Bella recensione, io l'ho provato a Modena e mi era piaciuto, ma mi aveva lasciato la fortissima sensazione che dopo 3 o 4 partite non avesse più molto da dire.
Il punto è che di Noria s'è parlato parecchio, fin dall'annuncio della sua uscita.
Col senno di poi, si è rivelato, bene o male, il gioco che si credeva fosse: stretto, glaciale, senza fronzoli ma non certo immediato - tant'è vero che si legge di diverse bocciature a freddo (curioso, per un gioco glaciale, no?), quand'invece è un gioco che richiede un po' di rodaggio.
Prima di tutto, però, una piccola premessa: Napoleone Bonaparte, Otto von Bismarck, Francesco Giuseppe.
(No, niente, di Noria c'è già una recensione e ho pensato di riportarvela per sommi capi.)
Nella sala ruota
Opera prima di Sophia Wagner, geoscienziata - si legge nel regolamento, peraltro ottimo - prestata ai giochi da tavolo, Noria esce nel 2017 per Spielwiese e Pegasus Spiele; oggetto di parecchio interesse alla fiera di Essen di quell'anno, il titolo è stato inserito a furor di giuria tra i nominati al Goblin Magnifico pur di lasciar fuori Wendake.
Isole a parte, ché questo è un tedesco e c'è poco da veleggiare sulle nuvole, in Noria la parte del leone la fanno le ruote: il sistema a tre dischi rotanti è, in effetti, l'elemento a un tempo più caratterizzante e originale del gioco. Su questo catafalco di cartone e plastica per la scelta delle azioni è poi innestato un mondo intero galleggiante, con navi volanti, ambasciatori che non portano pena, fabbriche sulle nuvole e subdoli giochi di potere - in pratica è come Bespin, ma senza Chewbacca che rimonta i pezzi una volta finito tutto.
Il bello (e siamo alla seconda caratteristica peculiare del gioco, come del resto già indicato fin dal regolamento) è che tutto questo campionario di roba - tre tipi di risorsa (ossidiana, energia e micelio; o, che dir si voglia, nero, rosa e bambù), cinque merci da produrre, mercato legale e mercato nero - è pensata per confluire in un diabolico dispensatore unico di punti. Senza insalate di sorta, ché l'isola orto è ancora da vangare.
Gira la ruota (je-je), viva la ruota (je-je)
Un accenno al regolamento, ché non serve dilungarsi. In ognuno dei turni previsti, ogni giocatore seleziona tre dischi azione - uno per ruota - purché allineati e nella metà più vicina a lui delle ruote stesse (allo scopo viene in aiuto una comoda plancia riassuntiva, che non so perché mi ricorda una bavaglina). Sembra difficile, e in effetti un po' lo è: la sensazione delle prime partite è che il sistema non valga la candela, nel senso che pare apportare più complicazione che complessità; in realtà, già dalla seconda partita il tutto scorre in maniera più fluida - attriti a parte - e, ben presto, si capisce la logica che c'è dietro al sistema.
Le azioni permettono di muovere il cilindro esploratore sulle isole allo scopo di disseminare fabbriche ovunque spostandole dalla propria patria (tipo la Fiat), o per procurarsi nuove navi; di accumulare risorse grazie alle navi stesse; di costruire merci grazie alle risorse (molto bella l'idea dei segnalini magazzino, che possono essere vuoti o pieni come i sacchi dei giochi che una volta facevano i bambini); di acquisire nuovi dischi per le ruote; di potenziare i dischi stessi, raddoppiandone l'effetto; di avanzare infine sui tracciati punteggio, di cui dirò dopo.
(In due parole: ogni azione permette di favorire un tracciato moltiplicatore, poi di sfavorirne un secondo. La cosa richiede una discreta velocità, onde evitare di trovarsi azzerati i moltiplicatori dei tracciati su cui si è puntato con i propri cilindretti - che poi questi ultimi sarebbero dei delegati a uno specifico progetto, i quali nell'ordine sono perfezionamento, insediamento, esplorazione e ricerca; ma il gioco è talmente astratto che sarebbe lo stesso se i quattro tracciati fossero magnitudine apparente, scala scoville, vittorie all'Eurofestival e numero di costine divorate.)
Alla fine del gioco e come più volte detto, questi tracciati forniscono gli unici punti vittoria del gioco: i livelli raggiunti dai quattro cilindretti nei tracciati nero, rosa/bambù, prodotti dozzinali e merci fighe sono infatti moltiplicati per il numero più basso tra quelli non occupati da politici; il cilindro più in alto e quello più in basso - con quest'ultimo che può essere ancora nella caverna di partenza, a dormire sulla branda - sono inoltre interessati a un ulteriore punteggio, perno rispettivamente delle due macrostrategie così ben descritte nell'altra recensione. Sommati questi sei contributi, chi ha più punti ha il diritto di scegliere un gioco più divertente.
In caso di pareggio, vince chi ha meno roba attaccata alle plancette di cui sopra, ché siam mica qui a deturpare il paesaggio.
Suona un disco che fa: "Ah, ma che bella città!"
I materiali, va detto, sono di buona qualità - del resto non è difficile, quando hai solo cartone e l'equivalente in legno di una confezione di stuzzicadenti Samurai.
(In realtà la prima edizione un problema l'aveva, poiché i dischi azone erano troppo sottili e, in pratica, si infilavano sotto le ruote. Problema prontamente risolto: ora tali dischettii vengono forniti in una pratica fustella di compensato pre-tagliata da Giovanni Muciaccia.)
Bene, non benissimo, l'ergonomia: tanto per cominciare, i dischetti per tenere il conto dei round hanno le dimensioni di una lenticchia e quindi occhio se giocate a Capodanno. Sul retro, peraltro, hanno indicato un 10x che, a differenza di quanto si crede, non è un moltiplicatore per le risorse in caso si esaurisca una delle riserve, bensì l'ingrandimento suggerito. In secondo luogo, ma sono piccolezze, i numeri dei livelli dei tracciati sono pressoché invisibili e, sulla plancia aiuto, la produzione sembra più un cruciverba a schema libero; cosa che non aiuta a memorizzare l'azione - che non è immediata, in quanto si può agire sia per righe, sia per colonne. Come del resto nei cruciverba a schema libero.
Nonostante la mole di materiali, Noria occupa poco spazio, soprattutto grazie alle dimensioni contenute della plancia. (Plancia che, per inciso, sul retro ha il bellissimo disegno riprodotto senza icone e tracciati, così da potersela gustare senza mercato e senza politici, niente ladri e gendarmi, ma che razza di isola è?)
Aria, tu mi apri la porta - e fuori sta piovendo
Come ho già accennato, la recensione seria evidenzia molto bene come il gioco si regga sostanzialmente su due macrostrategie, a loro volta ornabili a piacere. La prima fa perno sul bonus per il cilindro più in alto nei tracciati, e premia quindi una specializzazione evidente - nelle risorse o, più impegnativa, ma anche più remunerativa, nella produzione di merci, siano esse quelle semplici (eliche, vele e bussole, la cui produzione richiede due risorse) o quelle pregiate (lampade e pistoni: che vi devo dire, saranno oggetti di design, non guardate me). Il punto debole di questa strategia è subito evidente: bisogna ingegnarsi quanto prima per evitare che gli avversari rimuovano politici dal tracciato, sbrigandosi a collocarne il più possibile nel tracciato dei moltiplicatori (viene in aiuto la strategia di produzione stessa, che, nell'ipotesi che si liberino diverse fabbriche, potenzialmente garantisce la conoscenza necessaria). Da sottolineare il fatto che il costo dell'azione politica aumenta man mano che la partita avanza - sempre più esosi sono, 'sti cubetti.
Soprattutto nel secondo caso, non va inoltre sottovalutato il fastidio dato dalle risorse aggiuntive necessarie per smuovere un delegato timido in un tracciato dove è già stato anticipato: sulla lunga si tratta di un obolo che - sommato a quello dovuto agli ambasciatori che atterrano su un'isola già presidiata - può avere il suo peso.
Aria sulla terza ruota
Quale che sia la strategia scelta, è imprescindibile - lo si capisce presto - sfruttare bene la ruota più piccola delle tre, i cui due soli dischi sono disponibili un turno ogni due: fate gli esperimenti che volete; ma insomma, un dischetto bonus lì sopra ci sta come il sale sul pane guttiau. Le altre due ruote, con rispettivamente sei e quattro fori, possono essere proficuamente dedicate alla produzione di risorse e alle attività di servizio, con un'occhio particolare all'azione città, che è essenziale nel suo permettere di salire lungo i tracciati.
(In realtà tutte le azioni sono importanti: decidere come e quando spendere la quarta azione concessa dalle regole - sfruttando, ovviamente, sempre e solo tre dischetti - spesso è tutt'altro che semplice.)
La costruzione delle ruote, in definitiva, lenta nella sua meticolosità, fa da impulso a un motore produttivo le cui prestazioni crescono inesorabilmente, conducendo quello che fino a quel momento è stato un gioco di ottimizzazione alla sua frenetica conclusione, coi cilindri che si inerpicano sulle nuvole e io che fondo poesia e meccanica nemmeno fossi Sergio Endrigo ne L'arca di Noè.
Navi volanti, cavilli al galoppo
Ruote e tracciati punteggio, dunque; nel mezzo, come detto, cose riuscite e cose meno, ma sicuramente degne di nota, che fanno di Noria un gioco interessante e meritevole delle attenzioni che ha ricevuto. Le belle trovate - la ruota e il sistema di punteggi, va bene; ma anche la condizione di spareggio e la grafica - compensano senza patemi i punti deboli - la legnosità delle ruote, non immediate; ma anche la longevità non eccelsa, data dalla poca variabilità in partenza e dai paletti alle strategie di cui sopra.
Buona la scalabilità, data da un'interazione limitata nelle forme e dalla durata variabile della partita; buona anche la fluidità di gioco, coi turni che, a meno di qualche pensatore incallito, scorrono relativamente veloci (in due una partita si chiude in un'ora); meno riuscita l'ambientazione, tutto sommato pretestuosa - non che da un purosangue alla tedesca ci si aspetti di più, del resto. Una brevissima nota sulle regole avanzate solo per suggerire di adottarle subito - ammesso di capire come interpretare quella dei dischetti disposti casualmente al mercato.
Non un gioco rivoluzionario, dunque; ma un bel tedesco pulito ed elegante come una canzone dei Supertramp dei tempi d'oro. Se vi va, provatelo - o non provatelo, ché tanto a me cambia poco.