Interessante articolo. Me lo sono goduto :)
- Genere: wargame tattico, simulazione storica.
- Target: giocatori media esperienza.
- Scalabilità: 2 giocatori.
- Meccaniche principali: area impulse.
- Meccaniche secondarie: attivazione alternata, tiri di dadi opposti, sequenza del turno a impulsi.
- Importanza storica: negli ultimi cinque/sei anni è iniziato un interessante, e spesso anche acceso, dibattito interno alla comunità wargamistica riguardo le ultime evoluzioni in fatto di game design e l’ingresso nel campo della simulazione moderna di meccaniche e componenti spesso prese a prestito dal limitrofo mondo degli eurogame. Le discussioni, come detto, si sono fatte progressivamente sempre più sentite, con una netta divisione tra esponenti più tradizionalisti legati alle classiche meccaniche di esagoni e CRT da una parte, fautori di una maggiore innovazione e apertura anche ad altre esperienze ludiche dall’altra.
Sono dunque questi gli anni della cosiddetta “ibridazione”, degli “eurowargame”, dell’allargamento (o meno) delle soluzioni di game design e del contenuto delle simulazioni storiche, militari e non solo.
Tutto molto interessante, se non ci fossero però due malintesi di fondo: il primo è che esista un modello unitario di wargame attorno al quale ruotano varie commistioni sperimentali con altri generi ludici (come se l’hex and counter fosse un genere a parte di giochi e non una mera meccanica da utilizzare o meno a seconda delle esigenze dell’autore), il secondo che il processo d'innovazione sia cominciato solo negli ultimi anni e che in effetti esistano alcune meccaniche tipicamente “da wargame” e altre tipicamente “euro”. Insomma, le cose sono un po’ più complicate di così.
Il titolo di cui parliamo ne è una prova fin dalla sua uscita, nel 1981, un periodo di forte transizione in cui da un lato continuava la produzione in massa di wargame che potremmo definire “tradizionalmente a esagoni” che ancora dominavano il mercato del gioco da tavolo non prettamente “per famiglie”, dall’altro venivano a frutto le continue tendenze all’innovazione e alla sperimentazione che fin dai primi anni Settanta avevano contraddistinto il mondo del wargame. Già da un decennio, infatti, era possibile trovare nei cataloghi delle principali case produttrici giochi con mappe ad area, carte speciali, approcci non esclusivamente cinetici, dadi speciali, aste più o meno nascoste e tanto altro.
Nel 1981, però, Avalon Hill impresse una netta svolta a questo processo, introducendo una meccanica del tutto nuova, che avrebbe col tempo “decostruito” il normale approccio temporale del “vado io, vai tu” nella sequenza del turno, la forma e l’impiego della mappa, la stessa esperienza di cosa sia (o meglio, possa essere) un wargame.
Fece tutto questo con Storm Over Anrhem e la meccanica dell’area impulse: un approccio che avrebbe influito enormemente su molti titoli successivi, sia trasposto direttamente con le stesse meccaniche, che ispirando un numero elevatissimo di variazioni.
Il tutto rimanendo pienamente nel campo della simulazione storica e del wargame propriamente detto, ma dando inizio a una nuova fase nella storia di questo genere. - Elementi di innovazione/twist: partiamo dal tema di questo gioco: l’attacco dei paracadutisti britannici alla città di Arnhem in Olanda e al suo famoso “ultimo ponte” durante la (fin troppo) ardita Operazione Market Garden del Settembre 1944. Il piano iniziale prevedeva che le poche e male equipaggiate truppe tedesche a difesa di quello strategico ponte sulla strada verso il cuore della Germania sarebbero rimaste del tutto sorprese di fronte a un aviolancio di truppe d'élite così in profondità nel loro schieramento difensivo, e che le suddette truppe avrebbero preso rapidamente il controllo della posizione in attesa dell’arrivo dei veicoli pesanti e della fanteria del XXX Corpo britannico: se ciò fosse avvenuto, il settore settentrionale delle difese tedesche sarebbe stato perforato e l’intero dispositivo, fino alla Baviera e all’Austria, sarebbe venuto giù come un castello di carte, facendo finire la guerra entro il Natale 1944.
Peccato però che l’aviolancio fu un esempio da manuale di cattiva esecuzione, i parà britannici furono dispersi nell’intera area e le truppe tedesche schierate a difesa della zona non fossero affatto così poche e male equipaggiate. Ciò che ne derivò fu uno dei più cruenti e disperati combattimenti urbani della Seconda Guerra Mondiale, con un’intera divisione composta da truppe britanniche e polacche praticamente intrappolata dietro le linee nemiche per giorni e giorni, impegnata in un assalto casa per casa contro alcune tra le migliori formazioni nemiche. Nonostante tutti i loro valorosi sforzi, alla fine i parà alleati furono costretti ad arrendersi e solo pochi di loro riuscirono a fuggire: i tedeschi si ritirarono in buon ordine sbarrando il passo al nemico, l’Operazione Market Garden sostanzialmente fallì e la guerra non terminò affatto nel Natale 1944.
Tutto ciò dà un’idea delle sfide che il designer, Courtney F. Allen, dovette fronteggiare nel rappresentare uno scontro confuso, dai continui cambi di fronte, con un’iniziativa che passava costantemente da una parte all’altra, uno scontro totalmente frammentato, con truppe sparse tra i vari isolati della città. Una rappresentazione del tutto lineare mediante la classica mappa esagonata e la classica sequenza IGOUGO con attivazioni totali degli schieramenti a turno sarebbe forse stata accettata dai giocatori, ma non avrebbe potuto rappresentare a dovere l’andamento degli eventi.
Il nostro Courtney non si scoraggiò e decise di rivedere il tutto dalle fondamenta senza accontentarsi di adattamenti parziali. Il primo punto è che i due giocatori dovevano alternarsi nell’attivare solo pezzi dei loro schieramenti e non tutto a turno. Come fare per gestire queste attivazioni? Abbandonando gli esagoni, suddividendo la mappa in aree corrispondenti agli isolati della città e facendo attivare una singola area con tutte le sue unità per volta in un impulse (impulso). Certo, questo avrebbe permesso di ottenere uno scontro del tutto irregolare come nella realtà storica, ma come segnare le unità già attivate? Girandole dall’altro lato e facendole diventare committed (impegnate), ossia con valori diminuiti e non più capaci di muoversi o attaccare. Ma usare il secondo lato della pedina in questo modo avrebbe impedito di utilizzare la meccanica degli step di perdite e delle unità ridotte a seguito del fuoco nemico… come gestire i combattimenti senza tabelle? Semplicemente sommando i rispettivi valori delle unità “di punta” in un combattimento, i supporti delle altre unità amiche presenti, il valore difensivo del terreno e un paio di dadi: chi fa di più vince, impone un tot. di danni e costringe l’avversario a ritirarsi o gli elimina direttamente pezzi. Ah, e visto che ci siamo, aggiungiamo anche un segnalino per l’iniziativa tattica da passarsi tra i giocatori, che concede vantaggi specifici e fa tirare su di un’apposita tabella degli eventi speciali.
Il risultato? Uno dei wargame a oggi semplicemente più “belli” mai realizzati, con una mappa liberata dalle costrizioni degli esagoni, coloratissima e su cui si muovono segnalini di dimensioni maggiorate e anch’essi davvero belli, con una rappresentazione dinamica e incredibilmente coinvolgente dello scontro.
Insomma, la sperimentazione di design e l’interfaccia visuale al loro meglio, unite al dettaglio di un tipico wargame a esagoni.
Non c’è da stupirsi se dopo ne sono stati realizzati tanti altri con lo stesso sistema e derivati, e se Storm Over Arnhem è al tempo stesso uno dei wargame più innovativi mai realizzati e un classico dei classici, anche per il grognard più tradizionalista. Dal 1981. - Longevità e alternative: e dunque, cosa ne è venuto fuori da questa tempesta sulla ridente cittadina di Arnhem? Non solo il primo di una serie di giochi direttamente ispirati a esso (Thunder at Cassino, Breakout: Normandy e altri…), ma un vero e proprio sottogenere che, per certi vers, ha “spezzato” l’egemonia degli esagoni nel campo del wargame. Intendiamoci, non è stato il primo titolo “diverso”, ricordando le sperimentazioni sia Dunnigan e soci alla SPI che dei tanti autori Avalon Hill come anche di quelli delle case più piccole come la GDW, ma di sicuro uno di quelli in cui la ricerca di una via alternativa, pur se sempre legata a un profondo rigore storico e simulativo, ha raccolto un così grande successo. Perché i primi anni Ottanta sono quelli della presa di consapevolezza da parte del genere dell’importanza di una maggiore diversificazione delle esperienze, come anche di una maggiore attenzione all’usabilità dei giochi, e Storm Over Arnhem è stato uno di quei titoli che più ha segnato questo fondamentale momento evolutivo. Assieme a lui, giochi con mappe ad area o point-to-point, un aumento delle simulazioni storiche con elementi di negoziazioni e infine la grande rivoluzione dei card-driven, porteranno il genere a livelli altissimi dal punto di vista della completezza della resa storica e anche dell’efficacia delle sue soluzioni ludiche. Purtroppo, la grande crisi degli anni Novanta sembrerà spezzare questa catena di innovazioni, con il genere tendenzialmente spinto a ripiegarsi verso soluzioni più rassicuranti… ma i semi erano stati gettati. Dai primi anni Duemila, assieme alle grandi produzioni GMT che porteranno a quella che oggi definiamo “ibridazione”, l’area impulse viene riscoperto da designer di primissimo livello come Michael Rinella, che ne è oggi, forse, il massimo esponente. Facendo tesoro delle evoluzioni già sperimentate nel passato, come la durata variabile dei turni e l’uso accorto delle zone transitabili fuori mappa, il nostro creerà, prima con la Revolution Games, poi per la rivista Against the Odds e poi ancora perfino con la giapponese Kokusai-Tsushin, una lunga serie di piccoli gioielli che ben sfruttano la semplificazione e lo snellimento delle meccaniche offerte da questo approccio. Ancora, alla MMP prenderanno nota di tutte queste evoluzioni e importeranno rapidamente diversi titoli di Tetsuya Nakamura che usa l’area impulse come ossatura di base, unendolo poi alle opportunità offerte dall’uso di carte speciali: la “tempesta” si sposterà su Stalingrado (Storm Over Stalingrad), sulla Normandia (Storm over Normandy) e ultimamente persino sulla Gerusalemme dell’assedio di epoca romana (Storm Over Jerusalem). Rinella replicherà a sua volta, rielaborando il sistema in chiave solitaria con due titoli autonomi su Stalingrado e Manila (sempre per Revolution), e da poco con Cities of the Damned, portando l’azione a Cassino e Aquisgrana.
Basta questa rapida rassegna per avere un’idea di quanto l’area impulse sia stato prolifico nella storia del wargame e di quanto ancora oggi il caro vecchio Storm Over Arnhem sia non solo perfettamente giocabile e soddisfacente dal punto di vista della simulazione, ma anche un interessante viaggio nel passato alla riscoperta delle radici di una delle più interessanti e ben congegnate meccaniche della storia del wargame.
Commento
Se c’è una cosa che insegna Storm Over Arnhem, oltre al fatto che lanciare una divisione di parà britannici sopra le teste di una formazione di Waffen SS tedesche armate fino ai denti non è esattamente una grande idea, è che il wargame è tutto tranne che un genere monotono, fatto di soli esagoni e tabelle. Ancor di più, che la spinta verso l’innovazione, la ricerca di meccaniche alternative e il desiderio di simulare situazioni particolari come un combattimento urbano frammentario e caotico hanno da sempre fatto parte di quella che oggi chiamiamo “tradizione” e da sempre sono state apprezzate dai veri appassionati.
Storm Over Arnhem rappresenta dunque un titolo sia di rottura che di grande continuità nel mondo della simulazione storica. Le sue mappe coloratissime e la splendida cover disegnata da un Rodger MacGowan d’annata, i suoi counter grandi e graficamente attraenti, la sua struttura del turno dinamica e costantemente interattiva garantivano una resa quasi cinematografica di quello che era uno scontro celeberrimo e anche molto fresco nella memoria del pubblico, grazie allo splendido film Quell’Ultimo Ponte che ne aveva raccontato magistralmente gli eventi.
La sfida a cui si trovò a rispondere il suo autore, Courtney F. Allen, era davvero impegnativa, ma la possiamo considerare superata sotto tutti gli aspetti. I calcoli matematici dei rapporti di forza lasciavano il passo ad azioni ardite e sempre al limite del rischio totale, la precisa suddivisione in fasi e segmenti veniva frantumata da un susseguirsi di avanzate e imboscate e contrattacchi, l’andamento della partita era dominato da una successione di eventi imprevedibili e dalla fortissima carica drammatica. Il tutto con regole assolutamente snelle, una quantità di componenti pienamente gestibile, una durata della partita non eccessiva e non gravata da inutili complicazioni. Tutto ciò aprì nuove strade al wargame, sia direttamente mediante le sue tante evoluzioni che indirettamente dimostrando l’enorme versatilità e flessibilità del genere.
E almeno in questo caso, a differenza che nella realtà, Arnhem non fu una disfatta ma una fantastica vittoria.