Confonde un po' il fatto che Tales of the Arabian Nights sia segnato come uscito nel 2009 e poi nel commento si dica che sono passati più di trent'anni dalla sua pubblicazione. Se si tratta di diverse edizioni forse bisognerebbe specificarlo?
- Genere: american, narrativo, cooperativo.
- Target: giocatori esperti.
- Scalabilità: 1-4, consigliato in solitario, al limite in due.
- Meccaniche principali: movimento ad area, gestione mano, ampliamento mappa, azioni – bivi narrativi.
- Meccaniche secondarie: poteri variabili, push-your-luck.
C'erano già stati illustri esempi precedenti di questo processo, come Tales of the Arabian Nights (2009), che non erano però riusciti a imporsi come modello, per via di una struttura poco moderna e di uno scarso equilibrio interno.
The 7th Continent fa invece sua l'esperienza di un game design moderno e per certi versi innovativo, mescolando tecniche narrative a espedienti visivi, utilizzando la meccanica delle carte in modo mai fine e se stesso, ma come motore per generare altro, come supporto più che come protagonista, ribaltando il concetto comune di tanti giochi in cui la narrazione è un contorno, una nota di colore, una sorta di pretesto per giocare. In The 7th Continent si gioca per narrare e non viceversa.- Elementi d'innovazione/twist: la parte visuale costituita dalla mappa, che include anche tutta una serie di indizi a volte nascosti, prove da effettuare e soprattutto costruisce la parte narrativa del gioco, è indubbiamente qualcosa di raro e innovativo, che trasforma il gioco quasi in un visual-librogame, in cui i bivi sono dati dai numeri stampati sulle varie carte, che rimandano ad altre e così via, costruendo un gigantesco puzzle interattivo.
Il sistema meccanico, quindi, pur essendo funzionale allo storytelling, non è né poco interessante, né semplice da ottimizzare, lasciando al giocatore sempre scelte interessanti e impattanti sull'esito della partita. - Longevità e alternative: tanti giochi successivi hanno ripreso la formula di The 7th Continent (storytelling al centro dell'esperienza), ma cambiandone la formula:
- Kingdoms Forlorn pare quello con più similitudini, avendo una mappa di carte che si compongono in base all'esplorazione fatta;
- The 7th Citadel rappresenta però l'evoluzione naturale del predecessore, limandone anche diversi difetti come la costante necessità di cibo o la migliore gestione del multyplayer;
- Sleeping Gods è forse il miglior punto di sintesi tra meccanica e narrativa, con entrambi gli aspetti che risultano ben bilanciati, senza mai prevalere l'uno sull'altro;
- Tainted Grail ha una forte componente narrativa e un'altrettanto importante parte meccanica, a volte persino invasiva ed eccessiva, tra menhir da riattivare in continuazione e cibo da procurarsi per sopravvivere;
- ISS Vanguard punta molto sul fattore esplorazione, lasciando ai giocatori ampio margine di manovra e personalizzazione, risultando probabilmente un po' in difetto sull'effettiva efficacia delle decisioni prese;
- This War of Mine è infine il gioco in cui lo storytelling è espresso al massimo delle potenzialità, forse anche troppo per i temi trattati e per la marginalità a cui relega la meccanica di gioco, qui mero orpello per far progredire la storia verso una conclusione spesso tragica.
Commento
Lo ha fatto in modo moderno e con alcune idee eccellenti: l'esplorazione progressiva della mappa, il testo che non eclissa mai il gameplay, la meccanica base di gestione del mazzo che si rivela interessante pur nella sua semplicità, la grande varietà nell'esplorazione e nelle possibilità offerte anche dalla singola avventura.
Ci sono ovviamente dei difetti, in questo primo esperimento, destinati poi a essere limati e corretti da tanti giochi successivi:
- il tempo di gioco enormemente dilatato, che costringe a lasciare il gioco apparecchiato per parecchi giorni;
- il fatto che sia giocabile il più delle volte efficacemente solo in solitario;
- la ripetitività di alcune meccaniche e situazioni, come la necessità costante di procurarsi cibo;
- la fatica di utilizzare un sistema analogico che deriva esplicitamente da uno digitale (i punta e clicca), ma per questo è estremamente più lento e macchinoso.
Rimane il merito di aver fatto riscoprire un genere poco esplorato e aver dato il via a una nuova ondata creativa e di rinnovamento nel genere american.