I 100 Giochi - Tales of the Arabian Nights

Mille e una notte di avventure e misteri, storie d’oriente e desideri. Apriti, sesamo! Si spalanchi la soglia dei racconti senza tempo, perché oggi parliamo di narrazione.

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Tales of the Arabian Nights
  • Genere: ameritrash, narrativo, adventure game.
  • Target: occasionali.
  • Scalabilità: 1-6, consigliati 3-4.
  • Meccaniche principali: scelte e bivi narrativi.
  • Meccaniche secondarie: poteri variabili, punti movimento, elementi derivanti dai giochi di ruolo.
  • Importanza storica di una storia: se vi chiedessi di volger pensiero alla storia “la più bella” tra tutte quelle che avete letto, vi sono state raccontate o che in altra foggia son giunte a voi e a divenire parte di voi, quale vi verrebbe in mente per prima, spontaneamente? Ecco, oltre alla risposta in sé, sarebbero indubbiamente significative origine e motivazione di tale preferenza. Alcune storie si distinguono per la consistenza dei contenuti, la potenza del messaggio o le sensazioni che suscitano. Altre educano e insegnano, inducono alla riflessione o sembra addirittura che stiano parlando proprio di noi. Vi sono trame in grado di portarci lontanissimo: l’immersione in esse è subitanea, pressocché totale, e tutto il resto svanisce. Può essere l’originalità, l’impressione di unicità, a rapire e travolgere, oppure la perizia e lo stile di colui che del racconto è artefice. E che dire del momento? Forse a rendere una storia “la vostra storia” è stato il “quando” l’avete incontrata, perché vi sono età o giorni o istanti in cui la nostra recettività non è solo dissimile dal solito, bensì può esser financo l’altra faccia della nostra usuale medaglia di compenetrazione intellettuale ed emotiva.
    L’atto di narrare è legato alla nostra essenza più pura perché, oltre a parole e forme, costituisce la costellazione che unisce le ere, le consapevolezze, le discendenze e le speranze della nostra specie dai suoi albori. Oggi mi è stato dato l’onore di trattare proprio di narrazione e di com’essa abbia portato la sua luce anche nel cosmo dei nostri amati giochi da tavolo, dedicandomi in particolare a un’opera che sin dal suo titolo profuma di terre esotiche e perdute leggende, storie nelle storie, epoche remote e racconti senza tempo. Mi è stato chiesto di farlo con mesi di anticipo e allora… ho aspettato. Aspettato il momento giusto. Sto buttando giù la bozza di questo scritto, l’introduzione e gran parte di esso, su carta, con una matita, durante un viaggio. La sua magia prende le mosse da qui: ora è notte… non poteva essere altrimenti, no? C’è la sabbia d’una terra intrisa di misticismo, ci sono le stelle, capocchie di spillo che sfiorano l’eternità e quasi irridono la fievole fonte di chiarore di cui dispongo. Vi è il riverbero di onde non così lontane. E c’è una storia da raccontare
    Catapultiamoci in una nuova frontiera: West End Bar in New York City! Anno 1974. Siamo ai confini dell’occidente e in questo locale avviene la stretta di mano che sancirà la genesi, con Daniel Scott Palter nelle vesti (e il boccale) di fondatore d’una casa editrice tutta dedicata ai giochi di guerra e alla quale mancava solo il nome. Un occhio all’insegna ed ecco l’idea: West End Games. Trascorre poco meno di un decennio e Palter decide di allargare parecchio i suoi orizzonti: arruola autori del calibro di Ken Rolston e Greg Costikyan, per far poi sbarcare la propria ammiraglia sulle rive di nuovi generi e ludo-concezioni. Il primo vero colpo da maestro della WEG fu Paranoia, gioco di ruolo ambientato in un futuro distopico contraddistinto da una vena geniale, spunti originali ed efferata ironia. Paranoia, saccheggiatore di premi tradotto qui, lì e pure di là, rieditato a ripetizione fino all’altro ieri e lo sarà ancora (provatelo!), sorgeva da un lavoro di squadra che tra i suoi assi annoverava Eric Goldberg, già padre di DragonQuest. Sarà proprio il buon Eric a guidare, come apripista e figura di spicco, il gruppo di lavoro della WEG che ha donato al creato, nel 1985, Tales of the Arabian Nights. Che il titolo al quale si fa stabilmente riferimento per descrivere le origini dei giochi da tavolo narrativi abbia preso forma in seno a una casa editrice e a un autore specializzati in giochi di ruolo è tutt’altro che una coincidenza. Andiamo a capire perché.
  • Elementi di innovazione/twist: Tales of the Arabian Nights si manifestava danzando con le movenze d’un gioco da tavolo di avventura. Si viaggiava sul tabellone rappresentante la mappa della porzione di mondo dedicata a Medio Oriente, Europa e dintorni, in partite a sessione singola che avrebbero decretato un vincitore, ovvero colui che, partito da Baghdad, vi avrebbe fatto ritorno soddisfacendo le varie condizioni necessarie al successo, tra cui apprezzabili valori in ricchezza, sorte e storia. Tales of the Arabian Nights evocava vagamente elementi tipici dei giochi di ruolo, quali la scelta tra i protagonisti proposti, da Aladino a Sinbad passando per Alì Babà e Sherazade, tanto per citare soltanto le celebrità note ai più, destinati a vivere una crescita dal punto di vista delle potenzialità, degli equipaggiamenti e a ricevere delle condizioni di gioco, i famigerati status, indiscutibilmente incisivi e caratterizzanti. Però, caduti tutti i sette veli, Tales of the Arabian Nights era, è e sarà sempre e soprattutto un generatore di racconti. L’atmosfera e gli elementi fiabeschi propri de Le mille e una notte traboccavano da ogni sospiro dell’esperienza e l’ambientazione era regina come in poche altre circostanze. Il meccanismo dei bivi testuali e delle scelte alla conclusione dei diversi paragrafi elevavano il Libro delle Storie a elemento principale e centrale tra i componenti, unitamente al sistema delle matrici che consentivano al giocatore la selezione tra numerose possibili reazioni agli incontri con personaggi, creature e luoghi visitati. Eric Goldberg aveva tratto ispirazione, sul piano strutturale innanzitutto, dalla serie di libri-game Choose Your Own Adventure e aveva spronato lo staff creativo ad arroventare lo stile della stesura, inserendo una pletora di eventi esilaranti, bizzarri, spiazzanti, inverosimili, a volte assurdi, comunque ragionevolmente in tema con il suggestivo clima delle notti arabe. Conseguenza di ciò è che in Tales of the Arabian Nights non è tanto rilevante il trionfo in sé, quanto più la possibilità di godersi la guisa in cui i tanti frammenti del racconto vanno a sagomare vicende pirotecniche e talvolta sbalorditive.  
  • Longevità e alternative: la miglior incarnazione di Tales of the Arabian Nights è l’edizione 2009 della Z-Man Games, lievemente riveduta, razionalizzata ed espansa rispetto all’originale. É quella che consiglio a chi volesse partire alla ricerca della lampada e del genio, ed è anche quella che, nell’anno 2015, ha finalmente conosciuto le inarrivabili sfumature della lingua italiana grazie all’operato della Giochix. Ovviamente stiamo trattando un impianto concettuale che reca seco un pizzico di sprovvedutezza e limiti figli dell’epoca che fu. Andiamo quindi a stilare, in maniera cronologicamente caotica, nondimeno pregna di pura passione, una lista di suggerimenti diretti a coloro che volessero abbracciare dinamiche simili a quelle descritte, tuttavia in giochi di progettazione moderna.
    La trilogia ambientata nel mondo di Arzium (Above and Below, Near and Far, Now or Never) ci sprona a citare Ryan Laukat tra gli autori che hanno dato uno spazio fondamentale ai bivi testuali nelle proprie opere più influenti, cercando ambiziosamente un punto d’incontro tra la tradizione dei titoli euro gestionali, l’esplorazione di terre meravigliose e la propria capacità di descriverle più che pregevolmente. Concentrandoci sulla narrativa di maggior qualità e sui risultati che Laukat riesce a ottenere quando trova un equilibrio tra essa e le meccaniche concrete, suggerisco quella che ritengo tutto considerato la vetta da lui raggiunta, ovvero il cooperativo puro Sleeping Gods.
    Dalle opere di Howard Phillips Lovecraft, Cthulhu e i Miti sono stati tratti molti giochi da tavolo saturi di terrificanti entità col “th” nel nome, e alcuni meritano considerazione. Arkham Horror: The Card Game e Case della Follia Seconda Edizione incarnano due esempi di concezione efficace, riferendosi rispettivamente ai giochi di carte collezionabili e a quelli gestiti tramite un’applicazione. Ci sarebbe poi Eldritch Horror, considerato in parte erede di Tales of the Arabian Nights per le scelte proposte dalle carte incontro, per le traversate attraverso i continenti e più ancora per la varietà e il peso delle condizioni-status che vanno ad aiutare i personaggi (quasi mai) o a gravare su di essi (ecco, questo sì, accade spesso e negli esiti si va dall’agghiacciante al peggio-ancora).
    A sferrare invece un poderoso colpo nelle sensibilità e usuali aspettative della comunità ludica mondiale sono state le menti di Awaken Realms con il crudo This War of Mine: The Board Game, gioco di sopravvivenza, esplorazione e gestione risorse liberamente ispirato all’assedio di Sarajevo; a esso farà seguito, circa due anni dopo, Tainted Grail: The Fall of Avalon, rielaborazione della mitologia arturiana in chiave tenebrosa, e di alcuni princìpi colti dal celebre The 7th Continent ivi implementati, che mette d’accordo gran parte di pubblico e critica grazie a una trama di caratura eccellente, tra le più evocative mai proposte in un gioco da tavolo di peregrinazioni e imprese. Del medesimo studio creativo indichiamo agli amanti della fantascienza cosmo-esplorativa ISS Vanguard, nell’ambito del quale l’intreccio delle vicende acquisisce organicità attraverso una graduale ricostruzione fatta di registri, appunti, diari e indizi sparpagliati per un quarto di universo, mica in cantina.
    Nella cerchia dei boss battler narrativi taluni convincenti riferimenti sono rappresentati dai dungeon crawler Sword & Sorcery, tipicamente fantasy ad alto tasso di testosteron-eroismo, e Middara: Unintentional Malum, dal taglio suggestiv-finalfantasyesco: entrambi partono in sordina per qualità e sostanza effettiva delle introduzioni, infatti il meglio lo riservano nelle fasi medio-avanzate delle campagne proposte. Oscura perla per pochi, considerata la dedizione che pretende, ma epicizzato oltre i limiti di guardia da un’ambientazione che richiama in maniera squarciante la Berserk-eclipse di Miura e tanto tanto altro di buio, è Kingdom Death: Monster. Approssimativamente sulle sue orme, in salsa cupo-greco-apocalittico-mitologica troviamo Aeon Trespass Odyssey, sintesi di una visione ampia, ad altissimo impatto, e di difficoltà nel mantenere equilibrata un’intelaiatura di design certamente frastagliata. Anello fondamentale in questa carrellata è quel capolavoro di Oathsworn: Into the Deepwood, che ci trascina in boschi e foreste dagli aggettivi spaventosi (però il peggio è ciò che di aberrante ci troveremo dentro), ribaltando la centralità tra meccaniche e storia: le prime costituiscono infatti il braccio forte, sono funzionali ed entusiasmano, mentre è possibile saltare gran parte della lettura di quanto accade nel racconto, affidandosi direttamente a un breve sunto finale dello stesso, accompagnato dalle possibili decisioni da prendere. Passando dagli orrori alle favole, da vivere tutti d’un fiato con i più piccoli abbiamo Fiabe di Stoffa e Mice & Mystics. Tre passi dopo, se vogliamo farli sentire già, o sentirci noi di nuovo, come i Goonies o i ragazzi di Stranger Things, la scelta è Tales of Evil.
    Seguendo il fumo di una pipa e la sua scia rinveniamo Sherlock Holmes Consulente Investigativo, un classico del passato capostipite dei narrativi di grande successo incentrati su misfatti e indagini. Gli horror da magione maledetta (o comunque luogo dove non suggerirei di prenotare le vacanze) cooperativi ma non troppo, col colpo di scena che fa spuntar fuori il traditore a tradimento dalle fila dei giocatori, col paragrafo che ti spiega ben bene perché ha deciso di farli fuori tutti proprio quel venerdì lì, hanno per emblema Betrayal at House on the Hill. Se le vostre scelte ai bivi di fine pagina le volete dichiarare precisando che anche voi il Martini lo volete agitato, non mescolato, Agents of SMERSH è lo scanzonato e imprevedibile gioco per l’agente segreto che non deve chiedere mai. L’anima e l’estetica dei primi libri-game è sapientemente concentrata in Escape the Dark Castle, simil party game per leggerezza, col vago aroma da gioco di ruolo fantasy nelle sensazioni che lascia. Se vi attraggono irresistibilmente le situazioni di dialogo e votazione, come pure le storie medievali dedicate a casati, regni da governare, complotti, guerre, troni e spade, la storia a campagna che non dovete farvi sfuggire è quella di King's dilemma. Se mondi magici di gesta nobili e animali fantastici vi piacerebbe assaporarli con un titolo leggero, intuitivo, facilmente godibile, ma che parimenti restituisce un senso di saga per alcune sfumature di conseguenza che verranno ereditate dalla partita successiva, calo al cospetto della vostra attenzione Lands of Galzyr.
    Certune scuole di pensiero distinguono i giochi narrativi da quelli di narrazione, e cioè quelli che la vicenda vogliono siano i giocatori almeno in parte a narrarla, o meglio inventarla. Capire se possono fare al caso vostro potrebbe portarvi in diverse direzioni, però il mio ruolo mi richiede di annuire e dire: Sì, Oscuro Signore! Vi ritroverete quindi al servizio di uno stregone malvagio e Lui vuol capire ben bene come avete fatto a fallirla quella missione così semplice che vi aveva affidato (“Era solo un alligadrago sputatuoni gigante che dovevate catturare!”): per non finire nelle segrete o vittima dei suoi punitivi sortilegi la strada migliore sarà quella di improvvisare una giustificazione, gettando onta e colpe sugli altri giocatori! Esistono altresì anche i giochi che la storia te la raccontano, purtuttavia in parte vogliono che i giocatori se la svelino anche reciprocamente: è il caso dei viaggi nel tempo dell’a suo modo originale Time Stories, durante i quali gli agenti addetti a preservare la storia da funesti paradossi potranno dividersi, esaminare indizi anche individualmente per poi dover spiegare agli altri con parole loro quanto rinvenuto e scoperto.
    Infine, il nostro itinerario si rivela per l’uroboro che è e allora ci riconduce proprio là dove eravamo salpati. Dopo discendenti ed eredi, sappiamo che la giusta conclusione è parlare del fratello di Tales of the Arabian Nights: torniamo quindi a Eric Goldberg, l’autore originale che di recente ha affiancato alle notti arabe le leggende dei cavalieri della tavola rotonda con Tales of the Arthurian Knights, gemello eterozigota che resta fedele allo spirito del suo omologo orientale, razionalizza flusso e tempistiche di gioco, riduce le possibili reazioni agli eventi, tuttavia rende gli incontri più coerenti, abbracciando una scrittura che trasuda epica bretone all’ennesima magnificenza dall’elmo agli schinieri.

Commento

Un antico proverbio sussurra che nei deserti non v’è una sola carovana che abbia mai raggiunto un miraggio ma, invero, molte carovane mai sarebbero partite senza averne scorto uno. Tales of the Arabian Nights è stato fondamentale per il filone dei giochi da tavolo narrativi e per le tempistiche che hanno cadenzato il loro sviluppo nell’ultimo quarantennio. Come paradigma, come ispirazione, come effettiva prova su campo da utilizzare alla stregua di bussola solare per evitar le incandescenti sabbie di errori già commessi e perfezionare la direzione verso l’oasi dei capolavori.

É questo, tutto questo, congiuntamente all’unicità che incarnò sin quasi alla fine del millennio scorso, che ci ha spinto a celebrarlo tra i Cento Giochi nella Storia. Ma di codesto deserto di meraviglie ricolmo non faremo finta di non scorgerne ugualmente i miraggi. Tales of the Arabian Nights è figlio di giorni in cui era arduo anche solo immaginare quali progressi da molteplici prospettive avrebbe vissuto nei decenni avvenire l’orizzonte del divertimento intelligente. É quasi impossibile trovare, nei massimi esponenti del gioco da tavolo giunto al suo attuale punto di evoluzione, così radicate incertezze e ingenuità: la divisione della giornata tra mattino, meriggio e notte funziona davvero quasi solo utilizzando regole della casa e modifiche personalizzate, finendo per far vivere mattinate perpetue (peccato per chi attendeva il pranzo!) e partite prone a un senso di trascinamento, davvero troppo lunghe in proporzione a quanto restituito dall’esperienza. Guai a voi, poi, a intavolarlo in cinque o sei partecipanti! L’arabian-downtime vi colpirà come le mazzate dei quaranta ladroni e, se volete che giunga un tappeto volante di buon senso a salvarvi, dovrete mettere mano voi a qualcuna delle regole ufficiali. Andiamo poi alla mancanza di senso di controllo. Ecco, ho conferito con degli esperti che annoveravano a parole più sessioni giocate col gioiellino di Goldberg rispetto a quante ne avrà fatte di test l’autore stesso: costoro spergiuravano che, entrando nelle logiche dell’impostazione bivio-scelta, sarebbe possibile nella maggior parte dei casi intuire grazie all’esperienza l’opzione migliore. Non posso confutare questa tesi, eppure la mia trentina di partite mi conduce a concordare con l’opinione generale: in Tales of the Arabian Nights non siamo noi a poter esercitare un controllo sugli accadimenti ma è la dinamica di gioco che, pressocché entropicamente, controlla noi, controlla i personaggi, la storia e pure per quante mattine ci terrà in ostaggio (perché le notti, quelle sì resteranno un miraggio). A ogni buon conto e, anzi, proprio alla resa dei conti definitiva, reputo che questi non debbano essere considerati peccati originali al di là d’ogni perdono: invero il tesoro perduto di Tales of the Arabian Nights non può esser trovato cercando determinismo o vittorie meritate frutto di mosse oculate, piuttosto nel lasciarsi andare, lasciarsi davvero trascinare… dall’ambientazione, dalla storia che si andrà impensabilmente a formare e che gioverà di un clima di goliardia per gli spesso esilaranti frangenti e contingenze che occorreranno ai nostri antieroi. Ed ecco perché quest’opera è un’incantata epitome di narrazione: perché il gioco c’è, ma è contorno, il cuore è fiaba, è trasporto, è sorriso di genuina sorpresa che sarà capace di risvegliare nei partecipanti, che stavolta possiamo definire, senza timor di provocazione, in piccola parte ascoltatori e astanti. La fama che Tales of the Arabian Nights s’è guadagnata a cavallo tra le correnti e i venti di cambiamento nasce da un’idea ma si concretizza nell’emozione. Un passaggio de Le mille e una notte recita che “la verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni”. É frammentata nei sogni di tutti gli uomini e prende vivida forma quando costoro di desideri, paure e accadimenti fanno un raccontare. E quei costoro siamo noi. Ogni racconto ha una sua anima e ogni anima custodisce mille racconti. Non dimentichiamolo mai. Il tempo corre, le giornate si susseguono e spesso difettiamo in energie, tempra e tenacia. Ma se qualcuno è importante per noi, un figlio, un genitore, la persona che più amiamo, oppure un amico o compagno di peripezie sul sentiero dell’esistenza, non scordiamo che c’è qualcosa che possiamo sempre fare: dedicare la nostra attenzione pienamente, ascoltare davvero, parlare, raccontare e raccontarsi.

Non tutti tesori sono d’oro e d’argento.
Quando nasce dal profondo del nostro animo,
ogni racconto è un dono raro.

Commenti

un articolo che è una vera e propria storia, grazie Sir Alric

Ho spesso sentito parlare bene di un gioco narrativo di carte , "for the Queen" ma non credo sia mai stato localizzato

Il gioco non mi è mai piaciuto, ma l'articolo è pura poesia. Complimenti!

Pizza.mystica scrive:

Ho spesso sentito parlare bene di un gioco narrativo di carte , "for the Queen" ma non credo sia mai stato localizzato

Confermo la bontà del gioco. Per me, uno dei migliori anelli di congiunzione tra gdt e gdr, come pure Fall of Magic (quest'ultimo più di ampio respiro).

Purtroppo è fortemente dipendente dalla lingua, io l'ho preso in spagnolo, ma c'è da dire che ormai basta google traduttore (o uno al tavolo che traduca le domande) e tutto fila liscio.

 

Come sempre, complimenti a Sir Alric per aver sviscerato così bene il genere narrativo. 

Complimenti per l'articolo!

Vi ringrazio, è stato un onore poter celebrare l'importanza della narrazione nella storia dei giochi da tavolo.

Meraviglioso come sempre leggerti, Sir Alric

Una curiosità: il gioco è indicato del 2009 ma da BGG quello del 2009 risulta una reimplementazione di uno stesso titolo del 1985 (e infatti negli ultimi giorni è apparsa su Gamefound la pagina di un progetto di crowdfunding relativo alla "40th Anniversary Edition" del gioco), l'articolo si riferisce a quello del 2009 perché il precedente era sostanzialmente diverso?

Vi ringrazio. Codesto scritto celebra il gioco originale dell'anno 1989 ma poi si dedica anche alla sua incarnazione del 2005. Il gioco resta sostanzialmente lo stesso, tuttavia il prode Sir Alric suggeriva Le Storie delle Notti Arabe del 2005 perché presenta un numero di paragrafi enormemente superiore, appaga i sensi in maniera più convincente a percezion visiva e tattile per quanto riguarda componenti, illustrazioni e scelte d'aspetto in genere. Altresì corregge alcuni errori, rende ufficiale la variante della "Cerca" e comprende altre varianti non trascurabili. Però in definitiva la disamina che quivi avete letto, in particolare concentrandoci su pregi, difetti e caratteristiche, è valida per entrambe le versioni.

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