- Genere: wargame strategico, simulazione storica.
- Target: giocatori bassa-media esperienza.
- Scalabilità: 2 giocatori (giocabile in solitario al meglio delle proprie capacità).
- Meccaniche principali: hex & counter.
- Meccaniche secondarie: zone di controllo, rapporti di forza, turni con più impulsi.
- Importanza storica: correva l’anno 1974 e l’hobby del wargame si andava diffondendo in tutto il mondo, soprattutto quello di cultura anglosassone. Perfino nella lontana Australia cominciavano a spuntare qua e là prima singoli appassionati, poi club e associazioni, infine autori ed editori di titoli originali. Uno di questi primi designer del “down under”, John Edwards, aveva fondato all’inizio del decennio una ditta di importazione dei giochi Avalon Hill, successivamente trasformandola in editore indipendente: la Jedko Games. Tra i suoi primi titoli, nel 1973 arriva The African Campaign, un wargame che nonostante l’insolitamente alto numero di turni riusciva a rappresentare in maniera soddisfacente la complessa campagna del Nord Africa, utilizzando i principi cardine del wargame classico e unendoli a qualche piccolo twist come eventi e unità speciali, una tabella dei rinforzi e delle rimozioni molto elaborata, regole chiare ed efficaci per i rifornimenti.
Lì per lì The African Campaign non ebbe chissà quale impatto epocale, ma fu apprezzato da molti per la sua essenzialità, dando con le sue vendite un buon margine a Edwards per affinare alcuni elementi del sistema e riapplicarli a un secondo gioco già in lavorazione e dedicato all’altro grande teatro della Seconda Guerra Mondiale: il Fronte Orientale. Ecco dunque nascere nel 1974 The Russian Campaign e anche in quel caso, lì per lì, Edwards pensò di aver fatto un buon gioco, semplice semplice con le sue otto paginette di regole e capace di soddisfare la “voglia di Fronte Russo” del wargamer medio con partite da un paio d’orette o poco più, passando dalla canonica avanzata travolgente germanica del 1941 all’inevitabile stallo e poi al successivo contrattacco russo dal 1943 in avanti.
Quello che Edwards non aveva considerato è che quel gioco andava a toccare ciò che gli anglosassoni chiamano sweet spot, ossia un punto di incrocio fondamentale tra impressione storica e giocabilità: in The Russian Campaign la prima era adeguatamente rappresentata, la seconda era semplicemente fuori scala.
Il tutto fu ulteriormente facilitato dal fatto che Edwards, essendo ancora loro importatore in Australia, aveva facile accesso alla rete di distribuzione globale della Avalon Hill in un’epoca in cui era normalissimo stampare decine se non centinaia di migliaia di copie di un gioco e farle arrivare in negozi di modellismo e perfino cartolibrerie di tutto il mondo. Nel giro di poco tempo, dunque, The Russian Campaign godette di un successo enorme tra i giocatori, complice anche la durata contenuta e un certo bilanciamento generale che lo rendevano ideale per lo scenario torneistico globale all’epoca in piena espansione.
Da qui in poi arrivarono articoli sulla rivista The General di Avalon Hill, ristampe e ben cinque riedizioni successive, ampliamenti, varianti, scenari e quant’altro.
Ma soprattutto, si stava assistendo alla nascita di un vero classico, tra i primissimi a realizzare il concetto di “wargame che non richiede otto ore e mezzo, quattro mappe e duecento segnalini per parte per darti una buona idea delle dinamiche storiche che vuole simulare”. Un impatto più che nelle singole regole, dunque, nell’impianto generale del gioco e forse nella sua stessa filosofia di base: creare un gioco allo scopo di farlo giocare, non solo ammirare. - Elementi di innovazione/twist: la cosa interessante è che ce ne sono relativamente pochi, perfino per un gioco uscito nel 1974. Nel senso che non troviamo chissà quale innovazione travolgente, o un colpo di genio imprevisto, o ancora una soluzione che ci lasci a bocca aperta solo leggendo il regolamento. Il regolamento è organizzato in maniera razionale, si legge molto bene e si gioca sul tavolo ancora meglio. Qualche cosuccia particolare la troviamo nel doppio segmento di combattimento e movimento (se non hai nemici vicino, puoi muovere e attaccare in questa seconda fase, in effetti permettendo sia le rapide avanzate che i repentini sfondamenti tipici della campagna), in alcune regole speciali per i partigiani sovietici, nella gestione generale del fronte e nel setup libero… anche se si tratta di soluzioni sensate più che di imprevedibili intuizioni: di nuovo, qui il twist generale è l’incredibile sensazione di stabilità e fluidità del tutto, in un contesto a bassa complessità capace di rispondere sia alle esigenze del torneista accanito che del neofita in cerca di un titolo accessibile per scoprire “sul campo” il funzionamento dei principi fondamentali dell’hex and counter.
Sì, c’erano gli inevitabili “buchi” qua e là e qualche idea delle origini era un po’ discutibile (classicamente: linee di rifornimento un po’ fantasiose e condizioni di vittoria un po’ troppo “automatiche”), ma niente di drammatico e soprattutto cose che sono state quasi interamente risolte nelle edizioni successive.
E proprio qui va aperta una questione importante: le diverse incarnazioni di questo gioco. Non che si tratti di un’innovazione fuori dal comune per il 1974, quello che colpisce è però l’estrema solidità del sistema capace di assorbire non solo semplici aggiustamenti, ma l’aggiunta di interi moduli aggiuntivi ristampa dopo ristampa, spesso ispirati dal feedback degli stessi giocatori. Insomma, qui ci troviamo di fronte a uno dei primi titoli in costante aggiornamento sulla base delle istanze e della creatività dei suoi appassionati, con un dialogo continuo e molto stretto con fonti di comunicazione ludica secondaria come riviste e bollettini di associazioni o tornei. Niente male per gli anni Settanta, e una strada che ancora oggi solo in pochi sistemi sono riusciti a percorrere in maniera stabile (viene in mente il regolamento napoleonico Jours de Gloire “figlio” delle diverse edizioni del Trofeo del Bicentenario, o l’Advanced Squad Leader con le sue costanti aggiunte uscita dopo uscita, o ancora l’immortale Twilight Struggle che, ogni tanto, si arricchisce di qualche carta o houserule “ufficializzata”). - Longevità e alternative: Quando si parla di classici del gioco, il concetto stesso di longevità assume caratteristiche molto precise: se The Russian Campaign assurge a quel rango in virtù della stabilità del suo sistema e del perfetto equilibrio tra le sue poche ma efficientissime componenti, il suo successo lo si misura non in anni ma in decenni o anche più. Qui siamo di fronte a uno di questi casi, un gioco che può essere considerato “gli scacchi del wargame hex and counter” per quanto è stato giocato, studiato e apprezzato da migliaia e migliaia di appassionati. Certo, si potrebbe dire che si tratta di un gioco un po’ scriptato, visto che le partite seguiranno il classico copione già descritto: avanzata tedesca, stallo, controavanzata sovietica. Ma è una cosa che si potrebbe dire degli stessi scacchi e, anche in questo caso, se l’andamento generale è chiaro, la sua realizzazione di dettaglio varierà enormenente da partita a partita anche in virtù del numero di pezzi relativamente ridotto in campo e del continuo succedersi di alternative strategiche chiaramente delineate e comprensibili: come tedesco attaccherò su vasta scala o in settori concentrati, come sovietico in quale maniera potrò meglio sfruttare le unità partigiane irregolari, come gestire il flusso dei rinforzi e degli appoggi aerei, dove pianificare la prossima offensiva di qui a un paio di turni, dove eseguire uno sfondamento e dove invece rimanere sulla difensiva, come elaborare trappole per il mio nemico e dove invece azzardarsi per ottenere un accerchiamento decisivo creando le famose “sacche” che ingoiarono intere armate e così via. La narrazione è coinvolgente, la sua scrittura semplice e fortemente interattiva, l’esperienza lunga il giusto e sempre gradevolissima: insomma, un classico sempre uguale… e sempre diverso.
Come alternativa, viene quasi da sorridere pensando che l’intero comparto degli hex and counter di bassa-media complessità deve molto a The Russian Campaign, o quanto meno cerca di ottenere analoghi equilibri. Vi si possono aggiungere tocchi di originalità come le unità a forza sconosciuta fino al momento dello scontro (e allora avremo Panzergruppe Guderian), l’attivazione casuale (ed ecco A Victory Lost), perfino le carte (World War II: Barbarossa to Berlin) ma, diciamocelo, per quanto tutti questi siano ottimi titoli, alla fine troverete ben pochi wargamer degni di questo nome che non sarebbero subito disposti a dedicare la sessione di gioco al caro, vecchio The Russian Campaign. Compreso chi scrive, notoriamente “allergico” a tutto ciò che è Fronte Orientale, ma che per il gioiello di John Edwards fa volentieri un’eccezione.
Forse un’alternativa la potremmo trovare in John Edwards stesso, magari in quel The African Campaign più imprevedibile ma ogni tanto un filo troppo caotico, o nel “seguito ideale” di Fortress Europa del 1977, dedicato al Fronte Occidentale, sempre mirabilmente bilanciato ma privo di quella freschezza assoluta che caratterizza ogni singolo elemento di The Russian Campaign. Ancora, potremmo trovare alternative in... The Russian Campaign stesso! Ossia nelle sue varie edizioni, oggi giunte fino alla quinta e con gli appassionati impegnati in interminabili dibattiti su quale sia la versione migliore, salvo poi ricredersi qualche partita dopo e ricominciare daccapo.
E riguardo all’abbondanza di edizioni, proprio loro ci forniscono lo spunto migliore per il commento finale a questo caposaldo del wargame classico.
Commento
Lo spunto migliore è il fatto che abbiamo sì cinque edizioni del gioco e oggi ce ne sono due che praticamente convivono tra di loro: la riedizione della prima versione pubblicata da Compass Games nel 2020, la quinta edizione deluxe in doppia mappa realizzata quasi contemporaneamente da GMT Games. Perché questa improvvisa biforcazione e, soprattutto, è giustificata?
La storia è semplice. Dopo gli aggiustamenti della seconda edizione e le revisioni puntuali della terza, L2 Design Group coinvolge lo stesso Edwards in una sorta di reboot del sistema con la quarta edizione del 2003. Non solo piccoli aggiustamenti, ma una rivisitazione del gioco per soddisfare il pubblico più specializzato (e ristretto) dei primi anni Duemila, alla ricerca di “qualcosa in più” in termini di dettaglio storico, variabilità e numero di pezzi in movimento. Il risultato è senz’altro ottimale, per certi versi un The Russian Campaign Advanced, ma si perde un po’ l’essenzialità del concetto originario. La quarta edizione si configura dunque quasi come un gioco a sé stante, ma in molti continuano ad apprezzare le primissime incarnazioni del titolo, più semplici e adatte al gioco casual.
Poi arriva GMT, e qui parte il bivio.
La casa americana, nome di riferimento nel wargame di questi anni, affida lo sviluppo di una quinta edizione con componenti e regole migliorate a un team di sviluppo nel quale, in pieno spirito di collaborazione, compaiono anche diversi esponenti dell’altra grande casa produttrice di wargame odierna, la Compass Games.
Qui si decide di rispettare la dicotomia esistente nell’ambiente riguardo a questo gioco, facendo uscire praticamente in contemporanea ben due nuove edizioni: l’attesissima deluxe della GMT, pensata per gli estimatori pluridecennali (concedendosi anche un vistoso errata sulla mappa, da riparare con apposito sticker) e una Designer’s Edition della Compass che ripropone, in pratica, la prima edizione ma con componentistica rinnovata (e qualche aggiustamento, peraltro non senza nuove “magagnette” come alcuni counter errati prontamente sostituiti, e contraddizioni nelle regole quasi interamente sistemate da una FAQ del 2022: anche qui, nulla che un po’ di buon senso e un giro su BGG non possano risolvere).
E con questo si può chiudere il discorso su The Russian Campaign, un gioco che assume anche la più significativa caratteristica dei veri classici: quella di avere diverse versioni, apprezzate da diverse tipologie di pubblico, tutte però accomunate dal grande valore dell’impianto originario.
Un gioco che ha definito uno standard di riferimento e ha saputo superare tutte le aspettative: quelle del suo autore, quelle dei suoi giocatori che lo hanno seguito in ogni sua evoluzione e quelle di sé stesso, vista la compresenza di due varianti ugualmente apprezzate per motivi differenti da persone differenti, o dagli stessi appassionati che lo amano in ogni sua forma.
Un vero, assoluto e incontestabile classico.