere di
difficoltà. Siamo noi che ci rischiamo la pelle ogni volta, siamo noi che
facciamo il lavoro duro in questa faccenda, e voi qui comodi a Bar-Arghaal
non riuscite nemmeno a coprirci di fronte alle accuse che ci vengono fatte?
-
Ci abbiamo anche rimesso del denaro - aggiunse Morick, - Gawain in questa
missione è stato derubato di una gemma del valore di almeno venti o
venticinquemila monete d'oro... Noi stiamo facendo una missione per
l'umanità, ma l'umanità cosa è disposta a fare per noi?
-Come
ho giù detto - ripeté Shair - comprendo come vi sentite ora, ma non ho
davvero potuto farci nulla. Siamo stati presi alla sprovvista e comunque
data l'evidenza dei fatti cosa potevo fare, mentire?
- E
perché no? - replicai. - Non sarebbe certo la prima volta, a noi hai
mentito in più occasioni...
- A
te, a te ho mentito, ma qui è diverso...
-
Quindi a noi puoi mentire tranquillamente e con gli altri ti fai scrupolo,
vero Shair? - la aggredii.
-
Non capisci, Gawain - replicò, cercando di mantenersi calma. - Io non posso
andarmene da qui senza sapere che in un modo o nell'altro il libro giungerà
a Bar-Arghaal. O ce lo portate voi, o ce lo dovrò portare io... Mi dispiace
vedere che fra voi tu costituisca un problema con il tuo continuo ed
ostinato rifiuto di ogni regola ed il rispetto verso le autorità.
-
Bene, allora, se questo è ciò che pensi, sappi che se decideremo di andare
via il libro dovrai trovare un modo per prendertelo con la forza. E visto
cosa pensi di me, da questo momento non ho più nulla da dirti.
Mi
voltai, ripromettendomi che non le avrei mai più rivolto la parola. Basta
con l'impegno ed i sacrifici per mezze verità, menzogne e minacce. Basta
fare il paladino di Terala per avere in cambio accuse, sospetti e ingiurie.
Se i miei amici avessero deciso di proseguire con la missione, sarei
certamente rimasto con loro, ma solo per amicizia nei loro confronti.
Nei
confronti di Shair e di chiunque altro lei potesse rappresentare, mi sarei
comportato come un normale mercenario. Questo è ciò che decisi, in quel
momento.