Hegemony: la guerra delle classi (recensione di Space-Biff!)

Articolo tradotto dalla recensione di Space-Biff!, che ha un punto di vista decisamente diverso su questo gioco: attendiamo le vostre considerazioni a fine lettura!

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Quella che segue è una libera traduzione della recensione di Hegemony: Lead Your Class to Victory di Space-Biff!, che ringraziamo per averci concesso questa possibilità.
La recensione originale la trovate a questo indirizzo.

Hegemony: Lead Your Class to Victory, realizzato dal designer veterano Vangelis Bagiartakis e dal novello Varnavas Timotheou, è il tipo di gioco che invita alla critica fin dall'inizio. Come mezzo, i giochi da tavolo hanno la capacità di esemplificare situazioni e strutture complesse. Questi modelli, tuttavia, sono solidi solo quanto la comprensione del tema da ricostruire da parte del progettista. E non ci sono molti argomenti così complicati - o così inclini al disaccordo, anche da parte di persone molto istruite - come il conflitto di classe.

Vediamo un po’ di cosa si tratta.

In Hegemony ci sono quattro classi, ognuna delle quali determinata a costituire un suo stato-nazione a propria immagine e somiglianza. A volte questi rifacimenti sono traballanti, frutto di innumerevoli perdite di punti vittoria piuttosto che, ad esempio, di una rivoluzione socialista o della creazione di una sorta di villaggio libertario infernale per gli “orsi” (termine che indica nel linguaggio dei mercati investitori pessimisti, NdT), ma i comportamenti di ogni classe sono così amichevoli nei confronti delle altre, che non c'è bisogno di altro che della loro versione semplificata. 

Le classi più familiari a noi comuni spettatori sono la Classe Operaia e la Classe Media. Questa familiarità è dovuta in gran parte alle pressioni quotidiane che queste classi devono affrontare. I loro obiettivi, in ordine sparso, vanno dal trovare lavoro e farsi pagare per sfamarsi, andare all'università, comprare l'ultimo gadget essenziale per sopravvivere nella società e migliorare marginalmente le proprie condizioni di vita nonostante l'ingerenza della classe capitalista.

No, davvero, questo è il succo. All'inizio, quando Hegemony è stato annunciato, si era ipotizzato che il gioco avrebbe puntato su una prospettiva "bilanciata", permettendo a una qualsiasi delle sue fazioni di apparire come gli eroi della storia. Se è vero che i Capitalisti non sono presentati come demoni dal naso di maiale, le simpatie del gioco sono rivolte agli sfavoriti. Sono le fazioni più interessanti da giocare, per un motivo: bilanciare il loro lavoro, parallelamente a considerazioni specifiche sulla classe. La Classe Media può fondare piccole imprese per competere con le emittenti pubbliche e i centri commerciali senz'anima, e si trova a dover lottare per ottenere salari più alti per i propri dipendenti, cercando al contempo di spremere i lavoratori della Classe Operaia che lavorano nelle loro boutique e nei loro centri di tutoring. Nel frattempo, la Classe Operaia si riunisce occasionalmente per lanciare scioperi e manifestazioni, o magari per fondare una cooperativa per rendere il cibo accessibile. C'è dell'arte nel giocare con una di queste classi. La loro stessa esistenza è un salasso costante, con gli indici di prosperità che scendono costantemente e le spese che si accumulano. Una volta, la nostra Classe Media ha dovuto chiedere un prestito per pagare le tasse. Un'altra volta, la nostra Classe Operaia ha dovuto chiedere un prestito per pagare gli interessi di un prestito precedente. Qualcuno che ci cambi degli assegni lo abbiamo?

Al contrario, la Classe Capitalista e lo Stato sono sorprendentemente tradizionali. Persino, oserei dire, un po' noiosi. La prima si occupa di massimizzare i propri profitti, trasformando le entrate in capitale in punti vittoria, un processo che richiede molti acquisti al ribasso e vendite al rialzo. Diventano più interessanti quando entrano in contatto con il pubblico in generale, soprattutto quando iniziano a far valere la loro enorme influenza nelle elezioni, ma non hanno mai tanto da fare quanto le classi di cui sfruttano il lavoro. Lo Stato, nel frattempo, non è fortunatamente ritratto come un uomo nero del deep-state, ma piuttosto come una funzione pubblica ben intenzionata, ma interessata a se stessa che corteggia l'opinione pubblica in ogni occasione. Inveterati compiacitori del popolo, il loro compito è quello di far quadrare il bilancio, gestire le crisi occasionali e fare abbastanza favori alle altre tre classi per rafforzare la loro legittimità e guadagnare punti. Se poi sono anche un po' ripetitivi e faticosi da giocare, chiamiamola verosimiglianza.

Queste quattro classi sono solo il primo strato della simulazione di Hegemony. Ci sono ancora leve in abbondanza, tendini e ingranaggi che uniscono tutto insieme e forniscono punti di pressione che tutti sperano di premere. Tutti utilizzano lo stesso sistema di carte, preso in prestito da card-driven come Twilight Struggle, ed è un modo efficace per dare un po' di pepe al gioco senza ricorrere a troppe regole speciali. Il vero punto di forza, però, è il sistema economico e legale in sé, soprattutto quando le sue classi entrano in collisione.

L'esempio più ovvio sono le elezioni, un sistema che è in parte bag-building e in parte una guerra in forma di asta. Ogni fazione, tranne lo Stato, può lanciare cubetti-voto in un sacchetto comune, una miscela grezza ma funzionale di lobbismo, consapevolezza sociale e lamentele per il fatto che il proprio figlio deve leggere un libro che non gli è piaciuto a scuola. Quando si svolgono le elezioni, vengono estratti solo alcuni cubi - le elezioni sono faccende subdole e imprevedibili - ma tutti hanno la possibilità di puntare la propria influenza, astrazione guadagnate con fatica, per ottenere i cambiamenti proposti.

Anche in questo caso, però, si tratta solo di uno dei tanti strati. Ciascuna delle fasi citate richiede ulteriori considerazioni. I cubi del voto devono essere gettati nel sacchetto, ma questo è più difficile di quanto sembri quando si lavora dalle nove alle cinque. In termini di gioco, "dalle nove alle cinque" di solito significa "piazzare i lavoratori". Ogni giocatore ha a disposizione solo cinque azioni per turno - di più se si contano le azioni "gratuite", sebbene anche queste siano rigorosamente misurate - e non passa molto tempo prima che ci siano più cose da fare di quante se ne possano fare. Quando si deve dichiarare uno sciopero, assegnare i lavoratori a un'azienda più amichevole e trovare il tempo per andare al negozio per comprare cibo e assistenza sanitaria, è raro che ci sia abbastanza spazio per essere politicamente attivi. Gli elementi più positivi di Hegemony sono quelli che nascono naturalmente dai suoi sistemi. Dimostrare perché i lavoratori comuni spesso non hanno il tempo e l'energia per impegnarsi in politica è uno di questi punti.

Meno sottile, ma non per questo meno efficace, è lo scopo di tutte queste elezioni. Piuttosto che approfondire i dettagli della politica dei partiti, lo spettro politico del vostro Stato nazionale è rappresentato da sette politiche disposte su due assi. Queste coprono una serie di problematiche. C'è il mercato del lavoro che regola il salario minimo, la politica fiscale, la sanità e l'istruzione, il commercio estero e l'immigrazione. Tutte e tre le classi hanno i loro interessi, che tendono al socialismo, al centrismo o al neoliberismo - l'altro asse, globalismo contro nazionalismo, è un po' più complesso da rappresentare - e nel frattempo lo Stato si sforza di soddisfare parametri sempre diversi, basati sui capricci di un'amministrazione attuale fuori scena. Queste politiche sono il perno della ruota del gioco, con conseguenze in ogni direzione. Quanto più economiche sono l'assistenza sanitaria e l'istruzione del Paese, tanto più spesso la Classe Operaia e quella Media saranno in grado di aumentare la loro prosperità, ma le tasse sulle imprese saliranno alle stelle per coprire i costi, guadagnandosi le ire della Classe Capitalista e, a volte, di una Classe Media che ha bisogno di una pausa per far prosperare le proprie imprese. È abbastanza semplice, tutto sommato, ma evita di sembrare troppo semplicistico. Sebbene la Classe Operaia tenda a sinistra e la Classe Capitalista a destra, c'è abbastanza margine di manovra affinché le posizioni rigide non siano sempre affidabili.

A questo punto dovrebbe essere ovvio cosa sia Hegemony e, forse ancora più importante, cosa non sia. Sebbene il conflitto di classe centrale al gioco sia disegnato con cura, si è tentati di valutarlo non solo in base alle sue inclusioni, ma anche alle sue omissioni. Che, per essere chiari, sono notevoli. Il gioco è corredato da un generoso libretto che ne spiega il quadro concettuale, un'impresa meritevole che sarebbe stata più chiara se avesse scavato più a fondo nei propri presupposti. Per un gioco che prende come vangelo la prima affermazione di Max Weber sugli Stati - ovvero che gli Stati sono entità che detengono il monopolio della violenza - il gioco presenta una marcata assenza di coercizione. Ci sono carte che permettono alla Classe Capitalista di nascondere i propri fondi in conti offshore, e le "fake news" fanno capolino a volte, ma per la maggior parte del gioco le norme infrante sono solo quelle dei colletti bianchi.

Ho già detto che Hegemony dà il meglio di sé quando le sue osservazioni nascono in modo naturale. Ci sono molti esempi, che scintillano con piccoli crepitii di elettricità statica ogni volta che appaiono. La Classe Capitalista promuove il libero scambio per accedere a ulteriori accordi di importazione, per poi soffrire quando il mercato viene inondato da prodotti contraffatti. La Classe Media è talmente terrorizzata dalla riduzione dei propri privilegi da vacillare irrimediabilmente ogni volta che si pone un problema. Gli scioperi e le manifestazioni vengono compensati con vantaggi per i lavoratori piuttosto scadenti, come feste a base di pizza.

Allo stesso tempo, la tendenza del gioco all'insignificanza si manifesta regolarmente. Per ogni inclusione perspicace, c'è un buco. Una vecchia battuta dice che l'unico accordo tra socialisti e capitalisti è che il materialismo è l'unico arbitro della realtà. Allo stesso modo, Hegemony è un gioco decisamente materialista. Nessuna ideologia non economica si fa sentire. Non c'è carità, non c'è religione, non c'è tradimento di classe o voto contro i propri interessi, non c'è razza o sesso o gruppi marginali, non ci sono risentimenti del vecchio mondo o peccati del nuovo mondo che sono rimasti a lungo inascoltati e si sono infettati. Non ci sono menzogne populiste, guerre all'estero, coltivazioni al collasso, terrorismo, complesso militare-industriale che tira le fila, stato di polizia o aristocratici, lobby per la deregolamentazione industriale, pneumoconiosi conseguenti al lavoro in miniera senza sufficienti DPI, miliardari che promettono di trasportare i loro fanboy su Marte. Al loro posto, Hegemony offre la Teoria della Scelta Razionale incarnata, la maggior parte dei cittadini di questo Stato-nazione poco più che avatar di interessi personali secondo l'idea di razionalità di qualche economista.

Naturalmente, questa valutazione non è giusta. Non la intendo nemmeno come una critica. Piuttosto, è una valutazione che il gioco invita a fare. Coprendo così tanto terreno e posizionandosi come una Teoria del Tutto unificante, le lacune della teoria diventano ancora più evidenti. Semplificando in modo così efficace la sua manciata di considerazioni materialiste e mettendole nel vuoto, il gioco si presenta come una dimostrazione urlata del fatto che nessuna di queste politiche, elezioni e conflitti di classe, quando torniamo al mondo reale, avviene nel vuoto.

Hegemony sembra consapevole di questo fatto, ma allo stesso tempo non sa cosa fare al riguardo.

Per esempio, diverse partite hanno portato a una situazione particolare in cui la Classe Operaia è assolutamente piena di soldi e allo stesso tempo soffre di una disoccupazione paralizzante. Ora, c'è un modo per combattere questa situazione. La Classe Operaia può organizzare manifestazioni quando ci sono troppi lavoratori disoccupati. Questo potrebbe privare le altre fazioni di punti se non vengono creati nuovi posti di lavoro entro la fine del turno. Ma la Classe Operaia ha un sacco di soldi, che usa per comprare servizi e beni per aumentare la propria prosperità, quindi non ha un forte incentivo a organizzare manifestazioni per ottenere più posti di lavoro. Il loro incentivo, a ben vedere, è quello di prosciugare le posizioni avversarie. Uno strano incentivo, che rompe la quarta parete del gioco e rappresenta... cosa? Risentimento? Gelosia? Sembra che ci potessero essere modi più tangibili per rappresentare il divario nella qualità della vita che non un appello al tracciato dei punteggi. Nel frattempo, tutti quei lavoratori disoccupati non subiscono né penalità né obblighi. Come entità, l'approccio della Classe Operaia ai suoi committenti è tutto un contributo positivo, nessuna responsabilità.

Lo stesso vale anche per gli altri. La Classe Capitalista è il principale generatore di nuove imprese sul tabellone, fino a quando non viene premuto un interruttore e la crescita si arresta, senza alcun motivo. E nemmeno per una ragione di gioco, se non per il fatto che si raggiungono il massimo dei punti guadagnati con i soldi. Quanto sarebbe bello se i ricchi del mondo decidessero all'improvviso di aver guadagnato abbastanza punti? La Classe Media è vacillante e instabile, fino all'ultimo turno, quando improvvisamente spinge per politiche centriste. Il tracciato del punteggio è sempre opprimentementemente lì accanto. Mi spiace dirlo, data la vastità di valute e gettoni di questo gioco, ma i punti nascosti avrebbero potuto contribuire maggiormente a fondare le considerazioni nelle varie fasi di una partita.

Per loro stessa natura, i sistemi di punteggio dei giochi da tavolo si intromettono nella magia del gioco, ma raramente mettono in evidenza un modello così fragile. Non credo di aver visto una sola sessione di Hegemony concludersi con quello che sembra uno stato "naturale". Non sempre si tratta di una Classe Operaia ricca ma disoccupata. A volte si tratta di uno Stato con un mucchio di aziende vuote, o di un Capitalista che ha fondato a malapena qualche azienda, o di una Classe Media che non si è mai preoccupata di richiedere l'assistenza sanitaria gratuita. Qualunque sia la causa, Hegemony  fatica a collegare il suo modello di fondo con la sua espressione esteriore.

Di certo non aiuta il fatto che l'approccio di ognuno sia stato accuratamente messo su binari. Il problema è più grave per il Capitalista e lo Stato, che possono sonnecchiare durante il gioco, svegliandosi di soprassalto per risolvere le carte crisi di ogni turno, ma per il resto si ritirano in un torpore di decisioni ripetitive che potrebbero anche essere automatizzate. Quando si gioca con tre giocatori, sono automatizzate, e senza grandi perdite.

Ma tutti soffrono in qualche misura dello stesso rigido controllo. Sia la Classe Capitalista che quella Media rendono visibili le imprese che potrebbero collocare sul tabellone. Questo permette alla Classe Media e alla Classe Operaia di formare lavoratori specializzati che possano occupare quegli slot in arrivo. A parte questo, la maggior parte delle imprese sono copie carbone l'una dell'altra. L'intero tabellone si confonde presto. Un'azienda viola è un'azienda viola. Un'azienda arancione qui è praticamente uguale all'azienda arancione là. Non è necessario valutare se le esigenze dei lavoratori vengono soddisfatte da un'azienda piuttosto che da un'altra. A parte la ricerca di un vago equilibrio tra i settori, i proprietari di aziende non si preoccupano mai di quale mettere in gioco. Lo stesso vale per gli accordi commerciali, di cui il gioco parla molto, ma che risultano in gran parte uguali a se stessi. Per un gioco così pesante, con così tanti piccoli elementi da considerare, i singoli elementi sono spesso indistinguibili l'uno dall'altro.

In un certo senso, questo mette a fuoco Hegemony. Si tratta di un gioco di alto livello, interessato soprattutto a delineare un'impressione delle interazioni tra i suoi quattro attori. E riesce in questo intento. Da sessantadue miglia di altezza, lascia un'impressione convincente di come le sue classi si intersecano. Sì, è un riferimento: sessantadue miglia di altezza è il punto in cui la nostra atmosfera sfocia nel vuoto dello spazio. A parte gli scherzi, c'è del valore nel vedere qualcosa da quella distanza. Spogliato dei particolari, Hegemony offre un'illuminante rappresentazione del conflitto di classe.

Allo stesso tempo, è così appesantito dall'armamentario: singole imprese, singole crisi, singoli affari, singoli lavoratori, tutte quelle dozzine di carte evento, la specificità dei pagamenti e il conteggio degli spiccioli ogni volta che si pagano le tasse, si consegnano i sussidi o le classi completano una transazione. Oh, non fatemi iniziare a parlare di spiccioli. Se la miriade di valute di questo gioco potesse essere automatizzata, si potrebbero risparmiare quindici minuti di tempo. Questo è Hegemony in poche parole. Non si tratta di contare gli spiccioli, ma perbacco, li conterete fino a quando le vostre dita non saranno coperte di polvere di cartone. Per essere un gioco che presenta il quadro generale, è ancora attaccato alle minuzie.

Non traetevi in inganno, non c'è dubbio che Hegemony sia un artefatto affascinante. È impressionante e fragile allo stesso tempo, come una creatura bella ma delicata che si è addentrata in acque agitate. È una gioia vederlo in azione, teorizzarlo, discuterlo. I suoi momenti di percezione sono significativi.

Come oggetto di gioco o di studio serio, tuttavia, le sue gioie si affievoliscono. Se da un lato mostra come i giochi da tavolo eccellano nel rappresentare situazioni reali, dall'altro illustra perché questi modelli sono contingenti e intrinsecamente limitati. È pieno di omissioni fastidiose, inclusioni da far venire l'acquolina in bocca e momenti che mandano in frantumi l'illusione che si sforza di mantenere. Se a tutto questo si aggiungono un tempo di gioco scoraggiante e un sacco di conti, il risultato è un gioco che si avvicina un po' troppo alla fatica di una carriera. Ricorda il modo in cui una fiera rinascimentale evoca il Rinascimento. I costumi sono curati nei minimi dettagli, ma le birre arrivano in bottiglia e c'è un tizio che ti parla di come le stelle ninja siano arrivate in Europa. È un bel momento. Ma è una bozza di ciò che presenta. Ed è un sollievo fare le valigie alla fine. Sono contento di aver giocato a Hegemony. Ma questa è una fiera che non rivisiterò.

Commenti

Complimenti a Kroptos per l'adattamento in italiano della recensione, non dev'essere stato facile! 

Quanto alla recensione: si può essere o meno d'accordo con Dan Thurot, ma le sue sono sicuramente tra le meglio argomentate del web.

Grazie a Kroptos perché se andate a leggere l'originale vi accorgerete di quanto sia stata faticosa la traduzione. 

Per il contenuto mi riservo di intervenire a mente fredda perché secondo me ci sono un po' di cose da rimarcare...

Articolo davvero bello e interessante. Mille grazie a chi lo ha tradotto e mille cose su cui riflettere.

Di base mi trovo d'accordo con quanto afferma, sebbene in me le critiche legittime si affievoliscono davanti alla consapevolezza che una rappresentazione da tavolo della realtà non può che essere semplicistica, incompleta e parziale. Tuttavia non per questo è meno bella e interessante da intavolare. Per me, Hegemony rimane uno dei capolavori degli ultimi anni ed uno dei tentativi meglio riusciti di rinchiudere in un parallelepipedo di cartone una buona fetta di realtà complessa, ma non per questo impossibile da delineare e mettere in mano a chi è disposto a giocarci per 2-3 ore.

pennuto77 scrive:

Articolo davvero bello e interessante. Mille grazie a chi lo ha tradotto e mille cose su cui riflettere.

Di base mi trovo d'accordo con quanto afferma, sebbene in me le critiche legittime si affievoliscono davanti alla consapevolezza che una rappresentazione da tavolo della realtà non può che essere semplicistica, incompleta e parziale. Tuttavia non per questo è meno bella e interessante da intavolare. Per me, Hegemony rimane uno dei capolavori degli ultimi anni ed uno dei tentativi meglio riusciti di rinchiudere in un parallelepipedo di cartone una buona fetta di realtà complessa, ma non per questo impossibile da delineare e mettere in mano a chi è disposto a giocarci per 2-3 ore.

Alla fine è un gioco.... Mi sembrano critiche un po' sterili..... Come dice pennuto come puoi in un gioco di 3 ore comprimere cose che vanno avanti da secoli? Utopia...

Anzi bisogna fare un plauso a questi autori che hanno toccato un tema particolare riuscendo molto bene a centrare i punti essenziali....

Negli ultimi anni ho sempre letto gli articoli di Dan, che per me rimane la migliore penna del nostro amato mondo ludico. Non sempre mi ritrovo nelle sue analisi/critiche, ma non ve n'è una che non mi abbia fatto riflettere. 
Ottima iniziativa tradurre questo suo articolo, e perché no, spero ne seguano magari anche altri!

Ottima traduzione davvero.

enavico scrive:

Negli ultimi anni ho sempre letto gli articoli di Dan, che per me rimane la migliore penna del nostro amato mondo ludico. Non sempre mi ritrovo nelle sue analisi/critiche, ma non ve n'è una che non mi abbia fatto riflettere. 

Ottima iniziativa tradurre questo suo articolo, e perché no, spero ne seguano magari anche altri!

Quoto 

A prescindere ringrazio il traduttore per averci reso disponibile questo articolo... 
Se poi devo valutare i concetti e le argomentazioni descritte... trovo che a volte bisognerebbe riflettere di meno e divertirsi un po di più!

Avevamo discusso di questa recensione nel gruppo del Magnifico, è un autore che leggo saltuariamente, sicuramente apprezzo, anche se non sempre condivido le conclusioni, come in questo caso. 

Qui emerge forte il limite di essere americano e di dare per scontato che tutto sia come gli Stati Uniti d'America...

Hegemony a livello simulativo fa qualcosa di pazzesco, che nessun altro gioco aveva provato a fare 

L'articolo è davvero piacevole da leggere. L'unica cosa è che lo vedo meglio in un numero di Lotta Comunista (o meglio Aspenia, visto l'autore) che in un sito di Giochi da tavolo.

nel senso, sembra più una riflessione sulla lotta di classe prendendo spunto dal gioco che il contrario; o forse che che l'autore suggerisca, per una rappresentazione ludica efficace di ciò che è per lui lotta di classe e materialismo storico, più un dudes on the map, piuttosto che il gioco di pesi e contrappesi matematici e contrattuali proposti dagli autori greci? Chissà....

al netto di ciò, sempre lode a Kroptos!

Che bella riflessione. Non la chiamerei recensione. Anche se mi fa capire molte cose sul gioco pur senza spiegarmene, neppure in modo conciso, le regole. Però me ne fa vedere le mancanze e i difetti.  Che forse in una normale recensione non sarebbero venuti fuori perché nel gioco (immagino) c'è così tanto di cui parlare che non ci sarebbe il tempo di notarli! La fatica, il far di conto, la ripetitività della scelte di certi ruoli, la piattezza degli oggetti rappresentati... Sento molto vicina a me la posizione dell'autore del pezzo che è contento di aver provato, vissuto, un'esperienza di gioco così particolare ma, al contempo,  è arrivato alla consapevolezza del fatto che il gioco non valga la pena di essere approfondito.  E ci regala con grande chiarezza le sue motivazioni. Che ho letto con grandissimo piacere. Grazie per la scelta di tradurci il pezzo.

Qui c'era una risposta di Aledrugo alla recensione, risposta che secondo me vale la pena di essere letta: EDIT (era interna al forum Magnifico,  purtroppo non posso linkarla).

Da parte mia devo dire che la condivido: nella recensione traspare tutto l'"essere americano" dell'autore, con l'abitudine a pensare che tutto non solo debba funzionare come negli USA, ma anche che sia giusto così. 

Mi pare poi non abbia proprio colto doversi aspetti del gioco, il che mi fa sospettare la sua sia più una prima impressione scritta di getto dopo una o due partite, che non una recensione vera e propria. 

Ad esempio parla di classe operaia deresposabilizzata. A me pare che a fare sciopero e non incassare soldi per chiedere salari maggiori, la responsabilità ci sia tutta. Oppure parla di classe operaia che finisce il gioco piena di soldi e con tanti disoccupati senza necessità di impiegati e, secondo lui, non vuole fare nemmeno manifestazioni per far perdere punti agli altri perché tanti va bene così.  Questo mi fa pensare parecchio, perché intanto almeno in tre han giocato male, se la partita finisce in questo modo (e quindi rafforza la mia idea che abbia giocato poco, con partire iniziali che possono risultare strane), in secondo luogo che non abbia capito la forza della manifestazione. 

Infine quando dice che "non c'è razza o sesso o gruppi marginali, non ci sono risentimenti del vecchio mondo o peccati del nuovo mondo che sono rimasti a lungo inascoltati e si sono infettati" traspare tutto il suo pregiudizio usacentrico su un gioco che voleva essere una simulazione economica, nato in un paese che non sono gli USA, ma che naturalmente,  per il recensore, deve pensare e funzionare come gli USA, con gli stessi problemi che loro hanno e che, come sempre, cercano di esportare ed imporre al mondo.

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma mi fermo qui.

Ricorda il modo in cui una fiera rinascimentale evoca il Rinascimento. I costumi sono curati nei minimi dettagli, ma le birre arrivano in bottiglia e c'è un tizio che ti parla di come le stelle ninja siano arrivate in Europa. È un bel momento. Ma è una bozza di ciò che presenta.

La chiosa finale andrebbe scolpita sulla scatola... Può piacere o meno, ma rende bene l'idea di ciò che si trova. Del resto stiamo pur sempre parlando di un gioco da tavolo! Anche Twilight Struggle citato dall'autore giocoforza ricorre a semplificazioni ed omissioni per rendere il prodotto fruibile!

Comunque grazie davvero per la traduzione! È stata davvero un'ottima idea e spero che ne seguiranno altre perché è davvero ricca di spunti. Grazie!

Recensione estremamente azzeccata. Hegemony è un gioco che ci prova, ma che alla fin fine si riduce a una sequenza di azioni ripetitive e noiose, in cui ciò che dovrebbe essere significativo non lo è poi tanto, in cui la scelta di quale azienda calare dipende solo dai prezzi di quel turno (ergo non è significativa), in cui c'è in teoria tutto ma è tutto indistinguibile e ci si riduce ad avanzare su tracciati per fare punti.

Una sintesi dell'incapacità di un certo tipo di design euro di restituire in maniera significativa un'ambientazione.

Anche a me piace leggere Space Biff soprattutto perché parla spesso di giochi che sono nelle mie corde. In questo pezzo però traspare tutto il suo essere americano. Mi è sembrata una recensione come avrebbe potuto scriverla Eklund.

mi sembra che chi abbia scritto il pezzo abbia mancato completamente il punto che hegemony vuole portare al tavolo, con una visione tipicamente usacentrica (del resto sono famosi per considerarsi il mondo intero) con un accenno a problemi raziali o storici che nulla hanno a che vedere con lo scopo del gioco, ossia una visione ad alto livello e ovviamente semplicistica di come le 4 classi (ci includo lo stato) NON siano separati tra loro, ma ben collegati.

E' un piccolo gioiello di come uno stato moderno funzioni, con ovvie semplificazioni, del resto in 3 ore non puoi mica fare una simulazione completa di un'intera società; non lo fanno videogiochi da decine di ore, figurati un GDT da 3 ore....

Irdaman scrive:

Anche a me piace leggere Space Biff soprattutto perché parla spesso di giochi che sono nelle mie corde. In questo pezzo però traspare tutto il suo essere americano. Mi è sembrata una recensione come avrebbe potuto scriverla Eklund.

In effetti è vero: è una recensione come avrebbe potuto scriverla il maestro delle simulazioni ad alto livello di astrazione.

il sol ricordo di hegemony mi riempie di noia. Ho già detto @elendil i love you?

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