Fuorisalone, ovvero il dover trovarsi a Milano perfino quando si gioca

Signor_Darcy

Novità della Cranio Creation, "Fuorisalone" ci porta per le strade di Milano durante la settimana del design, a saltellare qua e là per cercare di scroccare quanti più aperitivi possibile.

Voto recensore:
6,5

Dunque.

Per chi non conoscesse la vita pulsante del capoluogo lombardo - magari pur vivendoci in settimana, tipo me -, il Fuorisalone è tutto ciò che succede, più o meno spontaneamente, per le strade della città durante i giorni del salone del mobile - a sua volta forse la più importante fiera mondiale sull'arredamento. Le due manifestazioni - quella ufficiale e quella ufficiosa - insieme danno luogo alla cosiddetta settimana del design milanese, sorta di vertice galattico degli accadimenti del settore.

Situazione a inizio partita
Durante il Fuorisalone, che risale grossomodo agli anni Ottanta, sono tantissimi i locali e le associazioni meneghine che danno luogo a manifestazioni, feste e attività varie, in genere - ma non necessariamente - legate proprio al design, spesso in aree altrimenti inutilizzate o addirittura dismesse, ridefinendo la geografia della città per qualche giorno. Durante i quali, personalmente, mi ci tengo lontano - ma io sono un orso e non faccio granché testo.

Fuori moda, fuori posto, insomma sempre fuori dai 

Cristian Confalonieri e Lorenzo Tucci Sorrentino hanno cercato di condensare tutto questo frullare di gioventù e di eccellenze italiane - parola che più si usa a sproposito, più fa fare bella figura - in un gioco da tavolo, supportato dalla stessa organizzazione e pubblicato da Cranio Creations, che si ringrazia per la copia di prova.

Titolo per due-quattro giocatori della durata di un'ora - quarto d'ora più, quarto d'ora meno -, Fuorisalone è un gioco basato su meccaniche di spostamento su mappa, collezione set e fastidiosi termini anglofoni che spariranno quanto prima da questa recensione.

Salta subito all'occhio la vivace veste grafica, dominata dal giallo e impreziosita dai disegni di Silvia Gherra, volutamente stilizzati e sghembi, di bell'effetto. il gioco è in doppia lingua, italiano e inglese, con alcuni termini chiave in quest'ultimo idioma - in pratica come una qualsiasi riunione di lavoro a MIlano. Il regolamento è molto ben scritto e ricco di esempi: non lascia dubbio alcuno.

La plancia
La plancia è di buona qualità e mantiene lo stile grafico della scatola, correndo il rischio di limitare la leggibilità della mappa - fattore cui rimedia l'estensione della stessa, paragonabile a quella della provincia di Lodi. Risalta molto la pulizia grafica del terzo dedicato agli spazi delle carte, quasi prototipale nella sua essenzialità.

Di fustella ce n'è una sola, ma contiente tipo qualche migliaio di bottoncini di cartone, suddivisi tra punti vittoria (gialli) e gettoni movimento (neri). Infine, le carte - formato 45x68 millimetri - sono un po' sottili, ma tanto si imbusta tutto e passa la paura; si distinguono due mazzi: le location - una sola domanda, Cranio Creations: perché? - e gli obiettivi. (Le carte luogo contengono dei piccoli QR che rimandano a informazioni varie ed eventuali sul Fuorisalone e, volendo, strampalate regole aggiuntive per il gioco - tipo, che so, "chi si chiama Guidoberto Maria ha due gettoni in più e una consumazione grauita".)

Fuori rosa, fuori di pesco

Una partita copre un'arco di sei giorni, suddivisi in mattina, pomeriggio e notte (ché la sera c'è l'aperitivo), durante i quali ogni giocatore esegue una sola azione movimento, per un totale di diciotto turni. Lo scopo è quello di raggiungere i quattro luoghi - che so: vie, palazzi, officine, musei e compagnia cantante - che, in quel momento della giornata, stanno organizzando qualche attività, così da poter arraffare la relativa carta luogo; di queste nella griglia sul tabellone ce ne sono esposte sempre dodici, suddivise nelle tre fasce orarie: quando si assegna una di queste se ne pesca subito un'altra dal mazzo di pesca, che è unico per tutti i giocatori. Tali luoghi sono indicati da cilindroni colorati - arancione il mattino, verde il pomeriggio e blu scuro la notte (esattamente come il fegato degli affezionati al Fuorisalone).

I sei simboli - ché sul design non si scherza
L'azione di movimento consta di una prima azione grautita verso una posizione adiacente a quella di partenza o, se questa è servita dalla metropolitana, verso una qualsiasi altra stazione. Ogni successivo movimento nel turno costa tre gettoni movimento; questi si guadagnano ogni qual volta si arriva per primi in uno dei sessantotto luoghi del tabellone (a inizio partita bisogna sistemarne uno su ognuna di queste - cosa questa che consiglio di iniziare a fare in corrispondenza degli Oh bej! Oh bej!) e, inoltre, ogni giocatore ne prende due dalla riserva ogni volta che si fa mattina - ché sono in offerta con cappuccio e brioche.

Su ogni carta c'è un simbolo, stilizzazione di un celebre oggetto di design - ci sono una poltrona da sala d'attesa del medico di famiglia, un suppostone a tre gambe, una lampada da campeggio, uno gnomo triste che regge un piatto, un cane alieno e una sedia rossa che forse è un foulard. Raccogliendo simboli in determinate combinazioni (sfruttando anche il simbolo casuale di partenza) e poi scartandoli è possibile guadagnare le carte obiettivo, le quali forniscono punti vittoria in numero da tre (due simboli) a dodici (cinque simboli). Con l'eccezione dell'obiettivo da cinque assegnato in partenza, sul tabellone sono mostrate solo quattro di tali carte obiettivo - una per fascia - e solo queste possono essere completate (per poi essere sostituite).

Al termine della notte, invece di recuperare un po' di sonno, si raggranellano un po' di punti in base a quanti cilindri attività (di qualsiasi colore) ci sono nell'area in cui si trova il proprio ometto (due punti in caso ometto e cilindroni siano negli sparuti luoghi esterni a queste aree). Tali aree, per inciso, più che quarteri, sono delle zone in cui vengono bene o male raggruppate le attività in programma; sul tabellone sono indicate da uno sfondo di colore omogeneo - e comunque pallido come un milanese all'alba.

Luoghi e obiettivi
A fine partita ai punti conquistati in partita si sommano quelli delle carte obiettivo completate e si aggiunge un punto per ogni carta luogo non utilizzata. Chi ha più punti non beve, ché deve guidare.

L'Uci a San Siro

Il gioco, quasi volesse simboleggiare un bell'oggetto di design, è essenziale: nei componenti, nelle meccaniche, nel regolamento. Si spiega facilmente, ci si mette poco a ingranare e a capire quello che si deve fare: che è immediato in termini strategici - ché se ti serve una cadrega per chiudere un obiettivo da docici lo capisci subito -, meno in quelli tattici: qui il gioco rivela infatti una profondità quantomeno interessante.

Riuscire a raggiungere un cilindrone in ogni turno è francamente quasi impossibile, a meno che le carte non vengano pescate in ordine catastale: quindi è necessario capire come muoversi nella rete della mappa, decidendo se privilegiare il numero di carte pescate, magari sfruttando un movimento nel mattino per poi prendere una carta pomeriggio (va detto che raccattare una carta chiude in ogni caso il turno, pur avendo i giocatori gettoni per muoversi ancora) e poi, calata la notte, inanellarci subito una carta in un luogo vicino; oppure se invece concentrarsi su poche carte mirate, dovendo muoversi di più, ma andando alla ricerca dei simboli che servono maggiormente tra i dodici disponibili (cercando, in entrambi i casi, di arrivare ai cilindroni al momento giusto della giornata - altrimenti vi potete solo attaccare al tram modello 1928).

Beninteso: siamo dalle parti dell'introduttivo; il gioco è facilmente accessibile e non presenta una longevità clamorosa, nonostante l'ordine sempre diverso di pesca delle carte. Il continuo movimento da trottola impazzita tra i vari pallini bianchi diventa alla fine quasi noioso, se il gioco viene giocato spesso; ma una partita ogni tanto si fa giocare senza problemi. Non è un gran problema nemmeno la ripetitività dei sei round, dal momento che le singole azioni sono abbastanza veloci e che, stante il bassissimo livello di interazione (del tipo "ti rubo quell'obiettivo e/o arrivo al cilindrone al museo del Novecento prima di te gnegnegné"), è possibile pensare alla propria mossa durante il turno degli altri. Ne consegue che la scalabilità è buona e che il gioco si fa apprezzare in tutte le sue configurazioni - meglio certo in quattro, per garantire quel minimo di disturbo agli avversari.

Fase di gioco
I cilindri del calore serbatoi di produzione

Qualche nota stonata la riservo alla preparazione del gioco (in cui, come detto, si passa un'era geologica a sistemare i dischetti destinazione su ogni nodo della rete) e, soprattutto, all'ergonomia, che non è eccelsa; al di là degli stessi dischetti, che sono piccoli e sfuggenti se uno ha le mani di pastafrolla, tre sono i piccoli problemi in tal senso: in primo luogo, come detto, la leggibilità della mappa, che non è immediata (ma ci si fa l'occhio presto) e la scelta poco felice di colorare i cilindretti con colori non troppo dissimili da quelli dei giocatori (in particolare il blu) - nulla di problematico, ma avere il mamozzo di colore simile ai cilindretti può confondere, soprattutto se la visibilità non è ottimale.

In secondo luogo la griglia di carte: come mi succede anche in giochi come Thurn und Taxis - e forse è un problema solo mio, dato che sono impedito nell'afferrare le carte dal tavolo -, per riuscire a prendere quelle delle file interne mi tocca trascinarle fino a bordo plancia, cioè per un chilometro buono; oppure, ahimé!, devo artigliare le bustine con le unghie.

Da ultimo, questo sì un po' impattante sul gioco, la colorazione troppo simile di alcune aree (per esempio il bluette-turchese e, soprattutto, le due tonalità di marroncino inquinamento-vomito), che può fare un po' di fastidio nella lettura immediata delle carte per le necessarie considerazioni tattiche.

Detto questo, per chiudere, Fuorisalone è un gioco simpatico, che prova a sfruttare un'ambientazione curiosa - sebbene non sia una primizia, dato che i giochi legati a fiere e manifestazioni (penso per esempio a Expo 1906) sono come i protagonisti di Bim Bum Bam: ogni tanto se ne vede qualcuno. Lo fa con meccaniche collaudate e una produzione sicuramente ben pensata; certo non spaccherà il mondo dei giochi da tavolo, ma provatelo senza indugi, proprio come provereste senza indugi il compensato fritto nell'olio motore di certi aperitivi.

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Commenti

Signor_Darcy non la conosco ma le voglio bene.

Mi spiace dirlo perché è una produzione tutta italiana ma io l'ho trovato un gioco davvero mal riuscito. Una lunga preparazione, poche meccaniche abbastanza noiose, mi è piaciuta solo la grafica. Non mi aspettavo un gioco per gamer, anzi è giusto che se viene venduto come "merchandise" del fuorisalone sia un'introduttivo, ma si poteva fare di meglio.

Per me non arriva alla sufficienza 

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