Wow lo proverò! ☺️
Acquistato principalmente a beneficio della mia associazione, Challengers! mi ha divertito come non accadeva da tempo e me lo sono tenuto.
Si tratta di un party game competitivo per 1-8 partecipanti, della durata di circa 40-50 minuti, dedicato a un pubblico occasionale, basato su meccaniche di deck-building, draft e informazioni sconosciute.
Come si gioca a Challengers!
A seconda del numero dei partecipanti, ci saranno in gioco da uno a quattro campi. Nel corso dei sette round di gioco, infatti, vi scontrerete sempre con un singolo avversario alla volta, aggiudicandovi il trofeo del giro in corso in caso di vittoria. Questi trofei hanno dietro un numero variabile di punti vittoria, progressivamente più alto man mano che ci si spinge verso il settimo round. Finito questo, i due giocatori che hanno accumulato i punteggi più elevati si scontrano in una finalissima.
Ogni giocatore parte con un identico mazzo di sei carte. Queste hanno un valore numerico e, a volte, un'abilità speciale scritta. Prima di ogni round è possibile aggiungere nuove carte al proprio mazzo pescandole da tre grossi mazzi comuni a potenza crescente: A, B e C. Ciascuno di questi mazzi è ottenuto mescolando sei delle sette fazioni fornite nella scatola.
Ad esempio, prima del primo round, ciascuno pesca cinque carte dal mazzo A e ne tiene due. Poi – e questa è una regola valida prima di qualsiasi giro – il giocatore elimina dal mazzo quante carte desidera, per ottimizzarlo.
Quando si devono scegliere le carte, è anche possibile scartare le cinque pescate una singola volta e scegliere da altre cinque. Oppure anche prenderne una dalle prime cinque, scartare le restanti, ripescarne altre quattro e scegliere la seconda.
Per lo scontro, ciascuno mescola il proprio mazzo e poi il primo giocatore scopre una carta, che conquista la bandiera. L'altro fa lo stesso fino a che il valore delle carte scoperte non pareggia o supera quello del portatore della bandiera, strappandogliela. Si procede alternandosi in questo modo fino a che uno dei due non riesce più a sottrarre la bandiera all'altro, finendo le carte; oppure non ha più spazio in panchina per inserire le sue carte eliminate.
Quando infatti si conquista la bandiera, tutte le carte usate rimangono sulla plancia, una sotto l'altra, con solo l'ultima giocata valida per il possesso della bandiera. Una volta che la perdono, tali carte vanno messe in panchina, a lato della plancia, con sei posti disponibili per giocatore. Ogni carta va in un posto differente, tranne quelle identiche che possono occupare lo stesso spazio. Se si dovesse posizionare una settima carta, la partita è persa.
Naturalmente, giocando le varie carte, se ne attivano anche gli effetti che sono i più disparati, e a volte sono attivati anche in diverse situazioni (esempio, quando si cerca di rubare la bandiera, quando la si possiede, quando la si perde, quando si è in panchina, ecetera.).
Materiali
Ottimi. Per un gioco del genere trovarsi con quattro tappetini in neoprene, tre portamazzi e un divisorio interno in grado di alloggiare bene tutto, anche le carte imbustate, senza impazzire col tetris o senza doverlo buttare, è una gran cosa.
Le illustrazioni sono piacevoli e l'iconografia è chiara. C'è del testo scritto sulle carte, per cui è consigliata la versione in italiano.
Ergonomicamente, se ci si siede abbastanza vicini, non è nemmeno un grosso problema amministrare i mazzi comuni, piazzati al centro. Qualcuno dovrà passare le carte, qualcun altro si alzerà e le prenderà da solo... ma non è mai un grosso problema.
Ambientazione
Una serie di folli e "cartooneschi" personaggi presi dai luoghi più disparati: città, circo, spazio, castello, cimitero, ecc. Lascia abbastanza spiazzati, ma l'aspetto surreale è in linea col gioco: in fondo si stanno sfidando un T. rex e una paperella di gomma a rubabandiera...
Considerazioni
Partiamo dalla scalabilità: 1-8 è un po' stiracchiato, nel senso che in solitario si gioca contro un automa, tra l'altro modulabile come livello di difficoltà e autolivellante nel corso delle sette partite. Serve magari per imparare a costruire un mazzo efficace e testare così le vostre possibilità di successo in torneo, ma nulla di più.
In due non c'è la finalissima, ma semplicemente vince chi ha più punti dopo sette round. Inoltre, se, alla fine di un round, un avversario supera l'altro di almeno 11 punti, vince istantaneamente. L'ho provato, ma direi che anche in questo caso serve più da allenamento che altro: ci sono giochi per due decisamente migliori.
In numero dispari di giocatori ogni partecipante si scontrerà, prima o poi, con l'automa. Un po' forzata come cosa. Funziona, ma perde abbastanza di significato.
Il numero ideale rimane quindi uno tra quattro, sei od otto giocatori.
A questo proposito, va detto che uno dei pregi di Challengers! è avere un costante tempo di gioco, indipendentemente dal numero di partecipanti. Giocando infatti sempre a coppie, i sette round più la finalissima prendono bene o male il medesimo lasso di tempo.
Ma Challengers! è un party game? Qualcuno contestava questo assunto, in quanto poi le partite si svolgono sempre uno contro uno. Contesto la contestazione: innanzitutto si cambia sempre avversario, in secondo luogo il clima che si crea alla tavolata è comunque corale, con le classiche prese in giro, proclami di superiorità e sfide lanciati da una parte e dall'altra.
Questo tira in ballo un altro punto fondamentale del gioco e una sua possibile criticità: fidarsi. Dato che lo scambio di carte è contemporaneo, specialmente in tanti giocatori si crea un po' di caos al tavolo e mentre sei impegnato a scegliere e cambiare le tue carte, non tieni certo d'occhio ciò che fanno gli altri. Così come anche in altri giochi a informazioni nascoste, è necessario avere fiducia nei compagni di gioco e nella loro correttezza.
Una delle maggiori accuse mosse a Challengers! è la parte di fortuna presente nello scontro, fase in cui in pratica non fai altro che scoprire le carte che hai mescolato in modo casuale. In verità ogni tanto qualche effetto con una piccola scelta salta fuori, ma non è la norma. In sostanza questa fase procede col pilota automatico e... va benissimo così.
Va bene così per due motivi: hai una prima fase di deck-building in cui puoi fare delle scelte molto importanti. Lo scontro è lasciato al caso perché deve essere rapido, bene o male uguale per tutti come durata (non posso rischiare di avere un tavolo con due affetti da paralisi da analisi che rallentano gli altri sei giocatori che aspettano i loro comodi) e soprattutto deve dare continuamente quel brivido di adrenalina dato dal puro scoprire carte e vedere ciò che succede. Naturalmente in un gioco più strutturato e con un diverso target non funzionerebbe e sarebbe un vero difetto. Ma qui per pubblico destinatario, tipo e peso di gioco, non lo ritengo un difetto di fortuna inadeguata.
In Challengers! la divisione tra parte programmatica e parte fortunosa si nota più che in altri giochi semplicemente perché le due parti - agency e alea - sono nettamente separate, nel flusso di gioco, e non mescolate, come invece avviene in molti altri titoli. Ma la dose relativa è la stessa ed adeguata al tipo di gioco.
Il deck-building è dunque la parte cerebralmente soddisfacente e sfidante del gioco. Le scelte, in questo caso, sono poche come numero, ma sempre importanti. Nel game design sempre meglio avere poche scelte pesanti che non tante di poco conto. Il sistema è stato studiato in modo intelligente: poche modifiche prima di ogni match, in modo da poter continuamente evolvere e rimediare agli errori. Una scelta che può essere fatta in un singolo tempo o in due, ripescando carte da una parte, ottimizzando le scelte dall'altra, aggiungendo ulteriore elemento di rischio alle valutazioni. Si taglia anche la testa al toro, in modo semplice e brutale ma estremamente efficace, al sempre presente problema di affinare il mazzo eliminando le carte zavorra: opzione sempre disponibile e completamente a discrezione del giocatore.
Inoltre, in alcuni round, si ha la possibilità di scegliere da quale mazzo pescare (A, B, o C), per spingere su carte in teoria più forti, oppure affinare una particolare combo trovata.
Insomma, tutto semplice, tutto basilare ma ben fatto.
Quello di cui forse si sente un po' la mancanza è la varietà. In realtà le combo contenute nei vari mazzi sono tante e ogni volta si può fare qualcosa di diverso. Anzi, a questo proposito lasciatemi tranquillizzare chi pensa che scegliendo sempre quella col numero più alto si vinca: non è così, una buona combo vale più di un alto valore.
Però in ogni partita rimane fuori un solo mazzo dei sei opzionali da aggiungere a quello Città, ché il base è sempre presente. Forse avrei preferito usare un mazzo in meno lasciandone fuori due, anche per favorire la ricerca di carte delle stesso tipo in fase di deck-building, e per variare maggiormente le partite.
In ogni caso, per il 2023 è previsto Challengers! 2, una seconda scatola stand-alone con altrettante carte, tutte diverse, e la possibilità, unita alla prima, di fare un torneo fino a sedici persone.
Conclusione
Al netto di tutti i suoi difetti, che ci sono e sono innegabili, Challengers! ha avuto un gran successo e l'ho visto giocare con enorme piacere da un sacco di persone diverse come gusti e come target. Tralasciando tutte le analisi che possiamo fare, penso che il nucleo della questione stia in un unico concetto, che diventa un grosso pregio in relazione al pubblico destinatario di questa scatola: Challengers! è il gioco che, più di ogni altro, ti fa sentire bravo quando vinci e sfortunato quando perdi.