- Genere: wargame ibrido 2D/3D.
- Target: giocatori bassa esperienza.
- Scalabilità: 2-n giocatori.
- Meccaniche principali: pianificazione simultanea, movimento senza griglia.
- Meccaniche secondarie: pesca alla cieca dei danni.
- Importanza storica: una bella sera del 2004 propongo a mio padre, per una delle nostre solite partite, una scatola che ho preso da poco. Conosciamo molto bene l’autore di questo gioco sugli aerei della prima guerra mondiale, Andrea Angiolino, nostro amico di famiglia e di gioco da sempre, e il titolo mi ispira: Wings of War.
Apro la scatola e ci trovo delle carte (tante carte), segnalini e due… righelli?
Ora, io e papà giochiamo assieme da decenni (la passione me l’ha passata lui) e conosciamo bene anche il gioco a cui questo Wings of War palesemente si ispira, ossia quel Blue Max che abbiamo provato e riprovato allo sfinimento, anche lui con la sua bella pianificazione nascosta delle manovre sui biplani come il nuovo arrivato. Solo che qui i suddetti biplani raffigurati su carte non si muovono sulla classica griglia esagonata ma liberamente sul tavolo, usando delle altre carte manovra con relative frecce disegnate sopra che sostituiscono le tabelle di Blue Max. Se entri nel raggio di tiro e nella gittata determinata dal righello, anche qui senza un’ulteriore tabella, basta che peschi dei segnalini che terrai nascosti e che potrebbero importi non solo la perdita di “punti scafo”, ma anche danni vari e inceppamenti.
Bene, il gioco ci piace, anche se scopriamo che per godercelo appieno dobbiamo ognuno di noi gestire almeno due aerei, al fine di popolare un po’ questi cieli sopra le trincee della Francia. Ci divertiamo, è rapido e di sicuro qualcosa di diverso rispetto a tutto quello che avevamo provato prima.
Passano i mesi. Poi passano gli anni. Anni in cui il nostro Angiolino propone con grande costanza questo gioco alle varie fiere a cui partecipo, nelle quali sempre più spesso cominciano a girare mazzetti di carte con altri aerei, ulteriori scatole che introducono i biplani e poi… e poi perfino modellini predipinti di altri modelli rispetto ai classici Fokker e Sopwith Camel! Belli questi, penso comprandone alcuni. Ma di lì a poco non solo Andrea organizza superpartite con decine di giocatori, presentazioni varie, partite con pezzi giganti o addirittura con i giocatori che interpretano gli stessi aerei tirandosi palline di carta, ma arriva anche un altro regolamento sulla seconda guerra mondiale, basato sul primo ma ancora più veloce (danni più devastanti, pianificazione a due anziché tre carte, accelerazioni e altro ancora). Ancora, sempre Andrea, coinvolge me e tutta la comunità romana di giocatori in altre esperienze di gioco con questo sistema, testando regole aggiuntive, modalità campagna, nuovi modelli e altro.
Andando avanti, altre novità si profilano all’orizzonte. Letteralmente. Il gioco aveva già cambiato nome, per varie peripezie con gli USA che non sto a raccontarvi, quando i nostri cannocchiali avvistano le vele bianche del nuovo titolo di Angiolino: Sails of Glory. Questo ha alcuni punti di differenza anche importanti, ma mantiene pianificazioni e carte manovra, e soprattutto quel feeling da Wings che lo rende immediatamente riconoscibile. Un altro po’ di anni e la famiglia si arricchisce con una variante steampunk alla H.G. Wells: Tripods & Triplanes; sbarca perfino negli spazi siderali con un titolo di combattimenti tra caccia della nuova serie fantascientifica Battlestar Galactica, viene supportato da un attivissimo forum (The Aerodrome), ha una trasposizione videoludica e app dedicate… e ancora oggi tutto questo continua, con un pubblico in costante espansione sia in Italia che all’estero.
Questo solo per farvi capire quale importanza, già solo in termini di quantità, i titoli di Wings of War/Wings of Glory abbiano negli annali del gioco storico in particolare, come in quelli del gioco in generale. Per quanto riguarda l’importanza in termini di qualità… - Elementi di innovazione/twist: …dobbiamo parlare di cosa rende Wings of War così speciale.
È un’idea, teorizzata e in effetti applicata da Angiolino stesso in tanti articoli e saggi: la complessità nascosta. Questo approccio è quello che ti permette di avere una simulazione aerea dettagliata fino alla rappresentazione delle diverse caratteristiche di volo, armamento, resistenza, velocità, capacità di salita e altro di ogni singolo velivolo in un gioco che può essere messo in mano a bambini di otto anni. E in effetti è quello che succede regolarmente alle fiere, soprattutto in quelle megapartite che reggono decine e decine di giocatori insieme, durando sì e no un paio d’ore.
Ok, simulazione dettagliata, accessibilità massima. Ma come la ottieni? Concependo ogni singola meccanica, componente e regole in maniera organica. Non come roba staccata da collegare con tabelle ed eccezioni, ma un tutt’uno che interagisce “al di sotto” della percezione del giocatore, consentendogli di concentrarsi su quello che conta davvero, ossia la gestione del flusso decisionale.
Per intenderci, se un aereo è più veloce che agile, o magari vira meglio a destra che a sinistra, non gli metto un set di tabelle davanti ma cambio il suo mazzo manovre di conseguenza, così da portare il giocatore a pilotarlo intuitivamente come la sua controparte storica. Perché i piloti in volo non hanno tabelle da consultare e modificatori da accumulare, ma tirano una cloche sulla base di come effettivamente l’aereo si comporta, adottando di conseguenza tattiche diverse. La pianificazione nascosta rappresenta il tempo reale (con correttivi per tallonamenti e danni), la mancanza di griglie permette di lavorare in maniera naturale sulle evoluzioni senza gli scatti arbitrari di 60° imposti dai sei lati degli esagoni, i righelli ti fanno misurare “a occhio” se con quella mossa puoi arrivare a gittata del bersaglio con le mitragliatrici o se la tua corsa di bombardamento sull’obiettivo è corretta, esattamente come nella vita reale. Su questo puoi, dopo, costruire regole opzionali per la quota, singoli assi con le loro caratteristiche individuali, missioni speciali e sistemi di campagna, oltre a un sistema a difficoltà scalabile che ti fornisce due o tre giochi diversi in una sola scatola.
Discorsi analoghi possono essere fatti sulla “presa del vento” diversa da nave a nave di Sails of Glory, sui movimenti inerziali dei caccia di Battlestar Galactica e perfino sui “raggi della morte” degli alieni di Tripods & Triplanes, che mescola abilmente storia e fantascienza. Perché la complessità nascosta vale in tanti ambiti: basta far sì che siano i componenti ad agevolare il flusso di gioco, lasciando libero il giocatore da inutili preoccupazioni mnemoniche. E ancora, il tutto con il massimo di ricerca storica, grazie all’apporto di studiosi aeronautici di caratura mondiale come Gregory Alegi, ed esperti di giochi come Pier Giorgio Paglia, che lavorano in fantastiche squadre combinate.
Tutto questo ha una carica innovativa che va al di là del singolo gioco, diventando invece metodo di design dall’importanza estrema. Ritroviamo approcci analoghi nei titoli del giapponese Yasushi Nakaguro (300: Terra e Acqua) e dell’americana Amabel Holland (The Field of the Cloth of Gold), accomunati da una grande idea tanto semplice quanto dirompente: creare giochi con il massimo della profondità storica e il massimo dell’accessibilità. - Longevità e alternative: si sa, nessuna buona idea rimarrà impunita, e quindi in molti hanno cercato di trasporre elementi diversi di Wings of War nei loro giochi. In alcuni casi sono semplici ispirazioni e adattamenti, come gli ottagoni sostituiti alle carte manovra in Crimson Skies. Altre volte… beh, altre volte la situazione è un po’ meno chiara, come in Star Wars: X-Wing, il cui nome fa parte delle “peripezie” che ho citato prima e che tenta di riprendere molti elementi di Wings of War, però appesantendoli con un metagioco, un’ossessione per la combinazione di abilità ed equipaggiamenti speciali e uno scenario torneistico fin troppo spinto (non è un caso se Angiolino ha sempre consapevolmente rifiutato di inserire un sistema “a punti” per la creazione degli scenari). Titoli successivi come Star Wars: Armada hanno un po’ migliorato le cose, ma non del tutto. D’altro canto, anche giochi come Diskwars hanno usato modalità di movimento ibrido senza griglia, non riuscendo però, neanche nei casi migliori, a raggiungere lo stesso livello di eleganza dei nostri biplani. Si potrebbe fare un discorso a parte per Onus!, bel gioco spagnolo giunto alla sua seconda edizione, che usa, in effetti, carte e movimenti simili per rappresentare le battaglie dell’antichità, ma a quel punto la differenza di ambientazione diventa davvero rilevante.
Insomma, a quanto pare, alternative dirette ai biplani di Angiolino non ce ne sono, fatte salve alcune varianti divertenti (sì, c’è anche Snoopy con la sua cuccia volante!) create dagli stessi appassionati. Forse l’unico vero problema del gioco è che alcune delle scatole con i relativi modelli, specie quelli dell’ultima fase del conflitto come il Fokker D.VII o i giganteschi palloni aerostatici, sono davvero materiale da collezione (con quel che ne consegue in termini di prezzi). Tuttavia, Ares Games sta da tempo mettendo mano a ristampe e nuove uscite, ovviando ai problemi di approvvigionamento del passato per rendere totalmente e pienamente accessibile questo design del gioiello nostrano.
Ah, e se passate dalle parti di Aerodrome, fermatevi ad ammirare i modelli originali con tanto di regole e modifiche creati dai tanti estimatori del gioco: di sicuro il miglior tributo a questo gioco che possiamo definire, senza paura di smentita, “un nuovo classico”.
Commento
Questa è forse la chiusura migliore: Wings of War è uno di quei giochi che si guadagna a pieno titolo la definizione di classico. Lo fa in maniera semplice e agile com'è il suo stile, con un regolamento che lo impari in cinque minuti ma che ti va sempre di giocare e rigiocare, con un’esperienza del tutto naturale in cui non conti gli esagoni bensì “stimi ad occhio” gli angoli di virata e le distanze, con un numero di giocatori di ogni età ed esperienza virtualmente infinito, con una pratica che ti spinge a saperne di più su aerei, piloti, battaglie… sulla storia, insomma. Perché questo è un gioco che, grazie alle sue regole, alle sue tante varianti e derivazioni, al suo approccio di design del tutto innovativo, dal punto di vista concettuale non si è limitato a ricostruire la storia: l’ha fatta.