A&P Chronicles 2002-2003 (III, 2)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 19 Dicembre 2005

Parte III, Capitolo 2: In viaggio: il patto con i lupi!

Seduta del 04/12/2002

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 19 Dicembre 2005

Parte III, Capitolo 2: In viaggio: il patto con i lupi!

Seduta del 04/12/2002

In viaggio: il patto con i lupi!

dicembre era molto freddo in quei giorni, e la temperatura era particolarmente rigida la mattina della partenza, anche se per fortuna il cielo era libero e preannunciava un tiepido sole che sarebbe sorto di lì a poco. Ci ritrovammo alla locanda di Guglielmo, che aveva preparato il nostro carro rifornendolo di provviste e agganciandolo a due robusti cavalli da tiro. Sul carro avrebbero viaggiato Adesir e Thorin, mentre io e Frostwind avremmo cavalcato per conto nostro, io infatti ero stato ben felice di salire nuovamente in sella del mio fidato Notturno, che mi piaceva chiamare così per via del suo manto nero come la notte. Le narici dei cavalli sbuffavano nuvole di vapore al contatto con l'aria frizzante del mattino, e tutti avevamo indossato gli abiti più pesanti per ripararci dal gelo durante il viaggio.

Iniziò così la nostra seconda missione per conto di Shair, come sempre con molte incertezze, ma stavolta con una maggior coscienza di gruppo. Ci sentivamo affiatati e, con la sola eccezione di Frostwind, ci conoscevamo ormai abbastanza bene, sapendo che ognuno avrebbe potuto contare sugli altri. Questo influenzò positivamente il nostro umore, e viaggiammo sereni, chiacchierando e scherzando di tanto in tanto. 

Ci vollero circa cinque giorni di viaggio per abbandonare le strade commerciali, lungo le quali trovammo locande per la notte e incontrammo frequenti carovane di mercanti. L'esercito Themanita era lontano in quei giorni, essendosi ritirato a sud fino quasi al fiume Meldan, così preferimmo viaggiare verso ovest in linea quasi retta, verso il Passo di Giada, per usufruire del terreno pianeggiante una volta che avessimo abbandonato le strade commerciali.

Presto ci ritrovammo ad attraversare la pianura che era ormai saldamente sotto il controllo themanita. L'ordine e l'organizzazione del nemico erano evidenti già al solo sguardo, come si poteva notare dalla razionalizzazione delle recinzioni che delimitavano i campi coltivabili, anche se tutti sapevamo che quella forma di società apparentemente superiore era ampiamente compensata dalla soppressione di gran parte dei diritii umani e civili. La cosa drammatica, che ognuno di noi sapeva, era che la popolazione caduta sotto il giogo themanita sembrava non rendersi conto della cosa, e appariva felice e grata all'invasore per aver portato ordine e disciplina.

a
circa una settimana di viaggio, il tempo inziò a peggiorare. La temperatura, mano a mano che ci avvicinavamo al Passo di Giada evitando di portarci troppo vicini all'avamposto di Bor Skullarim, scendeva sempre di più, e presto iniziò a nevicare. Dapprima lieve, poi sempre più intensa, la neve prese a cadere a ritmo costante limitando la visibilità, ma fortunatamente il clima secco la gelava sul terreno senza costituire una possibile occasione per impantanare le ruote del carro. 

Tuttavia, il freddo era tale che ora procedevamo più lentamente, avendo bisogno di più soste per consumare qualcosa di caldo e accendere un piccolo fuoco. Inoltre, ci trovavamo ora nella zona più lontana da ogni forma di civiltà, anche le case rurali si erano fatte sparse e rare, così come le locande, costringendoci a passare più di una notte all'addiaccio ricorrendo alle tende ed ai sacchi a pelo. L'umore mutava di conseguenza, ed anche le nostre conversazioni ne risentivano.

Il settimo giorno di marcia, sotto la tormenta di neve, Frostwind ci fece notare uno stormo di uccelli neri che volteggiava alto sulle nostre teste, insinuando che si trattasse di spie nemiche. Era in effetti inusuale che gli uccelli volassero con quel tempo, ma ritenni che l'opinione del nostro mago fosse dettata più dal malumore che non da serie considerazioni. Probabilmente mi sagliavo, come scoprimmo alcuni giorni dopo.

Quel giorno la tempesta aumentò a tal punto che fummo costretti, nonostante le reticenze mie e di Thorin, a fermarci prima del tempo, per formare un accampamento e accendere un fuoco. Erano tutti esausti per il vento gelido che tagliava la faccia, e la neve si era accumulata in modo tale che i cavalli facevano una gran fatica a proseguire, tanto che tememmo di poterli perdere.

Ci accampammo in un boschetto, sistemando le tende ed i cavalli in uno stretto cerchio, scavando la neve per gli animali e provvedendo ad accendere un fuoco attorno al quale tutti ci trovammo presto a riscaldarci le mani ed i piedi che quasi non sentivamo più per il gelo. La neve sarebbe certo caduta tutta la notte allo stesso ritmo, e attorno a noi potevamo sentire i primi lontani ululati che testimoniavano la presenza di un branco di lupi, probabilmente affamati.

Stabilimmo di fare dei turni di guardia a due a due, in modo da proteggerci meglio nel caso i lupi si fossero avvicinati all'accampamento, e soprattutto per spalare via la neve, di tanto in tanto, che avrebbe rischiato di sfondare la copertura delle nostre piccole tende. Io ed Adesir fummo i primi a restare di guardia, aiutati da un prodigioso sortilegio di Frostwind che si rivelò molto utile nel consentirci di vedere chiaramente come fosse giorno.

Durante i primi turni di guardia, non accadde nulla di preoccupante, ma udimmo ululati sempre più frequenti e vicini, segno che il branco si avvicinava, anche se speravamo che il nostro fuoco li avrebbe tenuti a distanza. Quando fu il secondo turno per me ed Adesir, i lupi sembravano assai vicini, e con l'aiuto di Thorin preparammo alcune frecce incendiarie che la ragazza avrebbe potuto lanciare con il suo arco, se necessario, per spaventare gli animali. Intanto, usando le mie fiasche d'olio combustibile ed alcuni stracci, decisi di creare un perimetro attorno all'accampamento, al quale avremmo potuto dare fuoco per creare in breve tempo una barriera fra noi ed il branco, qualora avessimo visto le brutte.

fu durante il secondo turno di guardia con Adesir che i lupi attaccarono. Dapprima udimmo solo gli ululati farsi sempre più vicini anoi, poi iniziammo a notare qualche sagoma che si muoveva fra gli alberi, al limitare della luce. Decidemmo così di svegliare gli altri, dato che l'aggressione sembrava imminente. Evidentemente la fame portava quegli animali a vincere il loro naturale timore del fuoco, e questo li avrebbe resi assai pericolosi, così ci preparammo al peggio. Un nitrito disperato alle nostre spalle ci scosse.

- I cavalli! - gridai, voltandomi giusto in tempo per vedere un grosso lupo balzare alla gola di uno dei traini del carro. L'altro cavallo, imbizzarritosi, strappò i finimenti e scattò scomparendo nella macchia al galoppo, nitrendo di terrore. Realizzando quanto importanti fossero per noi i cavalli, scattai con la spada in pugno per abbattere l'animale e salvare almeno uno dei due traini.

In quel momento, altri lupi emersero dalle ombre, correndo verso il centro dell'accampamento, dove si trovavano gli altri. Adesir fu rapida ad afferrare un tizzone e scagliarlo sugli stracci che avevo imbevuto d'olio, che subito presero fuoco, ma ugualmente alcuni grossi lupi erano riusciti a passare la cortina difensiva, ed ora si gettavano sui miei compagni. 

- Cercate di individuare il capo branco! - gridava Frostwind, - se lo uccidiamo, gli altri probabilmente si allontaneranno!

In effetti, i lupi che si erano scagliati per primi all'attacco sembravano i più grossi ed anziani del branco. Gli altri esitavano, uggiolanti ed ululanti, aggirandosi nervosi davanti alla barriera di fiamme, senza tuttavia riuscire a vincere la paura per tentare di balzarvi attraverso. Quanto sarebbe durata quella difesa?

Mi avventai sul grande lupo che aveva assalito il cavallo e lo feci a pezzi con la furia della lama nera, senza tuttavia poter salvare la cavalcatura, che crollò a terra con la gola squarciata dagli artigli e dalle zanne del predatore.

Prima che potessi rendermene conto, altri due lupi mi furono addosso, graffiando ed azzannando furiosamente la mia corazza, mentre cercavo di trovare lo spazio per manovrare la spada. Alle mie spalle sentivo Frostwind cantilenare qualcosa, poi vidi il riflesso di una grande luce e seppi che stava lanciando qualche incantesimo. Riuscii a sbarazzarmi dei due animali fendendone le carni impietosamente con la spada nera, quindi mi voltai e mi resi conto che non ne restavano altri nel cerchio dell'accampamento, a parte due che erano stati resi inoffensivi da una sorta di rete appiccicosa. 

Qualcosa doveva non aver funzionato, tuttavia, poiché Frostwind giaceva a terra inerte, e così pure Adesir, che sembrava molto grave, infatti fu su di lei che Thorin si gettò per prima, invocando Morgrim. Ma le fiamme erano quasi esaurite ed il resto del branco sembrava impaziente di trasformarci nel loro banchetto notturno, non appena ne avesse avuto l'occasione.

Fu allora che ricordai quanto mi era stato detto da Aderlist sulla spada. Lasciai che Thorin si occupasse dei feriti, impugnai la spada e chiusi gli occhi, concentrandomi sul branco.

- Fermatevi, non attaccate, non c'è nulla da mangiare per voi, qui - pensai, cercando di essere il più convincente possibile, soprattutto verso me stesso.

Improvvisamente, come in risposta a quella mia invocazione, alcuni lupi del branco si arrestarono, accucciandosi a terra. Continuai a concentrarmi sulla spada, invocando pensieri simili di calma, e presto mi resi conto che il branco si fermava! La spada era prodigiosa. In breve, tutti i lupi erano a terra, quieti come non avrei mai immaginato, e solo un grosso lupo dal pelo quasi bianco, che doveva essere il capo branco, si mosse venendomi incontro con aria pacifica. Mi sfiorò le gambe, uggiolando e guardandomi con i suoi splendidi occhi vitrei color del ghiaccio, così che non seppi trattenermi dall'accarezzarne la folta pelliccia.

- Non chiedetemi come - dissi, rivolto ai miei compagni che ora si trovavano vicino a me, con sguardi interrogativi, - ma credo di aver calmato il branco, non dovrebbero più attaccare...

Parlavo assai lentamente, continuando a mantenere concentrazione sulla spada, per focalizzarmi su quei pensieri che avevano calmato il branco. Non sapevo se, smettendo, i lupi si sarebbero scagliati nuovamente all'attacco.

- Potete andare, ora - pensai, concentrandomi in particolare sul grande lupo davanti a me. Ma invece di allontanarsi, quello emise un lungo ululato, fissandomi con un'aria che trovai quasi umana. Cosa voleva? Perché ero in grado di fermarli ma non riuscivo a far allontanare il branco?

Poi, il capo branco si allontanò di qualche passo, come a indicarmi qualcosa, e compresi che in qualche modo cercava di indicarmi la carcassa del cavallo morto. Era chiaro, ora, che desiderava avere quel poco cibo per il suo branco!

- Thorin, presto - dissi al nano senza distogliere lo sguardo dalla lama che impugnavo, - fai a pezzi la carcassa del cavallo e gettala al branco!

- Fare a pezzi il cavallo?! Ma... - tentò di obiettare, ritenendo evidentemente la richiesta alquanto bizzarra. Ma Adeisr e Frostwind avevano capito cosa intendevo fare, e gli fecero cenno di fare rapidamente quanto gli avevo detto. Il nano, sbuffando, iniziò a macellare la carcassa, gettandone di volta in volta i pezzi ai lupi, che subito si animarono in una furiosa lotta per accaparrarsi il poco cibo a disposizione. Fu solo allora che il capo branco si allontanò, dopo aver afferrato fra le zanne l'ultimo pezzo di carne che era rimasto del cavallo, sotto lo sguardo perplesso di
Thorin.

Smontammo rapidamente l'accampamento, gettando il nostro equipaggiamento sul carro alla rinfusa, incerti di quanto sarebbe durata quella tregua con il branco. Avendo perso i cavalli da tiro, fummo costretti ad agganciare Notturno ed il cavallo di Frostwind al carro, quindi salimmo partendo rapidamente per allontanarci nel più breve tempo possibile. 

Mentre ci allontanavamo, il capo branco ci seguì a distanza per un breve tratto, salutandoci infine con un lungo ululato, che mi piace pensare fosse di ringraziamento.

il giorno seguente smise di nevicare, e fummo fortunati nel trovare un rifugio che non ci obbligò ad un'altra notte all'aperto. Si trattava di una vecchia stazione di cambio ormai scarsamente utilizzata, della quale fummo i soli avventori. Riuscimmo così a consumare un pasto caldo e a dormire all'asciutto nella stalla, ma non fu possibile ottenere un cavallo, nonostante le mie insistenze. Quando ripartimmo, la mattina successiva, Notturno era chiaramente innervosito per l'ingrato compito che lo aspettava, ma alla fine riuscii comunque a calmarlo.

Il viaggio proseguì senza ulteriori sorprese, anche se fummo sempre costretti, da allora, a ricorrere alle tende, dal momento che non trovammo più locande o fattorie sulla nostra strada. Al quindicesimo giorno di viaggio, finalmente, davanti a noi si pararono le sagome delle Montagne dell'Ovest e, un po' più a meridione, scorgemmo in lontananza la rocca di Vigassian, imbiancata da uno spesso manto di neve.

Si trattava di una costruzione imponente, che non mancò di attirare l'attenzione di Thorin. La rocca era asserragliata su uno sperone di roccia che costituiva una delle propaggini della montagna, all'interno della quale il complesso si estendeva per la sua parte posteriore. La parte bassa, circondata da un'imponente cinta di mura, racchiudeva l'abitato, sul quale incombeva dall'alto il castello del Duca Alexander
Vigassian.

- Cavalieri in avvicinamento! - disse ad un tratto Frostwind, strattonandomi per un braccio per indicarmi la direzione. 

- Accidenti! - esclamai, esprimendo il mio disappunto, avevo sperato che la nostra distanza dalla cittadella fosse sufficiente ad evitare di suscitare l'interesse di qualcuno. Cinque figure a cavallo avanzavano verso di noi, e sembravano provenire non da Bor-Vigassian, ma piuttosto da una sorta di accampamento che si trovava poco fuori le porte della rocca.

Poco a poco riuscimmo a scorgere meglio i cavalieri, che apparivano vestiti di nero e montavano cavalli neri anch'essi, inoltre, uno dei soldati sembrava portare una sorta di vessillo. Cercammo di escogitare rapidamente come avremmo risposto alle domande che certamente ci avrebbero posto i themaniti, ma il tempo a disposizione fu pochissimo, e presto li avevamo davanti.

Dei cinque uomini, due avevano balestre incoccate, e notai con stupore che il vessillifero portava lo stendardo della contea di Alsavez, la regione in cui ero nato! Numerosi pensieri si affacciarono simultaneamente alla mia mente, iniziando a dischiudere le immagini dimenticate del sogno che avevo fatto nell'ultima notte a Bor Sesirim. Quello che sembrava il comandante del drappello, dalla pesante corazza, scese da cavallo e sfilò il cimiero, rivelando il volto di un uomo sulla sessantina, dai lineamenti forti e duri, contornato da una corta barba quasi completamente bianca.

- Buongiorno Gawain, - esordì abbozzando una sorta di sorriso indecifrabile, che mi lasciò di pietra. Quell'uomo dunque mi conosceva? Cosa mai poteva volere da me, e come sapeva che ero in viaggio per
Bor-Vigassian?

- Era tanto tempo che ti cercavo - continuò, guardandomi fisso negli occhi.

- A quanto sembra, mi ha trovato. - risposi, fingendo un'indifferenza che palesemente non avevo. - Posso sapere con chi ho l'onore di parlare?

- Il mio nome è Ob Dentrix - disse, seccamente, pronunciando quel nome che ben conoscevo. Il Conte di Alsavez, cavaliere nero di Themanis, responsabile dell'eccidio del villaggio in cui ero nato, Arl_Raverim, era ora di fronte a me! Quanto a lungo avevo atteso quel momento, quante volte avevo pensato cosa avrei fatto il giorno che lo avrei finalmente incontrato!

Eppure, appena udii quel nome, ogni idea di vendetta inciampò nella giungla dei miei pensieri e rimasi immobile e ammutolito, precipitando nell'abisso dei ricordi....

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